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Autore: Yellow_Falling_Leaves    30/05/2011    5 recensioni
New Moon.
Edward abbandona Bella nella foresta, lasciandola sola, distrutta e--Incinta.
All'inizio, Bella, troppo presa dal dolore per la partenza di Edward, non se ne rende conto. E' gia difficile per lei respirare, tentare di sopravvivere è un'impresa.
Due nomi: Edward Junior e Renesmee; le danno la forza per tornare a vivere e a sorridere. Single e vampira, si trasferisce con i suoi piccoli mezzivampiri- speciali come il padre- in Italia, dove scoprirà la presenza di una famiglia di vampiri a lei fin troppo conosciuta...
--Siate clementi, è la mia prima fic!^^
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film, New Moon
Capitoli:
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..Scusate, scusate, scusate, scusate!! >.< Non so come io abbia fatto a ridardare di 5 mesi con il postaggio...! Sono davvero spiacente...Infatti non ho molte pretese, con questo chap, ma spero almeno che non dispiaccia.. Ci ho messo decisamente troppo a scriverlo, scusatemi..sperando che qualcuno si ricordi ancora della storia, vi auguro buona lettura.
Un bacio- al prossimo tempestivo aggiornamento.
Capitolo 15. Vulnerabile
Un verme.
Ecco come mi sentivo.
Era come se avessi tradito non solo Bella, ma anche i miei figli. Avrei dovuto leggere nella mente di Tanya le sue intenzioni, avrei dovuto fermarla. Io non la volevo baciare, io non l’amavo. Io volevo solo una donna, una vampira, e lei era Bella. Tanya prima era una mia amica, perché si era comportata così con me, solo per una questione di orgoglio? Era una cosa che proprio non concepivo, soprattutto da una persona che consideravo di famiglia.
Sospirai, continuando a guardare Renesmee e Edward dormire, incantato. Erano bellissimi, così simili sia a me, che alla madre..era incredibile che fossero nati grazie a me, un mostro, due angeli. Scaldava il mio cuore immobile.
«Edward..» mi chiamò mentalmente Alice, facendo sbucare appena la testa nella stanza. «Puoi venire un attimo di là?» Mi alzai svogliatamente: era un dolore fisico allontanarmi da loro, come dalla madre. Ma da quando avevo quel dannato senso di colpa rodermi dentro, averla lontano era per certi versi un sollievo. Era un male fisico staccarmi da lei, ma anche starci vicino, ora che mi sentivo un traditore. Ero diviso a metà, tra la voglia di urlare al mondo il mio amore per lei, e scappare via, nascondermi per la vergogna.
«Dovresti dirlo, a Bella..» esordì Alice. «Di Tanya.» finì con la mente.
Emisi un verso strozzato, sofferente. «Che cosa cambierebbe, eh, Alice? Cosa le potrebbe mai interessare, ora che non mi ama più?» mi lasciai scivolare contro la parete del corridoio alle mie spalle. Mi sentivo terribilmente umano, in quel momento. Fragile, stupido, debole.
Mia sorella sbuffò, ponendosi di fronte a me con un’aria decisa. «Oh santo Cielo, Edward. Sii uomo, per la miseria! Smettila di fare il depresso complessato, hai avuto quasi un anno per piangerti addosso, e per come stavi, sei a posto per l’eternità.» Alice poggiò le braccia ai fianchi, mi guardava dall’alto del suo metro e quarantacinque, con un’aria che non ammetteva repliche. Era una brava dittatrice, tutto sommato poteva far concorrenza ai Volturi. Alice alzò un sopracciglio, classico segno d’irritazione.
«Quindi, ora, cerca di tirare fuori i connotati, e tenta di riconquistare Bella!» si chinò alla mia altezza, accucciata aggraziatamente. Mi sorrise come solo lei sapeva fare, con tutto l’affetto fraterno che disponeva per me. Quel folletto mi faceva girare la testa: un attimo prima mi sbranava, un attimo dopo era tutto zucchero; forse era per questo che l’adoravo. Forse per questo, la mia fermezza vacillava e la speranza, anche se fievole e fiacca, faceva capolino nel mio cuore di marmo.
«Ma devi essere sincero con lei..su tutto. Ha bisogno di certezze ora, Bella. L’hai ferita, ed ora tu devi cicatrizzare. Non so fino a che punto lei stia meglio.»
Scossi la testa, bruciando le mie aspettative con la razionalità: «Alice, è passata oltre.»
Ed era vero; Bella si era rifatta una vita, era indipendente, sapeva badare a se stessa..ormai non avevo più nemmeno la scusa di proteggerla dalle catastrofi. Da piccola e fragile umana, era diventata una forte e determinata vampira.
«Ma che vuol dire? Tu puoi raggiungerla, potete ricominciare insieme!» insistette, concitata. Lo sguardo di Alice trasmetteva sicurezza, i suoi pensieri erano identici a quello che si leggeva sul suo viso da folletto. Mi rialzai, ma non ero convinto.
«Eh va bene..» Alice mi saltò al collo, abbracciandomi stretto, esultando col pensiero.
«Forza, vai!» pensò alla via in cui c’era il suo negozio, poi mi assicurò che avrebbe tenuto lei i bambini nel caso ci avessi messo di più.
Avrei fatto la strada a piedi, a passo umano, il più calmo possibile. Avevo bisogno di riflettere; come dovevo dirlo? Ma che senso aveva dopotutto? Cosa le importava?
Andare lì e dirle: «Sai, Bella, ho baciato Tanya, ma siccome ti amo ancora mi sento una vera merda» Sì, così mi sarebbe scoppiata a ridere in faccia, o sarebbe scappata via a gambe levate dalla mia faccia tosta.
Raggiunsi la piccola pasticceria dova lavorava Bella fin troppo presto, non ero ancora pronto per avere una conversazione con lei..
La osservai per un po’, da dietro il vetro. Non credevo mi avesse notato, era presa a sistemare le paste, e ogni tanto si fermava con occhi vacui a fissare il vuoto. Era triste. Avevo voglia di raggiungerla in una falcata, e di stringerla tra le mie braccia, consolarla, dirle che era tutto per me.
Era così aggraziata, nei movimenti: più che vampiro, sembrava una fata. L’immortalità l’aveva resa ancor più affascinante, se non irresistibile. In un certo senso, non avrei potuto biasimare Cedric. Ma quel vampiro era ancor più pressante e perverso di Mike Newton, ancor più viscido di Aro in persona. Era..semplicemente un flagello.
Bella si allontanò dal bancone, e in quel momento presi un bel respiro.
Stavo per compiere il primo passo per riavvicinarmi davvero a lei, nonostante i grandi casini che avevo fatto solo il giorno prima. Dovevo solo..aver fiducia, o perlomeno, cercare di riconquistare quella di Bella.
.
Pov Bella.
«Oh mio Dio..» sorrisi del sospiro ammirato di Debbie. Probabilmente aveva visto l’ennesimo bel ragazzo. Nonostante ora stesse con Seth, non la finiva mai di fare apprezzamenti sugli altri uomini – però aveva confessato di trovare il suo ragazzo il più bello di tutti.
Andai al bancone, distrattamente, ero troppo presa dai miei pensieri su Edward, per poter notare un qualsiasi cosa. Anche se ci fosse stato un terremoto, non l’avrei nemmeno sentito, e nemmeno l’intera armata dei Volturi mi avrebbe distolta dall’immagine di quel vampiro meraviglioso.
L’altra sera l’avevo sfiorato, e quel contatto..aveva provocato una scottatura sulla mia pelle gelida, e marchiato a fuoco i miei ricordi. Quella sensazione di calore, di dolcezza contro la mia pelle...le sue mani non erano più fredde come un tempo, era stato sorprendente non ritrovare il gelo delle sue dita, ma un piacevole torpore e una morbidezza destabilizzante. Quel nuovo primo contatto continuava a ronzarmi in testa.
Debbie si schiarì la gola, e io portai distrattamente lo sguardo su di lei: mi guardò eloquentemente, facendo un segno –che avrebbe dovuto essere discreto- verso il ragazzo adocchiato. Alzai gli occhi al cielo, e gli concessi uno sguardo. Spalancai la bocca, e sbattei le palpebre velocemente come per rendermene davvero conto. Non ero sicura di vedere bene, probabilmente avevo di nuovo le visioni.
Non era possibile che Edward, proprio lui, fosse venuto qui. Perché poi?
«Salve» sorrise, e mi preparai a sentire le gambe molli. Poi mi ricordai che non ero più umana. Nonostante i mesi, ora che avevo ritrovato Edward, mi sembrava di essere tornata la vecchia Bella, fragile e impressionabile.
«Salve!» rispose immediatamente Debbie, cordiale.
«Che ci fai qui?» incalzai invece io. Lui avrebbe dovuto essere con i bambini, no?
«Esme è a far la spesa..» capii che era a caccia, «e io non sono molto bravo a cucinare. Sono venuto per comprare la colazione ai bambini.» Debbie mi guardava molto male, per la mia freddezza con il cliente più bello che avesse mai visto. Se avesse capito chi era, non sarebbe stata così gentile.
«Giusto..» concessi, imbarazzata. Avevo fatto una figura inutile. Presi dei cornetti al cioccolato, i piccoli ne andavano matti, e li misi in un sacchetto, che consegnai a Edward. «Ecco..»
Lui sorrise, prendendolo. «Grazie.»
Pensavo che se ne sarebbe andato, invece indugiò ancora. «E’ bello questo posto.» commentò, guardandosi in torno, ostentando tranquillità. Eppure, ero sicura che stesse indugiando, non era qui solo per la colazione di Nessie ed Ej.
«Già.- dissi- Mh..Edward, lei è la mia collega Deborah. Debbie, Edward.» Gli occhi della mia amica si spalancarono all’inverosimile, allucinati e stupiti. Lei sembrò andare in apnea, non respirava più per la sorpresa, mentre notai con la coda dell’occhio Edward fare una smorfia. Probabilmente non stava leggendo nulla di bello, nei pensieri di Debbie.
«Okay..Piacere di averti conosciuta, ora io andrei..» disse lui, gesticolando come non l’avevo mai visto fare. Aveva un’aria corrucciata, quasi dolorante. Era la prima volta che lo vedevo così umano. «Scusa se ho disturbato..Arrivederci» si girò, le sopracciglia aggrottate, e fece qualche passo verso la porta. Quello che successe poi, mi lascio praticamente pietrificata. Edward rimase fermo qualche istante, poi lo vidi ciondolare verso un tavolino, come se avesse dei capogiri e non riuscisse a reggersi. Emise un rantolo, mentre le gambe gli cedevano e si lasciava cadere su ripiano. Non ci misi più di un istante, prima di raggiungerlo alla mia velocità per sorreggerlo. Lo afferrai per le spalle, mentre lasciava andare la testa all’indietro, rantolando l’ennesima volta. «Edward!» Lo chiamai, scuotendolo leggermente, mentre mi abbassavo verso il pavimento, poggiandomi sulle ginocchia. «che ti prende?!»
Ero in panico, non sapevo che fare, come farlo star meglio.
«Ah!» Edward si piegò in avanti, spalancando gli occhi, portando le mani allo stomaco. «Edward‼» Sentivo gli occhi pizzicare, mi veniva da piangere a vederlo in quello stato. Che cosa aveva?
Gli passai una mano tra i capelli, era l’unica cosa che mi sentivo di fare per cercare di tranquillizzare me stessa e lui. Ma mi bloccai terrorizzata quando la sua testa con un colpo secco venne mandata indietro come se gli avessero dato un pugno nel mento.
E fu in quel momento che sentii un movimento sospetto, troppo veloce per un essere umano, e sentii la mia rabbia crescere con l’idea che fosse un vampiro a fargli del male e il desiderio di proteggerlo ad ogni costo.
E come se qualcuno avesse ascoltato il mio pensiero, Edward sembrò rinsavirsi con un respiro profondo e rilassando i muscoli, e un secondo movimento mi fece intuire che chiunque fosse a fargli del male, se n’era andato.
Voltai lo sguardo su di Edward, che teneva ancora gli occhi chiusi e riprendeva fiato. Lanciai una fugace occhiata a Debbie: era ancora lì, totalmente paralizzata dalla paura. Ma in quel momento, era la persona che mi preoccupava di meno. Tornai con gli occhi su Edward, mentre realizzavo che lo tenevo ancora stretto a me, e lui era di nuovo lucido. Per quanto potesse essere fonte d’imbarazzo, non riuscivo a dire niente né a far qualcosa che lo facesse allontanare da me. Lui era lì, a stretto contatto con me, potevo sentire il suo profumo, il suo respiro e ammirare la sua eterea bellezza. E lui non aiutava, non muoveva un muscolo, perciò non faceva scattare quella necessità dettata dall’imbarazzo e dal disagio che mi suggeriva di stargli ben distante. Edward era ancora tra le mie braccia, e mi sentivo in paradiso.
Aprì gli occhi, quei fantastici occhi dorati che sin dall’inizio mi avevano incantata. Ma in quel momento, sentii ancor meno il bisogno di stargli distante. Ci guardavamo negli occhi, a pochi centimetri l’uno dall’altra, e nemmeno lui sembrava voler muoversi da lì. Avevo a malapena la forza di pensare che nonostante tutto, non avrei mai smesso di amarlo, perché era l’unico che avrei mai voluto. E tutte le cose che erano successe, a partire dall’abbandono, avevano solo incrementato quel sentimento che ogni istante cresceva.
«Mamma, papà‼» Nessie, Ej e Alice entrarono dalla porta del locale,e i nostri figli si buttarono addosso a noi. Nessie prese le guance di Edward, che, anche se provato, cercava di accennare un sorriso. «Stai bene, papy?» chiese Renesmee, il suo sguardo allarmato. Ej fece il controllo completo, alzando e abbassando le braccia e facendole ruotare per vedere se fosse ferito.
«Ehi, piccolo, sono tutto intero. Sto benone!» disse, e in quel momento si mosse per alzarsi. «Davvero.» confermò, all’ennesima domanda di Nessie ed Ej.
«Bella..» appena mi chiamò, sussultai impercettibilmente. Suonava così bene il mio nome, uscito dalle sue labbra..«Possiamo parlare?» In quel momento, entrai nel panico totale. Voleva parlarmi, ma cosa intendeva dirmi? Avevo tante domande, supposizioni, dubbi...ma Alice s’intromise. «No, Edward, non è il momento. Dobbiamo parlare di una cosa ben più grave!»
Edward la guardò male, poi l’espressione si distese: «Che cosa, di grazia?»
«Questo non è il posto ideale per parlarne.» convenne Alice, avvicinandosi a Debbie, che era ancora immobile. «Ehi, tutto okay?»
Deborah annuì lentamente, i suoi occhi però erano ancora sbarrati. «Sì...sì, più o meno.»
«Che ne dite di chiudere il locale, per oggi? Non è stata una giornata facile..»
«S-sì ma..» balbettò, incerta.
«Alice, portala da Seth e Jake, con loro è al sicuro.» consigliai, mentre mi rialzavo e prendevo in braccio Nessie. Stranamente, la piccola non aveva ancora fatto commenti sulla vicinanza tra me e il padre, probabilmente perché non voleva fargli sentire i miei pensieri. Quanto avrei voluto chiedere a Nessie di leggere i pensieri di Edward e poi farli sentire a me...
«Potrei anche farlo..» pensò Nessie, «Papà mi sente a momenti.» poi assunse un’aria pensierosa. «Ma tra moglie e marito non si mette dito! Lo dice zia Alice!» Non feci in tempo a fissare male quella che sentivo una sorella, perché se la stava già squagliando con Debbie. Pestifera di una veggente! «Forza...» sospirai, poi, «Andiamo a casa..»
*
Tutti i membri della famiglia Cullen e Denali, erano attorno all’inutilizzato tavolo della cucina. Mancavano solo Tanya, Cedric-che da un po’ non si faceva vedere- e Alice, che ci avrebbe raggiunti a momenti. Appena rivolsi un pensiero a lei e Debbie, la porta si aprì e comparve seduta sulla sua sedia, accanto a me e a Jasper. «Eccomi qua, si può cominciare.»
«Cos’è successo, di tanto grave, per chiamarci così allarmati?» chiese Esme, che già era il ritratto del panico.
«C’è un vampiro in circolazione che mette a rischio la sanità Edward.» spiegò concisa Alice, seria.«Un vampiro capace di non farsi vedere nemmeno da uno di noi, e la cui mente è preclusa a Edward.» I visi dei vampiri si fecero cupi.
«Praticamente imprendibile.» convenne Carlisle, che non riuscì più a star seduto, cominciando a passeggiare lungo il tavolo, le sopracciglia aggrottate.
«Direi che dovrà sempre esserci qualcuno con i piccoli..» suggerì Carmen, che diede voce ai pensieri miei, e certamente di tutte le persone presenti.
«E’ la prima cosa da fare» fece Rose.
«Devo trovare un modo per proteggerli...» disse Edward; era profondamente abbattuto, probabilmente si chiedeva come avrebbe potuto tenerli al sicuro, se lui per primo era così vulnerabile. «Non mi farò trovare impreparato..»
«Edward, non puoi percepirlo, non c’è modo» ribattè Jasper, non per sminuirlo, ma semplicemente pensava con razionalità ed obbiettività.
«Sì, ma sono i miei bambini.. Non posso lasciarli così..a rischio..con un vampiro tanto pericoloso.» fece, fissando i ghirigori del legno del tavolo.
«Troveremo il modo» lo appoggiai io; quando alzò gli occhi, evitai accuratamente di incrociare il suo sguardo. Ci furono altri scambi di battute tra i membri della famiglia, ma io stavo già pensando ad un modo, e le ignorai.
«I licantropi..» pensai ad alta voce, «Sapendo che girano intorno ai bambini, non si avvicinerà.» Tutta la famiglia mi guardava perplessa.
«I cani dovrebbero darci una mano?» sibilò Rose. Emmett cercò di placarla, ma lei continuò imperterrita, «Sono più pericolosi di un vampiro!»
«Sono l’unica chance che abbiamo.» ribattei, «E poi Jake non farebbe mai male a Ej, tantomeno a Nessie.. non potrebbe nemmeno con tutta la sua forza di volontà, gli basterebbe guardarla per ammansirsi.» poi mi morsi il labbro inferiore. Avrei dovuto dire a Edward del piccolo dettaglio dell’Imprinting, prima che lo scoprisse in modo ambiguo. Già la situazione era catastrofica di per sé..non volevo peggiorasse.
«Oh, andiamo Bella, non dirai sul serio!» rispose ancora la bionda.
«Bella ha ragione..» la interruppe Esme, «Jacob e Seth sono dei bravi ragazzi..e soprattutto possono proteggere i piccoli, e non gli faranno del male.»
«I licantropi..» borbottò Emmett, incerto. «Uffa, mai uno scontro aperto.»
«Non potresti nemmeno averlo, lo scontro aperto, testa di rapa..!» lo apostrofò Alice, «E’ invisibile!»
«Suvvia, ragazzi..» li riprese bonariamente Carlisle, «Eleazar, tu che ne pensi?»
«Che l’idea di Bella sia la migliore, noi più di tanto non possiamo fare..»
«Ma se tornerà, Alice potrebbe vedere le sue mosse, ora che ne sa l’esistenza» pronunciò Kate, quasi come una domanda. Probabilmente non era sicura della sua deduzione.
«Può darsi..» borbottò Carlisle, «Alice?»
«Vedrò cosa riesco a fare.» rispose lei, scrollando le spalle. «Oggi la visione è arrivata tardi, magari anche perché avevo attorno i piccoli..loro mi danno qualche problema, è come se intasassero la “rete”. Ora che so che devo controllare, ho più possibilità di avere un margine maggiore di tempo per avvisare..» Annuimmo.
«A proposito, Alice, come sta Debbie?» incalzai, preoccupata per la mia amica.
La folletta ridacchiò: «Poverina, è ancora sotto shock. E’ già stata una batosta la consapevolezza di essere accerchiata da mutaforma e vampiri, ma questo è stato la goccia che ha fatto traboccare il vaso...era più pallida di noi, faceva quasi ridere la differenza tra lei e Seth..» sorrise quasi in modo dolce; ed era una gran cosa, sapendo che si parlava di un licantropo. «Beh, almeno lei è normale..» rise Alice; la sua risata era meglio di un coro di tanti campanellini. «Che intendi?» incalzò Emmett, e la cosa mi tranquillizzò, non ero l’unica che non aveva capito ciò che insinuava.
«Beh, Bella come minimo avrebbe dovuto reagire così, quando l’ha scoperto..» disse, con un’aria tra il saccente e il dolce.
«Lo sapevate già che il mio cervello non andava alla grande..» ribattei, con un occhiolino alla folletta. «Beh, non che adesso vada bene!» mi prese in giro Emmett, che –al contrario di Alice- ricevette una vera e propria occhiataccia.
«Taci, orso..» borbottai, «Non sei riuscito nemmeno a battermi a braccio di ferro..»
Prima che Emmett potesse ribattere, Edward si alzò in piedi e picchiò il pugno sul tavolo, facendomi sussultare. «Non è il momento di scherzare, è una questione seria.»
«Lo sappiamo Edward» ribattei, ricomponendomi. Sentii una calma non mia diffondersi dentro al mio cuore, che scacciò il nervosismo. Ringraziai Jasper con uno sguardo riconoscente, e tornai con l’attenzione su Edward. «Qualche altra idea?»
La discussione durò un po’ di tempo, ma dopotutto, le nostre erano solo supposizioni. Non potevamo più di tanto essere sicuri delle nostre tesi, e dei nostri piani per proteggerci. Di sicuro, il punto fermo era l’idea dei licantropo. Jacob –e tantomeno Seth- non si sarebbe rifiutato di aiutarci, solo il pensiero che Nessie fosse in pericolo l’avrebbe fatto uscire di testa, come poche settimane fa.
I bambini erano a casa di Jake, insieme a Debbie, mentre Carlisle mi aveva appena chiesto di rimanere a casa loro per sicurezza. In un certo senso, mi ricordava i momenti da umana..piccoli flesh back, di quando io e Edward stavamo ancora insieme, ed io mi perdevo ad ammirare la grande casa Cullen, e le sue meraviglie storiche.
«Ehi..» Alice mi si affiancò, poggiandosi a sua volta contro la ringhiera della terrazza. Tutta la famiglia era indaffarata con le loro faccende; Esme e Carmen parlavano di Arte, Rose si era appartata con Emmett, Jasper parlava tranquillamente con Kate e Irina, e Carlisle e Eleazar sembravano presi da una conversazione sui vecchi tempi-nel loro caso, davvero, davvero vecchi. Mentre Edward si era volatilizzato; ed io, che mi sentivo un po’ estranea a questa smania di fare, ero uscita sul balcone a prendere una boccata d’aria. Ed era stato colpo di fulmine con quelle stelle meravigliose che splendevano nel cielo scuro. «Che atmosfera..» commentò, e mi voltai a guardarla. Accennò un sorriso malinconico, e sospirò. Sembrava indecisa se parlare o meno, ma alla fine rimase in silenzio, guardando il cielo. Tornai anch’io con naso all’insù; se avesse voluto parlarmi, l’avrebbe fatto. Alice era sempre stata una ragazza senza peli sulla lingua, sincera fino all’osso.
«Mi dispiace, Bella..» Mi voltai di nuovo a guardarla, ma stavolta confusa. «Avrei dovuto evitare che Edward mettesse in pratica il suo piano, che ti lasciasse..ti giuro, io volevo almeno salutarti..» farfugliò. Fissava le sue mani, che stringevano forte il ferro battuto della ringhiera. «Alice, non..»
«Sì, è colpa mia Bella. Sono una pessima amica..non..non mi sorprende che Debbie abbia preso il mio.. ‘titolo’.» Alice..Alice pensava che non fosse più la mia migliore amica..? «Cioè..non ti biasimo, è una ragazza fantastica..ti è stata vicina quando ce ne siamo andati..» l’oro dei suoi occhi era liquido, intenso. Sembravano pieni di lacrime. «Mentre io non sono stata capace di aiutarti, di sostenerti quando avevi bisogno di qualcuno..Sono imperdonabile.. ma ti chiedo scusa lo stesso.»
«Sì, è vero Alice..Debbie è fantastica, e mi è stata vicino. Ma in tutto questo tempo, non è cambiato nulla.» Alice si accigliò, «Sei ancora la mia migliore amica, e, per la cronaca, non ho mai pensato fosse colpa tua..» Non finii di parlare, che Alice mi abbracciò stretta. La strinsi forte, mi era mancata da morire. Da quando c’eravamo rincontrate non avevamo ancora affrontato certi discorsi, ed ero felice che avessimo chiarito. Alice prese a singhiozzare, e io le fregai la schiena per consolarla, cercando di non seguirla a ruota.
«Mi sei mancata talmente tanto, Alice..»
  
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