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Autore: CriminalDanage    30/05/2011    3 recensioni
{Cozart/Giotto}
«Sai Cozart, non piaci al gatto, però a me piaci!»
Quell’affermazione rischiò di mandare in iperventilazione Cozart; il rosso lasciò andare di scatto il braccio di Giotto, voltando il viso dall’altra parte. Probabilmente Giotto non aveva idea di quanto importanti fossero quelle parole per lui, forse non poteva immaginare da quale punto di vista lui considerava quel “piacere”.
«M-mi fa piacere! Anche tu mi piaci!»
Avrebbe voluto prendersi a schiaffi da solo. Perché gli era così dannatamente difficile confidare i propri sentimenti a Giotto?!
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Giotto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Right now, I'm afraid of losing you.
Although my life hasn't been very fortunate until now, I'm glad if I caught your eye because of that misfortune. 
Because of that, I was able to fall for you.
So we'll definitely do something, but I want to wait just a bit.
So, right now, the last thing I can offer you...
Is this starry sky."

***

 

«Micio, micio!»
Cozart sospirò esasperato, lo sguardo rivolto verso l’alto dove Giotto, da quasi più di un’ora, cercava di acciuffare un gattino nero sul tetto di un’abitazione.
Con una mano andò a pararsi gli occhi dal sole cocente, dovevano essere le quattro del pomeriggio circa, ormai era quasi estate e il caldo non risparmiava nessuno. Giotto non sembrava soffrire di quel caldo, con le maniche arrotolate fin sopra gli avambracci e un sorriso sicuro di sé stampato sul volto, correva a destra e sinistra, rischiando più volte di scivolare, comportando un principio di attacco cardiaco a Cozart ogni volta.
G. dormiva poco più in là, disteso su una panchina ad abbrustolirsi al sole, d’intanto in tanto sollevava lo sguardo verso l’alto, ridendo per i continui fallimenti di Giotto. Conoscendo da più tempo Giotto, doveva essere abituato alle sue performance; Giotto poteva sembrare infantile, ma in quel paesino c’era bisogno di qualcuno come lui, Cozart l’aveva capito dal loro primo incontro, lui era speciale.
Le ragazze del paese che passavano d’intanto in tanto di fronte all’abitazione, indicavano sfacciatamente il ragazzo biondo, ridendo e confabulando qualcosa, probabilmente lo prendevano in giro.
Cozart arrossì al posto di Giotto, salutando con riguardo le giovani. Da quando frequentava Giotto, difficilmente una ragazza gli si avvicinava, non era mai stata una sua grande preoccupazione poiché preferiva notevolmente la compagnia del ragazzo a delle ragazzine immature dal punto di vista umano.
Quando finalmente Giotto tornò con i piedi a terra, Cozart sospirò alla vista dei graffi e dei lividi, probabilmente portati in seguito alle numerose cadute. Anche G. si avvicinò, stiracchiandosi e lanciando un’occhiata al campanile della chiesa che iniziò a suonare, indicando che si stavano per fare le cinque.
«Devo allontanarmi per un po’, torno alla locanda per dare una mano al proprietario.» Spiegò con aria solenne, Giotto e Cozart si lanciarono un’occhiata d’intesa, sapendo benissimo che G. aveva ricevuto di recente un due di picche da una ragazza, così per dimenticare quell’accaduto aveva deciso di cercarsi un lavoro, che alla fine era diventato quasi uno sfogatoio. Sì, l’avevano trovato più volte ubriaco fradicio e si erano trovati costretti ad accompagnato fino a casa, insomma… Anche G. aveva i suoi punti deboli.
«Ci vediamo più tardi!»
Il ragazzo più grande si allontanò, lasciando i due soli… non del tutto però, in realtà c’era anche il gatto che Giotto stava coccolando di fronte a Cozart.
Il gattino nero, con una singola chiazza bianca sullo stomaco, fissò con i suoi occhi dorati quelli altrettanto particolari di Giotto e quando il biondo si accostò per posargli un bacio sul muso non si oppose, anzi, iniziò a ronfare contento.
«Lui è Cozart, salutalo!» Senza nemmeno avendo il tempo di spostarsi, Cozart si trovò il gatto di fronte a sé e il suo muso spiaccicato contro la propria bocca. Cozart tentò di aprir bocca, ma il gatto spaventato dalle sue particolari iridi,  iniziò a divincolarsi fra le mani di Giotto, graffiandolo per liberarsi e fuggire il più lontano possibile.
Giotto sobbalzò, portandosi la mano sana a stringere quella lesionata e con un’espressione imbronciata fissò Cozart, che gli si avvicinò seriamente dispiaciuto.
«Scusami, probabilmente non gli piaccio quanto gli piaci tu.»
Si scusò con una risata roca, afferrando fra le mani quella di Giotto e avvolgendola  con un fazzoletto; Giotto lo osservò incuriosito: si trattava di un bel fazzolettino bianco con i ricami e un’iniziale in oro, una M.
«Hai una ragazza e non me l’hai detto?» Lo provocò per vedere la sua reazione, era sicuro che quel fazzoletto non potesse essere di Cozart. Il ragazzo dalla chioma rossa arrossì imbarazzato, scrollando le spalle larghe, poi arrossì.
«Ho avuto una ragazza, ma a dirla tutta non era il mio tipo. Sai, era troppo egoista.»
Tagliò corto con quella spiegazione, era una storia risalente al periodo arcaico e non aveva voglia di spenderci altre parole, piuttosto maledì quel fazzoletto che credeva di aver gettato via.
«Sai Cozart, non piaci al gatto, però a me piaci!»
Quell’affermazione rischiò di mandare in iperventilazione Cozart; il rosso lasciò andare di scatto il braccio di Giotto, voltando il viso dall’altra parte. Probabilmente Giotto non aveva idea di quanto importanti fossero quelle parole per lui, forse non poteva immaginare da quale punto di vista lui considerava quel “piacere”.
«M-mi fa piacere! Anche tu mi piaci!»
Avrebbe voluto prendersi a schiaffi da solo. Perché gli era così dannatamente difficile confidare i propri sentimenti a Giotto?!

 Forse era colpa sua, alla fine avrebbe smesso di vivere con il terrore che qualsiasi sua azione rivolta verso Giotto potesse rischiare di ferirlo?

Diversi anni più tardi, Giotto si recò alla Residenza di Cozart. I loro incontri erano sempre molto rari, a causa degli impegni e della distanza, ma nessuno dei due aveva dimenticato l’altro.
Considerando che si stava facendo tardi, Cozart ricordò di una cosa che doveva far vedere da parecchio tempo a Giotto. Lo invitò a casa sua e lì gli mostrò un vecchio telescopio appartenente a suo  padre, l’aveva trovato pochi giorni prima e subito si era adoperato per farlo funzionare.
«Cozart! Si vede il triangolo estivo!» Esclamò entusiasta Giotto, Cozart ridacchiò; normalmente in quel periodo dell’anno era possibile vederlo anche ad occhio nudo, ma evidentemente Giotto non ci aveva mai fatto caso. Cozart la considerò una fortuna, ne avrebbe approfittato per provare a parlargli.
«La conosci la leggenda di Altair e Vega?» Domandò tutto d’un tratto Cozart, attirando l’attenzione visiva di Giotto.
«Certo! Ho letto un libro di astronomia, dove ne parlavano! Altair e Vega erano due abitanti del Cielo, innamorandosi persero di vista i propri doveri imposti dagli Dei che per dividerli misero la Via Lattea di mezzo. Vega ne soffri particolarmente, riuscì quindi ad ottenere il permesso di poter vedere almeno una volta all’anno Altair.»
Cozart annuì a ogni singola parola, assumendo poi un’espressione un po’ cupa.
«C’era un problema: in caso di pioggia, se il fiume si riempiva, per i due amanti era impossibile vedersi… Quindi l’unico modo che avevano per tenersi in contatto era scriversi dei Tanzaku, come vuole tutt’oggi la tradizione.»
Giotto spalancò le iridi color miele, incontrando lo sguardo compiaciuto di Cozart, felice che avesse capito cosa intendeva dire.
«Sono come noi due! Anche loro si scrivono!»
«Esattamente, anche se la nostra lontananza, diversamente da Altair e Vega, è proprio dovuta agli impegni.» Puntualizzò; fosse per lui, non si sarebbe mai separato da Giotto!
Il giovane Boss dei Vongola annuì, pensieroso per le parole di Cozart. Pensandoci bene, dall’adolescenza passata assieme a Cozart, fino a quel momento, non era mai riuscito a fare a meno di lui.
Da ragazzino spesso aveva detto a Cozart “Mi piaci” senza dare un particolare peso al senso che potevano avere quelle parole. Ora invece era un’altra storia. Forse il suo piacere era lo stesso sentimento che Vega provava per Altair.
«Cozart, tu mi piaci.»
«Ah si? E cos’è che ti piace di me?»
«Sei sempre pronto a correre in mio aiuto, riesci a sopportarmi in qualsiasi circostanza e condividiamo molto di più che una semplice amicizia. E’ sufficiente?»
Cozart ridacchiò; circondò il viso di Giotto con le mani, specchiandosi nei suoi occhi color miele che anche con il passare degli anni non cambiavano mai.
«Penso di sì, anche se vorrei una cosa da te, se è possibile.»
«Cosa?»
«Un bacio.»
L’espressione sorpresa di Giotto riuscì a intenerire Cozart; lui osservò ogni singolo cambiamento sul suo viso, incurvando le labbra in un sorriso.
Giotto aveva assunto un’espressione mista fra imbarazzo e broncio, avrebbe dovuto dire a Cozart che certe cose si fanno e basta, senza chiedere?

E così Altair incontrò la sua Vega.

 

 

Dedicata a Amber, la mia adorabile Cozart (<3) che mi ha dato sostegno, mi ha fatta sorridere e ha sopportato le corna di Giotto! u_u' <3

Note:

-La frase iniziale in corsivo è tratta dall’anime Bakemonogatari.
-Tanzaku:
 preghiere e poesie in lunghe strisce rettangolari di carta, appese poi al vento su tralci e foglie di bambù. Questi bambù decorati da foglie coloratissimi, scritti un tempo con molta cura, vengono chiamati TANABATA SASA KAZARI, , sorta di alberi di Natale estivi. La gente si ferma per strada a leggere quello che gli altri hanno scritto e a loro volta lasciano il loro messaggio. Ora la gente chiede cose per sè, cose come trovare un buon lavoro o vincere alla lotteria.

 

   
 
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