Over the rainbow ~
{ un altro ballo insieme }
1946. The Harvey Girl
Era bellissima.
Volteggiava sul set come una nuvola di colore, sorridente e vivace, e ogni
volta che i loro sguardi s’incontravano i suoi luminosi occhi nocciola
apparivano sereni, come quelli della quindicenne che lui aveva conosciuto.
Nessuno che l’avesse vista in quei momenti avrebbe mai immaginato quante
ombre potessero nascondersi dietro i colori e la luce.
Di tanto in tanto, tra
una ripresa e l’altra, Judy veniva a sedersi accanto a lui e scordava
tutto il resto. Qualche volta gli chiedeva di ballare per lei o con lei.
Qualche volta addirittura mandava via la truccatrice di turno, pur di stare un
po’ sola con il suo Spaventapasseri,
come ancora – dopo tanti anni – lo chiamava. Ray non avrebbe voluto
sottrarsi a quella definizione per nulla al mondo. Le stava vicino con una
quiete che raramente provava con altri, con chiunque
altro, beandosi del suo profumo di donna giovane e bella e amica – e
tanto in più, così tanto in più. Glielo diceva, anche, spesso, al riparo di una maschera
scherzosa.
«Tu credi che sia piacevole stare qui a guardarti ogni
giorno mentre sbaciucchi quell’Hodiak?»
Judy rideva, scuoteva la
testa; gli carezzava la guancia con lo stesso gesto morbido di quand’era
una ragazzina, quando seguivano insieme la strada di mattoni gialli. Rideva e
la sua risata faceva sì che tutto restasse lì, che si riducesse a
un gioco di due persone cresciute insieme, troppo amiche per pensare di dire sul serio.
«Non fare il
geloso, Ray. Il mio Spaventapasseri resterai sempre tu.»
Ray alle volte si
chiedeva perché, allora, ogni
volta che lo guardava, ogni volta che lo sfiorava, lo facesse tornare a vestire
quei panni impagliati, come fosse lui ad avere di nuovo quindici anni. Si
arriva a un’età in cui un’innocente carezza non accelera
più il battito del cuore – ma lui, con Judy, non era mai riuscito
a crescere.
E lei era bellissima; e
andava bene, andava bene ridere, pur
di starle così vicino da poter sperare di mandar via le sue ombre
invisibili.
1963. The Star of the Show
Era
cresciuta. Ciò
che aveva fatto suo con gli anni, ora lo riversava dentro lo schermo magico che
chiamavano televisione, circondata dai sorrisi che erano stati i suoi mentre
imparava a fabbricarne di nuovi. E anche adesso era quasi impossibile, quasi
impensabile accorgersi della stanchezza che si agitava dietro il suo viso
illuminato dai riflettori e da una luce interna immensamente più forte.
Era felice di poterle
stare di nuovo accanto. Gli era sembrato un po’ strano, a dirla tutta,
sedersi davanti al pubblico a condividere con lei e con loro una vita di ricordi affettuosi; ma era giusto così:
Judy era di tutti, lui era di tutti, la loro storia era di tutti, le loro
canzoni erano di tutti, i loro scherzi erano di tutti. Soltanto ciò che
restava al di sotto, dietro la maschera scherzosa, Ray si permetteva di tenerlo
per sé – e per Judy; perché anche quello era suo, tutto suo.
«Dovresti
smetterla di baciarmi. Potrei ricordarmi che tu sei una splendida donna e io un
debole vecchietto.»
Lei rideva come allora,
ma di un riso più consapevole, più dolce – dolce tanto
quanto le sue labbra, ogni volta che i ricordi si facevano così belli e
struggenti da portare entrambi a cercare un contatto più tangibile di un
altro ballo insieme. Gli piaceva, che lo baciasse. Ma ancor più che lo
guardasse così: come se anche lei, infine, si fosse accorta di non
essersi mai allontanata dai suoi quindici anni.
«Non sei affatto
un vecchietto. Sei il mio Spaventapasseri, e avrei dovuto cominciare a baciarti
molti anni fa.»
Ray sentiva qualcosa di
diverso, di cresciuto, nelle carezze
che gli lasciava sul viso, e per l’ennesima volta si ritrovava a
riflettere sul senso di quei sorrisi che da troppo tempo si erano cuciti
addosso. Forse era solo che così era più facile, che non si
rischiava di perdere nulla. Di una sola cosa era sicuro. Non contava essere
arrivato a un’età in cui neppure un bacio accelerava più il
battito del cuore – perché con lui c’era Judy, c’era
sempre stata Judy.
Ed era bello vederla
cresciuta, ma avrebbe preferito smettere quel riso; aveva paura che ormai
servisse solo a nascondere la sua
stanchezza.
1987. The Rainbow at the End
Era eterna, ormai.
Persone come lei non muoiono.
Quando aveva saputo che la
stanchezza e le ombre se l’erano portata via, Ray si era concesso la
presunzione di credere di essere quello che avrebbe sofferto più di tutti; e a onor del vero lo
pensava ancora oggi, oggi che toccava a lui.
Non aveva paura. Aveva
dei rimpianti, però. Chiuse gli occhi per non vederli, e si
augurò di rivedere lei –
che aspettava il suo Spaventapasseri dall’altra parte
dell’arcobaleno, pronta a prenderlo per mano e a danzare con lui. Come a
quindici anni.
Forse, finalmente, oltre
l’arcobaleno sarebbe stato come sarebbe sempre potuto essere, com’era sempre stato dietro le maschere scherzose.
E oggi, sì, non
aveva dubbi, sarebbe stato di nuovo felice di vederla sorridere.
{ Persone come loro non muoiono mai; e nemmeno i sentimenti che le
legano.
Raymond Bulcao e Frances Gumm ora seguono una strada nuova, insieme. }
Spazio dell’autrice
Ne avevo bisogno. Dovevo
scrivere una storia su di loro. E no, qui non si tratta della mia passione per Il Mago di Oz;
sono stati loro, unicamente loro, in
quanto persone e non personaggi, a trasmettermi la tenerezza e la commozione
necessarie ad innamorarmi alla follia di un pairing reale.
Penso non contasse che ognuno conducesse la sua vita, che fossero
entrambi più o meno felicemente sposati con altri: ciò che univa
queste due persone andava ben al di là di un rapporto lavorativo e
finanche dell’amicizia. E forse è solo che mi piace pensarla
così perché li adoro; ma appunto li adoro, e se mai ho scritto delle RPF è stato soltanto perché
quelle real people le adoravo. Come Ray e Judy.
Inizialmente l’idea voleva includere solo la prima flash,
ambientata ai tempi de Le ragazze di
Harvey, il secondo film che i due hanno condiviso dopo Il Mago di Oz. Ma poi ho ripensato al Judy Garland Show
e a come in quell’occasione fosse evidente la loro sintonia. Infine, ho
voluto chiudere il cerchio con una strada che ritorna: Ray Bolger
muore nel 1987, diciotto anni dopo Judy Garland, e
tornare da lei è come rivedere una quindicenne sbucare all’incrocio
della strada di mattoni gialli.
* Il mio Spaventapasseri:
Judy era solita chiamare così Ray, tanto Il Mago di Oz li aveva uniti.
* Hodiak:
John Hodiak, coprotagonista maschile ne Le ragazze di Harvey.
* Dovresti smetterla di
baciarmi: date un’occhiata qui e qui.
* Raymond Bulcao e Frances Gumm: i veri nomi di Ray Bolger
e Judy Garland.
Perché persone come loro non muoiono mai. ♥
Aya ~