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Autore: Lorelaine86    29/05/2011    4 recensioni
E' il primo giorno di lavoro di Bella, come cameriera in un prestigioso ristorante. Purtroppo non è quello che si era immaginato...
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Amori e Dissapori

Bella

Mi ero preparata con grande, anzi immenso anticipo: non volevo lasciare niente al caso.

 Avevo persino puntato due sveglie a un intervallo di cinque minuti l'una dall'altra, ed entrambe avevano suonato al momento giusto.

Alice Brandon Cullen aveva mantenuto la promessa, e mi aveva salvato la vita e la salute mentale offrendomi un lavoro al Ritz una famosa catena di ristoranti chic, eleganti e lussuosi della sua famiglia. Lavoro duro, ma grosse mance.

 Non era il giorno adatto per girarmi e rimettermi a dormire, insomma.

L'autobus arrivò incredibilmente in orario e mi lasciò ad appena due minuti a

piedi dal classico edificio in ricco stile georgiano dove cinquant'anni prima avevano aperto il primo, favoloso ristorante. Per una volta nella vita, era andato tutto secondo i piani.

C'era pure il sole.

"Scusi?" mi voltai e vidi una madre esausta, intralciata da un bambino di tre anni, un bebè e un passeggino, che si divincolava per scendere dall'autobus. "Mi darebbe una mano, per favore?"

Con un'espressione che diceva ‘oggi niente può andarmi storto’, presi il passeggino e feci scattare l'apertura, come avevo fatto centinaia di altre volte quando dovevo badare ai figli dei miei amici.

Ma il passeggino non si limitò ad aprirsi: spalancò le fauci come una tigre affamata, e... assaggiò un pezzo dei miei collant. Appena mi chinai per constatare il danno, il piccolo marmocchio di tre anni mi spalmò generosamente addosso il biscotto che stava masticando: una grossa macchia beige  si materializzò sulla giacca.

Avevo già perso l'equilibrio, quando una motocicletta sfiorò il marciapiede per evitare il traffico e completò l'opera buttandomi per terra.

Poteva andare peggio... no?

Dopotutto potevo finire sotto un autobus.

Non tutto era perduto, pensai mentre mi ricomponevo. Ero in anticipo, quindi con un po' di fortuna sarei riuscita a sgattaiolare nel bagno del personale, pulirmi e mettermi il paio di collant di ricambio che avevo infilato nella borsa per puro caso, prima che mi vedesse il signor Cullen. Raccolsi una ciocca di capelli che era uscita dalla forcina e la fissai dietro l'orecchio, poi suonai il campanello sul cancello di ferro battuto dell'entrata posteriore; dall'interno qualcuno mi  aprì.

Solo allora realizzai la verità che avrei dovuto capire nel momento in cui il passeggino m'aveva aggredita: la mia fortuna era rimasta sull'autobus, come un ombrello dimenticato. Una mancanza di cui non ci si accorge fin quando non scoppia a piovere. E ora ne avevo proprio bisogno.

Il sole splendeva, adesso. Ma quando l'uomo che mi sbarrava la strada verso il bagno si voltò, avrei giurato di aver sentito lo scoppio di un tuono.

Forse perché aveva una somiglianza più che vaga col diavolo in persona.

Aveva  una massa di folti capelli, di un rosso luminoso, il naso diceva che i suoi antenati un giorno avevano dominato il mondo intero. Aveva delle sopracciglia altezzose, scure e dritte, ma neanche la curva sensuale del labbro inferiore riusciva a cancellare l'impressione che fosse molto più

abituato a dare ordini piuttosto che riceverli.

Gli mancavano un paio di corna, anche se dei capelli così folti sarebbero riusciti a nascondere.

Gli occhi, che avevano il colore dell’erba in fiore, potevano addolcire un po' la sua espressione, ma in quel momento mi stavano squadrando con un lungo sguardo critico che passò dalle calze bucate alla macchia di biscotto che mi decorava il seno sinistro; fino ai capelli, che sentivo sfuggire da tutte le parti dalle forcine allentate dalla caduta.

"Bella Swan" disse in fretta, prima che lui potesse dare voce a quelli che chiaramente erano i suoi pensieri. Lo guardai dritto negli occhi e gli diedi la mano con l'aria di una donna che, nonostante l'apparenza, sa il fatto suo. Ma lui non la strinse, la ignorò completamente.

Saggia mossa, pensai rendendomi conto solo allora che nel tentativo di salvarmi avevo messo la mano in una chiazza d'olio.

"È il mio primo giorno" aggiunsi con meno sicurezza di qualche attimo prima.

"No, signorina Swan, non credo proprio" rispose accennando al mio aspetto con un leggero movimento della mano.

Per un attimo rimasi incantata dal delicato e sensuale accento di lui, che avrebbe convinto chiunque a fare qualsiasi cosa. Poi compresi che cosa aveva detto in realtà.

No?

Come no?

 Non avevo intenzione di darmi per vinta, e permettere a quel demone con le gambe lunghe di mandarmi via senza neanche darmi la possibilità di spiegarmi. Quel lavoro era troppo importante, era l'opportunità per rimettermi in piedi e dimostrare alla mia  famiglia che non ero una fallita

senza speranza. Una chance per ricominciare a vivere.

Mi  giunse all'orecchio il suono familiare di una cucina che si preparava a servire centinaia di clienti e, buttando là un nome, dissi: "Alice Cullen può garantire per me"

Alice era lo chef del Ritz; ci eravamo conosciute quando era stata invitata a tenere un seminario alla scuola di ristorazione. Io  non partecipavo alla lezione: ero stata esclusa per via di un pasticcio che avevo combinato con una scultura di ghiaccio, ma avevo trovato Alice nel bagno degli studenti che vomitava dal nervosismo. Dopo averle portato del ginger ale, l'avevo distratta raccontandole una storiella: Alice avevo riso così tanto che aveva deciso di portarmi con sé in classe come sua assistente, cosa che lasciò il direttore impotente di fronte al fatto compiuto.

"Oppure può chiamare il signor Jasper. Il colloquio l'ho fatto con lui" continuai pensando che a quel punto della giornata Alice doveva già averne fin sopra i capelli di me.

"Il signor Jasper  è fuori per lavoro ed Alice è presso una convention: organizza il banchetto per il presidente."

Come a dire: cosa mi faceva pensare che uno dei due avesse tempo da perdere per togliere le castagne dal fuoco per me?

"Emmett Cullen è nel suo ufficio. Forse preferisce avere questa conversazione con lui", mi propose con una punta di perfido divertimento.

"No!" avevo conosciuto Emmett quando ero venuta per il colloquio: era spaventoso. Tutto il contrario di suo fratello, che aveva un debole per i sorrisini. "No, sono sicura che è impegnato."

"Allora mi dispiace, signorina Swan, ma ci sono rimasto solo io."

Okay. Se hai soltanto limoni, l'unica cosa che puoi fare è una limonata,

dicono. Provai con un "sorrisino": "E lei è?"

"Edward Mansen. Non sarò un Cullen, ma il signor Jasper Cullen è mio cugino. Questo fa di me un'alternativa accettabile?"

Seducente sarcasmo, pensai, ma allora non era semplicemente un cameriere arrogante con un'ansia di potere. E neanche il direttore di un ristorante con un'ansia di potere.

 Era della famiglia.

"Per il pranzo di oggi dirigo io questo ristorante" continuò lui senza neanche aspettare che facessi un cenno di conferma. "E lei, signorina Swan, è in uno stato inadeguato persino per pulire il pavimento, figuriamoci servire a tavola i clienti che abbiamo qui!"

"Signor Mansen... Edward" dissi  facendo appello a tutte le mie risorse e ricominciando a sfoderare il sorriso che aveva funzionato così bene con Jasper Cullen. Poi, con un ampio gesto che abbracciò il mio aspetto inzaccherato, mi rivolsi al senso di fair play dell'uomo.

“Non crederà che di solito esco di casa così, vero?"

"Non è questo il punto" rispose lui, sempre più irremovibile.

"Invece sì!" protestai scattando. In effetti, ammisi subito dopo ,aveva ragione lui.

"Be', no... non lo è, ma ho avuto un incidente."

La fronte di lui si corrugò e le sopracciglia si abbassarono verso il centro, enfatizzando l'espressione da diavolo e concentrando l'attenzione sui suoi occhi.  Mi accorsi in quel momento che erano solcati da lampeggianti striature dorate.

"Che incidente? È ferita?"

"Ferita? Oh, no..."

La domanda mi provocò un sincero sorriso di sorpresa: in fondo, anche lui era umano.

"Ho solo litigato con un passeggino." Tirai su la gamba, apparentemente per mostrare il danno ma consapevole che quella era una delle mie qualità fisiche più apprezzabili. In quel preciso istante,però, mi resi conto che il passeggino non avevo preso solo il nylon delle calze.

"Sta sanguinando." L'espressione di lui si addolcì e il diavolo assunse un ruolo diverso: tentazione allo stato puro.

"Oh, no!" esclamai esasperata, non solo come risposta alla osservazionedi lui. Gli uomini, erano banditi dalla mia vita. Poi, utilizzando la preoccupazione di lui a mio vantaggio, dissi: "Cioè, non

tanto..." mi strofinai un gomito. "Solo un piccolo colpo quando sono caduta dal marciapiede, nient'altro. La moto mi ha sfiorato appena..." mi fermai di colpo, appena mi accorse che stava spargendo olio su tutta la manica della camicetta.

Ero sul punto di dirgli che doveva solo darmi una lavata e sarei stata pronta a iniziare, ma decisi di risparmiare il fiato.

Edward Mansen, accidenti a lui!

Avevo ragione. Nessuno, in possesso delle proprie facoltà mentali, avrebbe permesso a un disastro come me di praticare l'insidiosa arte di servire il cibo in un ristorante pieno di ricconi e celebrità.

"Okay" mormorai quindi sconsolata.

"Okay?" ripeté lui con accento cockney. Assolutamente meraviglioso.

"Ci rinuncio. Andrò da McDonald’s, là cercano sempre qualcuno."

 

 

Edward

La guardai sistemarsi un ricciolo bruno a forma di cavatappi, che era sfuggito alla forcina: in realtà si stava imbrattando ancora di più la faccia, mentre se lo arrotolava dietro l'orecchio con la mano piena d'olio.

Era davvero un disastro!

Alla notizia che era stato Jasper ad assumerla, la mia prima reazione era stata di stupore vero e proprio. La seconda era stata l'istinto di rispedirla a casa. Perdere un giorno di paga e, soprattutto un giorno di mance, le avrebbe permesso di riflettere sugli standard richiesti al personale di un ristorante come il Ritz.

La terza, invece... la terza era stata puramente fisica. Quando lei mi aveva sorriso - con il sorriso sincero, non quello calcolato per cercare di incantarmi -mi ero sentito invadere tutto il corpo da un calore che faceva invidia al sole di settembre. Una virile reazione naturale che mi fece capire molto bene come mai mio cugino Jasper, per il quale conoscere belle donne era diventato un lavoro, l'avevo assunta.

"Aspetta."

Lei si fermò, si guardò indietro e si spostò un altro ricciolo ribelle dalla faccia.

Aveva idea di quanto fosse sensuale quel gesto?

Sì, ovviamente. Proprio come il primo sorriso, anche quella era una mossa calcolata per catturare la mia attenzione e tenermi in pugno.

Funzionava.

"Come?" chiese Bella. Poi, vedendo che non rispondevo: "Non mi dica che rivuole indietro la divisa?"

Deglutii, cercando di scacciare l'immagine di lei che se la toglieva, un pezzo alla volta, lasciandola cadere ai suoi piedi.

"Non ce n'è motivo. Ormai è buona solo per spolverare" risposi facendo di tutto per risultare sarcastico.

Quella ragazza era una grana.

Avrei dovuto fare un favore a tutti e mandarla via, ma un mese dopo sarei ritornato in Italia a prendere il posto di mio padre, ed assumere il ruolo per cui ero nato. In trappola...

Quest'ultima parola rotolò nella mia mente con la pesantezza di un macigno. Ma la fermai. Dovevo concentrarmi sul problema che mi stava davanti.

La signorina Bella Swan.

Il suo atteggiamento strafottente sembrava dire ‘non me ne importa niente’, ‘alla faccia tua’, ma al di là di questo vidi il crollo di una speranza, che mosse qualcosa di molto profondo dentro di me. Qualcosa che non riuscivo a soffocare.

"Venga" dissi voltandomi bruscamente. Camminando verso la stanza del guardaroba, dovetti resistere alla tentazione di girarmi e controllare se lei avesse obbedito.

Sì, per fortuna lei m'aveva seguito.

"Un'inserviente le troverà qualcosa per disinfettare la ferita, e le darà una divisa pulita. Quando sarà di nuovo presentabile, venga in sala e si faccia vedere da Michael, il capo cameriere." Stava quasi per sorridere. "L'avverto subito: lui non si lascerà impressionare da un sorrisino e, a differenza di me, non le darà una seconda occasione."

"Non se ne pentirà, Edward " disse lei in uno slancio improvviso. Quindi si corresse: "Cioè no... signor Mansen".

"Faccia in modo che sia così" la ammonii secco. "Altrimenti se ne pentirà lei".

 

  
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