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Autore: Ziggie    25/05/2011    3 recensioni
Erano le cinque di pomeriggio e Sherlock Holmes, assorto nei suoi pensieri, degustava il suo tè e osservava l’atmosfera grigia e plumbea della città che tanto amava: Londra.
Erano giorni che non gli capitavano tra le mani casi in grado di impegnarlo completamente, ultimamente quelli proposti erano truffe, frodi assicurative e lui aveva la stessa espressione di un bambino a cui viene tolto il suo giocattolo preferito.
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5: Epilogo di un delitto

 

“ Quante volte le ho detto che dopo avere eliminato l’impossibile, ciò che rimane, per quanto improbabile, deve essere la verità?”
 
                                                                                                                         - Sherlock Holmes in “il segno dei quattro”-
 
Il manto ombroso della notte apriva il sipario sui vicoli più cupi e malfamati della città a quell’ora tarda. Una carrozza correva veloce sul selciato della City, passando davanti alla cattedrale di Saint Paul ed immettendosi in Fleet Street, per poi svoltare di nuovo, diretta verso la zona portuale.
- Non capisco perché ci stiamo recando al porto, Holmes – esclamò stranito l’ispettore Lestrade, guardando la strada – non dobbiamo mettere le mani su persone d’alto rango? -.
- E queste persone d’alto rango, secondo lei, per eliminare ogni possibile prova e perfino il dipinto originale usufruirebbero delle proprie ville signorili? Lestrade, mi stupisce, ed io che pensavo che il suo buon fiuto da noto ispettore funzionasse ancora! -.
Il funzionario mugugnò, non sopportava di venire deriso in quel modo nè la presunzione di Holmes; era una delle colonne portanti di Scotland Yard, eppure non poteva fare a meno di quel misero detective da quattro soldi, che ormai aveva una ben nota fama non solo in terra inglese, ma anche nel continente e, doveva ammetterlo, senza di lui non gli sarebbero mai stati attribuiti casi di grande importanza come quello dello Studio in Rosso e del Mistero di Boscombe Valley, ma erano altri tempi, ed Holmes era appena un consulente-investigativo da appartamento alle prime armi.
Si fermarono davanti ad una rimessa per le barche, poco distante da lì un fumo grigio, tendente al nero, saliva nel cielo.
- Sbrighiamoci – esclamò Holmes scendendo dalla carrozza e iniziando a correre, seguito a breve distanza dai suoi due compagni.
Previsioni esatte, poco più in là del capanno, un uomo ravvivava il fuoco del falò, a vederlo non sembrava un aristocratico e quando vide i tre avvicinarsi, scappò; Watson fece per corrergli dietro, ma Holmes lo fermò – non è lui che ci occorre- esclamò dopodiché non perse altro tempo ed aprì la porta del capanno. – Però, non mi aspettavo un lavoro così sporco da parte di due damerini come voi- osservò ironico Holmes entrando nel capanno applaudendo. – Me ne compiaccio davvero, io non ci avrei mai pensato, ingaggiare il più noto falsario d’Inghilterra e un altro massone, il custode, per raggiungere i vostri scopi e incassare così il denaro necessario per saldare tutti i debiti ed uscirne con le mani pulite, davvero ingegnoso! -.
Watson fu fulmineo a fermare il medico che, non volendosi dare per vinto, cercò invano di bruciare il falso. – Questo lo prendo io - esclamò serio, strappandoglielo di mano.
- La sua fama la precede Mister Holmes – sovvenne sir McKeaton con un falso sorriso stampato sul volto – dovevo immaginarlo che una mente aperta al crimine come la sua non si sarebbe lasciata ingannare da un semplice furto. Le dirò tutto, chissà mai che il mio caso un giorno possa entrare negli annali del dottor Watson -.
- Il dottor Watson provvederà a tempo debito a stilare questa avventura degna di nota, ma sarebbe più opportuno parlarne in Baker Street, davanti a una buona tazza di tè -.
Lestrade scosse il capo, avevano colto i delinquenti in flagrante, ed ora li invitava a bere?!? Non metteva in dubbio l’attenta osservazione, il senso critico investigativo, ma quando trattava gli indiziati come persone prive di colpe, non riusciva a tollerarlo; sbuffò e si avvicinò ai due mettendogli le manette ai polsi.
- Prego signori, siete fortunati che Mister Holmes è incline ad, ispirazioni altolocate, stasera -.
- Vorrà certamente dire che i miei metodi sono più altolocati dei suoi ispettore, un’ottima osservazione, senza dubbio – osservò il detective ridacchiando appena.
- Spero soltanto che questi suoi metodi, non mi terranno impegnato tutta la sera - osservò imbronciato e rassegnato Lestrade, spingendo i due in carrozza.
- Ogni cosa a suo tempo, ispettore, la calma è la virtù dei forti dopotutto e c’è sempre tempo per una buona tazza di tè -.
 
 
- Prego Mr. McKeaton, la ascolto – mormorò Sherlock Holmes accendendo la pipa e chiedendo a Mrs. Hudson, la padrona di casa, di confortarli portando del tè.
- Come lei ben ha scoperto, ero un assiduo giocatore d’azzardo, più vincevo e più giocavo, per un periodo di tempo è andato tutto a gonfie vele, ai vizi che già possedevo se ne sono aggiunti altri. Finii sul lastrico, con debiti enormi, e fui costretto a vendere la mia collezione d’arte, composta da dipinti e composizioni statuarie, di ogni epoca e forma; il dipinto in questione e altre opere preraffaellite li ha comprati il medico qui presente, grazie al quale conobbi quella carogna del falsario e riuscii a saldare parte dei miei debiti. Il gioco però è un giro vizioso dal quale non si riesce ad uscire – Holmes guardò Watson sorridendo, ricordando le parole che aveva accennato al collega il giorno precedente. – Fino a quando, una sera a cena con il mio amico qui presente, parlando ci venne l’idea:
“Sono disperato, faccio parte di questo tremendo vortice inarrestabile e non riesco ad uscirne, mi toglieranno tutto, cadrò nell’oblio e, io, un uomo dabbene dell’alta società, sarò costretto a vivere per strada, elemosinando per campare”.
“Suvvia amico mio, non è mai detta l’ultima parola, pensa alle tue nuove conoscenze”.
“Mister Davies, il falsario? Che potrebbe fare per aiutarmi?”
“Ovviamente riprodurre il quadro di Millais che mi hai venduto, potresti prestarlo alla Tate Britain per l’anniversario annuale dell’apertura, guadagnerai dei soldi ….” Specificò il medico.
“Non sarebbero abbastanza” replicai.
“Non se ti limiti solo a prestarlo, certo. Potresti ingaggiare qualcuno per rubarlo, qualcuno che conosca bene quel posto, che non indagherebbero mai. Furti d’arte sono all’ordine del giorno: vedrai, Scotland Yard barcollerà nel buio, arrivando a ritenere il quadro disperso e l’assicurazione ti risarcirà del doppio di quanto ti spetta” spiegò il dottor Collins.
Ci pensai su per qualche istante ed annuii: “affare fatto, dopotutto sono talmente disperato che sarei disposto a tutto.”
Il medico annuì a tutto e quando McKeaton fece per riprendere lo fermò. – Credo che questa parte stia a me raccontarla -.
Holmes gli lasciòla parola, mentre Lestrade guardava l’orologio e cercava di tranquillizzarsi con del tè, erano le undici di sera e lui era impaziente.
- Pagai profumatamente Mister Davies, ogni cosa andò a gonfie vele, il dipinto fu pronto nel giro di una settimana e noi attuammo il piano di prestarlo alla Tate Britain, per il suo annuale anniversario.
Ci sentivamo realizzati, per il poco tempo che rimase in mostra ha ottenuto consensi strepitosi, suscitando scalpore, dopotutto era la rivisitazione artistica di un’opera letteraria, “Essere o non essere, questo è il problema” citava l’Amleto di Shakespeare e così agimmo anche noi. Pur di essere sicuri e di mantenere un posto nell’alta società e un certo decoro, non ci facemmo scrupoli ed ingaggiammo il custode dell’ala ovest del museo, Mr. Dawson, per rubare il dipinto. Aveva aspettato la pausa pranzo per agire, a quell’ora le sale dell’edificio sono vuote, il flusso di gente arriva nel pomeriggio e i pochi visitatori che c’erano, erano concentrati in altre sale tutti, tranne me.
Dovevo trovarmi fuori città per un congresso di medicina, esattamente come voi Dottor Watson, ma mi feci sostituire da mio fratello, che sotto certi aspetti mi somiglia molto, così mi trovai in quella sala ed aiutai Dawson a separare la tela dalla cornice, dopodiché mi dileguai passando da una delle porte che fungono da uscite laterali, con la tela avvolta sotto il soprabito. Era andato tutto per il meglio, alla notizia che Scotland Yard brancolava nel buio ci sentimmo estremamente soddisfatti e compiaciuti - spiegò il medico.
- Da un uomo di medicina come lei, posso sapere il motivo che l’ha spinta ad uccidere Mister Davies? Era un uomo ormai prossimo alla morte, dico bene? Perché non ha lasciato che la malattia facesse il suo corso? Era questione di giorni dopotutto – intervenne Watson alquanto stizzito.
- Noto che avete attuato un’autopsia postuma! Ebbene, come ben sapete, il quadro prima di venire rubato ha passato un periodo alla galleria d’arte e sia io, sia il mio amico Mac, continuammo tranquilli le nostre occupazioni, finché a due settimane di distanza da quando il quadro era stato esposto, Davies durante una visita medica mi disse che aveva intenzione di rivelare tutto.
“la malattia mi uccide ogni giorno che passa, ma ciò che si contorce nel mio animo non è quel male, ma il peso del rimorso di una vita fatta di inganni. So che il vostro piano non è stato ancora attuato e state aspettando il momento più opportuno, ma io ho bisogno di confessarmi, non lo farò con un curato certo, andrebbe contro alla mia fede e al mio rispetto verso la loggia, ma mi costituirò, perché un uomo inpunto di morte deve sentirsi libero di lasciare questo mondo in pace e non con il peso dei rimorsi che gli deturpa l’anima”.
Ricordo che a quelle parole fui come accecato dall’odio e pervaso dalla rabbia, eravamo arrivati fin lì senza che nessuno sospettasse nulla e tutto stava per saltare, feci accomodare quindi il mio paziente sul lettino e al posto del sedativo che gli iniettavo ogni giorno per alleviare i dolori, gli iniettai una dose di veleno che, nel giro di pochi minuti, accompagnò nell’aldilà, come colto da un infarto, Mister Davies -.
Il silenzio calò sulla stanza, i due accusati avevano confessato ogni cosa e di certo non avrebbero lasciato molto presto la prigione di Pentonville. Lestrade guardò Holmes come per intimargli di procedere e concludere il discorso, ma questi, dal canto suo, continuava a fumare la pipa e ad osservare i due uomini in silenzio.
Passarono svariati minuti, scanditi lentamente dall’orologio a pendolo e solo quando le campane lontane di Saint Paul rintoccarono la mezzanotte, Holmes si alzò dalla sua poltrona con un sorrisetto trionfante dipinto sul volto.
- I morti non parlano, ma tendono a donarci indizi portentosi, il gioco sta nel saperli raccogliere. Proceda pure Lestrade e si armi di più pazienza la prossima volta, Pentonville e le sue celle dopotutto non scappano, impari piuttosto ad andare più a fondo nelle cose, un semplice furto – ridacchiò – cose ormai superate -.
Lestrade alzò gli occhi al cielo sospirando, Holmes non aveva poi tutti i torti, dopo tutti i casi felicemente conclusi insieme, non era riuscito mai ad eguagliare quel detective da appartamento in niente, facendo sempre la parte del buono a nulla! Per fortuna che l’opinione pubblica non la pensava così e lo riteneva sempre uno tra i più abili ispettori di Scotland Yard, ma ora era troppo stanco per rispondere a Holmes, prelevò i colpevoli ed uscì dalla stanza – signori, buonanotte - augurò chiudendosi la porta alle spalle.
 
 
Holmes tornò a sedersi sulla sua poltrona e afferrò il violino, fedele compagno di sinfonie, in pomeriggi uggiosi e notti insonni, si mise a suonare mentre Watson finiva, ora più tranquillo, il suo tè.
- Allora Watson, questo caso merita di entrare a far parte dei suoi annali? – chiese.
- Ovviamente amico mio – mormorò il medico con un sorriso – questo caso non racchiude solo l’ingegno della mente umana disposta a tutto quando è sull’orlo della disperazione, non racchiude solo la vostra abilità nel risolvere i casi più intricati e ricchi di sfumature, ma racchiude in sé insegnamenti, primo tra tutti quello che l’arte è maestra di vita quotidiana -.
  
  
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