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Autore: Arthemisia    03/06/2011    2 recensioni
Due facce di una stessa medaglia.
Luce ed Ombra.
Yin e Yang.
La Regina Lucy, la Valorosa, e Lucy Pevensie.
Una battaglia nei meandri di un'anima tormentata, una decisione che non doveva essere presa.
Un dilemma che porta a due strade: Valore o Viltà?
Deludere e perdere se stessi è un prezzo che si è disposti a pagare per poter dire addio?
...
Ennesima shot depressiva, chiedo umilmente perdono.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lucy Pevensie
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Uhm

Uhm.

Non so come giustificare ciò che ho scritto, credetemi.

Solitamente non sono così… ehm… depressiva malinconica.

Stavo vagando per i vuoti meandri del mio intelletto e - sbam! - è venuta fuori questa cosa.

Perdonatemi se vi farò entrare in modalità Emo, non era mia intenzione.

Fatemi sapere se con questa cosa ho perso quel po’ di stima che avevate verso di me, ci terrei a saperlo per regolarmi sulla punizione da infliggermi.

Attendo vostri responsi, nel frattempo, vogliate scusarmi, vado a fustigarmi nell’angolino come Silas nel Codice da Vinci. (Se avete letto il libro e visto il film potrete capire la mia esclamazione, altrimenti datevi da fare e leggete/guardate! Vi siete persi un capolavoro)

A presto,

A.

 

Ps: Per il titolo non me la sono sentita di utilizzare un colore come il bordeaux o il rosso, come faccio solitamente. Non chiedetemene il motivo, posso solo dire che mi ha fatto l’effetto di qualcosa di cattivo gusto. Forse sono pazza particolarmente sensibile, non so.

 

Ps”: La poesia che vedete sotto (Di cui ho citato anche titolo ed autore, naturalmente) non è completa. Manca infatti l’ultima parte, che ho preferito evitare. La troverete completa qui: http://circuitoterre.forumfree.it/?t=51832668

 

 

Valore e viltà - L’addio di Lucy a Lucy

 

La mia mente era uno specchio:
vedeva ciò che vedeva, sapeva ciò che sapeva.
In gioventù la mia mente fu come uno specchio
d'un auto in rapida corsa,
che coglie e subito disperde i tratti del paesaggio.
Poi col tempo
sullo specchio si produssero profonde scalfitture,
tra cui s'insinuava il mondo esterno,
e affiorava il mio io più segreto.
E' questa la nascita dell'anima nel dolore,
una nascita fatta di guadagni e di perdite.
La mente vede il mondo come una cosa separata,
e l'anima ne fa un tutt'uno con se stessa.
Uno specchio graffiato non riflette immagini.

Ernest Hyde - Edgard Lee Masters

 

Non eri coraggiosa, l’avevi sempre detto.

Ad Edmund, quando ti aveva sfidata ad arrampicarti su di una grande quercia.

A Susan, quando ti aveva chiesto di aveva chiesto di dormire sola in camera.

A Peter, quando aveva deciso di mandarti da sola alla ricerca del grande leone.

Ad Aslan, quando ti aveva chiesto di aiutarlo a salvare quel mondo a te tanto caro.

Il mondo in cui avevi trovato davvero te stessa, in cui avevi scoperto di poter significare qualcosa per qualcuno. Il mondo in cui tutti ti conoscevano come la Valorosa.

Ma lo eri davvero, Lucy? Eri valorosa come tutti credevano? Possedevi quella tempra morale che ti era sempre stata attribuita?

Tempo fa avresti risposto di sì, senza alcun dubbio.

Eri una regina, una grande regina. Avevi portato tu i tuoi fratelli a Narnia, eri stata tu a spingerli verso quella che sarebbe stata l’avventura della vostra vita. Sempre tu non avevi mai smesso di sperare, una volta tornati a Londra, non eri stata sorpresa quando eravate stati riportati nel vostro regno, distrutto. Tu, proprio tu, avevi visto per prima Aslan, avevi assistito al suo ritorno. Tu eri stata la chiave per la vittoria del tuo popolo martoriato. Senza di te Caspian non avrebbe mai acquisito il trono, non ci sarebbe stata alcuna rinascita. Tu avevi notato il quadro in casa di Eustace, rendendoti conto di quanto somigliasse alle grandi navi dell’Età d’Oro. Avevi aiutato i Tontopodi a tornare visibili, portando i tuoi amici dal mago. Tu eri sempre stata la chiave di volta per la salvezza di Narnia.

Ma era arrivato il tuo momento, non saresti più tornata.

Non avresti più visto fauni, animali parlanti, ninfe e tutte le altre creature che avevi incontrato nei tuoi lunghi viaggi. Non avresti più avuto altro che un ricordo dei tuoi amici, di quella che era stata la vita più bella che avresti mai potuto chiedere. Eri stata strappata via dal tuo mondo, tornando ad essere la ragazzina inutile che eri stata.

Era bello ricordare i bei tempi, all’inizio. Con Peter chiacchieravi delle lunghe gite per il regno, con Edmund delle mirabolanti battaglie che avevate vinto, con Susan di tutte le cose incredibili e magiche che avevate visto, con Eustace amavi chiacchierare del periodo in cui era stato un drago e di quanto si fosse comportato da sciocco prima di arrivare a Narnia.

Credevi che ce l’avresti fatta, saresti riuscita a vivere nel ricordo, rinnovando ogni attimo passato nel tuo regno per il resto della tua vita.

Poi tutto era crollato.

Susan, la Regina Dolce, aveva dimenticato tutto. Narnia era diventata solo un gioco fatto da bambini, frutto esclusivo dell’immaginazione infantile. Non ricordava nulla delle grandi battaglie, del vostro castello e tantomeno del Grande Aslan, che vi aveva resi ciò che eravate.

Lei aveva eliminato tutto, quasi fosse stata della polvere su di un mobile prezioso. Un soffio aveva portato via anni ed anni di avventure, di emozioni.

Sarebbe successo anche a te, un giorno? Avresti dimenticato? Non avresti più portato con te l’immagine del signor Tumnus, sotto la neve? Oppure dei castori nella loro bella casetta? Avresti eliminato il ricordo di Cair Paravel addobbata a festa, di tutte le splendide avventure vissute a Narnia? Avresti dimenticato il piccolo Ripicì, Caspian e tutti gli altri, esattamente come aveva fatto lei? Avresti perso Aslan?

No, non l’avresti mai permesso, a qualunque costo.

Non avresti mai avuto la forza di convivere con un simile peso. Dimenticare Narnia? No, non potevi. Cosa ne sarebbe stato della tua vita? Che cos’avresti fatto? Ti aspettava l’ignoto, lo sapevi. Non avresti avuto nulla a cui aggrapparti in un mondo talmente buio e grigio come quello a cui, sfortunatamente, appartenevi.

Avevi avuto paura, ecco la verità finale. Paura dell’ignoto, paura di dimenticare te stessa. Perché tu sapevi che la vera Lucy non era la figlia più giovane dei signori Pevensie, quella timida ed impacciata.

La vera te non era altri che la Regina Lucy di Narnia, la Valorosa, colei che aveva combattuto battaglie e guidato il suo popolo verso la sua più gloriosa età.

Sapevi che con il tuo gesto avresti deluso tutti coloro che ti credevano coraggiosa: Edmund, Susan, Peter, Aslan e, soprattutto, te stessa. Non avresti voluto arrivare ad un tale punto, ma non eri abbastanza forte per affrontare ciò che il destino ti stava riservando.

Lucy Pevensie aveva deluso la Regina Lucy, la Valorosa.

Una metà del tuo essere era entrata in conflitto con l’altra, un conflitto a cui non potevi trovare altra soluzione che il tuo gesto.

Avevi guardato con attenzione il tuo riflesso sulla superficie del fiume, cercando qualcosa, qualunque cosa, che avrebbe potuto riportare a galla il tuo valore, che ti avrebbe fermato dal fare quella sciocchezza.

Ma la codardia aveva vinto sul coraggio.

Cosa poteva esserci di meglio che la prospettiva del nulla, in una vita che già si prospettava una delusione? Cosa poteva esserci di meglio che eliminare il pericolo di perdere una parte di te stessa, nonostante quest’ultima fosse stata contraria al tuo gesto?

Avevi fatto un passo e ti eri fermata. Un ripensamento? No, volevi solo esprimere la tua ultima preghiera a colui che ti aveva sempre ascoltata, ad Aslan. Desideravi la certezza che i tuoi fratelli non avrebbero mai perso una parte del loro essere, che non sarebbero mai stati vittime ingiuste del vostro mondo. Forse il tuo gesto era un modo per rammentar loro quello che avevate fatto, forse poteva essere considerato un sacrificio per mantenere sempre salda almeno la loro memoria.

Forse era solo un modo per sentirti meno in colpa, non potevi saperlo.

Un altro passo, l’ultimo. Il Tamigi, con le sue fredde e putride acque, aveva accolto il tuo minuto corpo.

Il tuo primo pensiero era stato la differenza con le acque cristalline della tua Narnia, la presenza giocosa delle naiadi e dei pesciolini allegri. Poi era arrivata la consapevolezza di ciò che avevi fatto. Non avevi provato paura, solo una grande delusione verso te stessa. Le incertezze di Lucy Pevensie avevano sopraffatto il valore della Regina Lucy.

Ed avevi capito. Eri stata tu stessa ad eliminare Narnia dalla tua vita. Eri stata tu a soffocare quella parte di te che era stata una regina. Avevi perso la battaglia più importante, quella che avrebbe potuto determinare un tuo eventuale ritorno, la tua vita come la donna che eri stata e che non saresti stata mai più.

Se Susan era precipitata nel baratro della mondanità, tu eri caduta nel tunnel della vigliaccheria. Come la dolcezza era diventata malizia, il valore era diventato viltà.

E mentre precipitavi verso il fondale di quell’oscuro fiume, lacrime erano fuoriuscite dai tuoi occhi, mischiandosi alle acque putride che ti circondavano. Gocce di purezza disperse nel grande flusso della colpa. Ciò che restava della Regina Lucy che si disperdeva nel mare di tormenti e paure di Lucy Pevensie.

Le forze stavano sempre venendo meno, il momento dell’addio era arrivato. Non avresti più sofferto, non saresti stata vittima di alcun tormento. Eri arrivata al momento della calma, della pace.

Ma per ogni cosa serviva sempre un pegno da pagare.

Il tuo pegno, Lucy, era te stessa.

Delle parole avevano accompagnato la tua resa, una voce fin troppo amata in passato e terribilmente temuta in quel momento. Un ruggito che ti aveva scaldato il cuore nei tempi trascorsi e che in quel momento aveva accompagnato la sua immobilità.

Mi dispiace, bambina mia.

   
 
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