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Autore: Doralice    28/05/2011    6 recensioni
Cosa potrebbe succedere se un caso unisse la squadra migliore del CBI e il Lightman Group nella stessa indagine? La risposta la scoprirete in questa fanfic!
Guardatevi allo specchio, miei cari: da una costa all'altra di questo glorioso, splendido paese, siete tutti uguali. Patetiche formiche.
Genere: Azione, Generale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Through the Looking-Glass'
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Note

LOL! Da quanto tempo non aggiornavo questa fanfic? Ammettiamo pure che me ne sono bellamente dimenticata, ecco, 'ché la sincerità vince sempre... sopratutto quando si ha a che fare con un mentalista ed un lettore delle microespressioni, contemporaneamente per giunta! :P

Scherzi a parte... devo reingranare o non finirò più tutte le long che stanno ad ammuffire nel pc, per cui ho pensato di darmi una smossa con questa, visto che avevo quasi tutto il capitolo pronto.

Prima di lasciarvi alla lettura, ho una richiesta da farvi: AAA: cercasi disperatamente proverbi, aforismi, detti popolari, adagi, piccole poesie, brevi citazioni et simili, contenenti “rosso” o suoi derivati, nello stile del proverbio scritto qua sotto.







CAPITOLO 1


Chi vuol vedere il diavolo vero,

metta insieme il rosso e il nero.



~ Emily Lightman ~

Uno scambio di “ciao”, poi Foster se ne va e io resto qui, da sola, con quest'uomo sconosciuto. Adesso in salotto c'è un silenzio imbarazzato. Cioè, imbarazzato per me, forse, ma non per lui. Lo osservo perplessa mentre si guarda intorno con aria curiosa, tocca i soprammobili, studia le foto.

Mi ficco le mani in tasca, a disagio: – Papà arriva tra poco. –

L'avrà già informato Gillian, ma sentivo lo stesso il bisogno di dirglielo, se non altro per rompere il ghiaccio.

Vuoi un the? – mi fa lui con un sorriso.

Batto le palpebre, confusa. Un the? Lui sta offrendo a me un the, in casa mia?

Scrollo le spalle: – Ok. –

Mi segue in cucina e poco dopo siamo seduti al tavolo, davanti a due tazze fumanti.

Lo prendi all'inglese. – noto.

Il vero the si prende così. – commenta lui inzuppando la bustina nella brodaglia che si è preparato.

Faccio una smorfia: – Io mi riempirei di bolle. –

Intolleranza al lattosio? –

Prendo una sorsata del mio limpido the e annuisco.

Non è bello scoprirlo alla festa per i tuoi sette anni. – spiego, rabbrividendo al ricordo.

Tutti gli amici che ti vedono gonfia come una rana... – racconta pacato, come se l'avesse vissuto lui – e poi passare la nottata al pronto soccorso con i tuoi che litigano, dandosi la colpa a vicenda... –

Sgrano gli occhi, stupita da quel perfetto riassunto.

No, non deve essere bello. – conclude con un sorrisetto.

Ha l'aria di chi si sta scusando. Solo per avermi riportato alla mente un compleanno andato male? Ne ho passati di peggiori.

Così... tu sei un mentalista. – butto lì.

Mi lancia uno sguardo a metà tra il divertito e lo stupito.

Di solito mi chiamano “sensitivo.” –

Alzo le sopracciglia e scuoto la testa: – I sensitivi non esistono. –

Lui sorride ancora – sembra che non sappia fare altro. È affascinante, eh, per carità, ma è bizzarro per me. Quando vivi con un tizio che sorride a stento e quando lo fa sembra che voglia sbranarti, è strano beccarsi tutti questi sorrisi pacifici.

Ma lui non è quel tipo a cui hanno ammazzato la famiglia? Non è per questo che è qui a Washington, perché lo stesso serial killer ha ucciso qualcuno anche qui?

Papà mi ha raccontato quello che ti è successo. – gli dico, saettando lo sguardo da lui alla tazza che tengo stretta in mano.

Non so perché gliel'ho detto: adesso sembrerà che voglia farmi gli affari suoi. La sua espressione serena non muta, abbassa solo lo sguardo e non risponde.

Mi dispiace. – mi sento dire stupidamente.

E non capisco se mi sto dispiacendo per la sua famiglia o per aver aperto il discorso – forse entrambe le cose. Qualcosa mi dice a lui non frega più di tanto.

Grazie Emily. –

Alzo gli occhi su di lui e mi stupisco di vedergli uno sguardo riconoscente. Non ci conosciamo nemmeno, e io gli ho solo detto “mi dispiace”: cos'ha da essere riconoscente?

Ehi! –

Mi volto verso papà con aria colpevole. Non l'ho nemmeno sentito aprire la porta.

Cosa sei, un ninja? – gli chiedo accigliata, mentre mi da un bacio sulla testa.

Si scosta appena e mi scruta: – Tutto bene? –

Mi stringo nelle spalle, senza sapere cosa rispondere.

Stavamo facendo una chiacchierata. – sento dire a Jane.

Ci voltiamo verso di lui e finalmente quel cavernicolo di mio padre si ricorda delle buone maniere.

Lightman. –

Jane. –

Li vedo stringersi la mano e studiarsi attentamente. L'uno con il ghigno che conosco fin troppo bene, l'altro con il sorriso che sto già imparato a conoscere.

Papà guarda la sua tazza: – Lo prendi all'inglese. –

Ne vuoi anche tu? – fa l'altro indicando il bollitore.

Ok, è venuto il momento di lasciarli a giocare da soli. Mi alzo e vado a posare la tazza nel lavello.

Grazie per il the. – dico rivolta a Jane.

Papà inclina la testa e mi osserva curioso.

Strozzo una risatina: – Non fate tardi. –


~ Gillian Foster ~

Mentre guardo le mie ospiti muoversi per le stanze, mi chiedo se in casa mia ci sia mai stata tutta questa gente. E stiamo parlando di solo tre persone, me compresa. Forse l'effetto è strano perché siamo tre donne: questa situazione ha un vago sapore da college.

Non ti invaderemo la casa per molto. – dice Van Pelt – Appena si libera una camera andiamo in hotel. –

Oh, neanche per idea. – rispondo tirando fuori le coperte dall'armadio – Sarà divertente... sarà come un lungo pigiama party. –

Le vedo sorridere timide.

Mi spiace solo costringervi a dividere la camera, ma l'appartamento è piccolo. – aggiungo mentre facciamo insieme il letto.

Ah, io per sette anni ho diviso la stanza con tre fratelli. – commenta Lisbon.

Sta sorridendo, ma non devo sforzarmi per sentire la sua tristezza.

Avete appetito? Non ho niente di pronto, ma possiamo ordinare qualcosa da asporto. –

Solo se possiamo offrire noi. – si affretta a dire Van Pelt.

Mezzora dopo siamo in soggiorno, circondate da scatolette di cibo cinese.

Da quanto tempo lavorate con Jane? –

Tre anni, ormai, no? – fa Van Pelt lanciando un'occhiata a Lisbon – Ma lui era nella squadra prima che arrivassi io. –

La piccola del gruppo. Non tanto innocente come sembra, ma abbastanza da mantenere il ruolo che le hanno affibbiato.

Non molto prima. – commenta Lisbon – Jane è stato assunto tre anni e mezzo fa. –

Sta parlando in terza persona, si tiene distaccata.

Non è sempre facile con lui. – commenta Van Pelt, beccandosi un'occhiataccia da Lisbon – Ma nessuno conosce meglio Red John. –

Questo lo sapevamo. È un aspetto che Cal non vede l'ora di approfondire, e a dire il vero anche io.

Da quanto lavorate insieme tu e Lightman? – mi chiede Lisbon, nel palese tentativo di cambiare discorso.

Nove anni. –

Nove anni. Quando lo dico stento a crederci.

Nemmeno con lui è facile. – commento sorridendo tra me – Non lo è mai. –

Van Pelt alza le sopracciglia: – Ci sarà da divertirsi allora. –

Schietta e gentile, a tratti ingenua – esattamente ciò che richiede il suo ruolo – ma continuo a pensare che non sia del tutto limpida: ha un lato che non riesco a decifrare. Lisbon, invece, nel suo volersi tenere a distanza a tutti i costi, è molto più chiara di lei.

Più tardi, mentre sono in bagno, le sento parlare nella loro stanza.

Spero che questa storia finisca presto. –

Non abbiamo nemmeno iniziato e già vuoi andare via? –

Voglio solo evitare casini. –

Lo sai che con Jane è impossibile. –

Non è solo Jane. –

Ti preoccupa Lightman? –

L'hai visto durante la videoconferenza. –

Esco dal bagno con un sospiro. Perché quel giorno non sono rimasta in ufficio? Ah, già, avevo quel caso da seguire...

Dovrò tenerli d'occhio quei due. Ho fiducia in Cal, ma quando ci si mette è in grado di trasformare le situazioni più semplici in un delirio. E questa non è certo una situazione semplice.

Mentre mi infilo a letto mi cade l'occhio sul cellulare. Sono solo le undici: potrei fargli un colpo di telefono. Niente di che, solo per assicurarmi che vada tutto bene.

Sbuffo tra me e mi rigiro nelle coperte: è adulto, che si arrangi!

Due minuti dopo sto facendo il numero di casa sua. Risponde Emily.

Ciao Gill. Stanno parlando. – mi fa tranquilla.

Tutto a posto quindi. – mi rilasso – Come ti sembra? –

Schizzato. – commenta – Andrà alla grande con papà. –

Rido: – Grazie Em. Buonanotte. –

Riaggancio e spengo la luce. Non sono sicura se andrà “alla grande” con Cal – è troppo presto per dirlo – ma di certo non ci sarà da annoiarsi.


~ Eli Loker ~

Ci sono parecchie cose alle quali non ho mai creduto.

Negli UFO, nelle bistecche di soia, nell'effetto riposante del weekend, nella pubblicità, nell'alcol come mezzo consolatorio, nell'amore, nell'omeopatia, nei venditori televisivi. Oh, e nelle persone, tutte, in generale.

Il problema si pone quando, dopo un pallosissimo weekend passato a guardare apaticamente le televendite in tv, ti ritrovi con il frigo vuoto eccettuata una tristissima fetta di soia lasciata lì dal tuo unico amico vegan e, dopo, quando esci nella speranza di trovare un po' di vita fuori dal tuo piccolo mondo, ti imbatti nell'“allettante” cartellone pubblicitario di un club per single.

Lo scovi, entri, ti siedi al bancone e ordini un Martini. E mentre l'alcol, distrutta la labile barriera della soia, viene metabolizzato dal tuo corpo, ti si avvicina una creatura che di certo non è di questo mondo.

E tu da dove sei caduta? Da una stella? –

Oh, Eli... questo non è da te. Sei decisamente messo male.

La vedo schernirsi, un po' imbarazzata e un po' divertita.

Sono un po' grande per te. – mi fa notare.

Eppure sorride ammiccante. E non si schioda da qui. E io sarò anche brillo e vagamente disperato, ma non mi sono laureato in scienze delle merendine.

Ho un debole per le MILF. – dichiaro fiero – Cosa vuoi da bere? –

Sinceramente mi aspettavo uno schiaffo, o almeno di essere mollato lì. Quando ride e ordina un Cosmpolitan, non riesco a trattenermi.

Credo di essermi innamorato! –

E vaffanculo! Cosa manca, l'omeopatia? Be', stanotte credo anche nell'omeopatia.

   
 
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