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Autore: xRetteMichx    31/05/2011    3 recensioni
Ti ricordi com'eri da bambina? Le tue passioni? No? Forse è tempo che qualcuno ti ricordi chi eri...
Genere: Commedia, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Childhood Memories
 
Odiava l’autunno.

La vesti lunghe si impigliavano nelle foglie e le trascinavano con sé in ogni dove e lei doveva passare ore a ripulire gli orli dalla fanghiglia incrostatasi sul tessuto.
Cercò di rialzare alla belle’meglio l’ampia gonna scura per poi scendere delicatamente dalla macchina rumorosa.

La stabilità su quelle scarpe alte era piuttosto precaria, ma dopotutto sua madre si sarebbe adirata se l’avesse scoperta nuovamente ad indossare le ormai vecchie scarpine che non erano consone ad una occasione importante come quella.

Odiava anche le cene formali d’autunno.

In primavera sua madre era solita imbandire grosse tavolate nel giardino di casa, sotto gli alberi appena in fiore ed ogni volta lei, di nascosto, sfilava le dolorose scarpe per poggiare i piedi sulla soffice erba fresca.

Una sensazione che, paragonata alle foglie e alla fanghiglia, la fece rabbrividire.

-Oh, Melinda cara, finalmente sei di ritorno, ti stanno tutti aspettando la dentro- sua madre le corse incontro trafelata, sorreggendosi la veste pesante.

Sua madre si era data da fare per giorni, nel tentativo di organizzare il ricevimento per diciotto anni appena compiuti di sua figlia. Melinda ovviamente si era rifiutata di festeggiare il tutto con decine e decine di persone e parenti che a malapena conosceva, ma aveva taciuto sui propri pensieri osservando la madre così orgogliosa di ciò che aveva preparato.

-Madre ho perso tempo paese, spero possiate perdonarmi- Melinda si portò una ciocca di capelli ramati dietro l’orecchio,  abbassando lo sguardo.

-Oh quante sciocchezze, pensavo fossi in giro ad ammirare i giovani marinai tornati da poco in città- le sorrise ammiccante, pulendosi le mani sul grembiule candido che aveva avvolto in vita.

La ragazza alzò gli occhi al cielo, lasciando ricadere i lembi del vestito, nel tentativo di non pensare allo sporco che vi si sarebbe attaccato sopra, e prese sotto braccio la madre. La guardò di sottecchi e la donna comprese l’implicita richiesta di aiuto, scortandola fino in casa.

Sua madre la abbandonò poco oltre la soglia, non prima di averle sussurrato un –Sii cortese con gli ospiti- a denti stretti.

Melinda alzò impercettibilmente gli occhi al cielo e pregò dentro di sé che tutta quella messa in scena di falsi sorrisi e benevolenze finisse piuttosto in fretta.




****




Il tea accanto a lei si era probabilmente già raffreddato e l’aroma di bergamotto tipico dell’Earl Gray inglese aveva smesso di arrivarle alle narici, ma lei aveva già finito di farci caso da un po’.

La folla di persone si era dispersa già da tempo ormai e lei non aveva fatto altro che scivolare silenziosamente in camera sua senza farsi notare.

Ed ora era ferma davanti allo specchio, seduta alla toilette, intenta a sciogliere la lunga treccia che le cuginette più piccole le avevano fatto, affascinate dai capelli ramati e morbidi come quelli delle bambole più pregiate.

Continuava a fissare il suo riflesso nello specchio, senza mai veramente guardarsi.

Cercava continue imperfezioni che interrompessero l’armonia dei suoi lineamenti, un qualche difetto che fosse apparso nell’arco della giornata sulla sue pelle nivea e bianca come la neve
.
Passava tutte le sere davanti alla sua stessa immagine. Erano tante le ore che trascorreva seduta su quella sedia voltando il viso da ogni angolo, rimirandosi.

Sua madre le aveva più volte fatto notare questo comportamento: rispetto agli anni passati la sua bambina era cresciuta, era cambiata. Si ricordava ancora delle ore che passava con lei a parlare dei libri che entrambe leggevano. Amava vedere il viso dolce e meravigliato della sua bambina quando lei le presentava un nuovo libro e Melinda, puntualmente, presa dalla foga si dimenticava di ringraziare correttamente per il regalo ricevuto, scappando in camera per iniziare il racconto.

Tante volte l’aveva sorpresa seduta alla finestra, intenta a leggere con la flebile luce che la luna faceva entrare nella sua camera.

Da una anno a quella parte però, Melinda aveva accantonato tutto quanto:  non la vedeva mai leggere come prima, se non per i libri che a scuola le affidavano, aveva iniziato un comportamento quasi maniacale verso sé stessa e il modo in cui appariva. Le ore che sua figlia trascorreva leggendo ora venivano spese nel comprare vestiti o oli e creme profumati, nel rimirarsi dinnanzi allo specchio e nello stare fuori casa con le proprie amiche, cercando di attirare l’attenzione di qualche giovine.

Ogni volta che sua madre accennava a questo cambiamento Melinda scrollava semplicemente le spalle, dicendo di non sentirti affatto diversa.

E la donna non poteva far altro che sospirare affranta e lasciare cadere il discorso.




****




L’aria fresca le colpì il viso e le scompigliò i capelli, facendo volare le ciocche ramate davanti agli occhi. Fuori faceva freddo, e il fango per terra la faceva desistere dal iniziare quella passeggiata. Ma in casa sua erano tutti intenti a riordinare le cose dopo il ricevimento e l’unico modo per evitare i lavori pesanti era quello di defilarsi senza farsi vedere.

Alzò il lembo della gonna e scese dagli scalini, incamminandosi per il vialetto di casa. Alzò gli occhi al cielo e silenziosamente ringraziò di non vedere le nuvole minacciare pioggia: sarebbe riuscita a stare fuori il tempo sufficiente.

Passando difronte alla casa accanto alla sua il suo sguardo si soffermò sulla veranda dell’abitazione simile alla propria: sulle scale che portavano alla porta d’ingresso vi era seduta un bambina, i capelli biondi lasciati sciolti e morbidi sulle spalle e gli occhi abbassati, intenti a scrutare un libro che teneva poggiato sulle gambe magre.  Non avrebbe dovuto avere più di cinque o sei anni, ipotizzò Melinda.

Decise di avvicinarsi, incuriosita.

La bambina non staccò gli occhi dal libro sino al momento in cui l’ampia gonna di Melinda non entrò nella sua visuale.

La giovane si chinò alla sua altezza, difronte a lei.

-Ciao, come ti chiami?- le chiese.

La bimba fissò gli occhi azzurri in quelli di Melinda, senza rispondere.

-Io mi chiamo Melinda, tu invece? Non me lo vuoi dire il tuo nome?-  si abbassò verso di lei nuovamente sorridendole con gentilezza.

-Anne- rispose la bambina, a bassa voce.

-Davvero un bel nome- Melinda le sorrise di nuovo, inclinando la testa da un lato.

La bimba le sorrise a sua volta, arrossendo. Spostò poi lo sguardo verso il libro gonfiando le guance.

-Vedo che stai leggendo un libro-

Melinda volse uno sguardo  al volume che la piccola reggeva in mano, trattenendo una risatina: era quasi più grosso del suo intero corpicino.

La bambina annuì sorridendole.

-E dimmi, ti piace?- Melinda si spostò accanto alla bambina. Le mani piccole e paffutelle stringevano possessivamente la copertina scarlatta del libro.

La piccola annuì, gli occhi chiari che si riflettevano in quelli ambrati della ragazza.

Melinda allungò il collo per sbirciare le pagine del manoscritto; le lettere erano stampate sulla sommità del foglio, poche righe intrinse di parole che scorrevano veloci sotto i suoi occhi.

La cosa che la stupì, però, erano i meravigliosi disegni che ornavano il resto della pagina altrimenti bianca. Erano acquerelli finissimi che illustravano l’intera storia, donando un volto ai personaggi e agli ambienti descritti.

La bambina sembrava totalmente presa dai disegni anche se, molto probabilmente, non aveva mai letto la storia.

Sfogliò il libro fino alla prima pagina e puntò il dito sulla prima frase, spostando poi lo sguardo su Melinda.

La giovane la guardò interrogativa quando la bimba picchiettò di nuovo il dito sulla carta.

-Vuoi che te lo legga?- le chiese a quel punto.

La piccola annuì nuovamente.

Melinda si sedette accanto a lei, prendendo una parte del libro e, schiarendosi leggermente la voce, iniziò a leggere.

La bambina sembrava affascinata dalla sua voce, ascoltava senza distrarsi le sue parole scorrendo lo sguardo sui disegni che sembravano prendere finalmente vita.

Melinda, dal canto suo, sembrava continuare per inerzia, quasi senza avere la possibilità di fermarsi; aveva dimenticato quanto bello potesse essere immergersi in una avventura che non fosse la propria vita quotidiana.

La lettura la travolse completamente, trasportandola nella storia. Sentiva solo la voce di Anne chiederle di quando in quando delle spiegazione di parole che non capiva.

Non si accorse nemmeno del sole che andava lentamente calando e della temperatura che scendeva di parecchi gradi.

Vide Anne alzarsi in piedi di scatto, chiudendo il libro. Melinda la guardò confusa, ancora seduta sulle scale della veranda.

-Anne?-

-Devo rientrare o la mia mamma si arrabbierà. Non posso stare fuori casa quando c’è buio- la bimba abbracciò stretta il libro e salutò velocemente Melinda, senza darle nemmeno il tempo di dire nulla.

Confusa, si alzò avviandosi verso la propria casa.




****




Quando si chiuse la porta alle spalle non fece in tempo nemmeno ad espirare l’aria nei polmoni che sua madre le corso in contro, affannata.

-Si può sapere che fine hai fatto?- le chiese la donna.

-Ero dai vicini mamma, ero uscita per una passeggiata e..-

-Da vicini?!- Sua madre la interruppe, sgranando gli occhi.

-Si mamma, dai vicini, perché quella faccia stranita?-

La donna stropicciò la stoffa del suo grembiule avvicinandosi alla figlia.

-Melinda… la casa accanto… è vuota ormai da una ventina d’anni, nessuno ci abita più-.

Melinda sgranò gli occhi, come era possibile? Aveva passato l’intero pomeriggio con Anne sedute sui gradini della sua veranda. Avevano letto un libro insieme, non poteva aver semplicemente sognato!

-Cara stai bene?- sua madre le posò una mano sulla fronte, preoccupata.

-Credo di si devo solo…- lasciò in sospeso la frase, salendo lentamente le scale verso camera sua, confusa.

Non riusciva a spiegarsi cosa fosse successo, che fosse davvero tutto frutto della sua immaginazione? Che si fosse appisolata per sbaglio e che ora non si ricordasse nulla?

Aprì la porta della sua camera e cercò a tentoni l’interruttore della luce, innondando la stanza altrimenti oscura.

Si sentiva piuttosto spaesata: doveva considerarsi fuori di senno? Vi era davvero una spiegazione logica per quanto era accaduto?

Sospirò chiudendosi la porta alle spalle, si rifugiò dietro il paravento finemente decorata e iniziò a slacciare il rigido corpetto che aveva stretto in vita.

Fece un sospiro liberatorio e finì di togliere l’ingombrate vestito, chiudendolo nell’armadio alle sue spalle.

Infilò una vestaglia e fece per avvicinarsi alla toeletta quando qualcosa posato sopra al proprio letto le attirò l’attenzione.

Era un libro, la copertina rossa rifletteva debolmente i riflessi della luce creando strani giochi di colore sul soffitto candido.

Melinda sgranò gli occhi prendendo il volume in mano per poi sfogliarlo velocemente: riconobbe gli acquerelli delicati e le parole che lei stessa aveva letto quel pomeriggio, solo poche ore prima.

Fece scorrere le pagine fino alla prima e si sedette sulle coperte soffici, incrociando le gambe sotto di lei. Si posò il libro sulle ginocchia e cominciò a leggere, di nuovo.

Quella stessa sera, più tardi, Melinda si sarebbe ritrovata fra un pila di vecchi libri, in vestaglia e completamente immersa nella passione che la bambina nascosta dentro sé stessa era stata capace di fargli ritrovare.





N.B. La storia è stata scritta per un concorso letterario tenutosi nel mio liceo.
 
  
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