Risveglio
Un grido strozzato
distolse Piton dai propri pensieri.
Era stato Malfoy ad
urlare ed, ora, gli occhi sbarrati fissi sull’oscurità che lo sovrastava, il
ragazzo lottava contro l’irrazionale sensazione lasciatagli dall’incubo che lo
aveva appena abbandonato. Per un lungo, terrificante, istante Draco sentì
ancora il sapore della terra bruna riempirgli la bocca e le narici, mentre
veniva seppellito vivo, per ordine di Voldemort.
Poi comprese, con enorme
sollievo, che quell’orribile punizione per il suo fallimento era stata davvero
solo un sogno. Ciò nonostante, non gli riuscì di muovere nemmeno un dito, come
se il mantello, che nel sonno agitato gli si era aggrovigliato al corpo,
volesse caparbiamente trattenerlo avvinto al letto. Poi una mano fredda, ma
gentile gli strinse il polso ed il respiro di Draco si fece più calmo e
regolare.
Il solo pensiero di
non mostrarsi debole agli occhi del suo compagno era bastato a tranquillizzare
un po’ il ragazzo.
Severus non parlò,
semplicemente continuò a tenere la mano stretta attorno al polso di Draco,
finché non sentì che quest’ultimo era di nuovo in grado di dominarsi.
Nel sentirlo
urlare, Piton si era alzato e lo aveva raggiunto quanto più rapidamente gli era
stato possibile senza illuminare la stanza. Del resto, ormai, quelle quattro
mura gli erano abbastanza familiari perché fosse in grado di muoversi al buio.
“E’ passato ora,
Malfoy?” – domandò, qualche istante dopo avergli lasciato il polso.
Draco tardò a
rispondergli, poi l’angoscia fu più forte del suo orgoglio.
“Io…si, è passato,
era solo un incubo” – Malfoy si riscosse e si mise a sedere sul letto – “Ma era
così realistico…venivo…torturato e poi seppellito ancora vivo”.
Piton non rispose,
stava osservando la finestra. Nonostante fosse sbarrata da grosse assi, i primi
rosati raggi di luce, avvisaglia dell’alba, incominciavano ad insinuarsi nella
stanza.
Severus si diresse
verso l’angolo opposto della camera, si chinò a raccogliere la brocca e riempì
il bicchiere. Avrebbe potuto usare la magia per richiamare gli oggetti, ma gli
serviva un po’ di tempo per trovare le parole giuste da rivolgere a Draco. Il
mago non era abituato a consolare i dolori altrui e, forse, nemmeno i propri.
Tornato da Malfoy
gli porse da bere e distolse lo sguardo dalle mani del ragazzo. Tremavano al
punto da fargli pensare che il bicchiere sarebbe finito in frantumi sul
pavimento. Evidentemente Draco non si era ancora calmato del tutto.
Sotto lo sguardo
distratto del mago, la piccola chiazza di luce che filtrava dalla finestra si
andava allargando, come se volesse, pezzo per pezzo, divorare l’oscurità che la
circondava e sostituirsi ad essa. Severus pensò che, da due notti a quella
parte, nella sua anima stava accadendo l’esatto contrario.
“Calmati ora, era
solo un sogno. Non vedo perché Lui dovrebbe punirti”.
“Perché ho fallito”
– esclamò Draco d’un fiato.
“Se avesse voluto
punirti per questo l’avrebbe già fatto ormai” – gli rispose asciutto Piton.
“Lui” – aggiunse – “Ha tenuto conto della tua giovane età e inesperienza, per
questa volta”.
Malfoy, però, non
sembrava convinto - “Non sono riuscito. Non sono stato abbastanza uomo” –
ribattè stingendo a pugno le mani che teneva poggiate sulle ginocchia – “Non so
cosa mi è preso. Ero pronto… poi il vecchio… quello stupido, stupido vecchio…
”.
Draco aveva
pronunciato l’ultima frase con rabbia mista a vergogna, ma non riuscì a
completarla. Sul suo volto si dipinse un’espressione di muta sorpresa. Piton
l’aveva schiaffeggiato con forza, i pallidi lineamenti mutati in una maschera
feroce.
Il ragazzo, quasi
ricadde indietro sul letto, spaventato più di quanto non lo fosse stato
dall’incubo.
A Malfoy, in tanti
anni di scuola, era già capitato di vedere il suo professore in collera, ma
l’ira di Severus Piton, sino ad allora, era stata qualcosa di non meno freddo
di ogni sua altra reazione.
Quando l’insegnante
di pozioni si adirava, di solito, si aveva l’impressione di una enorme forza
trattenuta sotto la superficie dei suoi occhi nerissimi ed era anche questo che
ammutoliva il malcapitato oggetto della sua ira.
Ora, però, era come
se quella forza fosse stata liberata.
Il professor Piton
– pensò Draco, sbigottito – non sembrava più lui. Anche se aveva lasciato
ricadere la mano, nell’istante stesso in cui aveva colpito la guancia di
Malfoy, Severus era ancora in preda alla collera. Il giovane Serpeverde si
accorse che, il nuovo modo in cui Piton esternava la sua ira, gli faceva molta
più paura di quello cui era abituato. E non c’era forse persino odio in quelle
iridi scure?
Si, era odio. Piton
avrebbe potuto confermarglielo. Per un istante, nel sentire insultare Silente,
nell’ascoltare Draco lamentarsi di non essere riuscito ad ucciderlo, l’odio era
montato in lui contro il ragazzo. Un biasimo così feroce che, sorprendendo anzi
tutto se stesso, Severus l’aveva colpito ed avrebbe voluto continuare a farlo.
“E’ tua la colpa
sciocco ragazzetto immaturo” – aveva gridato una voce dentro di lui – “Tua,
perché si è sacrificato per te. Io mi sono sacrificato per te. Siamo morti per
te entrambi… ”.
Ma la reazione di
Draco, la paura che aveva letto nei suoi occhi grigi, aveva riportato Severus
alla ragione. No, non era lui il colpevole, era solo un adolescente imberbe,
appena più che un bambino che giocava un gioco le cui regole erano troppo
difficili anche per gli adulti. A suo modo, anzi, Malfoy era stato coraggioso,
anche se non se ne rendeva ancora conto. Aveva avuto il coraggio di non
uccidere.
Piton sapeva che,
in ogni caso, non sarebbe cambiato nulla se avesse colpevolizzato Draco. Farlo
non avrebbe reso lui più innocente. Odiare Malfoy non gli sarebbe bastato per
assolversi.
Lasciar cadere
quelle parole del ragazzo senza dire niente, solo con quel gesto crudele ed
immotivato, che bruciava ancora sulla pelle di Draco, sarebbe stato altrettanto
sbagliato.
“Non avrei dovuto
colpirti” – disse Piton, i cui occhi erano tornati ad essere due neri laghi
privi di qualsiasi increspatura – “Ma non ritengo giusto quello che hai detto”
– aggiunse, prima che Draco potesse ribattere.
Il ragazzo,
incredulo, lo fissava con aria interrogativa.
“Albus Silente non
era un vecchio sciocco e non è certo uccidendo qualcuno che si dimostra di
essere un uomo” – disse Severus, scandendo bene le parole – “L’omicidio non è
mai una cosa di cui vantarsi. E’ una macchia che non si cancella e tu non hai
nemmeno l’idea di che pericolo hai scampato tirandoti indietro”.
“Ma voi lo avete
ucciso… ”- balbettò Draco che non riusciva a comprendere il senso delle parole
uscite dalle labbra sottili del suo professore.
Severus non abbassò
lo sguardo ed anzi sorrise. Un sorriso lieve ed amaro come il fiele.
“L’ho fatto è
vero”- replicò poi seccamente – “Ma mi hai forse sentito vantarmene? Se vuoi
saperlo, non è stata nemmeno la prima volta in cui ho ucciso qualcuno, ma non
sono sicuramente più uomo per questo”.
“Eppure voi e mio
padre… ” – tentò di accennare Malfoy, ma Severus lo interruppe di nuovo – “Io e
tuo padre… già, io e tuo padre, quando avevamo più o meno la tua età… ” – si
interruppe per un istante, poi decise che non avrebbe taciuto nulla di quel che
pensava, non quella notte.
“Che sciocchi
ragazzi innamorati di una chimera eravamo, io e Lucius” – proseguì Piton, con
l’amarezza nella voce, ma senza alcuna esitazione.
“Stupide falene
nate da poco più di un giorno che danzavano infatuate attorno alla fiamma e la
fiamma ci ha bruciato alla fine, com’era ovvio. Ciascuno di noi due, pur se in
modo diverso, è ancora incapace di volare liberamente a causa di quelle
bruciature” – disse, stringendosi nel mantello, come a cercare nella nera
stoffa il calore che, un tempo, aveva cercato in quella fiamma non meno oscura.
Malfoy ebbe un moto
di rabbia nel sentirlo parlare così di suo padre. Si alzò in piedi, i pugni
ancora serrati, il mento aguzzo che fremeva proteso in avanti nello sforzo di
tenere il capo ben alto.
Severus, però, non
lo lasciò aprir bocca nemmeno stavolta. Ora che aveva compreso cosa voleva
dirgli, intendeva proseguire senza interruzioni.
“Ascoltami bene,
Draco, perché non amo ripetermi” – iniziò – “Quel che ho detto di tuo padre,
l’ho detto a ragion veduta. Guarda dove l’hanno condotto i suoi folli ideali e
le sue ambizioni. Azkaban ti sembra una buona meta cui aspirare? Guarda dove
quella chimera ha condotto me… ”.
“Volete vantarvi di
esser stato migliore di mio padre?” – sibilò Draco, furioso – “Non permetto a
nessuno, nemmeno a voi, di parlare così di lui!”.
“Vantarmi?” -
domandò Piton, in un tono che, però, non aveva nulla di interrogativo e poi
rise, attizzando ancor di più l’ira di Malfoy.
Il ragazzo si
trattenne a stento dal colpirlo a sua volta, il suo tono aveva perso
definitivamente ogni compostezza, quando rispose – “Sì vantarvi. Del fatto che,
mentre mio padre è in prigione, voi siete il discepolo preferito di… ” – ma la
rabbia non fu sufficiente a dargli il coraggio di pronunciare quel nome – “Del
Padrone” – concluse.
“Io non ho padroni”
– gli replicò deciso Piton – “Nessun padrone! Appartengo unicamente a me
stesso”.
Questa volta fu
Draco a ridere, sebbene vi fosse una nota isterica nella sua risata.
“Nessun padrone?” –
esclamò – “Ma eseguite i suoi ordini. Avete ucciso Silente per Lui. Questo non
significa avere un padrone?” – domandò, poi vide l’espressione fredda e
risoluta del viso di Piton e, all’improvviso, ciò che aveva detto gli parve
privo di senso.
“Nessun padrone” –
ribadì lentamente Severus, poi il suo volto si velò di una tristezza che Draco
non riconosceva – “Ma ho obbedito ad un ordine è vero. Un ordine terribile, il
primo a cui, da molto tempo, abbia sentito il desiderio irrefrenabile di
ribellarmi. Non è stato Voldemort a darmelo, però. E’ stato Silente. Per questo
l’ho ucciso”.
“Per ribellarvi al
suo comando?” – chiese Malfoy, ancor più confuso.
Severus scosse
lentamente il capo, continuando a tenere gli occhi puntati su quelli del
ragazzo. Infine rispose – “Per eseguirlo”.
Il giovane Malfoy
ascoltò quelle parole senza comprenderle. Non riusciva a capire. Cosa intendeva
dire il professor Piton? Che senso aveva quella risposta?
“Mi state dicendo”
– domandò alla fine – “Che Silente vi ha ordinato di ucciderlo e voi avete
obbedito? Finitela di prendermi in giro, non sono più un bambino” – concluse,
di nuovo indignato.
Severus tacque per
un lungo istante. Aveva deciso di raccontare ogni cosa a Draco, era certo che
persino Silente avrebbe voluto che il ragazzo aprisse gli occhi, che conoscesse
la verità. Inoltre, era stanco di mentire. Draco era affidato a lui ora, e la
cosa migliore da fare era instaurarci un vero rapporto, se davvero voleva
proteggerlo. Ma cosa sarebbe accaduto, se Voldemort avesse letto quella verità
nella mente del suo giovane allievo? Severus non poteva permettere che la
breccia aperta nel cuore di Draco dalle parole di Silente si richiudesse,
lasciando il posto alla folle lealtà a Voldemort che aveva portato suo padre
Lucius ad Azkaban.
Draco gli aveva
raccontato, quella prima notte, delle parole di Silente, di come il vecchio era
riuscito a fargli abbassare ogni difesa e con esse la bacchetta. Piton sapeva
che ciò era stato possibile solo perché Albus aveva avuto ragione: l’anima del
ragazzo era ancora pura. Draco aveva saputo cogliere l’orrore di ciò che gli
era stato ordinato di fare. Ma se ora avesse continuato a credere che lui,
Severus, era il più leale seguace dell’Oscuro Signore e che Silente non era
stato altro che una vittima sacrificale, cosa sarebbe stato di lui? Piton,
però, era ben conscio del prezzo che la sua sincerità avrebbe potuto
comportare. Il suo tradimento che tanto bene era in grado di celare tra le
pieghe della propria mente avrebbe potuto apparire così nitido e leggibile in
quella di Draco. E Silente sarebbe morto invano. Sedici anni di ferreo
autocontrollo sarebbero stati gettati al vento.
Severus ne era
consapevole, ma comprese che non avrebbe taciuto. La verità su quella notte premeva
nella sua gola come per sommergerlo se non avesse accettato di lasciarla
uscire. E Malfoy lo fissava sbigottito, in attesa della sua risposta.
Piton decise.
Avrebbe lottato per tenere Draco il più possibile lontano da Voldemort, da
quelle due fiamme rosse indagatrici. Avrebbe dato al ragazzo lezioni di
occlumanzia, mettendoci ancora più impegno di quanto non avesse fatto con
Potter. In fondo, Draco aveva dimostrato di avere una certa propensione a
chiudere la propria mente. Nemmeno lui, che dopo Voldemort era forse il miglior
legilimens in circolazione, era riuscito a sondare totalmente i pensieri del
ragazzo durante l’anno appena trascorso. Infine, avrebbe sperato che la volontà
del giovane Malfoy fosse abbastanza forte.
“Sì, ti sto dicendo
esattamente questo” – esclamò, finalmente, Piton, cercando ancora una volta lo
sguardo di Draco – “Albus aveva già deciso da tempo ed io glielo avevo
promesso”.
“Deciso cosa?” –
chiese Draco che non voleva credergli – “Di suicidarsi nella maniera più
assurda e spettacolare? Andiamo, Professore, credete che io sia così sciocco da
bermi una bugia così inverosimile? Cos’avete davvero in mente?”.
Piton scosse appena
il capo, prima di rispondere – “Non ho niente in mente che non ti abbia appena
detto. Per una volta, non c’è nulla sotto. Nessun fine nascosto, solo la
verità” – poi si allontanò un poco dal ragazzo senza, però, staccare gli occhi
dai suoi.
“Silente non si è
certo suicidato. Si è sacrificato, invece. Ha dato anche la vita per tutto ciò
in cui aveva sempre creduto” – aggiunse, con voce che tradiva emozione e
stanchezza.
Draco ora non sapeva
cosa ribattere. Aveva colto la sincerità nelle parole di Piton, ma seguitava a
non capacitarsene.
Severus approfittò
del silenzio di Malfoy per continuare – “Silente non poteva permettere che
fossi tu ad ucciderlo. Non avrebbe mai accettato che un suo studente diventasse
il suo assassino. Ha dedicato tutta la sua vita ad Hogwarts; non temeva la
morte, ma non avrebbe mai lasciato che tu ti macchiassi del suo o di altro
sangue innocente. Perciò mi ha chiesto di impedirtelo, a costo di fare ciò che
ho fatto”.
“Ma quando voi
siete arrivato io avevo abbassato la bacchetta” – ribattè Draco in tono
stridulo – “Io non lo avrei comunque ucciso. Quindi, perché voi l’avete fatto?
Che senso aveva, dopo che mi ero lasciato battere a quel modo? Silente aveva
vinto. E vi ha supplicato… ” – e, per un momento, senza comprendere ancora bene
il perché, sentì le lacrime premere per scivolare giù dai suoi occhi. A stento
si trattenne. Odiava il pensiero che Silente fosse morto per lui, odiava quel
senso di colpa che, lentamente, gli stava invadendo il petto.
Piton smise di
fissarlo e chinò il capo. Quella era una domanda di cui conosceva l’esatta
risposta, eppure non aveva potuto fare a meno di porsela lui stesso. Se lo era
domandato nell’istante in cui, lassù alla Torre di Astronomia, Amycus gli aveva
fatto notare che Draco non avrebbe portato a termine l’incarico di Voldemort.
Allora, perché lui
avrebbe dovuto farlo? Non riusciva a farlo, non voleva farlo. Era troppo,
persino per lui. Se non avesse ucciso Silente sarebbe stato lui a morire, ma
non gli importava. Non sarebbe stato peggio di tante altre cose affrontate in
passato. Non avrebbe fatto più male che uccidere un amico. Silente stesso lo ripeteva
spesso: “La morte non è la cosa peggiore”. Severus Piton, quella notte, sarebbe
morto senza rimpianti. Per la prima volta in così tanti anni, nessun rimpianto,
solo la gioia di poter scambiare la sua dolorosa, vuota, vita con quella
Silente. E, finalmente, il suo debito verso il vecchio sarebbe stato
interamente ripagato.
Ma non era quello
il saldo che Albus voleva. Il mago aveva letto quel dilemma negli occhi neri di
Severus con gran facilità ed il suo sguardo aveva risposto con una supplica
altrettanto muta, rafforzata da appena due parole.
“Severus… ” – aveva
detto piano Silente e poi ancora - “Severus… per favore… ”.
Piton poteva ancora
sentire quel sussurro trasformarsi in un assordante eco nelle proprie orecchie,
riusciva ancora a vedere nel fondo di quelle iridi chiare.
Un sospiro basso e
fremente uscì dalle esili labbra del professore, mentre ricordava.
Come era riuscito a
farlo? Come aveva potuto farlo? Quanto si era odiato in quel momento. Avrebbe
mai smesso di odiare se stesso per aver obbedito?
Severus ancora non
lo sapeva, sapeva solo che, in quell’attimo infinito, tutti gli altri sulla
torre erano scomparsi. Solo lui e Silente erano rimasti, a combattere, a
perorare selvaggiamente la propria causa con il solo sguardo. Infine, proprio
come aveva detto Draco, il vecchio Preside aveva vinto e, con il cuore gonfio
d’odio e di affetto Severus aveva pronunciato l’Avada Kedavra.
Aveva lanciato
l’incantesimo con una tale disperazione. Era stato come se avesse rivolto la
maledizione contro di sé, anzi che contro il vecchio. Con così tanta forza da
far volare il corpo ormai inerme del mago giù dal parapetto.
Scacciando questa
visione, Piton si sforzò di volgere di nuovo il viso verso Malfoy, cercando le
parole giuste per continuare il suo discorso.
“Lui mi ha
supplicato di ucciderlo, Draco” – disse rialzando il capo, il volto mortalmente
pallido e gli occhi lucidi come Malfoy non li aveva mai visti.
“Solo io ho potuto
capire la sua supplica” – proseguì Severus – “Perché gli avevo promesso che
l’avrei ucciso al posto tuo se non ci fosse stata altra possibilità. E non c’è
stata. No. Nessuna scelta per me.”
Draco ora era come
ipnotizzato dalle sue parole e tornò a sedersi sul letto, l’ansia di
comprendere scolpita sul volto.
Piton cercò di
tornare alla sua usuale freddezza, senza riuscirvi del tutto, e proseguì –
“Sapevo quale compito Lui ti aveva assegnato ed avevo messo in guardia Silente.
Ma lui non ha mai mostrato paura, ha detto di avere già un piano e mi ha
domandato di assecondare l’Oscuro Signore in tutto e non tradirmi per nessun
motivo. Poi tua madre mi ha pregato di aiutarti, di compiere la missione al tuo
posto… ”.
“Mia madre” – lo
interruppe Malfoy, riflettendo su quelle ultime parole – “Lei che è così
orgogliosa e vi… ”.
“E mi ha sempre
disprezzato non meno degli altri” – finì di dire Piton al posto del ragazzo –
“Ma una madre non può permettersi certi tipi di orgoglio. Narcissa mi ha
chiesto aiuto, Draco, ed io ero disposto a darglielo. Non solo perché non
avesse dubbi su di me, ma anche per te, ragazzo. Di errori in gioventù ne
avevamo fatti già abbastanza io e tuo padre. Però tua madre ha voluto legarmi
con un giuramento inscindibile”.
“E voi l’avete
fatto. Lo so, ne avevamo già parlato” – esclamò Draco che credeva di iniziare
finalmente a capire ogni cosa – “Avete giurato di uccidere Silente al mio posto
o morire. E’ per questo allora, non perché il vecchio ve l’ha ordinato. Smette
di mentirmi. Basta!”.
Severus rise,
ancora una volta una risatina amara e priva di gioia – “Se avessi saputo che il
vero piano di Albus consisteva semplicemente nel lasciarsi uccidere non avrei
mai fatto quel giuramento a tua madre, nemmeno se ci fossimo trovati al
cospetto dell’Oscuro in persona” – disse e Draco sentì ancora una volta la
sincerità nelle sue parole.
“Silente” –
prosegui Severus – “Non voleva che io morissi a causa del giuramento, ci sono
ancora cose in cui posso essere utile all’Ordine, cose che devo compiere prima
che tutto sia concluso e poi ci sei tu, Draco. Ad Albus non bastava che tu non
lo uccidessi, desiderava che tu fossi affidato a me, in modo tale che l’Oscuro
Signore non avesse dubbi sulla tua fedeltà, ma anche che tu non dovessi perdere
te stesso. Io sono qui per proteggerti ora, da Lui e da qualunque colpa di cui
potresti macchiarti in futuro”.
Malfoy si rialzò
ancora una volta in piedi sconvolto – “E’ questo allora?” – chiese senza
attendere risposta – “Silente è morto per salvare me e voi?”
“Sì” – disse
semplicemente Piton. Ma c’era ancora qualcosa a cui il ragazzo stentava a
credere e così lo affrontò ancora – “Quindi voi siete sempre stato una spia del
vecchio? Anche con mio padre fingevate? Era tutto finto, tutto menzogna, siete
un traditore”.
Anche stavolta
Severus rispose con tutta tranquillità – “Sì!” e quella sillaba fu liberatoria
quanto non avrebbe mai creduto. Fu come se il suo cuore la ripetesse, ancora ed
ancora, tanto forte che pensò che Draco l’avrebbe udito.
“Sì, sì, sì! Io non
sono un Mangiamorte, non sono un servo di Voldemort”.
“Con che coraggio
mi dite questo?” – scattò sconvolto Malfoy – “Perché mi state rivelando il
vostro tradimento?” – quasi urlò – “Io posso denunciarvi… mio padre… lui è in
prigione e voi ve ne state qui a dirmi che siete un membro dell’Ordine della
Fenice… da sempre… ”.
“Non credo che mi
denuncerai, Draco” – lo interruppe Severus tranquillamente, senza smettere di
fissarlo – “Anzi, sono sicuro che non lo farai” – ribadì, con un gesto
noncurante della mano.
“Smettetela!”-
ruggì Malfoy, mentre il sangue gli affluiva vistosamente al viso – “Credete che
non ne abbia il coraggio? E’ questo vero? E’ questo?” – sibilò, avvicinandosi
minaccioso al professore.
Piton non si smosse
minimamente – “Credo che tu non voglia davvero farlo” – rispose con sicurezza.
“Smettetela subito!”
– ripeté Draco, sempre più esasperato – “Cosa sapete voi di me? Come potete
dirmi cosa voglio e cosa non voglio? Voi siete un traditore, avete tradito
anche mio padre. Non potete cavarvela così, non ve lo permetterò!”.
“Allora denunciami.
Forza!” – lo incalzò Severus – “Credi che abbia paura di quel che Lui potrebbe
farmi”.
Draco si sentì
morire, non aveva mai provato tanta vergogna in vita sua, tranne forse quella
notte con Silente. Leggeva fin troppo bene negli occhi neri di Piton la verità
di quelle parole. Severus Piton non aveva paura di Voldemort, né del dolore che
avrebbe potuto infliggergli, né della morte atroce che gli sarebbe stata
riservata se il suo tradimento fosse stato scoperto. Tanto meno aveva timore di
un ragazzino come lui.
Ma Draco, invece,
aveva paura. Odiava ammetterlo, però non poteva negarlo. E se fosse stato nei
panni di Piton ne avrebbe avuta ancora di più. La sua mente si ritraeva al
pensiero di quale atroce vendetta Lord Voldemort avrebbe riservato all’uomo che
aveva davanti, se solo avesse conosciuto il suo segreto. Perchè lui tremava
spaurito a quel pensiero, mentre Piton non dimostrava il minimo timore? Quale
coraggio estremo o inenarrabile inferno passato facevano sì che il mago fosse
indifferente al pensiero di un così grande pericolo? Com’era possibile, poi, che
la sua minaccia venisse liquidata a quel modo?
“Non mi sfidate” –
riuscì infine a dire – “Non tentatemi, voi credete di sapere chi sono, ma non
sono più un vostro allievo, non potete farmi tacere con la minaccia di una
punizione o di un brutto voto. Non sono più un bambino, sono un Mangiamorte
ora” – sibilò, tentando di apparire gonfio di orgoglio.
Severus si mosse
silenzioso e rapido come un gatto, cogliendo Draco di sorpresa. Il ragazzo
pensò per un momento che il mago l’avrebbe schiaffeggiato di nuovo, o che,
addirittura, avrebbe cercato di ottenere il suo silenzio uccidendolo con le sue
mani. Incapace di reagire Malfoy serrò gli occhi e si ritrasse, ma non
abbastanza prontamente.
Piton, però, non lo
colpì, si limitò ad afferrargli con forza un polso; lo stesso che poco prima
aveva stretto delicatamente per calmarlo.
Sollevando e
storcendo il braccio di Draco sino a portarglielo davanti al viso, Severus alzò
a sua volta il proprio con cui lo teneva, di modo che gli avambracci di
entrambi fossero allineati. Poi, con un gesto rabbioso della mano libera, aprì
il polsino della veste e tirò verso il basso la camicia, con tanta forza da
lacerare la stoffa.
“Guarda ora,
idiota” – gridò furioso – “Apri gli occhi o te li farò aprire a forza con la
magia. Guarda!”.
Terrorizzato, Draco
obbedì e si ritrovò a fissare la carne rosea e intonsa del proprio polso, ma
anche quella del polso di Severus, sul pallore della quale il Marchio Nero
spiccava indelebile. Il grosso teschio dalla lingua di serpente ghignava scuro
a pochi centimetri dal naso del giovane Malfoy e la sua sola vista rendeva
palpabile l’assenza di quello stesso marchio dal suo polso. Mentre guardava,
senza riuscire a distogliere il viso, il ragazzo ebbe la sensazione che anche
sul suo braccio vi fosse un marchio, di segno opposto a quello sul braccio di
Piton, invisibile, ma inciso a fuoco nella sua carne. Il simbolo di un’assenza.
“Lo vedi?” – chiese
Severus imperioso, ma già più calmo – “Osservalo bene Draco. Guardalo ed osa
ripetermi che sei un Mangiamorte. Su, dillo ancora!”. Ma Malfoy non osò dire
proprio nulla.
Severus gli lasciò
andare il polso e tornato glaciale rimise a posto la camicia. “Reparo” – pensò e la stoffa tornò
intatta, così che poté tranquillamente riallacciare i piccoli bottoni neri del
polsino.
“Tu non mi
denuncerai ragazzo” – aggiunse, di nuovo freddo, ma con un filo di dolcezza
appena percettibile nella voce arrochita – “Non vuoi farlo più di quanto non
volessi uccidere Albus. Non sai nemmeno cos’è, davvero, un Mangiamorte” –
Severus pronunciò questa frase con un’alzata di spalle – “So che ti senti
lacerato ora. Vorresti proteggere tua madre e dimostrare a tuo padre che sei
come lui, ma in realtà non vuoi essere come Lucius fino al punto di servire il
Signore Oscuro e di uccidere a sangue freddo”.
Malfoy annuì prima
ancora di rendersene conto e ogni sua difesa cedette di colpo.
“Sono solo un
vigliacco” – disse e non riuscì più ad impedirsi di piangere. Sconvolto e
umiliato volse il capo verso il muro, non riuscendo più a sopportare quell’estenuante
faccia a faccia.
Piton non tentò
nemmeno di farlo voltare di nuovo verso di sé. La debolezza di Draco in quel
momento ai suoi occhi meritava rispetto. Invece parlò piano, stavolta con
gentilezza niente affatto velata.
“Non sei un codardo,
Draco. Stai solo scoprendo il prezzo che si paga nel diventare adulto. Tu sei
quel che sei, ragazzo, non sarai mai uguale a tuo padre e non sei tenuto ad
esserlo. Non è vigliaccheria il vedere gli sbagli di chi amiamo e non volerli
ripetere. Tutto al contrario, ci vuole coraggio. E’ giusto che tu ami tuo
padre, ma dubito che continueresti davvero ad amarlo ripercorrendo i suoi
errori”.
“Ho forse scelta?”
– lo interruppe Malfoy tirando su col naso, ma con voce ferma.
Severus intuì che
si trattava di una domanda retorica, cui Draco dava per scontata una risposta.
La risposta sbagliata. Finalmente il Professore di Pozioni aveva compreso
davvero quale fosse il primo incarico che Silente gli aveva lasciato e questo
gli fece provare una sensazione di grande forza e serenità. Era ancora troppo
presto per perdonarsi del tutto per la morte del vecchio, non era ancora giunto
il momento in cui il dolore sarebbe divenuto meno lancinante, ma aveva di nuovo
uno scopo ora. Uno scopo abbastanza nobile per cui valesse la pena vivere. Lui
poteva rispondere correttamente alla domanda del suo allievo e poteva farlo
anche per se stesso.
Incredulo per la
facilità con cui stava compiendo quel gesto per lui così inusuale, Severus
Piton abbracciò lentamente Draco Malfoy e lo sentì irrigidirsi, ma non smise di
stringerlo piano mentre con voce calma iniziava a parlare.
“Tutti hanno una seconda
scelta nella vita, ora lo capisco. Tutti hanno una seconda opportunità se
davvero lo desiderano. Non capisci ancora che è proprio questo che Silente ha
voluto insegnarti quell’ultima notte? Tu puoi scegliere, ed anche io posso
farlo. Naturalmente ciò non si significa che non ci voglia coraggio per farlo,
o che nulla e nessuno potrà ostacolarti. O che non sbaglierai mai. Ma si può
lottare Draco, si deve lottare, per difendere le proprie scelte. Solo questo ti
renderà un vero uomo”.
Ora Severus poteva
sentire il tremito delle spalle di Malfoy contro il suo petto, ma non era altro
che il pianto non ancora smorzato. Non c’era più imbarazzo o diffidenza nel
ragazzo, solo una sorta di grato abbandono.
“Io ti guiderò se
lo vuoi” – riprese Severus – “Ti terrò lontano da Lui il più possibile, ti
insegnerò a fargli credere ciò che tu vuoi che creda, ti mostrerò come essere
più forte. Sarai preservato Draco, sarai preservato, proprio come voleva
Silente, proprio come vuoi tu”.
FINE