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Autore: CastelliPerAria    06/06/2011    3 recensioni
Azzurro è il cielo di Camelot.
Azzurro è lo sguardo di Morgana.
Azzurro è anche quello di Merlino.
UNa breve storia che attraversa il tempo.
Genere: Fluff, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Merlino, Morgana, Principe Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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him Morgana stava correndo giù per le scale. Saltellava felice, nel suo nuovo abito di seta azzurra. Azzurra come il cielo di primavera di Camelot, azzurra come i suoi occhi e quelli di Artù, il suo fedele compagno di giochi.
Ad un certo punto, mentre inseguiva una palla di cuoio lungo uno dei sontuosi corridoi del palazzo di Uther Pendragon, inciampò nello strascico del vestito nuovo.
Crollo a terra e i suoi grandi occhioni azzurri si riempirono di lacrime. Artù, che vagava anch’esso per i corridoi urlando il suo nome nel tentativo di rintracciarla, la trovò piangente e disperata in ginocchio sul freddo pavimento di pietra.
- Morgana, cosa ti è successo?-
- Sono scivolata.- singhiozzò la bambina, tirando su con il naso, gli occhi delicati ormai gonfi e rossi.
Artù le accarezzò i lunghi capelli neri, sciolti disordinatamente sulle spalle e, in uno slancio di tenerezza, la abbracciò.
- Dai, Morgana, non ti abbattere…è solo un graffio…-
- Sì, ma fa male…chissà dov’è andata la palla ora…- disse la bambina sospirando e alzandosi, seguita a ruota dal ragazzino di un paio di anni più grande di lei.
Il principino si passò una mano tra i folti capelli biondi, dubbioso:- Starà ancora rotolando per qualche corridoio…dai, facciamo un altro gioco…-
- Ma io voglio la palla!-
- Manderò un servo a cercarla…dai, andiamo in giardino…- propose Artù, non molto convinto.
Morgana tirò su di nuovo con il naso, imbronciata, ma annuì alla proposta del fratellastro.
I due si avviarono allora verso il giardino, il grande prato verde con alberi e fiori rigogliosi dove la madre di Artù amava passare i pomeriggi d’estate.
Morgana si diresse subito verso il sottile ruscello che vi scorreva, frutto di una minuscola apertura nella roccia delle mura del castello:quando i soldati per ordine di Uther avevano iniziato a murarla, erano stati fermati dalla regina, che aveva ordinato di lasciare che il suo giardino venisse allietato da un corso d’acqua limpida.
Era il suo posto preferito e la bambina immerse le dita nell’acqua fresca, sorridendo finalmente.
Artù invece, senza perdere di vista Morgana, si sedette su una panca di pietra nei pressi di una quercia maestosa, l’unico albero veramente grande del giardino.
Da qualche secondo Morgana aveva immerso le mani nel ruscello, quando un fruscio rivelò che la palla perduta, lanciata con veemenza dal giovane Artù, stava ancora rotolando e più precisamente stava uscendo dal portone, dirigendosi verso la piazza del mercato.
Morgana, alla vista dell’oggetto del suo desiderio, scattò in piedi e si diresse verso il portone aperto in un fruscio unico di seta cerulea.
Artù, il viso baciato dal piacevole tepore del sole primaverile, ci mise qualche secondo di troppo ad accorgersene e, appena aprì gli occhi, la sorellastra era giù uscita in piazza.
La inseguì, mentre la giovane Morgana zigzagava tra le bancarelle e i carretti inseguendo entusiasta la palla, che sembrava quasi mossa da una magia.
All’improvviso la palla si arrestò, finendo in una lurida pozzanghera di fango, e la principessina si fermò ad osservarla senza fiato, le mani sulle ginocchia dopo una lunga corsa che l’aveva portata nel mezzo del mercato, abbastanza lontana dal castello.
Ripreso un minimo di respiro, si avvicinò esitante alla pozzanghera, combattuta tra lo sporcare il vestito nuovo e il riprendere la sua palla.
Ormai decisa, si accinse ad entrare nel fango quando un bambino, gli occhi accesi di gioia, si precipitò nella pozzanghera e afferrò la palla.
Morgana con un salto evitò gli schizzi di fango, per poi osservare il bambino accucciato nella melma che osservava la palla stretta tra le esili dita.
Era piccolo e gracile, sebbene dimostrasse la stessa età di Artù, e i corti capelli neri non riuscivano a coprire le orecchie a sventola. Era vestito in modo modesto e  gli abiti semplici erano ormai ricoperti di terriccio.
- Ehi, bambino, mi ridai la palla?- chiese la bambina, con voce salda. In fondo lei era la figlioletta del re.
- Perché?- chiese il bambino, alzando gli occhi di un azzurro intenso e glaciale, e ritrovandosi a fissarne un paio di altrettanto belli e penetranti.
- Perché la palla è mia e io sono la figlia di re Uther Pendragon.- rispose lei orgogliosa, ergendosi nella sua misera statura di bambina.
- Ma la palla l’ho trovata io.- rispose il bambino a muso duro.
- Sì, ma è mia!- controbatté Morgana, piccata. Sembrava sul punto di esplodere.
- Ok, va bene…se lo dici tu…- disse il bambino, sbuffando. Di solito con gli altri funzionava, ma lei era diversa. Ripulì la palla alla bell’e meglio con la manica della casacca di tessuto grezzo che indossava e la porse alla bambina.
Morgana afferrò la palla felice, sorridendo, e facendo sorridere di rimando il bambino, che la osservava divertito mentre stringeva forte la palla ritrovata. Uno schizzo di fango le era finito sulla guancia pallida.
- A proposito, io sono Morgana…e tu?- chiese la bambina. Il sorriso le increspava la pelle ai lati degli occhi e li rendeva più luminosi.
- Ehm, io…io mi chiamo Merlino.- rispose il bambino, uscendo dalla pozzanghera nella quale era ancora rintanato. In piedi dritto era leggermente più alto di Artù.
- Grazie per la palla, Merlino.-
- Di nulla.-
Il loro breve dialogo venne disturbato da un rumore di passi affrettati e Morgana si accorse che Artù l’aveva seguita.
- Ciao Merlino, io vado! Arrivederci!- urlò, mentre scappava verso il castello.
- Ciao…- fu lo stupito saluto del ragazzino, che vide poi un giovinetto biondo andare nella sua stessa direzione.
Artù, stremato dalla corsa, agguantò Morgana sulla soglia del portone del castello.
- Fermati, Morgana!- gridò, tirandola a sé.
- Cosa c’è?! Hai visto, ho recuperato la palla!- disse la bambina incurante dei rimproveri di Artù, mostrandogli il frutto della fuga orgogliosa.
L’ira del piccolo Artù si spense di fronte a quel sorriso radioso. Allungò una mano e rimosse uno schizzo di fango dalla guancia morbida della ragazzina.
- Entriamo, sai che Uther non ci permette di uscire…-

Un esperimento, sono solo 2 capitoli :) grazie se vorrete commentare!

  
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