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Autore: Adelhait    02/06/2011    7 recensioni
Vi è mai capitato, mentre state studiando, oppure lavorando, di avvertire dietro di voi una presenza che vi osserva costantemente? Voi voltate il capo, ma non vedete nessuno? Ma sapete che lei c’è e vi osserva?
Una vera assurdità, ora affermerete, come la storia che mi appresto a raccontare.
Genere: Generale, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Rin, Sesshoumaru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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..Fine…







Non capirò mai quest’uomo. Così enigmatico.
Mi strinsi a lui cercando conforto. Erano successe troppe cose, i miei nervi stavano cedendo e dopotutto l’idea di Izayoi non era brutta.
Sospirai, mentre le mie mani accarezzavano la schiena di Sesshoumaru.
“Come ti senti?”.
Mi domandò. Io gli risposi, senza staccarmi.
“Un po’ meglio”.
Sì, mi stavo riprendendo, anche se la testa doleva ancora.
“Che ne dici di dirmi cosa ti è successo?”.
Era una domanda calma e pacata, e non come le solite dette con un tono d’ordine. Imperiose.
Sospirai di nuovo cercando le giuste parole. Sì, era tempo di aprirmi. Era tempo di mettere le carte in tavola.
“Sesshoumaru”.
Sussurrai.
“Sì”.
“Io…ti chiedo scusa per tutto”.
Mi fermai ad ascoltare il dolce rumore del suo cuore. Calmo e rassicurante, come quell’abbraccio. Lui non rispose, si limitò a stringermi di più.
“Ti chiedo scusa per essermi tenuta tutto dentro, ma…”.
“Sei perdonata, ma anch’io ho le mie colpe…ti ho ferita”.
“Già”.
Sorrisi debolmente, mentre lo ascoltavo. Era la prima volta che lui si apriva con una persona. Era la prima volta che chiedeva scusa.
“Perdonato”.
Sussurrai, ma poi continuai.
“Sai, può sembrare assurdo, ma oggi ho capito il dolore di Kagura…anche se ha tentato di uccidermi l’altra sera nella vasca”.
Risi ironica, ma poi cominciai a piangere di nuovo. Un pianto liberatorio. Ricordare quella scena ancora oggi mi fa male. Lei nel fondo della vasca che mi guardava.
La sua fredda e pallida mano che mi afferrava.
Il dolore.
Il freddo oscuro che mi abbracciava.
“Stavo per morire…stavo per morire…non avrei più rivisto le persone che amavo…non ti avrei più rivisto…non avrei più rivisto il viso del uomo che amo”.
Dissi tra i singhiozzi. Sì, gli dissi che lo amavo. Che lo amo.
Mi staccò dal petto. Io tenevo ancora gli occhi bassi, ma d’un tratto due dita alzarono il mio mento. Era lui.
Un attimo, le sue calde e morbide labbra si unirono con le mie. Sentivo il sapore salato delle mie lacrime. Lacrime di disperazione.
Mi baciò. Sentivo il mio cuore tornare a vivere. Il dolore di prima spariva. Stavo rinascendo.
Ci staccammo, ma lui non mi disse nulla…si limitò a stringermi a lui e accarezzarmi il capo.
“Ti amo”.
Sussurrai. Lui mi baciò il capo, ma non parlò. Ma capii che ricambiava il mio sentimento.
Non mi aveva mai abbandonato, mi era sempre stato accanto, anche se si era dimostrato freddo e distaccato.
Restammo fermi in quella posizione per molto tempo. Mi sentivo come una bimba piccola che stava tra le braccia del padre.
“Io non ti ritengo pazza Rin. Non badare alle parole di Izayoi, lei si basa su qualcosa che non può vedere e sentire. Tu non sei pazza. Sei sana di mente…unico tuo difetto è la testardaggine”.
Mi trovai a ridere, mentre mi diceva il mio “più grande” difetto: la testardaggine.
“Grazie”.
Alzai il viso e lo baciai. Lo ringraziavo per avermi creduto. Per non essersi burlato di me, anche se inizialmente avevo creduto il contrario.
Lo guardai dritto negli occhi e gli raccontai tutto. Ogni episodio omesso. L’uomo del cimitero che mi provocò quella strana sensazione di smarrimento. L’incidente della vasca.
Le mie paure più intime. Lui mi ascoltò senza proferir parola, si limitò ad accarezzarmi la fronte.
Quel suo modo di fare mi aiutò. Ora non avevo più paura di quella casa.
Lui era con me e nessuno mi avrebbe ferito…ma presto mi sarei ricreduta.
Salimmo al piano di sopra. Io lo volevo. Lui mi voleva.
Entrammo nella mia camera da letto, illuminata dalla bagliore del lampione acceso in strada.
Mi adagiò sul letto, mentre mi accarezzava e baciava…io facevo lo stesso. Sentivo il suo profumo inebriarmi.  Tremavo ad ogni suo tocco. Ricordo il fruscio dei nostri vestiti che scivolavano a terra. I nostri respiri. Le nostre mani che si toccavano dolcemente.
I suoi capelli lisci tra le mie dita. Le sue labbra che disegnavano lingue di fuoco sulla mia pelle. Ancora oggi sento i brividi sulla pelle, mentre ripercorro con la mente a quei magici momenti.
I nostri corpi si unirono in un’ atavica danza d’amore. Un amore nascosto dalla nostra cocciutaggine.
“Ti amo”.
Sussurrai, mentre poggiavo il capo sul suo petto. Lui non rispose, si limitò a far scorrere le dita sulla mia spalla. Sospirai e socchiusi gli occhi, ero conscia che mai avrebbe detto quelle parole, ma sapevo che lui mi amava… e mi ama.
Mi assopii tra le sue braccia, felice e appagata… nessuno avrebbe rovinato quel momento. Nessuno. Ma non fu così.
Tutto accadde veloce, come in uno di quei film horror. Mi svegliai sentendo un lamento. In un primo momento pensai al mio cane, Shu, ma lui era a casa dai miei…ma in quell’istante credetti che lui fosse di sotto nel salotto.
“Che cosa avrà adesso?”
Pensai. Mi misi seduta, feci piano, non volevo svegliarlo. Volati il capo verso destra, lo vidi dormire calmo e tranquillo.
Sembrava un bimbo indifeso. Sorrisi, mentre lo guardavo.
Scesi dal letto con lentezza. Ricordo il freddo delle piastrelle di ceramica sotto i piedi. Afferrai la maglietta sulla sedia e l’infilai. Voltai il capo di nuovo verso di lui,  ancora disteso nel letto.
Lentamente mi diressi verso le scale. Sospirai, mentre pensavo al mio cane che piagnucolava di sotto, quando mi fermai di botto sul ciglio delle scale.
“Ma Shu è a casa dai miei!”.
Pensai allarmata. Allora cos’era quel lamento? Presto l’avrei scoperto.
Afferrai il corrimano della scala e restai ferma sul primo scalino ad ascoltare. Fissai il fondo della scala, era poco illuminato. Strinsi di più il corrimano, mentre cercavo di capire se il lamento di prima fosse solo frutto della mia immaginazione. Ma non era così. Sapevo bene che non lo era, ma infondo volevo credere che fosse solo frutto della mia mente. Un sogno.
Trattenni il respiro e restai in ascolto. Tutto taceva.
“E’ solo frutto della mia immaginazione”.
Mi dissi con un sorriso tirato. Volevo rassicurarmi. Sospirai e lentamente mi voltai, quando uno scricchiolio mi fece gelare il sangue nelle vene. Sgranai gli occhi e voltai il capo verso il fondo della scala.
Un’altro scricchiolio seguito da un lamento. Strinsi di più il corrimano, mentre fissavo il fondo di quel baratro.
Il cuore batteva veloce nel petto. Tremavo dalla paura, quando intravidi qualcosa. Un’ombra che lenta saliva le scale. Tremai ancora di più, mentre quell’ombra si muoveva verso di me.
Un altro lamento. Una mano pallida che scivolava sul muro della scala. Mi irrigidii ancora di più, quando sentii la sua voce.
Una lama nella mia anima.
“La tua vita mi appartiene! Tu morirai stupida sciocca donna!”.
Come al rallentatore. Come in un film del terrore, lei saliva la scala. Ricordo ancora quello scricchiolio…quel dannato scricchiolio che mi trafisse  la mente come mille spilli.
I capelli neri sul pallido viso. La mano che scorreva sulla parete. Graffiava. Le sue unghie graffiavano l’intonaco del muro. Un orribile rumore.
Le mie labbra tremavano, mentre quell’orrenda figura saliva e si avvicinava a me. Desiderava la mia vita.
Odiava la mia ritrovata felicità.
Volevo fuggire. Volevo gridare, ma ero come paralizzata. Il mio corpo non rispondeva a nessun impulso.
“Rin scappa! Rin grida il suo nome! Chiamalo o morirai!”.
No. Non riuscivo ad emettere nessun suono. Il mio sguardo era fisso su quella presenza che si avvicinava a me.
Alzò il viso coperto dai capelli corvini…due occhi rubino tristi e feroci mi guardavano. Labbra bluastre contorte in sorriso di scherno. Mano pallida che si dirigeva verso di me. Tremai ancora di più, mentre sentivo il mio viso rigato dalle lacrime…uniche che riuscivano a muoversi sul mio corpo di marmo.
D’un tratto la mia mano destra si staccò dal corrimano, scivolò sul mio fianco per poi lentamente dirigersi verso la sua fredda mano.
“Rin! Che cosa fai?Fermati! Fermati ora!”.
Mi urlavo nella mente, ma la mia mano era attratta dalla sua. Veloce mi afferrò il polso. Una stretta fredda che mi attanagliò l’anima.
Chiusi gli occhi, mentre sentivo il mio corpo privato della forza vitale.
“E’ finita…”.
Mi dissi, mentre lei mi trascinava nel baratro. Ricordo i miei capelli scivolare sul mio viso. La sua risata malefica, mentre mi trascinava con sé.
“Addio…”.
Era la fine, oppure no?
D’un tratto sentii qualcosa cingermi la vita, di scatto aprii gli occhi. Ero a pochi centimetri dal legno dei gradini della scala. Le ciocche dei miei capelli erano sparse sul legno lucido, ma ciò che mi lasciò basita e che non sentivo più la sua fredda stretta sul polso…ma sentivo altro.
Un braccio che mi stringeva. Lentamente voltai il capo e tra le ciocche sconnesse lo vidi…era Sesshoumaru che mi aveva salvato.
Con uno sforzo immane mi trascinò a sé. Ricordo che mi sentivo leggera…viva.
“Rin”.
Sussurrò, mentre mi stringeva a sé. Piansi, intanto ripensavo a lei, quando qualcosa mi fece tremare. Un rumore. Un urlo.
Le luci del mio appartamento si accendevano e spegnevano convulsamente. Le porte si aprivano e chiudevano di continuo. Mi strinsi di più a Sesshoumaru, mentre osservavo quell’orrendo spettacolo.
I ninnoli sui mobili caddero a terra, come anche i quadri nella rampa della scala.
“Andiamo via!”.
Urlai mente mi stringevo di più a lui. Ricordo che conficcai le mie unghie sulle sue braccia ferendolo.
“Non voglio più vivere qui! Ti supplico portami via da qui!”.
Gli dissi tra le lacrime, mentre il mondo attorno cadeva nei meandri infernali. Lui annuì mi prese in braccio e mi portò fuori.
Fuori da quel posto…da quell’inferno.
Quello fu l’ultima volta che vidi il mio appartamento, non tornai mai più lì.
Mi trasferii a casa di Sesshoumaru, dovevo riprendermi. Le mie poche cose mi furono spedite da una ditta di trasloco. Ricordo ancora il viso di Miroku, mentre gli riconsegnavo le chiavi.
“Sa signorina? Lei è stata l’unica a vivere così a lungo in quel duplex…mi dispiace che lo lascia…le auguro buona fortuna e a presto”.
Mi sorrise e rimise a posto nel cassetto, le chiavi. Quella scena mi liberò. Salutai e mi voltai, uscii dall’agenzia. Mi sentivo libera, anche se il mio stato d’animo era davvero provato da quell’esperienza sovrannaturale.
“Addio Kagura. Addio per sempre”.
Entrai in macchina, dove Sesshoumaru mi aspettava. Non disse nulla, ma sapeva quello che provavo.
“Torniamo a casa”.
Veloce mi condusse verso il mio nuovo futuro, dove non avrei più sofferto.

Piccola nota a tutti quelli che hanno seguito la mia storia: è assurdo, ma al mondo esistono forze che la scienza non può mai capire e comprendere. Antichi rancori. Presenze benevole, ma anche malevole che vivono accanto a noi. Alcune volte noi le percepiamo, altre no…ma sappiate che loro esistono.
Un bacio dalla vostra Rin Riversi.




Fine





_____________________
Bene la storia è finita. Vi ho fatto attendere molto e chiedo scusa, ma il lavoro e problemi di salute mi ha tenuto lontana dal pc. Comunque, la storia si basa su fatti reali, un po’ favoleggiati da me.
I caratteri dei personaggi si basano su persone reali, che io incontro ogni dì al lavoro. Infatti, adoro studiare le caratteristiche di chi mi circonda…come il personaggio Elisa, esiste realmente, ma è molto più giovane di quella da me creata XD. Mi ammazza se sa che l’ho resa un po’ vecchiotta. Rin è simile al mio carattere, sempre un po’ scontroso e diffidente. Sesshoumaru è un insieme di persone che conosco, è stato difficile non farlo cadere nell’OOC, anche se in questi ultimi capitoli un po’ lo era (cavoletti amarognoli). Pazienza.
Beh, non mi piace dilungarmi troppo, posso solo dirvi che ho davvero adorato scrivere questa fanfiction…chissà forse un giorno posterò un seguito.
Un bacio e alla prossima ^^.

   
 
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