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Autore: Proiezioni    27/05/2011    20 recensioni
VECCHIA STESURA
Quando proprio non si vuole accettare uno stupido oltraggio...
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bra, Bulma, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Vecchie stesure - Attimi'
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Vecchia stesura.
 

 

Innocenti affronti.

 

 

Ecco. Adesso lo poteva ufficialmente dichiarare che Vegeta era un gran bastardo. Non che le avesse mai fatto del male fisicamente, ma quando ci si metteva… Ficcare nel cervello di sua figlia certe idee poi, per prendersi gioco proprio di lei, compagna e amante di una vita costellata di ardue sopportazioni!

       
Bulma seguitava a lavare i piatti, strofinando con stizza la spugna e trattenendo i borbotti di nervosismo. “Ma dopo me la paga…” mugugnò a denti .

“Che stai facendo?”

Bulma rinsavì e lanciò un’occhiata fugace alla stoviglia prima di riporla nello scolapiatti. “Dov’è tuo padre?” si limitò a chiedergli con tono falsamente tranquillo.

L’altro fece spallucce “Non lo so, l’ho incrociato poco fa andare verso le camere da letto”.

La donna si sfilò i guanti con irritazione e sciolse il nodo al grembiule “E tua sorella l’hai vista?”

Trunks finì di trangugiare la coca-cola e buttò la lattina nel secchio “Era con papà, a proposito io sto uscendo con Goten” le disse accorgendosi solo in quell’istante che gli occhi materni erano irradiati di una luce troppo carica di furore per poter definire il suo stato d’animo ‘sereno’: era la classica luce che sprizzavano le sue iridi quando era imbufalita nera e per questo comprese immediatamente che, per il proprio bene, sarebbe stato meglio fare dietro front e sgattaiolare via, prima che ella trovasse in lui il capro espiatorio perfetto. “Accidenti si è fatto tardi! Beh io esco!” esclamò defilandosi.

Ma Bulma non lo stava neppure ascoltando e non badò neppure a ciò che Trunks le disse: la mente si era fermata all’immagine evocata dal figlio, alla verità venuta a galla che Vegeta si stava ben lavorando la figlia per apparire un Dio ai suoi ingenui occhi, a discapito della sottoscritta.

“Bra era con lui eh…” mugugnò. “Bene, adesso è ora di fare i conti” farfugliò uscendo dalla cucina ed incamminandosi a grandi passi verso la camera da letto “Braaa!”

Le onde sonore risuonarono per il corridoio non una, ma più volte, fino a quando non raggiunsero l’oggetto in questione che era in compagnia del padre, vicino un ampio finestrone che consentiva la migliore visuale sulla città notturna: i due non parlavano, piuttosto si ignoravano a vicenda, dacchè Bra non era riuscita ad ottenere alcuna risposta ai propri tenaci interrogatori e si era trovata costretta a trotterellare da sola, canticchiando per ingannare il tempo e la solitudine.

Nell’avvicinarsi loro, Bulma dovette convenire che, nonostante tutto, insieme formavano davvero un grazioso quadretto. “Bra tesoro” la chiamò sbattendo le ciglia oltre il necessario ed apprestandosi a lei con fare materno “che ne dici di venire un po’ con la tua mamma?” le propose  piegandosi sulle ginocchia per portarsi alla sua altezza.

Due occhioni altrettanto azzurri la interrogarono di rimando.  “Pecchè?”

“Ma che domande, stiamo un po’ insieme naturalmente… la mamma deve farti vedere tante cose belle!” affermò l’altra, sorridendo e mostrandosi paziente più di quanto fosse realmente. La vendetta non era un piatto che riusciva a consumare freddo, era troppo impulsiva. Non tardò a notare che la figlia non aveva più il foglio con sè e così le porse la propria  mano affusolata  “Che ne dici?”

Si sa che la curiosità non è solo donna, ma anche tipicamente infantile, per questo lo sguardo della piccola si illuminò di un ritrovato entusiasmo ed assentì infervorata, muovendo il capo e facendo tintinnare il fermaglietto con i campanellini che teneva legata l’azzurra chioma. Soddisfatta della risposta ottenuta, Bulma si alzò, sfidando l’uomo con lo sguardo “Ci vediamo dopo!” gli disse con tono che nulla di buono prometteva, portando via la figlia mentre un sinistro piano iniziava a delinearsi nella mente con contorni sempre più netti…

Era stato davvero troppo subire quell’affronto. Un innocente affronto che Bra le aveva fatto, pungolando inconsapevolmente la bastardaggine del sayan che non aveva atteso a deridere la compagna. Era accaduto neppure un’ora prima, subito dopo cena, mentre lei riponeva le stoviglie e Vegeta giocherellava con uno stuzzicadenti seduto svogliatamente su una sedia.  Bra, seduta dirimpetto al padre, seguitava a disegnare su un foglio attorno al quale erano sparpagliate svariate matite colorate: la manina paffuta si muoveva scoordinata, tracciando linee poco armoniche e piuttosto asimmetriche, tuttavia,  aver ereditato proprio dalla madre l’innata capacità nell’applicazione tecnica , oltre alla spiccata predisposizione al disegno che ben presto sarebbe divenuta motivo di creazioni scientifiche, consentì alla piccola di delineare delle figure abbozzate e colorate ma comunque ben riconoscibili.

Finita l’opera, aveva alzato il foglio e lo aveva esibito soddisfatta alla silenziosa figura che le era seduta di fronte “Ti piace papà?”.

Le ciglia fremettero più del normale ed il musino fece capolino da dietro il disegno.

Vegeta, braccia incrociate e gamba accavallata, dovette portarsi più avanti con il busto per mettere meglio a fuoco gli infantili scarabocchi. Solo un braccio si mosse, vincendo la pigrizia, ed afferrò il foglio: se Bulma avesse saputo almeno un secondo prima cosa la figlia avesse deciso di mostrare al padre, l’avrebbe anticipata strappandole il foglio dalle mani per nasconderlo ai suoi occhi.

Le iridi scure dell’uomo percorsero le linee colorate, identificando le figure che seguirono. Trunks era appena abbozzato, uno scarabocchio lilla e rosa, ed una giacca gialla lontana dal rappresentare in maniera realistica quella che era solito indossare, tuttavia Vegeta era più discernibile, sotto la folta chioma accennata con una matita nera indossava una tuta blu, ma Bulma aveva davvero un non so che di insolito, ad un occhiata più attenta la donna subiva una mutazione piuttosto stravagante che tramutava l’esile collo in un piumame bianco e folto che la rendeva a dir poco improbabile:  sotto il suo viso, appena colorato, era ben distinguibile un corpo di anatra abbozzato.  

Vegeta rise all’istante, spietato, quasi sguaiato. La sua risata, rara quanto intensa, risuonò limpida e cristallina tra le mura della cucina. Non era da lui ridere così, per questo Bulma gli si apprestò subito curiosa e sorpresa.

Quando lo interrogò, sul viso dell’uomo vi era solo l’ombra svanente di un ghigno “Però…” esordì sarcastico. “A quanto pare tua figlia è più intelligente di quanto immaginassi …” le disse, porgendole con noncuranza il foglio.

Bulma lo prese tra le mani e focalizzò la propria attenzione su di esso: come l’acqua bollente che risale il condotto di un geyser e che preme sulla terra, facendo tremare impercettibilmente le fondamenta prima di schizzare fuori, il disappunto rese le sue mani tremanti mentre risaliva alla bocca per dare adito alla lingua. Ma, poiché un barlume di razionalità le era rimasto in corpo ricordandole che per darsi un minimo di contegno non era il caso di reagire come una pazza aggredendo fisicamente gli astanti, la donna si limitò a mutare espressione, digrignando i denti e la voce raggiunse i picchi più acuti di cui era capace: “Braaa! Che cosa mi rappresenta questo, si può sapere!?” 

Vegeta anticipò la piccola, che seguitava a fissare la donna con aria perplessa , senza riuscire a comprendere cosa  avesse fatto alterare a quel modo la madre.

“Cosa c’è, non è abbastanza chiaro?” le domandò lui, canzonatorio “Siamo noi, tu poi… sei disegnata davvero alla perfezione!” aggiunse con un ghigno, alzandosi da tavola, pronto a battere in ritirata per anticipare la battaglia che di lì a poco si sarebbe scatenata. Poco gli andava di subire la rabbia di sua moglie nelle orecchie, soprattutto a quell’ora e per un futile motivo. Avrebbe preferito di gran lunga dormire su letto coperto di aculei che era indubbiamente più conciliante delle urla nevrotiche di Bulma.

“Non mi sembra proprio!” replicò la donna, terribilmente irritata .“Non mi somiglia affatto!” Precisò ancora, come una bambina. Il foglio frattanto fluttuò nell’aria, finendo per posarsi a terra, mentre Vegeta superò la compagna andandosene e a Bulma non rimase che focalizzare la propria attenzione sulla piccola e confusa Bra.

“Bra, tesoro, perché hai disegnato la tua mamma così?” 

Pecchè non ti piace?”

“Oh certo che si! Tantissimo!” puntualizzò subito l’altra con aria trasognata “ma vedi…la tua mamma non è così… cioè…voglio dire….il mio corpo non è così!”

“Lo so ma allooa pecchè papà dice sempe che sei un’oca?” domandò l’altra, con ingenuità.

Bulma strinse le labbra con rabbia. “Tuo padre scherza!” affermò infine, cercando di risultare il più convincente possibile “mi hai capito?!”

Bra annuì e raccolse il foglio da terra.  In quello stesso istante squillò il telefono e Bulma si mosse per rispondere ma quando si rigirò, della figlia non c’era più traccia. Decisamente su di giri, aveva preso a sfogare la propria stizza sulle stoviglie da lavare, proprio poco prima che giungesse Trunks e che le riferisse di aver incrociato suo padre e sua sorella per il corridoio.

Però, adesso che Bra era nuovamente al suo fianco, Bulma era decisa a rispondere all’affronto subito con un attacco migliore. Servendosi di sua figlia, neppure fosse stata un calumet della pace adibito a dichiarazione di guerra, avrebbe pungolato la permalosità del sayan, perciò si posizionò seduta vicino la bambina e, rimboccatasi le maniche, prese a disegnare su un foglio pulito. “Bene tesoro, adesso disegnamo il tuo papà” dichiarò con tono sprezzante che nulla di buono prometteva.

“Ma già ho fatto il papà” replicò l’altra.

Bulma distese le labbra in un falso sorriso, negli occhi un barlume di scaltrezza e nel tono una nota sarcastica: “Ma tesoro lo disegniamo meglio!” esclamò prima di prendere in mano una matita colorata ed iniziare a tracciare delle linee “ecco, facciamo così, così ancora…” mormorò eccitata mentre Bra si sollevò su una sedia per sbirciare “poi ecco qui, un’altra linea così…perfetto!”

La bambina scrutò dubbiosa il disegno “ma quetto non è papà!”

“Invece è proprio il tuo papà!”

“Non è il mio papà!” si impuntò Bra.

“Avanti Bra! Per favore!” la zittì l’altra irritata, tornando però a sorriderle immediatamente per non indisporla proprio ora che necessitava della sua collaborazione “Adesso da brava, perché non lo colori tu e mi fai vedere quanto sei brava?” le propose nascondendo il piano diabolico.

Bra si sistemò una ciocca ribelle, scostandola goffamente via dalla fronte ,e si apprestò a compiere con dedizione il nuovo compito frattanto che sua madre finiva di sistemare la cucina. Solo quando l’opera fu portata a compimento, diversi minuti dopo, Bulma ebbe la premura di analizzarla minuziosamente con evidente compiacimento “Bravissima! È perfetto, adesso però devi farglielo vedere” disse alla bambina, porgendole nuovamente il foglio. “Sono certa che gli piacerà moltissimo!”

Bra annuì, entusiasta.

“Però non dirgli che ti ho aiutato io!” si raccomandò la donna, con aria improvvisamente grave.

Pecchè?”

“Perché se non glielo dici, la mamma ti compra quella bellissima bambola che hai visto questa mattina al negozio di giocattoli!” dichiarò la donna, soddisfatta della trovata.

Davveeo!?” esclamò l’altra. “Va bene, allooa vado” disse ancora, incamminandosi verso l’uscita.

“E torna per dirmi se gli è piaciuto!” le ricordò Bulma con aria civettuola, pronta a godersi la rivincita.

Se non avesse conosciuto alla perfezione la moglie, Vegeta si sarebbe chiesto chi fosse il seccante visitatore che ardiva bussare alla sua porta a quell’ora della sera. Neppure fosse stato un veggente, aveva previsto il ritorno di Bra. Vegeta, steso svogliatamente sul letto, aspettò fosse la figlia a delucidarlo sul proprio arrivo.

“Tieni papà”. Vegeta si vide consegnato un foglio e, dopo un istante di esitazione, lo prese  tra le proprie mani. Studiò con aria scettica il disegno, poi inchiodò lo sguardo severo sulla figlia. “Sei stata tu?” indagò sospettoso e per nulla convinto che fosse stata la piccola ad averlo rappresentarlo nelle sembianze di un peloso scimmione steso a terra, KO.

Bra si guardò attorno vigile, poi, come tipico dei bambini, non resistette all’impulso di aprire la bocca e darle fiato con la stessa risoluzione di una rana dalla bocca grande “No papà! E’ stata la mamma! E poi io l’avevo detto che non ti somiglia! Ma non digglielo che io te l’ho detto! ”

Il sayan emise un ghigno: Bulma non si smentiva mai, pensava di dargliela a bere usando proprio la figlia come mezzo.“Dammi quella penna” le ordinò sbrigativo, dopo aver visto che la bambina ne teneva una tra le mani.

Bra gliela porse ed osservò suo padre scrivere qualcosa sul foglio: l’uomo delineò bene delle lettere, infine piegò la carta accuratamente e la porse nuovamente alla figlia “Portalo a tua madre…” le ordinò.

La bambina osservò confusa il contenuto, ancora incapace di leggere e comprendere il significato delle parole, tuttavia si accinse ugualmente ad eseguire con estrema obbedienza l’ultima disposizione impartitale. “Chiudo la potta?” gli domandò quando fu vicino l’uscio.

Vegeta ci pensò un istante: in un altro frangente non avrebbe esitato a dirle di serrare l’uscio, ma la mente elaborò rapidamente un ragionamento che lo indusse a riflettere che da quella situazione ne avrebbe tratto giovamento almeno il proprio ego.

“No, lasciala aperta, ho caldo” le rispose adagiandosi comodamente su un fianco e dando le spalle alla porta. In verità, forse spinto dall’ormai remoto sadismo che di tanto in tanto si affacciava a punzecchiarlo, in quell’istante moriva dalla voglia di sentire la voce di sua moglie in preda ad una crisi di nervi perchè sarebbe stato pronto a scommettere la propria vita che ella sarebbe accorsa da lui starnazzando come un’anatra, offesa e risentita. Quelle si che erano soddisfazioni…

Bra, frattanto, era giunta nuovamente in cucina e Bulma l’accolse impaziente di apprendere se l’altro  si fosse incollerito “Allora che ha detto? E’ piaciuto il disegno a papà?” le domandò con aria soddisfatta, pregustando la risposta che invece non venne.

“Tieni” ribattè l’altra, stranamente seria mentre le porgeva il foglio ripiegato.

La donna lo afferrò confusa: il volto grave di sua figlia le insinuò il dubbio che qualcosa non fosse andato secondo i propri piani: “Cosa c’è?” le chiese mentre lo apriva e metteva a fuoco le chiare e ben delineate lettere  stampatello di un SEI PATETICA.

Il foglio fu ridotto in poltiglia e le labbra emisero un borbottio sommesso. “Bastardo…” ringhiò a denti stretti, imboccando a grandi falcate il corridoio con una delicatezza elefantesca. “VEGETAAA!” urlò ai quattro venti, lasciando per aria la pallina di carta e facendo riecheggiare la voce acuta per tutta la lunghezza del tunnel.  

Il grido raggiunse la stanza dove l’uomo si era ritirato a godere del piacevole conforto che arreca il letto alla fine di una giornata.  Il corpo robusto non fu percorso da alcun fremito nel sentirla arrivare battagliera, piuttosto la mano si allungò solamente a chiudere il cassetto dove teneva riposti alcuni oggetti personali per occultarne il contenuto: sarebbe stato meglio che quel disegno non finisse tra le mani della terrestre o sarebbe stato ridotto in brandelli. Chiuse gli occhi, deciso ad eludere la donna fingendosi profondamente addormentato,  e solo i passi di Bulma ruppero la quiete, risuonando come tonfi sordi e pesanti che si avvicinavano minacciosi all’uscio: la donna entrò senza mezzi termini.

“Guarda che io e te dobbiamo parlare!” esordì con tono solenne ed iracondo.

Ma Vegeta non le ripose, piuttosto la penombra ne celò l’entità mentre la bocca si atteggiò lentamente in un ghigno soddisfatto: che urlasse quanto gli pareva quell’oca, ma lui quello scarabocchio se lo sarebbe tenuto ben caro. D’altronde, un buon mercenario, sa perfettamente che è bene essere sempre forniti delle migliori armi, per un futuro regolamento dei conti.

 

 

Fine.

 

 

 

  
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