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Autore: Sselene    30/05/2011    2 recensioni
"Dannato Cupido!" è la frase tipo di Sam che, allontanato dall'uomo a cui finalmente si è dichiarato, non trova altro modo per sfogarsi se non imprecare contro il Dio dell'Amore, finché, un bel giorno, è proprio Cupido che si ritrova nel bagno di casa, pronto pronto per aiutarlo nel suo piano di conquista.
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non che si aspettasse effettivamente qualcosa, da quella discussione, ma la reazione che l’uomo aveva avuto era andata fuori da ogni sua aspettativa. Nonostante la loro lunga e solida amicizia, era bastato dirgli “Sono innamorato di te” per far sì che lui decidesse di chiudere il loro rapporto e di non vederlo mai più. Evidentemente non erano così stretti come sembrava. Certo, la cosa lo addolorava moltissimo, ma se lui non aveva esitato un attimo a mandare all’aria tutto, forse non era veramente la persona di cui si era innamorato.
 
Si lanciò una lunga occhiata inespressiva dallo specchio, osservando il riflesso dei propri occhi castani gonfi e arrossati e delle vistose e profonde occhiaie che li cerchiavano: ma chi voleva prendere in giro? Era distrutto e si vedeva.
Aveva un aspetto orribile, non era certo sorpreso che il suo capo gli avesse detto di tornarsene a casa a riposare, probabilmente temeva gli morisse in ufficio, ed era comprensibile. Doveva temere chissà quale strana malattia! L’avrebbe forse picchiato a sapere che era semplicemente stato rifiutato.
Ma non era colpa sua se stava così male, lui avrebbe voluto tantissimo smetterla di stare così male! Ma, semplicemente, non poteva, non poteva smettere di soffrire e non era colpa sua.
“Dannatissimo Cupido!” Urlò, mollando un pugno allo specchio che si frantumò sotto il suo colpo, ferendogli le nocche chiare, ma lui non se ne curò molto. “Ti ho forse fatto qualcosa? Ti ho forse offeso in qualche modo? Ti chiedo scusa, se è stato così, ti chiedo perdono! Fammelo sapere e ti giuro che mi farò perdonare, ma smettila di giocare con il mio cuore!” Si chinò sul lavandino del piccolo bagno degli uffici, stringendo i denti e gli occhi, cercando di trattenere tra le labbra i singhiozzi che gli scotevano il corpo. “Smettila di giocare con il mio cuore…” Ripeté in un soffio, stringendo le dita sulla ceramica candida.
Sentì la porta aprirsi e cercò immediatamente di darsi un contegno, asciugandosi le guance su cui le lacrime avevano iniziato a scivolare.
“Sam…? Sam, stai bene, ti abbiamo sentito urlare.”
Il giovane rise, passandosi una mano tra i capelli castani, cercando di risultare il quanto più naturale possibile. “Si, io… recitavo.” Si scusò con un immenso sorriso, avviandosi alla porta, passando accanto alla donna, ancora ridendo giovialmente. “Io torno a casa. Ci si vede domani, eh?”
La bionda inarcò le sopracciglia a quella strana reazione, ma si limitò ad annuire. “A domani.”
“Mi raccomando, non sottovalutare una semplice influenza. Pensa che il fratello del nipote del cugino della seconda moglie dello zio del garzone del panettiere di un’amica della fidanzata del cugino della signora che abita accanto alla chiesa si ammalò, anni fa. Pensava fosse solo influenza, anche se la nipote del farmacista di sua cugina aveva detto che doveva stare attento, e invece si è preso una gravissima infezione ed è morto, quel pover’uomo! La moglie, che è la nipote di secondo grado del fratellastro della signora che fa i capelli alla figlia del cugino dell’assistente del panettiere che una volta ha preparato il pane per il nipote della seconda moglie di un truccatore di un attore famoso, povera donna, ne ha sofferto moltissimo! Quindi, mi raccomando, sta’ attento!”
Il giovane osservò l’anziana signora che l’aveva fermato sulle scale a lungo, interdetto, poi un luminoso sorriso gli comparve sul volto. “Ma certo, signora, non si preoccupi, starò attento! E, mi raccomando, mi saluti sua figlia.”
La vecchina sorrise, per poi sussultare. “A proposito, sai che quella sciocca ha rifiutato la proposta di matrimonio del nipote del cugino di secondo grado della sorella adottiva della zia del fidanzato attuale dell’ex fidanzata del meccanico da cui porta la macchina il cugino del cognato della sorella dell’avvocato che si è occupato della causa di divorzio tra la figlia del suocero di un tecnico di un noto cantante e il cugino del secondino che ha tenuto in carcere il suocero della madre del cugino del figliastro dell’idraulico che ha riparato una tubatura nella casa di una bellissima modella? Ma come si fa, dico io!”
Il castano cercò di esprimere grande incredulità con una smorfia, scrollando appena le spalle, cercando di tener la bocca chiusa per non scoppiare a ridere a quell’assurdità.
“Signora, dobbiamo andare o i negozi chiuderanno e non potremo comprare le cose per la cena.”
 La signora volse lo sguardo sulla giovane straniera che le stava accanto ed annuì. “Ma certo. Abbiamo ospiti a cena, stasera.” Spiegò poi, rivolta al giovane che subito dissimulò la sua faccia stravolta in uno smagliante sorriso.
“Allora non vi trattengo oltre, andate pure.”
L’anziana donna annuì, incamminandosi a braccetto della moretta. “Taisha, ti ho mai raccontato di quella volta che il cugino della zia del figlio adottivo della nuora del meccanico…”
La straniera lanciò un’ultima occhiata disperata al giovane che si limitò a sorriderle consolatorio e comprensivo.
Aspettò che le porte del palazzo si chiudessero, poi corse su per le scale, intenzionato a chiudersi quanto prima nelle sicure pareti della sua piccola casa.
Fu con estrema disperazione che, giunto davanti alla sua porta chiara, con la targhetta dorata che indicava il suo nome, si rese conto di non avere le chiavi con sé. Doveva averle dimenticate in ufficio, intento com’era a fuggire verso casa.
Lentamente fece mezzo giro su se stesso, dando le spalle alla porta e fissando lo sguardo su quella che aveva di fronte che, oltre alla stessa piastrina dorata, portava rappresentati, come decorazioni, migliaia e migliaia di fiori di ogni colore e dimensione. Strinse le labbra, alzando lo sguardo al cielo. “Dannato Cupido… anche questa è colpa tua.” Sbottò solo, tra i denti, tremante, prima di accostarsi alla porta floreale e bussare, sistemandosi in viso il miglior sorriso che possedeva. Ad aprirgli la porta, dopo molti insoliti rumori, fu una dolce e tenera bambina dai dolci occhi azzurri e i morbidi boccoli biondi.
“Buongiorno, piccola.” La salutò affettuosamente, chinandosi un po’ in avanti per poter essere più vicino alla sua altezza. “La mamma e il papà sono in casa?”
La bambina tacque, con lo sguardo ceruleo e cristallino fisso su di lui.
Sam aspettò qualche attimo, poi sospirò, accucciandosi davanti alla bimba per guardarla negli occhi. “Piccola, senti… sono rimasto chiuso fuori casa e i tuoi genitori hanno le chiavi. Sono in casa? Potresti chiamarmeli, così me le faccio dare?”
La bambina si ostinò in un lungo e profondo silenzio e così, dopo qualche momento, il giovane si decise ad alzarsi e a scostare da parte la bella bambina bionda, entrando in casa senza alcun invito.
“Buongiorno! Donna, Brandon, siete in casa? Sono Sam, sono rimasto chiuso fuori, avrei bisogno delle chiavi, me le dareste?” Per un lungo, interminabile minuto, ci fu solo il silenzio, interrotto solo dai soliti insoliti rumori, poi una testa riccia si affacciò da una porta.
“Sam, sei tu?” Poi rise, notando che, sì, era proprio lui, uscendo totalmente dalla stanza, in pantaloncini e camicia larga, avvicinandoglisi a braccia spalancate. “Sam, tesoro! Assurdo, siamo vicini, ma da quanto non riusciamo a vederci decentemente?”
Il castano rise, stringendo la donna tra le braccia, battendole affettuosamente una mano sulla schiena. “Hai ragione, Donna. E’ che io sono così impegnato con il mio lavoro e tu e Brandon siete sempre intendi a occuparvi dei vostri splendidi figli. Ho visto la piccola Hannah, dei, cresce così in fretta, mi sembra ieri che la tenevi in braccio! I gemelli, invece? Non li vedo in giro, sono da qualche amico?”
La donna annuì, ridendo, come faceva sempre, portandosi le mani sui fianchi. “Si, è la festa di un amichetto e li abbiamo portati lì. Volevamo mandare anche Hannah, ma i gemelli non l’hanno voluta, in fondo un po’ li capisco, vogliono un po’ di vita solo loro, è comprensibile, ma Hannah c’è rimasta male così le stiamo preparando una festicciola tutta per lei. Ti andrebbe di restare a festeggiare con noi?”
Sam sussultò appena, come mostrandosi sorpreso, per poi esprimersi in una smorfia alla ‘oh, quanto vorrei venire, maledizione, ma perché non posso?’, scotendo appena il capo. “Oh, Donna, sai che resterei davvero volentieri, ma purtroppo temo di non star molto bene. Anzi, ora che ci penso, devo uscire in fretta da qui o potrei portare qualche infezione e i bambini sono così delicati, non vorrei che Hannah o i gemelli si ammalassero a causa mia! Ero qui solo per prendermi le chiavi, io purtroppo ho dimenticato le mie in ufficio.” La soddisfazione più totale lo pervase nel vedere la donna impallidire al pensiero che i suoi figli potessero in qualche modo ammalarsi.
“L-le chiavi, eh? Te le prendo subito, immediatamente!” Assicurò con voce insolitamente acuta lei, spalancando uno dei cassetti della cucina, tirandone fuori una lunga chiave e quasi lanciandogliela addosso. “Sam, non vorrei sembrarti scortese, scusami, ma Hannah è appena uscita da un brutta, bruttissima influenza e non vorrei avesse una ricaduta.” Spiegò rapidamente, già avviandosi verso la porta di ingresso e aprendogliela.
“Figurati, lo capisco, mi sentirei maledettamente in colpa se Hannah si ammalasse a causa mia!” Rassicurò il giovane, uscendo immediatamente dalla casa. “Ci vediamo, Donna.”
“Ci vediamo.”
Sam osservò la porta che quasi gli si chiudeva in faccia, poi sospirò, tornando verso il suo appartamento.
Tornare a casa non era mai stata una tale fatica.
Infilò la chiave nella toppa, girandola un paio di volte, spingendo poi entrambe le mani sulla porta per avanzare nell’appartamento incasinato da libri e scatoloni. Si sfilò la giacca, buttandola sul tavolo in cucina, passandosi stancamente una mano sul viso sciupato.
Fu in quel momento, quasi improvvisamente, che si rese conto dello strano rumore di scorrere d’acqua che proveniva dal bagno. Doveva essersi rotto qualcosa. Fermò a fatica la tentazione di prendere a testate la porta e corse in bagno, spalancando la porta.
Qualsiasi suono gli morì in gola nell’incrociare il tonico, sodo, scolpito, perfetto, abbronzato corpo nudo di un uomo dai biondi capelli scuri e gli occhi simili a due pozze d’acqua cristallina, fissi in un viso perfetto quanto il resto. Schiuse le labbra, boccheggiando. L’uomo sorrise smagliante, inclinando il capo di lato.
“Buongiorno.”
Sam urlò.
 
“Qu-quindi… tu saresti… Cupido…?”
Il biondo si limitò ad annuire, sistemandosi minuziosamente i capelli con la cera che dal nulla si era fatto comparire, così come dal nulla si era fatto comparire, con enorme sollievo di Sam, la camicia appena azzurrina che si era infilato nel jeans a vita bassa.
“E… che ci fai qui?”
Il maggiore rise, voltandosi verso di lui. “Sei tu che mi hai chiamato, Sam.” Gli ricordò con tono gioviale, indicandosi poi i capelli con un dito. “Come stanno?”
Il castano annuì appena, frettoloso, senza prestar troppa attenzione alla pettinatura del dio, né alla sua smorfia imbronciata nel rendersi conto di ciò. “E quando ti avrei chiamato, scusa?” Chiese ancora, portandosi le dita alle tempie, cercando di capire qualcosa in quell’assurda situazione.
“Appena dopo pranzo. Mi hai anche chiamato ‘dannato’.” Rispose tranquillamente il biondo, passandosi una mano tra i capelli, levandone la cera con quel semplice gesto, per poi rimettersi a lavoro con estrema serietà e voglia di perfezionismo.
Sam si sentì vagamente imbarazzato a sentirsi sbattere in faccia quell’infamia con tanta semplicità. “M-mi dispiace, ero nervoso.” Si scusò in un soffio, con lo sguardo basso sul pavimento.
 Il dio dell’amore portò lo sguardo su di lui, piuttosto perplesso, sistemandosi con un ultimo tocco il ciuffo biondo. “Per cosa ti scusi? Per avermi chiamato dannato?” Rise, osservandosi allo specchio, approvandosi con un cenno del capo. “Mi hanno affibbiato nomi peggiori, in perfetta lucidità. ‘Dannato’ non è niente.” Chinò un po’ il capo di lato, sorridendogli. “Tranquillo. E ora pensiamo a conquistare quel tipo!”
Il castano sgranò appena gli occhi, per poi forzare una leggera risatina. “C-conquistare? Quel tipo? D-di che parli?”
Cupido sospirò appena, alzando lo sguardo al cielo per poi riportarlo su di lui. “Dell’uomo che ami e che ti ha rifiutato, no? Ti aiuterò a conquistarlo! Sono il Dio dell’Amore in fondo, no?” Ci pensò un attimo su, uscendo dal bagno, passandogli accanto. “Spero tu abbia del buon vino, non carburo, senza.” Sam tacque, con lo sguardo ancora fisso dinnanzi a sé, sperduto. “Certo…” Soffiò solo “Il dio dell’amore non carbura senza vino.”
   
 
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