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Autore: Stephen Nowhere    31/05/2011    2 recensioni
Londra, 1869. Un assassino sfuggente come uno spettro, finirà per legarsi indissolubilmente alla vita del detective Jack Everman, conducendolo sull'orlo della follia. Un uomo inafferrabile,figlio del tormento, conosciuto da Jack con un unico nome: il Loto Nero.
Genere: Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Jack Everman aspirò con calma il fumo dalla sigaretta che stringeva fra le labbra, per poi soffiarlo via in una nube grigiastra. Si concesse dello scotch ghiacciato per allentare la tensione che lo stava attanagliando.
   Fuori la pioggia tamburellava pigramente sulla finestra del salotto, cadendo da un cielo scuro come l'umore di Everman, il più celebre detective privato di Londra. Si disse che da quando sua moglie Jane era morta lui non era più lo stesso. I suoi occhi e il suo spirito da allora non si erano più concessi al sonno, lasciandolo ogni notte in balia delle tenebre dell'incoscienza.
   Tutto per colpa del Loto Nero, l'uomo che l'aveva privato dell'amore e della stabilità di una vita serena.
   Lui l'aveva visto in faccia, la notte di quel gelido inverno dell'anno prima, la notte in cui Jane chiuse per sempre i suoi occhi color ambra. L'aveva visto il bastardo, avvolto nel suo impermeabile scuro, fradicio per la pioggia,lo sguardo soddisfatto del demonio ad accendergli il viso dai lineamenti delicati. Il suo volto, eccezione fatta per gli occhi ardenti di euforia, si sarebbe detto una maschera, l'icona assoluta dell'inespressività.
   Lui era il Loto Nero, l'uomo degli omicidi passati inosservati.
   Da quell'inverno fino alla primavera successiva erano morte almeno una decina di persone, tutte donne, tutte uccise dallo stesso uomo. La polizia sembrava non badarci, non apriva nessun caso, non indagava in nessun modo, pareva ignorasse completamente l'esistenza di un serial killer in giro per Londra.
   Eppure lui lo vedeva il maledetto, non faceva nulla per nascondersi, era chiaro come la luce del sole. Lo potevi vedere fare un giro a Covent Garden, Carnaby Street, Piccadilly Circus magari...
   Ogni volta che Jack si lanciava al suo inseguimento Loto Nero spariva, ingoiato dalla folla, effimero come fumo tra le dita.
   Tutte le notti, prima che il povero detective provasse a dormire, lo vedeva fuori in strada, intento a scrutare all'interno di casa sua. Allora Jack si gettava prontamente in strada, la pistola stretta in pugno, trovando ogni volta soltanto la solitudine del suo vicolo privato.
   Aveva troncato ogni rapporto con il mondo esterno, non vedeva più gli amici, non riceveva più clienti. L'unica persona con cui conversava era Tom, il suo barista di fiducia, l'unico che potesse servirgli il miglior scotch di Londra, la sua medicina preferita a quella malattia che Jack chiamava vita.
   Dopo mesi di reclusione forzata avvenne la svolta, proprio quando l'ormai fragile equilibrio mentale di Everman era prossimo ad infrangersi.
   La mattina della vigilia di Natale del 1869, una lettera passò dalla buca della posta direttamente sulla sua moquette.
   Era il Loto.
   Diceva che avrebbe posto fine ad ogni sua sofferenza e che si sarebbe finalmente presentato come conviene ad uomo del suo prestigio, dandogli appuntamento al pomeriggio del 31 dicembre.
   Era per questo che Jack si trovava ora a sorseggiare alcool e fumare una sigaretta dietro l'altra, per distendere i nervi.
   In bocca il sapore amaro del fumo e del rimpianto, nel cuore l'eccitazione della vendetta, e nel pugno la pistola che avrebbe scritto la parola fine a quella storia dell'orrore che era divenuta la sua vita.
   Improvvisamente le sue riflessioni furono interrotte da un movimento, appena percettibile, alle sue spalle.
   Si voltò e si sentì invadere da un'ira sconfinata.
   L'uomo del mistero, la persona che associava al concetto stesso di male, si trovava davanti a lui nel suo salotto. Il Loto nero lo stava fissando con occhi scuri come abissi senza fondo, dai quali non vi era nessuna via di fuga.
   Si mosse rapido e leggero come un soffio di vento, immobilizzando il detective,lasciandolo inchiodato alla sua poltrona.
   “Sai come andrà a finire, non è vero Jack?”, chiese con voce atona.
   Everman non rispose.
   L'assassino gli passò una mano sulla guancia, simile ad una carezza, eppure  l'altro non ne percepì il tocco.
   “Immagino vorrai sapere come siano andate veramente le cose quella notte..”
   “Non voglio altro,brutto figlio di puttana...”, fu la risposta dell'investigatore.
   “Sarai lieto di sapere che tu sei mia madre Jack... sei sia mia madre che mio padre”
   “Spiegati meglio!”
   “Hai mai sentito quella saggia credenza popolare secondo la quale siamo noi stessi a crearci il nostro peggior nemico? Ecco, io sono il tuo peggior nemico, nato dalle ombre della tua mente”
   “ Cosa diamine dici?”
   “Ma come Jack? Non ricordi quella notte di dicembre? Se non sbaglio c'era aria di crisi tra te e Jane... lei era così insopportabile e tu così violento. Il rhum diede una mano a buttarla giù dalla finestra del piano di sopra senza ripensamenti. Fu allora che mi vedesti la prima volta. La tua piccola e folle mente non accettava il fatto che un detective si fosse macchiato di omicidio, assassinando sua moglie addirittura!”
   Il Loto Nero rise, o almeno così parve ad Everman.
   “E dato che non eri felice, hai immaginato la morte di altre dieci donne mai esistite, tutto per mano mia. Il fuggire dalla tua coscienza mi ha portato a questo mondo, e ora sono qui per concludere ciò che tu hai cominciato al posto mio”
   “A cosa ti stai riferendo?”
   Il viso inespressivo dell'altro si distese per un breve istante in un sorriso impercettibile.
   “Se non sbaglio stavi cercando l'assassino di tua moglie. Ora sai chi è stato, la tua vendetta può compiersi”
   Jack rimase solo nella casa deserta.
   Improvvisamente tutto appariva chiaro come mai prima d'ora. Ci fu un lungo istante di silenzio, l'esplosione di uno sparo e il tonfo sordo di un corpo.

  
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