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Autore: twy    27/05/2011    1 recensioni
Il problema dei ragazzi che si amano è che sono attori. Non possono essere veri, non qui, non nella realtà, non con la gente intorno. E' come una stasi, una sospensione: aspettano che qualcosa cambi, aspettano di trovare il coraggio. Aspettano che qualcuno li scopra.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Attesa

La stazione non è mai del tutto gelida, neanche in inverno, scaldata dalle centinaia di persone che si muovono, corrono, od anche restano immobili, in attesa. Scaldata dalle speranze che un treno in arrivo può portare con se', o dalle partenze che aprono di fronte ai tuoi occhi prospettive di nuovi mondi: scaldata dagli amanti che si ritrovano dopo la lontananza, dalla preoccupazione delle madri per i figli in ritardo, dalle ultime volte, prima che un treno parta per sempre. 

 

E' il crepuscolo. C’è confusione, tanta gente anonima, e poi tu vedi qualcosa, è come un bagliore, sai, magari non è niente di particolare, magari è quella ragazza bassa bassa e con una felpa lunga lunga, che ti chiedi quasi se la metta per proteggersi dal freddo del vento o da qualcos'altro, da un freddo diverso, da un freddo degli uomini, che guarda le partenze con aria rapita; o magari è qualcun altro, qualcuno di insignificante, e lì, lì c’è una storia. 

 

***

Andy guardò in alto, verso il cartellone degli arrivi, aspettando che comparisse il binario. 

Venezia S. Lucia, 15:45 

Si strinse nel vecchio giubbotto. Faceva un freddo cane a Milano. Spinse più a fondo le mani nelle tasche, sperando di scaldarle.

Era pieno di gente, sotto il cartellone degli arrivi, tutte persone che aspettavano che il loro treno arrivasse. Lui era uno dei pochi senza bagaglio.
Di quelli che aspettano qualcuno.

***

A volte, nel mezzo di una folla, qualcosa ti rapisce. Uno sguardo, un gesto, qualcosa. Non puoi davvero farne a meno. Non è spiegabile in senso tecnico: è una brezza di fascino di cui per un singolo istante puoi assaporare la scia. 

 

***

Andy aspettava. 

Era arrivato in anticipo, mosso da nervosismo. 

Controllò ancora il cartellone, poi sbuffò appena nell’aria gelida. 

Chiunque gli avesse guardato gli occhi, li avrebbe trovati freddi.

Forse anche lui alla fine non avrebbe visto niente, nel suo sguardo.

Andrew lo preferiva, in posti come quelli. Si sentiva scoperto, in mezzo a tutta quella gente. 

La gente osserva. La gente giudica. La gente ferisce. 

Guardò di nuovo il tabellone. 

Venezia S. Lucia, 15:45 

Ma lui non lo aveva mai fatto. 


***

Aveva un’aria fragile, forse fu questo. Non la fragilità eterea e dolce, ma come qualcosa di spezzato e ricomposto malamente, senza che nessuno abbia badato più di tanto che tutti i pezzi tornassero nel posto giusto. Uno di quelli che si confonde facilmente fra la folla. 

Eppure, lui era in mezzo al vuoto. Solo. 

Quando vedi una cosa così, ti viene da volere che ci sia qualcuno, vicino a lui.


***

Il treno si avvicinava lentamente. Lo immaginavo più veloce, pensò Andy. Invece no, lui non aveva fretta. Carrozza 7. E’ quasi in fondo alla banchina. Camminava veloce, il treno andava in senso contrario. Sembrava senza senso, questo movimento opposto. 

Azzardò un’occhiata ai finestrini, niente. Strinse le mani nelle tasche. 

Iniziava ad avere confusione nella mente, troppe idee e domande in testa. E se…

“Andrew?” 

I suoi occhi castani scattarono in su, verso il ragazzo alto che era di fronte a lui, sorridendo. Aveva un cappello con la visiera, da sotto si vedevano i corti capelli biondi, ed era lui. 

Ed era lì. 

La sua mente parve schiarirsi.

 

***
Le stazioni sono dei luoghi dove si può ridere, piangere, urlare, perché anche se la gente ti vede, nessuno ti guarda davvero. C’è sempre questa sensazione, come se ognuno avesse troppo della sua vita ad attirare la sua attenzione in quel momento, una partenza, un arrivo, qualcosa da fare lì che di certo è più importante del resto intorno. Ognuno baderà a se. In fondo, questa è Milano. 

 

***

Era una stazione. La gente era intorno, li urtava, i bagagli ingombravano ovunque e si sentivano migliaia di voci mischiarsi l’una con l’altra. 

Andy lo guardò, non sapendo bene cosa fare. C’era così tanta gente.

L’altro sorrise, rabbrividì appena nella sua grande felpa rossa, e poi disse: “Finalmente”, e lo abbracciò. 

Il moro s’irrigidì fra le sue braccia, e forse nascose appena un sorriso contro il suo petto.

“Non ti facevo tipo da smancerie.”
“Ehy, sono contento di vederti. Sei proprio come t’immaginavo.” Si allontanò e gli passò una mano fra i capelli, toccando la nuca dove erano rigidi di gel. “Come un piccolo riccio.”
“Anche tu. Solo, più alto. E con un cappello più ridicolo di quanto ricordassi.”
Gli rispose semplicemente con una linguaccia, sistemandosi automaticamente il cappello. “Andiamo?”
“Sì.” disse Andy. Il suo viso non era più freddo. Ora, per un secondo, sorrideva davvero. 

 

***

Sono mille le storie che si rincorrono nel vento non troppo freddo di una città sconosciuta. Sono mille e più le prospettive di una stazione: un bambino può piangere e temere i rumori o riderne, esserne attratto, la malinconia può serrarti la gola in un nodo amaro o l'eccitazione può rendere ogni centimetro della tua pelle elettrico nell'attesa. 

A volte, basta un piccolo sorriso su uno di quei volti d'indifferenza.

 

***

Silenzio nella piccola cucina. Fuori faceva già buio, e la finestra chiusa teneva fuori il vento. 

“Sicuro che non vuoi nient’altro?”
“No, grazie.” 

Andy fece scorrere le unghie smaltate di nero lungo il bordo del bicchiere. Una si era scheggiata. Istintivamente la portò alla bocca, in un gesto di nervosismo.

“Non sapevo osassi mangiare le tue belle unghie.” Lo prese in giro lui, che non aveva perso il gesto.

“Non lo faccio.” Disse subito l’altro, allontanando la mano. Ad un’occhiata eloquente del biondo, rise. “Va bene, solo ogni tanto. Non dirlo a nessuno.” 

In quel momento, alcuni ciuffi gli caddero sugli occhi, nero sul castano ora fattosi più scuro. Prima che potesse ancora levare la mano, lui li scostò dal suo viso, passandogli poi la punta delle dita sulla guancia in un tocco leggerissimo, una carezza impacciata. Andy lo guardò con consapevolezza, poi si alzò, e si chinò su di lui. 

 

***

Il problema dei ragazzi che si amano è che sono attori. Non possono essere veri, non qui, non nella realtà, non con la gente intorno. E' come una stasi, una sospensione: aspettano che qualcosa cambi, aspettano di trovare il coraggio. Aspettano che qualcuno li scopra. Che trovi il loro cuore, nonostante la maschera. Che la veda. Che la riconosca. Ed è questa la magia. E’ questa la meraviglia: quando vedi uno di questi bugiardi nella sua vera indole. E’ qualcosa di segreto e nascosto: ecco in cosa sta la sorpresa. 

 

***

L'apatia, si rende conto Andy, solo ora, non è solo il sopirsi dei sensi, che, stanchi di essere sottoposti a troppo lavoro, troppo dolore che gli crolla addosso e che cuore e mente li aiutano a malapena a gestire, ti richiedono una pausa. Diventa circolo vizioso. Diventa attesa costante di qualcosa che ti risvegli, perché il mondo smetta di girare intorno a te, immobile. Non che ti muova: che ti faccia muovere.

Se ne rende conto solo ora, nei confini indefiniti di un bacio durato un istante, e ne è terrorizzato. 

 

***

Alla fine, i treni partono comunque. Il sole tramonta, il crepuscolo non può durare in eterno. 

Ed a volte, avviene, la scoperta. L'attesa si spezza.

Altre volte la partenza, l'arrivo, il tramonto, ti colgono così. Sospeso.

  
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