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Autore: hotaru    26/05/2011    3 recensioni
- E com'è questa storia? -.
Forse era vero che solo Luna ne conservava memoria, dato che controllava il passato, perché sia Artemis che Diana si voltarono verso di lei.
La gatta nera si leccò lentamente una zampa, per poi passarsela sul muso ed esordire:
- Conosci Plutone, bambina? -.
Prima classificata al contest "La Tempesta" di Vienne e al contest "Un Segreto in Soffitta" di DarkRose86 e iaia86@
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Artemis, Chibiusa, Luna, Makoto/Morea
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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6- Di soffitta in soffitta Di soffitta in soffitta


Non è che Makoto credesse ad ogni frottola che le veniva raccontata, anzi. Non era una credulona, perché aveva imparato sulla propria pelle che fidarsi è bene e non fidarsi è meglio, dato che suo padre e sua madre non avevano avuto il tempo di insegnarglielo.
Ma se c'era una cosa che la morte prematura dei suoi genitori l'aveva resa in grado di fare, era stato non dimenticare la bambina che era stata. Chiudendo gli occhi, riusciva a ricordare perfettamente quel periodo in cui aveva imparato che la parola "orfana" non si trovava soltanto nei libri, ed era come se il tempo agisse su di lei e dentro di lei: anche se all'esterno appariva come la donna alta e forte che era diventata, dentro poteva sentirsi ancora la bambina sola e sperduta che era stata. E che riconosceva un suo simile, quando lo vedeva.
Mentre seguiva Chibiusa su per la scala che portava al piano superiore, e poi in soffitta, si rese conto che da un giorno all'altro quella piccola sempre allegra era diventata proprio come lei era stata una volta. E per quanto ciò che le aveva chiesto suonasse assurdo, la bambina dentro di sé stava intimando a Makoto di crederle e aiutarla, per quanto le fosse possibile.
Quando arrivarono davanti ad uno strano orologio a pendolo che la donna non aveva mai notato, e Chibiusa le spiegò per filo e per segno il favore che voleva da lei, Makoto non batté ciglio. Disse soltanto:
- Mi servirà una mano. Aspetta qui -.
Si voltò e tornò di sotto all'incredibile velocità che le sue lunghe gambe le permettevano. Lanciò una breve occhiata a Minako, decretando all'istante che non era adatta a un lavoro del genere, e telefonò ad una sua amica, chiedendole se il suo ragazzo potesse aiutarla.
- Perfetto, allora, grazie infinite – concluse – Ah, Rei: di' a Yūichirō di venire col suo furgoncino, se può. Sai, si tratta di un oggetto piuttosto ingombrante -.


Nemmeno il giovanotto con cui si presentò Makoto in soffitta fece domande, anzi seguì le istruzioni della donna e alzò la base dell'orologio con attenzione, mentre l'amica della sua fidanzata reggeva l'altra estremità. Era meno pesante di quel che sembrava, anche se la parte più ardua sarebbe stata trasportarlo giù per le scale senza sbatterlo da nessuna parte.
Ma con estrema attenzione ce la fecero, nonostante tutti i bambini si fossero radunati attorno a loro mentre attraversavano il salone con quell'enorme oggetto che sembrava una torre, e lo caricavano sul furgoncino di Yūichirō.
- Bene, adesso dove lo portiamo? - domandò poi il giovane, salendo al posto di guida.
- Oh, qui vicino – rispose Makoto, facendo salire anche Chibiusa – A casa Chiba -.
Nemmeno quando fermarono il furgoncino sul ciglio della strada e scaricarono l'orologio, portandolo dentro a quella casa fatiscente, Yūichirō disse nulla, nonostante sembrasse un po' perplesso. Chibiusa pensò che forse era abituato ad obbedire a ordini assurdi, anche se non riusciva ad immaginare chi fosse a darglieli.
In ogni caso, fece strada ai due lungo le scale- dove dovettero fare ben attenzione ad ogni gradino sconnesso- e poi fino alla piccola soffitta che era più che altro un sottotetto.
Lì, in uno dei pochi punti non ingombri di scatoloni, venne posato l'orologio, di nuovo eretto e superbo in tutta la sua fierezza.
- Beh, allora io andrei – fece Yūichirō, scostandosi i capelli dalla fronte madida di sudore – Se non hai bisogno di nient'altro... ti serve un passaggio? -.
Makoto lanciò un'occhiata a Chibiusa, che sembrava fremere nell'attesa che il giovane se ne andasse, e scosse la testa.
- Non preoccuparti, torniamo a piedi. Grazie infinite, comunque -.
Yūichirō fece un cenno ad entrambe, per poi infilare la porta e scendere con attenzione le scale. Finché non udirono il motore del furgoncino che ripartiva, né Chibiusa né Makoto dissero una parola.
- Ora, a noi – esordì finalmente la maestra – Non potrei lasciarti da sola, ma... vuoi che rimanga? -.
La bambina annuì piano, accennando al quadrante dell'orologio: era troppo in alto per lei, e lì intorno non c'erano sedie che potessero servirle da scaletta.
- Oh, certo! - esclamò Makoto – Vieni -.
Così dicendo la prese in braccio senza alcuno sforzo, issandola all'altezza del quadrante. Chibiusa aprì la teca e poi estrasse la chiave dalla tasca, sentendosi la mano tutta sudata.
... e se non avesse funzionato? Se la sua idea si fosse rivelata una colossale stupidaggine? Luna non le aveva detto che l'orologio funzionava solo all'interno dell'asilo, e nemmeno Pluto, ma...
- Coraggio – le sussurò la maestra Makoto, e Chibiusa sentì il calore delle sue braccia che la sostenevano. La sera prima si era sentita arrabbiata anche con lei perché aveva fatto la spia a sua madre, ed ora se ne vergognava profondamente.
Inoltre le aveva ricordato che lei era una Chiba, e in quanto tale una bambina coraggiosa. L'aveva detto anche sua madre: tutto ciò che Chibiusa desiderava era rivedere il suo sorriso e i suoi grandi occhi azzurri. E c'era un unico modo.
Infilò la chiave nell'apertura sul quadrante e la girò. Girò finché Diana aprì gli occhi, finché scomparve dalla mezzaluna e finché apparve la luna sullo sfondo. Finché sorse Luna, la gatta nera che controllava il passato.
E aspettò, trattenendo il respiro.


- Chibiusa, la colazio... ouch! Ah, il latte! No, no, no! - l'inconfondibile voce di Usagi arrivò fino in soffitta, evidentemente impegnata in quelli che dovevano essere i preparativi per la colazione.
Il sollievo travolse Chibiusa come un'onda, impedendole per un istante di respirare. Lasciò prudentemente andare la chiave che teneva ancora stretta in mano e richiuse la teca, sospirando sonoramente. Poi la maestra Makoto la rimise giù, e quando Chibiusa la guardò vide che sorrideva di stupore e sollievo riflesso.
- Un orologio magico, eh? - commentò poi, osservando la sagoma della gatta nera che si stagliava elegantemente sullo sfondo della luna dipinta – L'avrei tanto voluto anch'io... -.
Chibiusa annuì.
- L'ho trovato... quando ti ho aiutato a rimettere a posto le maschere, maestra – confessò la bambina – E... ho combinato tutti quei guai -.
- Quindi la colpa è anche mia – constatò Makoto – Se non fossi salita in soffitta con me, non sarebbe successo niente -.
Questo Chibiusa non l'aveva mai pensato, ma le piacque enormemente rendersi conto che lei e la sua maestra erano state quasi complici in tutto questo. Perlomeno alla fine, nel risolvere ogni cosa.
Le rivolse un gran sorriso.
- Grazie mille, maestra -.
- Di niente, Chibiusa – rispose lei – E non preoccuparti: nessuno si accorgerà che una vecchia cianfrusaglia è sparita dalla soffitta dell'asilo. Oltretutto, nessuno se ne è mai interessato -.
Chibiusa annuì. Si chiese se d'ora in poi avrebbe potuto chiacchierare con i tre gatti, di tanto in tanto, e pensò che il desiderio espresso all'inizio si era avverato: ora avrebbe tenuto Diana con sé.
- Comunque adesso il problema è un altro – fece Makoto, un po' incerta.
- Problema? - ancora?
- Come spiego a tua madre la mia presenza qui? Perché sai, non è normale che mi trovi nella soffitta di uno dei bambini di cui mi occupo... -.
A Chibiusa, che conosceva sua madre, non sembrò affatto un problema.
- Oh, non preoccuparti, maestra. Basterà che tu dia alla mia mamma la ricetta dei tuoi favolosi biscotti. Anzi – ponderò la bambina, un po' dubbiosa sul risultato di tale esperimento – se glieli fai tu, è anche meglio! -.  





Chibiusa, il tempo e un grosso guaio: inutile dire che mi sono ispirata alla seconda serie per questa storia.
Se questa storia vi è piaciuta, sarei felice se chi ha letto, seguito, ricordato e preferito mi lasciasse un ultimo commento, tanto per sapere cosa ne pensate. ^^


Vampire Ninja: sì, quella dello scorso capitolo era proprio Pluto. È la prima volta che scrivo qualcosa in cui compare anche lei, e spero di poterlo fare ancora, perché penso che offra molti spunti. ^^
Spero che il finale ti sia piaciuto, e grazie per aver seguito questa storia!
lulu85: come hai visto l'ordine è stato riportato, soprattutto grazie all'aiuto di Makoto! Spero che questa storia ti sia piaciuta. ^^
   
 
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