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Autore: DazedAndThief    25/05/2011    1 recensioni
Liverpool di mattina è un qualcosa d’incantevole.
Incredibile come una cittadina che in genere brulica di vita possa essere così placidamente calma.

Liverpool, 1966. Sara e Mitchie, due teenager con i piedi per terra e il rock perennemente nelle orecchie, incontreranno alcuni dei più importanti miti musicali dell’epoca, facendo così intrecciare le loro vite a quelle dei loro idoli.
Genere: Generale, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 12
I like you too much

 

Il pomeriggio è trascorso relativamente bene: dopo gli iniziali momenti d’imbarazzo i ragazzi si sono rivelati davvero simpatici e alla buona, e sono riusciti a farmi sentire perfettamente a mio agio.

Credo che abbia contribuito molto anche il fatto che mi sia seduta al lato estremo del divano con solo Ringo al mio fianco, indubbiamente una presenza innocua.

Quindi è inutile che continui a stare come un gatto in agguato, aggrappata con forza al bracciolo imbottito e sempre all’erta, le orecchie tese ad avvertire ogni minimo fruscio sospetto.

Posso rilassarmi, finalmente. Sì, Sara: rilassarti, quella parolina di cui ormai hai dimenticato il significato...

Tiro un sospiro di sollievo e mi abbandono tra tutto il morbidume della pelle, sprofondando nel divano.

Solo dopo un paio di minuti, avvertendo il silenzio irreale che mi circonda, scatto sull’attenti e finalmente realizzo di essere in salotto da sola. Anzi, da sola con George.

Lui se ne sta lì, a finire di sorseggiare con calma il suo tè, ma d’improvviso si volta e incrocia i miei occhi spalancati, facendomi fare un mezzo infarto. Trattengo a stento un urlo e, fingendo malamente una noncuranza che non vuole proprio saperne di scendere come manna dal cielo, mi rituffo tra la stoffa.

Ripassano altri minuti in cui ce ne stiamo fermi e zitti, quando George si decide ad interrompere quest’atmosfera decisamente inquietante.

-Quindi… Tu e Paul ora siete insieme, giusto?-

Casco quasi dal divano.

Con un inaspettato slancio di vitalità mi riprendo e, forse con troppa enfasi, dichiaro solennemente:

-Ma-macché! Mi ha invitata ad uscire, e basta!-

Err, forse ho marcato troppo le ultime due parole?

-Oh, per fortuna!-

Lo vedo illuminarsi radioso, per poi spegnersi quando lo fisso con un sopracciglio alzato:

-Ehm, volevo dire, CHE PECCATO.- tossicchia, appoggiando la tazza sul tavolino e fiondandosi sulla macchina fotografica.

Il silenzio ripiomba implacabile su di noi: mentre lui è impegnato a rigirarsi tra le mani l’oggetto tanto amato io fisso il tappeto, tormentandomi il labbro inferiore.

-Mi spiace non poter rivedere gli scatti che faccio… L’attesa è quasi straziante, ma è una componente essenziale della vita, non trovi?-

Sussulto e riprendo a fissarlo stupita: sbaglio o ha sottolineato un po’ troppo le ultime parole?

Mi affretto ad annuire e lui riabbassa lo sguardo sulla macchina.

- …D’altronde serve anche aspettare… Così, una volta ritrovato ciò che stavamo desiderando così ardentemente, lo possiamo apprezzare ancor di più.-

Arrossisco un po’, lo sguardo chino sui pantaloni: se non la pianta con queste allusioni del cazzo giuro che lo strozzo.

-Comunque trovo fantastico fotografare gli altri: è come intrufolarsi nella loro vita, poter tenere vivo il loro ricordo…-

-… perché le persone cambiano, ma una fotografia non lo farà mai.-

Sussulto: ecco, gli ho pure completato la frase! Diossanto, che figura di merda. Alzo gli occhi e lo vedo fissarmi stupito, per poi sciogliersi in quel suo solito sorriso meraviglioso.

-Ecco perché la gente si circonda di fotografie… C’hai mai pensato? Si costruisce un proprio mondo, un mondo in cui i rapporti con le persone non cambiano mai, un mondo dorato, in cui tutti amano tutti…- continua lui, guardando fuori dalla porta-finestra.

-… e si espongono sul tavolino in salotto le foto più belle, per ostentare a tutti solo il meglio della propria famiglia.-

George mi sorride nuovamente, stavolta di un sorriso tirato, ma la cosa più bella è che non fa domande. Non me ne fa, non mi chiede da dove provenga tutto questo astio, quest’acidità… Non me ne fa e, paradossalmente, è una delle più belle cose che qualcuno (non) abbia fatto per me.

-Hai mai fotografato qualcuno, Sara?-

Scuoto il capo: -Mio padre possiede un apparecchio professionale, ma non mi ha mai dato il permesso di metterci le manacce sopra…-

Ridiamo entrambi.

-Allora… Che ne dici di scattarmi una bella foto?-

Lo fisso stralunata: io scattare una foto a lui?

-Ma io non so… Cioè, ho paura di rovinartela… Sapessi, sono una tale pasticciona! E sembra molto costosa e…-

-Amica mia, questa macchina è un catorcio! Se andassi a venderla me la tirerebbero dietro, ma ormai ci sono talmente affezionato che me la tengo così come sta…- ride lui, facendomi sorridere, per poi continuare: -Davvero, sarei molto felice e onorato se potessi farmi questo piccolo, grande piacere.-

Il mio sguardo passa un paio di volte da lui alla macchina che mi sta tendendo finché, convinta, affermo decisa: -E sia! Ti concederò quest’onore!-

Lui mi sorride grato e si posiziona: nel primo scatto sorride a tremila denti, nel secondo più naturalmente, nel terzo ha già lo sguardo perso nel vuoto… E così quella che doveva essere solo una foto si trasforma in una decina di immagini impresse nel rullino.

-Ci stai prendendo proprio gusto, eh?-

Io annuisco e faccio per scattargliene un’altra, ma lui mi prende la macchina dalle mani.

-Beh, ora è il mio turno.-

Lo fisso perplessa: io e le foto non andiamo d’accordissimo, davanti all’obiettivo mi sono sempre sentita a disagio, forse per il fatto che io non posso incrociare lo sguardo di chi mi sta fissando con tanta attenzione.

-Eddai, solo una! Prometto che non la userò per malefici vari, tipo riti voodoo o cose del genere!- alza le mani, per dichiarare ulteriormente la sua innocenza.

Io rido e acconsento: una foto non mi mangerà mica.

Le prime volte sorrido innaturalmente, ma poi gli scatti si fanno via via più spontanei, fino a sfociare nelle immagini prese a tradimento, quelle che io reputo le migliori.

George riemerge da dietro l’obiettivo e mi guarda di sfuggita, concentrandosi poi sullo zoom:

-Sai, Sara, penso che tu debba sorridere più spesso. Quando sorridi le tue guance si fanno tonde e un po’ rosse, e ti si forma una mezza fossetta sull’angolo destro della bocca… È graziosissima.-

Se prima erano un po’ rosse, ora le mie guance sono irrimediabilmente bordeaux, cazzo.

Bofonchio un mezzo ringraziamento e riprendo a impararmi a memoria gli arabeschi del tappeto.

-Vorrei… Vorrei fare una cosa. Puoi avvicinarti un secondo? Non ti mangio, te lo giuro.-

Titubante, faccio come mi ha chiesto e vado a sedermigli accanto, mentre lui si rimette la macchina al collo e mi scatta una foto, un primo piano.

-Voglio… Voglio provare a catturare le pagliuzze che ti screziano le iridi...- mormora, concentrato com’è in questa presunta nuova impresa.

Passano un paio di secondi e ripone nuovamente l’apparecchio, insoddisfatto dall’esito del suo lavoro.

-Forse… Forse così ci riuscirò meglio…-

Non faccio in tempo a formulare un pensiero sensato che mi ritrovo il viso di George a pochissimi centimetri dal mio: avvampo in un istante, specie quando mi accorgo che la distanza si sta notevolmente accorciando.

-Ma guarda un po’! Non vi si può lasciare soli una manciata di minuti che vi mettete già all’opera! Paulieee, guarda che George si sta sbattendo la tua donna!-

Più in fiamme di una banana flambé, mi scosto velocemente da George, volando nuovamente al mio posto, mentre un Paul piuttosto terrorizzato si è precipitato come un fulmine per verificare di persona la situazione, sotto gli occhi e il ghignetto divertiti di un Lennon particolarmente bastardo.

Posso vedere chiaramente lo sguardo inceneritore che George riceve da parte di Paul, perché è lo stesso sguardo che io sto rivolgendo a John.

-Harrison! Si può sapere che cazzo t’è saltato in testa, eh?! Eppure mi sembrava di essere stato chiaro: ci devo uscire insieme io, non è mica una cazzo di proprietà pubblica!-

Ringo mi si avvicina, dicendo a bassa voce: -Guai in vista! Questi stanno per darsele di santa ragione!-

-Io scommetto cinque sterline su Harrison: McCharmly è una donnicciola, non ce la può fare.- sbuca serafico il solito Lennon.

-Bah, io invece tifo per Paul, che non ha tutti i torti: la ragazza l’ha portata lui, e George non può mica pretendere di arrivare così, di punto in bianco, e prendersela!-

I miei occhi increduli passano rapidamente da Ringo a John e viceversa, così intenti a discorrere su improbabili guadagni nati da combattimenti clandestini per ricordarsi della mia presenza.

Perché ok, sarò una donna e noi praticamente non contiamo un cazzo, ma sono una donna totalmente priva di pazienza, e questo è un dettaglio da non trascurare.

-E invece Georgino fa bene: carpe diem, cogli l’attimo, cogli la rosa prima che questa appass-

-MA VE NE VOLETE ANDARE TUTTI AFFANCULO, DI GRAZIA?!-

Tutti e quattro si girano verso di me, gli occhi sbarrati e le bocche ancor più spalancate.

-SI’ SI’, BRAVI, GUARDATEMI COSI’! SAPETE CHE VI DICO? IO ME NE VADO, E COL CAZZO CHE MI RIVEDRETE ANCORA!-

Giro i tacchi e mi dirigo a grandi falcate verso l’ingresso, per recuperare cappotto e borsa e dire definitivamente addio a ‘sti sfigati: in sottofondo, Lennon ipotizza con sicurezza il mio essere nel pieno periodo mestruale.

Sento Paul chiamarmi flebilmente e allora, contando lentamente fino a dieci, mi blocco allo stipite della porta che collega il salotto al corridoio e mi volto verso di loro, gli occhi ridotti a due fessure: -Pensavo di sbagliarmi sul vostro conto. Pensavo non foste le solite celebrità del cazzo che pensano solo ai soldi, a tirarsela e a fare i deficienti… Invece avevo ragione: quando si diventa famosi si ignorano le persone che si fanno un culo così per arrivare alla fine del mese, e s’ignora anche la dignità altrui. Se pensavate di potermi sbattere così, giusto per concludere in bellezza l’anno, mi spiace rovinarvi i piani, gente: la sottoscritta non è una delle solite sciacquette che fanno a gara per raggiungervi nel backstage.-

Faccio una pausa e tiro un sospirone: -Bene, detto questo, adieu: vorrei potervi dire che è stato un vero piacere conoscervi, ma non è per niente così.-

Volto loro le spalle e mi dirigo finalmente verso l’attaccapanni, prendendo il cappotto e facendo per indossarlo, quando una mano mi blocca il braccio.

-Tu non te ne vai.-

… Scusa?

-… Scusa?-

-Hai capito bene, signorinella.-

Aggrotto le sopracciglia e ricambio lo sguardo di sfida che mi sta rivolgendo.

-Brava. Bel discorso. Vuoi anche un applauso?-

La mia bocca vorrebbe spalancarsi, ma per fortuna il mio autocontrollo è più lesto e le impedisce di farlo.

-Non me ne faccio un cazzo dei tuoi applausi, se è questo quel che vuoi sapere.-

-Oh, guardati! Sembri un micetto che vuole incutere paura ad un gatto più grande gonfiando il pelo…-

-Lasciami.-

-Non ho sentiiiiitoo…-

La voce mi s’incrina: -Ho detto di lasciarmi…-

La presa sul braccio si fa più stretta, portandosi improvvisamente appresso dei ricordi del passato che credevo di aver cancellato completamente.

 

Gattina, non ti farò del male…

 

Il respiro comincia a farsi irregolare, mentre il cuore vuole pompare più sangue di quello che mi sta realmente circolando in corpo.

-Ripeto: bel discorso, micetta, ma non ci lasci neanche replicare! Sapessi quante cose dobbiamo spiegarti, che tu neanche conosc- Hey, Sara! Tutto ok? Sei bianca come uno straccio…-

-Io… Non… Non lo so…- mormoro, prima di non sentirmi più la terra sotto i piedi.

L’ultima cosa che sento è John che mi chiama più volte, e poi il nulla.

 

 

Riapro gli occhi e mi ritrovo in una camera non mia, mentre due occhi azzurri s’illuminano.

-Oddio, Sara! Sia lodato il cielo! Finalmente ti sei svegliata!-

Ringo quasi mi soffoca, ma ricambio goffamente il suo abbraccio, che mi fa sorridere.

-Già… Credo che non vi sbarazzerete molto presto di me!- gli faccio un occhiolino, mentre lui scoppia a ridere.

 

***

-Ti giuro che io non le ho fatto proprio niente!-

-Sì, ok.-

-Bell’amico del cazzo, che sei! Non mi vuoi neanche credere!-

-Io ti dico solo quel che ho visto: tu le hai stretto il braccio e lei è svenuta! Se permetti, un paio di conti me li posso fare, no?!-

-Certo! Ovvio! Perché tutti quanti hanno un nervo che collega braccio e cervello! Se le premi il braccio una persona sviene, è automatico!-

-John, evita di dire stronzate. Almeno per cinque minuti, non chiedo tanto.- Paul si prende la testa tra le mani, sospirando gravemente.

-Se dai un ordine, adeguati anche tu, testa di cazzo che non sei altro!- John si alza di scatto, facendo cadere la sedia, e comincia a camminare in tondo per la stanza.

-Lo sai benissimo anche tu che non toccherei una donna neanche con un fiore!-

-Lo so, ma so anche che in passato hai fatto certi sbagli, e chi mi dice che questi non possano ripetersi?-

Ma è coglione o cosa?

John si scaglia su Paul, prendendolo per il colletto ma, prima che possa mollargli un Cazzotto con la C maiuscola, sbuca Ringo dalla porta: -Si è svegliata!-

Abbandono la macchina fotografica sul divano e corro da lei.

 

***

-Cosa sono ‘ste facce da funerale? Guardate che sto benone!- scendo dal letto e cammino tranquillamente sotto i loro occhi preoccupati.

Il primo ad avvicinarsi, titubante, è John.

-Sara, senti… Io dovr-

-È tutto a posto, John. Dico sul serio.- gli sorrido, allora lui fa lo stesso e mi abbraccia piano.

Paul e George nel frattempo si guardano in cagnesco, quasi a voler decidere chi debba essere il primo ad avvicinarsi: il più riservato abbassa gli occhi e l’altro, manco a dirlo, ne approfitta subito.

Mi abbraccia con trasporto, quasi non volesse più lasciarmi, e io mi sento quasi soffocare.

-Mi hai fatto preoccupare un sacco… E sono stato un emerito deficiente! Potrai mai perdonarmi?-

-L’ho già fatto.-

Paul mi rivolge uno splendido sorriso e scioglie l’abbraccio, lasciando che si avvicini George.

Questi non dice niente: mi abbraccia timidamente in silenzio e, solo quando sembra che si voglia staccare, mi bisbiglia all’orecchio: -Sapevo che eri diversa da tutte le altre, ma la forza dell’abitudine mi ha fatto agire da perfetto idiota. Ti prometto che da oggi in poi ti lascerò in pace, non ti disturberò mai più.-

Se ne va, senza neanche un sorriso: dovrei essere felice perché mi ha giurato di non trattarmi più come un oggetto, ma allora perché il suo “non ti disturberò mai più” mi dà così fastidio?

Rimango a fissare la sua figura di spalle, quando sento una mano strattonarmi: il sorriso smagliante di Ringo mi convince a seguirlo in salotto, dimenticandomi di quello che è appena successo.

 

-Che ne dite di un po’ di musica?-

Ringo fa alzare gli occhi miei e di John dalla rivista che stavamo sfogliando: annuisco sorridendo, così mister Starkey comincia a rovistare nell’armadietto sotto il giradischi.

Non appena vedo l’album che ha scelto, scoppio a ridere: -Ma no! Ditemi che non siete dei megalomani che ascoltano i propri dischi, vi prego!-

-Chi? Noi? Assolutamente no!- urla lui, nascondendo dietro la schiena il vinile di Revolver.

No, non prendetemi per pazza: lo conosco solo perché ce l’ha pure Mitch, di certo non perché mi piaccia! Io e lei abbiamo raggiunto il tacito accordo che può sentirselo tranquillamente quando io non sono in casa; quindi non mi si venga a dire che sono una dittatrice, eh.

Rido ancor più forte per la buffezza di Ringo, e mi avvicino all’armadietto:

-Dai, ti do una mano!-

Con mia grande meraviglia scopro che i Beatles sono fornitissimi di musica d’ogni genere: tra le mie mani passano The Supremes A’ Go-Go, Strangers In The Night, Face To Face, From The Beginning, Jefferson Airplane Takes Off e Fresh Cream. Sorrido, ripensando a quanto io ci sia morta sopra, nel reparto “Ultimi arrivi” del Route 66.

Poi, improvvisamente, mi ritrovo davanti agli occhi A Quick One, e non posso fare a meno di pensare a come la mia vita sia cambiata nel giro di un paio di settimane: sono passata dal seguire freneticamente gli Who, incollata davanti alla televisione, al cenarci insieme con tutta tranquillità. E Keith Moon, quel Keith Moon, mi ha pure regalato Pet Sounds!

Allucinante, veramente allucinante.

Rimango impalata a fissare le figure stampate in copertina, quando vedo una mano sventolarmi davanti agli occhi: -Hey, ma ti piacciono gli Who, dolcezza?-

In questo momento lo sguardo di John è così rassicurante che vorrei rivelargli il fatto che sì, mi piacciono, anzi!, li adoro, e che c’ho pure cenato assieme a Natale…

Ma preferisco fare spallucce e riporre il disco, scegliendo poi Hold On, I’m Coming.

Lo faccio partire e vado a risedermi al mio posto, mentre Lennon mi segue, piuttosto perplesso: -Devo dire che i tuoi gusti mi lasciano un po’ così, ragazza… Chi l’avrebbe mai detto che ti piacesse questo genere di musica?-

-Lennon, per te è così difficile capire che non hai davanti una Beatle-fan?- rido leggera, mentre lui si unisce alle mie risa.

-… E comunque non sei di Liverpool, vero?- interviene Ringo, guardandomi dalla poltrona.

-Ma il mio inglese fa veramente così schifo?- chiedo io, perplessa sia per il suo intervento che non c’entrava nulla, sia per il fatto che mi becchino sempre, mentre John scoppia nuovamente a ridere e l’altro diventa bordeaux.

-N-no! Non intendevo quello!- esclama, agitando freneticamente le mani in un gesto di plateale discolpa, mentre io gli intimo di stare tranquillo, perché non mi sono mica offesa.

John si alza e cambia disco, asserendo che di Hold On, I’m Coming ama solo la traccia principale, e fa partire l’album che ha appena scelto.

Mentre le note di The Sound Of Silence si diffondono in tutto il salotto, Lennon se ne ritorna sul divano a sfogliare distratto la rivista di prima, e io mi guardo in giro: Ringo sferruzza (?) sulla sua poltrona, ma gli altri due? Che fine hanno fatto George e Paul?

 

***

-Allora, ci siamo capiti?-

-Sei stato chiaro come uno specchio d’acqua.-

-Bene.-

-Bene.-

-… Senti… Mi dispiace, George. Mi dispiace, e non sai quanto!-

-Sssì, posso immaginare quanto ti possa dispiacere…-

-Sto dicendo sul serio! Amico mio, non sai quant’è dura per me dover scegliere!-

-Avanti, Paul: chi vuoi prendere per il culo? Siamo grandi e vaccinati, cazzo! E s’è visto da lontano un miglio come tu abbia fatto di tutto per mettermi fuori gioco! Giurerei che tu non la volessi neanche portare a casa, per evitare di farmela incontrare, se non ti conoscessi così bene.-

Le guance in fiamme di McCartney sono la giusta ricompensa per la mia sottile psicologia.

Sorrido impercettibilmente, compiaciuto per il risultato.

-Vedi? Sono perfino disposto ad accettare questo tuo insopportabile sarcasmo!-

-È il minimo che tu possa fare, dopo avermi fregato la ragazza. E non venirmi a dire che non è così, perché non trovo affatto casuale il fatto che te l’abbia presentata alla festa e che tu poi abbia incominciato a frequentarla... Sei così subdolo che potresti benissimo averla pedinata, meschino come sei.-

-Harrison, piantala! Stai oltrepassando il limite!- mi prende per il colletto, ma io mantengo la calma e il tono di voce ironicamente placido.

-Avanti, mollami un cazzotto! È così che mister McCartney risolve le proprie faccende, vero? Bah, io non ti imiterò: non voglio avere sulla coscienza un bel visino come il tuo rovinato dai lividacci.-

Paul resta a fissarmi per un po’ e dopodiché mi molla con uno spintone, voltandosi verso la porta.

-Tutto quello che dovevo dirti te l’ho detto:vedi di rispettare i patti.-

-Sì sì, Paul: la lascerò in pace, vai tranquillo. Sotterrerò l’ascia di guerra in nome della nostra bellissima, purissima ed invidiabilissima amicizia, vecchio mio!- trillo festoso, salutandolo con la mano mentre lui se ne va finalmente fuori dalla mia stanza.

Mi lascio cadere sul letto e rifletto: anche se non l’avevo considerata come una cosa seria, quella ragazza ha un qualcosa che mi attira veramente molto Paul sembra prenderla sul serio, ma io non mi fido molto: spero solo che non la faccia soffrire.

Sorrido al solo pensiero che quel demente l’abbia presa come una vera e propria guerra coi fiocchi: i tempi in cui facevamo a gara a chi conquistava per primo la più carina della festa son finiti da un bel pezzo…

E poi, a dirla tutta, se pensassi di potercela fare, rinuncerei.

 

***

-Penso che i Cream siano qualcosa di eccezionale… Non fanno canzonette e si sentono liberi di esprimersi come meglio sanno fare e.. oh, c’è Paul!-

Il diretto interessato si avvicina sorridendomi: -Di che stavate parlando?-

-Dei Cream, McCharmly, e di come spaccheranno i culi a tutti, probabilmente noi compresi!-

Io e Paul ridiamo, mentre John continua: -Dico sul serio! Li hai sentiti? Più ascolto ‘sto cazzo di disco e più mi rendo conto di quanto siano stupefacenti!-

-Mmm, già… Non male.- gli risponde serafico l’amico, scatenando così la mia reazione.

-“Non male”? Ma hai problemi d’udito, per caso? Baker suona divinamente, e Clapton… Mio Dio!- esclamo estasiata, facendo ridere i due Beatles.

-A proposito di Clapton!- interviene nuovamente John, che tra i due è sicuramente (e stranamente) quello che prende sul serio quest’argomento, -Sai che è molto amico di George, vero?-

… Scusa?

-SCUSA?!-

-Err, no: a giudicare dalla tua faccia non lo sapevi!-

-OMMIODDIO, CHE RAZZA DI NOTIZIONA MI HAI DATO! MA E’ FAVOLOSO!-

Dopo un paio di minuti di perfetto sclero, finalmente mi do una calmata: -E George dov’è?-

Paul arriccia il naso, per poi bofonchiare qualcosa a proposito del fatto che sia in camera sua.

Mi alzo dal divano e inizio a cercare la sua stanza: se non ho capito male, è quella dove mi sono svegliata prima.

RBingo!

Busso piano alla porta e, prima di ricevere una risposta, mi ci fiondo dentro: in altri momenti non lo farei mai, ma la notizia che John mi ha appena dato ha decisamente mandato via a calci in culo la mia educazione.

-Oddio, che ci fai qua?!- George balza seduto sul letto, sorpreso (ma vaaa?) per la mia pacifica irruzione.

-Niente di che, io volev-

-Esci subito, prima che ti veda Paul e che si metta a pensar male!-

George balza giù dal letto e fa per spingermi fuori dalla stanza, ma io mi scanso.

-Se non mi vuoi vedere puoi anche dirmelo apertamente, eh.-

-Ma no! Non è che non ti voglio vedere, però… Capiscimi, cazzo!-

-Sì, ti capisco perfettamente. Ti lascio ai tuoi sogni ad occhi aperti, George. Ciao.- gli rispondo con tono perfettamente atono, chiudendomi la porta alle spalle abbastanza bruscamente.

 

***

Sto discutendo con John del fatto che Eric non verrà mai a suonare in un nostro album, al contrario di quel che sostiene lui, quando in salotto Sara fa nuovamente la sua comparsa.

Alla domanda di Ringo se vada tutto bene, lei si affretta ad annuire con il capo e a sorridergli, ma io e John ci siamo accorti subito di quanto il suo sorriso sia stato sfuggente e di che brutta cera avesse, appena arrivata.

Ci scambiamo uno sguardo d’intesa e faccio per aprir bocca, ma lui mi precede: sorrido e non posso fare a meno di pensare a quanto sia fortunato ad avere un amico così.

-Tesoro, senti un po’… Non è che ti andrebbe una pizza?-

Quasi crollo giù dal divano.

-… Pizza?-

-Sì, per cena… Sai, mi è venuto un certo languorino, e mi chiedevo se volessi unirti all’allegra combriccola per una cenetta in compagnia…- John le fa l’occhiolino, mentre un Ringo su di giri annuisce vistosamente con il capo.

-Approvo, approvo!- applaude entusiasta, facendo ridacchiare quel coglione di Lennon.

-Oh, beh, ad una pizza non si può dire di no!-

-Ecco, ben detto, ragazza mia! Perché so che saresti dovuta uscire con Paulie, però l’ora di cena si sta avvicinando, e dopo potreste comunque fare una passeggiatina in coppia, no?-

A queste parole e il suo sguardo malizioso, accetto in fretta, per non sentirlo blaterare un secondo di più, e John mi abbraccia di slancio, acciambellandosi su di me come un gatto.

-Grrrazie John, tu sì che sei un vero amico.- gli ringhio dietro, mentre lui tenta di sbaciucchiarmi tra le risate di Sara e Ringo.

-Dovere, Paulie, dovere!- sentenzia lui, staccandosi e trascinandosi appresso Sara per telefonare alla pizzeria più vicina.

***

Aaah, Dio se mi mancava la pizza!

Cerco di non dare troppo a vedere la mia euforia, mangiando piccoli spicchi della margherita che ho ordinato, ma penso che l’abbiano intravista tutti.

Beh, fanculo. La margherita è la margherita, amen.

-Mmm, quindi, da quel poco che ho capito, non sei inglese, giusto?-

Aggrotto le sopracciglia e fisso John: -Intuito è per caso il tuo secondo nome, Lennon?-

Lui ridacchia, seguito a ruota libera dagli altri tre.

-Comunque sì, esatto, non sono inglese.- aggiungo, addentando un altro trancio.

-Sai, mi è venuto in mente un giochino…-

A quelle parole John si becca occhiatacce sinistre da tutti i presenti, soprattutto dalla sottoscritta, che ha gli occhi più spalancati di quelli di un furetto.

-Ma che avete capito, razza di incapaci? Non quei giochini!- ride come un deficiente (anzi, non “come”, perché lo è), -La mia idea era innocente: tu mi dici il tuo cognome, e io provo ad indovinare da dove vieni, ecco tutto.-

John viene trafitto da tre paia di occhi perplessi più uno piuttosto indagatore, ma sembra non notarlo.

-Ok, ci sto. Ventimiglia.-

-Uh, come il libro!-

-Ringo, quello era Ventimila leghe sotto i mari.- lo corregge atono George, divorando l’ennesima fetta di pizza.

-Ahahaha, Rings oggi sta collezionando un Epic Fail dopo l’altro!- ride John, le lacrime agli occhi, mentre Ringo non vorrebbe far altro che sotterrarsi.

Io rimango con il trancio a mezz’aria e la bocca spalancata, ma Fred Astaire mi fa così tanta tenerezza che decido di passarci sopra. Per stavolta.

-Tranquillo, Ringo, Verne è una tale palla che ti capisco alla perfezione… Anch’io sbagliavo sempre questo titolo.- e gli sorrido, facendolo illuminare d’immenso.

-Bene, ragazzina… Ventimiglia, eh? Innanzitutto complimenti per il cognome, mi piace… E poi,- John si carezza meditabondo il mento -direi che punto tutto sulla Spagna.-

Rimango seria per un paio di secondi, emettendo poi il tipico verso che i pulsanti dei quiz televisivi fanno quando una risposta non è esatta.

-Errato, mister Lennon! Ritenti, la prossima volta sarà più fortunato!- gracchio canzonatoria.

Tutti ridono, ad eccezione di John, che sbuffa e se ne viene fuori con la tipica scusa di chi non sa perdere: -Bah, questo gioco mi ha stufato.-

E, come da copione, io e gli altri tre cretini ci uniamo in coro in un bel -Cooomee? Di giàà?-, scoppiando poi a ridere come degli emeriti deficienti, ovviamente sotto lo sguardo offeso del signorino.

-Cooomunque! Come mai proprio la Spagna?- cerco di riprendere seriamente il discorso.

-Mah, forse perché sei caliente?- si sporge verso il mio posto, con un’espressione che dovrebbe essere piaciona.

-Cioè, tu mi stai paragonando ad una stracazzo di paella? Spiegami subito, Lennon!- brandisco la forchetta fintamente furente, facendoli ridere come pazzi.

-E perché no? La paella è deliziosa.- interviene George, facendomi puntualmente arrossire.

-Eee comunque sono italiana, Italy, do you understand?- sbraito, rossa in volto, quasi volessi coprire con delle urla l’ultima affermazione di Geo, che continua a rimbombarmi nella mente.

-Uuuh, pasta-pizza-e-mandolino!- sbuca trionfante John, mentre tutti ridiamo e Paul si affretta a correggerlo: -No Winnie caro, quella è solo Napoli! Tu da dove vieni? Da lì, Roma o Milano?-

-Veramente io sono nata a Verona, la città di Romeo e Giulietta, per capirci- sorrido, -ma mio padre è sardo.-

-Cazzo, dev’essere un bel posto, la Sardegna: mi piacerebbe andarci, un giorno.- afferma Ringo, prima di bersi un altro sorso di birra.

-Un giorno vi ci porterò!- esclamo entusiasta finendo la mia Coca Cola, mentre loro mi rivolgono un applauso di totale approvazione.

Già, un giorno, chissà…

 

 

 

 

Who are you?
Uiiiiiii ar de cempioonss, mai freeeeend u.u

Occhei, son tornata. In mostruoso ritardo, ma sono qui, tutta per voi! (coro: e chissenefrega!)

A me frega, quindi buoni che vi dico tutto.

Bene, sul mio amicone Uord questo capitolo è lungo la bellezza di 6 pagine, e sarebbe anche dovuto essere più lungo, se non fosse stato per il fatto che non c’avevo cazzi d’andare avanti a scriverlo per il fatto che risultasse un po’ troppo noioso et pesante.

Quiiindi, eccomi qua!

Allora, ho constatato che gli indizi non li trova nessuno (LOL), quindi ho deciso di elencarveli, chissà che non vi applichiate di più : D

  • -Lo so, ma so anche che in passato hai fatto certi sbagli, e chi mi dice che questi non possano ripetersi?- (un Paul decisamente masochista rievoca la sberla che John diede a Cyn.)
  • Mi lascio cadere sul letto e rifletto: anche se non l’avevo considerata come una cosa seria, quella ragazza ha un qualcosa che mi attira veramente molto (lo so, fa cagare, ma voleva essere un velato riferimento a Something.)
  • Sto discutendo con John del fatto che Eric non verrà mai a suonare in un nostro album, al contrario di quel che sostiene lui, quando in salotto Sara fa nuovamente la sua comparsa. (uno a zero per Lennon, siore e sioriii!)
  • -Cazzo, dev’essere un bel posto, la Sardegna: mi piacerebbe andarci, un giorno.- afferma Ringo, prima di bersi un altro sorso di birra. (d’altronde, solo lì ci sono i migliori giardini di polipi…)

 

E poi qui ho nominato un fottio di album famosi, ossia: The Supremes A’ Go-Go (The Supremes), Strangers In The Night (Frank Sinatra), Face To Face (The Kinks), From The Beginning (Small Faces), Jefferson Airplane Takes Off (Jefferson Airplane), Fresh Cream (Cream), A Quick One (The Who), Hold On I’m Coming (Sam & Dave), The Sound Of Silence (Simon & Garfunkel).

 

Non ho altro da dichiarare, se non che vi amo tutti alla follia perché mi sopportate sempre e nulla, andate in pace.

Amatevi l’un con l’altro!

 

Dazed;

  
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