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Autore: Shatzy    27/05/2011    12 recensioni
L’interno dell’auto di Blaine non era il posto ideale, lo sapeva bene. I sedili erano scomodi, il volante impediva di avvicinarsi troppo e non c’era spazio per le gambe, ma fu quando inavvertitamente posò il braccio sul clacson, facendo riecheggiare per almeno due isolati quel rumore – più fastidioso del solito – che Kurt si decise a staccare le braccia dal collo dell’altro ragazzo e a tornare seduto composto.
[SPOILER 2x22][Klaine]
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Disclaimer e credits: i personaggi citati non mi appartengono e la storia non è scritta a scopo di lucro. La canzone citata, anche nel titolo perché la mia fantasia è pari a zero, è "Falling in love at a coffee shop" by Landon Pigg.

Ambientata dopo la fine della serie, quindi SPOILER della puntata 2x22

Grazie tesoro per la prima betatura di 'sta cosa ._. Prometto solennemente di mettere da parte la pigrizia per il futuro ed evitare di farti leggere schifezze orride piene di ripetizioni XD




Fallen quite hard over you


I never knew just what it was
About this old coffee shop I love so much
All of the while, I never knew…


L’interno dell’auto di Blaine non era il posto ideale, lo sapeva bene. I sedili erano scomodi, il volante impediva di avvicinarsi troppo e non c’era spazio per le gambe, ma fu quando inavvertitamente posò il braccio sul clacson, facendo riecheggiare per almeno due isolati quel rumore – più fastidioso del solito – che Kurt si decise a staccare le braccia dal collo dell’altro ragazzo e a tornare seduto composto. Controllò la situazione dei suoi capelli guardandosi nello specchietto davanti a lui, riprendendo fiato. Non era il posto ideale.
Blaine cercò la sua mano, stringendogliela forte, e rimasero qualche secondo in perfetto silenzio, per poi scoppiare a ridere.
“È meglio se vado a casa” sospirò Kurt, mentre l’altro annuiva; ma poi si avvicinò di nuovo al suo viso, fino a baciarlo appena, stavolta in modo meno irruento rispetto a qualche minuto prima. Blaine gli sfiorò con le dita la pelle così delicata della guancia, mentre rispondeva inclinando leggermente la testa. Amava – e mai una parola gli era sembrata tanto perfetta – le labbra di Kurt, così sottili e morbide, amava la loro forma, il modo in cui premevano contro le sue, il loro sapore di burro di cacao che gli rimaneva sempre sulla bocca. Probabilmente, amava Kurt e basta.
“Ok, devo davvero andare a casa ora” mormorò ancora, anche se non osava allontanarsi più di qualche centimetro.
“Già...” acconsentì Blaine, mentre la sua mano, quella che non era intrecciata saldamente alle dita dell’altro, si spostava sul suo collo, accarezzando piano i capelli, lasciandogli intanto piccoli baci sulla guancia.
Kurt, per tutta risposta, chiuse gli occhi e afferrò la sua spalla, tenendolo ancora più vicino. “Scusa per prima” ammise sorridendo, strofinando il naso contro lo zigomo del suo ragazzo.
“Sappi che non ho nulla in contrario se intendi saltarmi addosso di nuovo” rise Blaine, continuando a prestargli tutte le sue attenzioni. “Anche se questo non è il posto ideale” aggiunse, guardando vagamente l’interno della sua auto; quella voce così vicina al suo orecchio provocò un brivido a Kurt, che strinse ancora più a sé l’altro.
“Non ti sono mai... uhm” provò, cercando le parole senza arrossire più di quanto già non avesse fatto alla sola idea di quell’improvviso slancio di affetto che aveva avuto. “Era solo per ringraziarti. Per prima, intendo. Per avermi detto che-” ma si bloccò, cercando di salvarsi da quel discorso che aveva preso una piega decisamente imbarazzante. Per avermi detto che mi ami. No, ok, suonava decisamente male. “Be’, per aver condiviso con me il caffè”.
Che poi fosse un caffè nel senso letterale del termine o un sentimento tanto intenso da non vederne la fine non era così importante, si disse.
Blaine sorrise contro la pelle del suo collo, lasciandogli un tenero bacio prima di tornare a guardarlo in viso. E non aveva dubbi sul fatto che il suo sguardo fosse speculare a quello di Kurt: pieno di fiducia, con una vena di speranza e con un velo di imbarazzo. Sembrava impossibile provare tutto quell’amore per una sola persona, ma quando incrociava quegli occhi di un azzurro così profondo da tenerlo sveglio la notte capiva in un attimo che Kurt rispondeva a quella stessa, identica emozione.
Amore.
“Grazie a te” gli rispose dolcemente, contro le sue labbra. “Per avermi detto che anche tu... be’, che condividi il mio caffè” concluse con quello che era più un ghigno che un sorriso, tanto da meritarsi una non tanto leggera pacca sulla spalla che lo fece allontanare appena.
Quante cose avevano vissuto davanti a un caffè? Il loro primo incontro, la loro prima litigata, la loro prima pace, il loro primo appuntamento, anche se Blaine sosteneva che quello fosse stato il pranzo che gli aveva comprato la prima volta che era andato per lui al liceo McKinley, mentre Kurt non si schiodava dall’idea che fosse stato vedere Rent insieme. E ora c’era anche questo, la loro dichiarazione d’amore.
“Devo andare a casa” ripeté ancora una volta, sempre meno convinto, mentre Blaine lo lasciava spostarsi, tenendo tuttavia ancora le loro mani intrecciate. “Ci vediamo domani dopo la tua audizione al Six Flags”.
“Domani, sì”.
Amore. Era stato semplice dare finalmente voce a quel sentimento; in quel momento al Lima Bean erano sparite le altre persone, la confusione, le occhiate, perfino l’odore del loro caffè: c’era stato solo Kurt, così semplice e maturo e felice, tanto che le parole gli erano uscite spontanee. “Kurt!” Blaine lo richiamò un attimo dopo, prima che potesse allontanarsi più del dovuto. Già, le parole continuavano ad uscirgli sempre spontanee. “Ti a-” ma non riuscì a finire, perché l’altro gli mise un dito sulle labbra, chiudendogliele.
“Non voglio sentire quelle due parole fino a domani, Blaine” lo ammonì. “Ne abbiamo già discusso. Quella di oggi era la prova generale, domani avremo la prima, e in un posto con l’atmosfera romantica, una musica delicata in sottofondo e soprattutto un abbigliamento adeguato per l’occasione, magari con un cappello secondo lo stile della nobiltà inglese che richiami il colore dell’anello di fidanzamento di Kate Middleton” chiarì, pensieroso. “Credi sia il caso di abbinare i colori dei nostri vestiti?”
Blaine sorrise, scuotendo piano la testa. “Decidi tu” concesse, sapendo bene quanto il suo ragazzo tenesse a questi particolari, e a fare le cose in grande stile. Ma almeno avrebbero avuto qualcosa da raccontare ai loro figli, avrebbe voluto dirgli, qualcosa molto simile a una di quelle scene delle commedie sentimentali che amavano vedere insieme, e da cui Finn di solito si teneva alla larga, soprattutto se era presente anche Puck, lasciando loro il divano per tutto il pomeriggio. “Passo a prenderti domani alle sette e mezza, tavolo riservato da Breadstix”.
“Perfetto” annuì l’altro. “Per quell’ora avrò tutti i dettagli della storia tra Mercedes e Sam. Come se potessero nascondere una relazione segreta di fronte a due gay!” ridacchiò,  prendendo la borsa e apprestandosi ad uscire.
Blaine lo fermò, stringendo la mano che ancora teneva nella sua. Prima non c’era stato tempo, prima le parole erano uscite all’improvviso ed erano solo andate a confermare ciò a cui entrambi avevano dato un nome da settimane. Gli si avvicinò piano, con sguardo sincero. “Lo sai che amo questo caffè che condividiamo, vero?” gli disse, baciandolo di nuovo.
Kurt lasciò andare la borsa tra le gambe, andando ad abbracciare forte l’altro, approfondendo il contatto. Se continuavano così sarebbero stati in grado di rimanere in quell’auto fino al loro prossimo appuntamento, pensò, o magari per tutta la vita, ma non che la cosa lo facesse desistere dallo stringere la felpa rossa di Blaine o dal mordere le sue labbra.
“Lo amo anche io” gli sussurrò dolcemente, guardandolo per un attimo con tutto l’affetto di cui era capace, prima di chiudere di nuovo gli occhi e spostarsi con più impeto verso di lui, lasciando la presa sulla mano di Blaine e portando entrambe le braccia sulle sue spalle, mentre l’altro lo spingeva contro il sedile, cercando un sostegno e aumentando il contatto tra i loro corpi, e gli cingeva forte la schiena, gli sfiorava con delicatezza una guancia, indugiava più a lungo contro un fianco e gli accarezzava gentilmente i capelli, e davvero, davvero, Kurt non sapeva come tutto ciò fosse possibile, ma l’unica cosa che riusciva a fare era stringerlo forte, stringerlo sempre più forte, e respirare contro la sua pelle come se l’odore di Blaine fosse l’unico ossigeno di cui avesse bisogno.
E i sedili erano di nuovo scomodi, e il volante impediva di nuovo di avvicinarsi troppo, e proprio non c’era spazio per le gambe in quell’auto stretta, ma stavolta almeno Kurt era ben lontano dal clacson.
Non era stato necessario approfondire l’argomento, al Lima Bean, tanta era chiara la chimica tra loro due. Cos’altro si poteva aggiungere, in fondo, ad un momento già perfetto di suo?
Ma una volta soli le cose erano cambiate, e quei sentimenti erano riaffiorati con prepotenza.
Quando qualcosa urtò il cofano, però, producendo un rumore sordo che li fece sobbalzare, vennero entrambi distratti da quel bacio che stava diventando ben più di un semplice saluto tra due fidanzati.
Fu allora che Kurt notò suo padre mentre allargava le braccia e alzava le spalle in un vago gesto di scuse, anche se sul suo viso non c’era la minima traccia di pentimento nell’aver casualmente urtato l’auto di Blaine. E notò soprattutto che non aveva intenzione di muoversi da lì, nella chiara attesa di suo figlio.
Sbuffò, quindi, rimettendosi seduto composto e recuperando la borsa, mentre Blaine sorrideva leggermente imbarazzato.
“Ti chiamo stasera, così mi fai ascoltare di nuovo la canzone che abbiamo scelto per la tua audizione di domani” gli disse Kurt, portando la mano sulla maniglia.
L’altro lo guardò in quel modo che lo faceva sciogliere ogni volta, senza il bisogno di aggiungere parole.
New York era stata davvero magnifica, ma Blaine gli era terribilmente mancato. Kurt sospirò, ancora, lanciando un'occhiata di sottecchi a suo padre, immobile sul cancello di casa, e un'altra all’interno dell’auto, ai sedili, al volante, e al suo magnifico ragazzo, mordendosi il labbro inferiore. No, decisamente non era il posto ideale, quello.
Poi scosse la testa per scacciare il pensiero e aprì lo sportello, prima di rispondere con la stessa intensità allo sguardo di Blaine, stringendogli la mano per l’ultima volta in quel pomeriggio.
Lasciarono la stretta nello stesso istante, permettendo alle loro dita di sfiorarsi a lungo mentre  scivolavano via. Era così che ci si dimostrava il vero amore nei musical di Broadway, no?
La loro estate sarebbe stata grandiosa, l’avevano già organizzata nei minimi dettagli e non avevano previsto di lasciar passare un solo giorno senza dire ti amo all’altro, o senza dimostrarselo.
Probabilmente avrebbero discusso ancora a lungo sul musical che Kurt voleva scrivere, “Pip Pip Hooray”, ma solo perché Blaine si sarebbe rifiutato di cantare nel ruolo del principe Harry quando trovava di gran lunga più affascinante il principe William, o perché Kurt, che non gli avrebbe perdonato i gusti esattamente opposti ai suoi sui fratelli reali, avrebbe insistito nel voler indossare una gonna in scena, solo per ripicca, visto che Pippa Middleton, il suo personaggio, era ormai considerata una vera bellezza e non nascondeva di esserlo.
Comunque fossero andate le cose, alla fine non sarebbe cambiato molto, Blaine lo avrebbe baciato all’improvviso e Kurt avrebbe lasciato cadere a terra gli spartiti mentre lo abbracciava.
Comunque fossero andate le cose, si sarebbero sempre ritrovati in quel bar, nel loro bar, davanti ad un caffè e a un biscotto da dividere in due.

All of the while, All of the while it was you
















 


Ed anche la seconda stagione si è conclusa... Non ricordo un granché della puntata, se non una certa scena in un bar in Ohio. Kurt mi ha fatto sorridere come sempre, perché è stato più adorabile del solito. Dopo tutto quello che ha passato quest’anno (il bullismo, l’infarto del padre, il primo bacio rubato contro la sua volontà da un tizio che gli ha reso la vita un inferno, la minaccia di morte, il dover lasciare la sua scuola e i suoi amici e ricominciare da capo in Warblerland, la sconfitta alle Regionali, la sconfitta alle Nazionali - senza nemmeno aver cantato mezza strofa, vorrei far notare –, la morte improvvisa di Pavarotti, sentire da Rachel di aver visto Patti LuPone, indossare la stessa uniforme per mesi, ecc ecc), dopo TUTTO questo, se ne esce con una frase del genere: Kurt Hummel's had a pretty good year.

No, scusa, cosa? E davvero, davvero, sarei rimasta sconvolta e avrei riso dell’incoerenza degli autori se non fosse che ero totalmente sciolta all’idea che Blaine, SOLO Blaine, gli abbia fatto dimenticare tutto, perché stare con lui è l’unica cosa che conta, perché amare ed essere amato è la cosa più bella del mondo (tanto per citare Moulin Rouge) e cosa ci importa del resto, di New York, dei vestiti orrendi delle Nazionali, dei drammi della Finchel, della Brittana mancata, della Samcedes che oh-mio-dio se approfondivano un attimo non ci faceva schifo visto che sono adorabilmente carini, dei grandi piani di Quinn tagliati all’improvviso come i suoi capelli... Cosa ci importa?
È in Ohio che Blaine ha detto “Ti amo” e Kurt ha detto “Ti amo anche io”.

One hand in the air for my Klaine, dearies <3
 
   
 
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