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Autore: Andry Black    07/06/2011    11 recensioni
Chris Thorpe è da sempre la migliore amica di Paul McCartney ed è innamorata di John Lennon... dopo diversi anni dal giorno in cui lo vide per la prima volta, i suoi sogni d'amore insieme a lui sembrano sul punto di realizzarsi, quindi vedendo un vecchio album fotografico si lascia sprofondare nei ricordi di come tutto è iniziato....

(cap 19)
"Non pensando alle cose brutte e tristi si evita solo di soffrire nell’immediato, ma non le si supera del tutto; è come pretendere di far sparire un oggetto chiudendo gli occhi e fingendo che non esista: è impossibile, prima o poi gli occhi vanno aperti e va affrontata la realtà.
Ciò di cui avevo bisogno era un rimedio al dolore, una cura portentosa che mi evitasse di pensare a John.
Mi voltai a guardare gli occhi profondi di Stu e senza accorgermene le mie labbra si piegarono in un sorriso: forse avevo trovato la mia cura al dolore."
Genere: Generale, Romantico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: George Harrison, John Lennon , Nuovo personaggio, Paul McCartney , Stuart Sutcliffe
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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«John?!», chiese Stuart inorridito ed io non potei far altro che darmi mentalmente della stupida.
Come diavolo avevo fatto a pronunciare quel nome?
Ok, stavo pensando a John, ma la mia parte cosciente avrebbe dovuto sapere perfettamente che stavo facendo sesso con Stuart e non con…
«John….», ripetè disperato Stu, come se avesse perso ogni speranza.
Si dice che “finchè c’è vita c’è speranza” e “la speranza è l’ultima a morire” e allora perché anche io, come lui, avevo la netta impressione che tutto fosse finito?
Non poteva essere finito….
Perché diavolo avevo dovuto pronunciare quello stramaledettissimo nome?!?
Per quale fottutissima ragione avevo dovuto pensare a lui durante il sesso?!
Mi vergognavo come una ladra, per quello che era successo, e forse anche di più… era una sensazione simile a quando si viene scoperti a fare sesso con un ragazzo da un qualunque membro della propria famiglia.
Mi sentivo così sporca…!
Perché diavolo la mia parte cosciente, quella che sapeva che stavo facendo sesso con Stuart non mi aveva fermata dal pronunciare quel nome?
Che fine aveva fatto la mia coscienza nel momento in cui, più di ogni altra cosa, avevo bisogno di lei? Era andata a farsi un tè?!?
Anche adesso, pensando a quella volta, vorrei morire….
«Allora?», chiese Stuart guardandomi con due occhi spaventosi, aveva le pupille leggermente dilatate ed appariva così….deluso, «Non dici niente?»
Sembrava furioso e a ragione!
Non riuscivo a capire come potesse trattenersi dal riempirmi di botte!a ruoli invertiti io mi sarei comportata molto peggio, sicuramente!
Alla fine, visto che mi limitavo a rimanere imbambolata a fissarlo terrorizzata, lui furioso come non lo avevo mai visto se ne andò, seccato, sbattendo la porta con violenza ed io ebbi troppa paura e vergogna persino per seguirlo!
Una volta rimasta sola impiegai un bel po’ di tempo per realizzare davvero la situazione e analizzare ogni possibile conseguenza; fu con orrore che constatai, con ancor più sicurezza, che ogni speranza per il nostro rapporto era morta nel momento stesso in cui avevo pronunciato quelle 5 lettere, l’una di fianco all’altra: “j.o.h.n”
…e ancora non mi capacitavo di come avessi potuto farlo.
 
Non ne feci parola con gli altri, né con Paul, né tantomeno con John (tremavo al solo pensiero delle arie che si sarebbe dato quello scemo di Lennon se solo avesse saputo) eppure tutti sembravano già essere magicamente al corrente della situazione in cui io e Stuart ci trovavamo. Paul provò a parlare con me di questo un paio di volte, ma io mi ostinavo a voler far finta di niente.
Magari se non lo avessi detto a nessuno, un giorno come per magia avrei scoperto che tutto era avvenuto solo nella mia testa e niente era reale…
Magari un giorno Stuart, sbollita la rabbia, sarebbe tornato da me come se niente fosse successo…
Così soffrivo, ma soffrivo da sola e lo facevo in modo tale che neppure la mia parte cosciente ne fosse al corrente.
Ero paralizzata dalla paura che Stuart potesse volermi lasciare; avevo passato così tanto tempo, infatti, a fantasticare su un nostro possibile futuro insieme che ogni altra ipotesi mi appariva assurda e terrificante.
Il concetto di “Christine senza Stuart” o viceversa era per me inconcepibile e cercare di immaginarlo era come pensare a un fuoco gelido o a una neve rovente o ad un acqua asciutta: era un ossimoro irreale ed astratto, di quelli che possono essere presenti solo nelle poesie per indicare una grande confusione dell’anima. Per questo motivo il fatto che potesse effettivamente concretizzarsi mi spaventava tanto che non riuscivo a muovere un muscolo…
Ancora oggi non so dire se in realtà avessi amato John oppure Stuart, credo che in quel periodo della mia vita fossero entrambi parte essenziale di me, proprio come lo era Paul .
Se mi avessero chiesto di scegliere tra Sutcliffe e Lennon, comunque, sono sicura che senza esitazioni avrei risposto Stuart, perché lui era il ragazzo che mi aveva accolta a braccia aperte proprio nel momento in cui più di ogni altra cosa avevo bisogno di sentirmi amata  e poi, diciamocelo, se avessi amato Stu le cose per me sarebbero state molto più semplici…
Però, come insegna Shakespeare, il presupposto per una grande storia d’amore è l’esistenza di un forte contrasto…e con Stuart non c’erano contrasti, tutto era semplicemente perfetto! Se solo ci pensavo sentivo salire le lacrime agli occhi e non riuscivo a respirare bene.
 
Comunque, nonostante i miei timori e le mie insicurezze, arrivò anche il giorno tanto temuto, quello in cui Stuart, dopo aver smaltito la rabbia, mi chiese di parlare con lui.
Eravamo al Keiserkeller durante una delle pause in cui i Beatles non suonavano perché era il turno di Rory e il suo gruppo, così Stuart mi prese da parte e mi disse:
«Non puoi continuare ad evitarmi per sempre: dobbiamo parlare!», il suo tono era risoluto, ma aveva un che di malinconico.
«Sì, lo so», mormorai in risposta, costretta a sforzarmi per trovare un filo di voce.
Non riuscivo a guardarlo negli occhi per la paura che quelle lacrime che premevano per uscire già da alcuni giorni inondassero il mio viso, non appena avessi visto gli occhi tristi di lui…
Tristi… sì,ero stranamente sicura che fossero tristi, lo capivo dal tono di voce con cui mi parlava e questo mi uccideva: era la riprova che quanto stava accadendo era tutta colpa mia, che Stu in fin dei conti, non avrebbe mai voluto lasciarmi….forse.
«Chrissie, io…noi…», disse Stuart impacciato ed io invocai tutte le mie forze, perché mi aiutassero a resistere alla mazzata che sicuramente avrebbe fatto seguito a quelle parole sgrammaticate, «Forse dovremmo prenderci un periodo di pausa, che ne dici?»
Me lo aspettavo, non si può dire il contrario, eppure a quelle parole trasalii.
«no,no,no,no,no,Stuart!», strillai agitata, «io…»
Come potevo continuare?
Potevo ancora salvare la nostra relazione, in qualche modo?
“mi sono sbagliata a dire il nome di John durante il sesso”, poteva funzionare come scusa? Stuart mi avrebbe creduta?
Un aria gelida mi entrò fin dentro le ossa e iniziai a tremare.
«Io non voglio nessun altro, Stu», cercai di convincerlo,prendendo le sue mani nelle mie «davvero, voglio solo te!»
«Mi dispiace, ma non riesco a crederti,anche se vorrei », mormorò lui, « Vorrei così tanto…!»
Come potevo allora trattenere le lacrime?!
«Prendiamoci una pausa», tornò a dire Stuart, «Vedrai che dopo ti sarà tutto più chiaro!dopo sarà tutto più chiaro a entrambi!»
«Cosa c’è da chiarire?!», chiesi disperata, «IO VOGLIO TE!»
«Tu…», tentò di dire Stu, «Chris, non sai quanto mi costi dirlo, ma tu credi di volere me.»
Io lo guardai sconcertata
«Devi seguire il tuo cuore!», aggiunse, aggiustandomi i capelli dietro a un orecchio
Non posso seguire il mio cuore se quello è uno stupido che ha deciso di buttarsi tra le braccia del suo assassino…!
«Lo sto facendo», mormorai
«Io ti amo», disse Stuart ed io non sapevo più se credergli, anche se sembrava che pure lui dovesse sforzarsi per trattenere le lacrime, «…e voglio che tu sia felice. Non puoi esserlo accanto a me. Non so renderti felice, io!»
«Ma IO SONO FELICE!!», gridai disperata, attaccandomi con tutte le mie forze alla speranza che lui provasse ancora qualcosa per me, «Accanto a te sono felice!»
«Tu credi di esserlo…», rispose lui con un sorriso triste che contribuì a spezzarmi il cuore, «Ma vedrai che tra un paio di giorni mi ringrazierai, quando sarai davvero felice ed in pace con il mondo tra le braccia di-»
Non riuscì a pronunciare il nome di John.
«Stuart…», provai a dire in tono lamentoso, «Allora questa è davvero la fine?Non c’è più altro che io possa fare?»
Stu scosse la testa.
«Per il tuo bene e per la mia salute mentale è molto meglio così», disse, mentre io tentavo di ricordarmi il modo in cui si respira correttamente (ero sicura che prima o poi si dovesse anche rilasciare l’aria, ma i miei polmoni non ne volevano sapere!)
“inspira ed espira”, disse una vocina nella mia testa ed io iniziai ad eseguire gli ordini con cura meticolosa, tanto che ben presto ebbi sufficiente ossigeno nei polmoni da trovare la forza di ribattere:
«SE MI VUOI LASCIARE, STU, FALLO», urlai furiosa, «MA NON OSARE DIRE CHE LO FAI PER IL MIO BENE!»
Detto questo uscii dal locale correndo e mi trascinai barcollando fino a casa di Astrid, dove mi gettai a peso morto sul letto e infine, stanca di tutte quelle lacrime e di tutta la agitazione, mi addormentai.
 
***
 
Il vuoto. Il niente.
Ricorderò  per sempre quel periodo come uno dei peggiori della mia vita.
Non amavo Stuart assolutamente e incondizionatamente come avrei voluto, né lo amavo quanto John, eppure lo amavo e la sua perdita aveva scavato una ferita profonda nel mio cuore, una ferita che sanguinava e faceva tanto male che ogni rumore esterno sembrava ovattato. Non riuscivo a sentire altro che i latrati angosciati del mio cuore sofferente e nello sforzo di non morire sotto il peso di tutta quell’angoscia, dovevo concentrarmi tanto che ogni altro dispiacere sembrava insignificante.
Paul diceva che ero apatica ed insieme a George, Pete e John tentava di “smuovermi”, ma io niente: ero come una bambola di pezza inanimata, che si faceva trascinare dal vento a destra e a sinistra, priva di una vera e propria coscienza e volontà.
La mia anima era rimasta a Stu, insieme a tutto il resto di me ed i miei occhi spenti non riuscivano più a guardare al futuro: sembrava che tutto dovesse finire da un momento all’altro.
Non so dire perché non tornai subito a Liverpool, ma immagino che una parte di me sperasse ancora che Stuart tornasse da me, prima o poi.
… Magari se avesse visto che non stava facendo il mio bene lasciandomi, se avesse capito che io, invece che trovare la felicità tra le braccia di John, non facevo che fissare il vuoto, immobile… magari in questo caso mi avrebbe perdonata e sarebbe tornato da me, e allora io non avrei pensato mai più a John Lennon, anche a costo di fuggire via anni luce da Liverpool e da Amburgo.
Ma Stu non tornava, e John era una delle persone che mi stava più  vicino.
Non ricordo bene le parole che mi diceva per consolarmi e anche il suo viso appare sfocato nei miei ricordi, ma ricordo la sua presenza al mio fianco come un fuoco tiepido che mi dava la forza di resistere qualche altra ora…ancora qualche altra ora.
Mi trovavo come in un limbo, solo a stento consapevole di quello che mi accadeva intorno, solo a stento cosciente di non essere sola.
 
Non mi importava niente di nessuno in quel periodo, neppure di me stessa e l’unica cosa che volevo era Stuart, quello stesso Stuart Sutcliffe di cui, ormai, non riuscivo a sopportare neppure la vista, ma che occupava costantemente i miei pensieri ed i miei sogni, anche quando non ne ero consapevole.
Eppure quello stato di torpore in un certo senso mi era utile, perché costituiva una barriera invisibile tra me e il mondo, una barriera che teneva lontano da me anche il dolore (tra le altre cose…)
Il mio cuore soffriva terribilmente, ma raramente crollavo in lacrime; certo,la notte era sempre più difficile prendere sonno e , anche nel caso in cui ci riuscissi, al mattino il mio cuscino era umido di lacrime, ma per il resto del giorno “mi comportavo bene”
«Sembri uno zombie», diceva spesso Paul, con una voce carica di preoccupazione, ma io non gli davo troppo peso, anzi a stento stavo a sentirlo.
 
Questa situazione, però, finì a Ottobre.
Si stava avvicinando il compleanno di John, e Astrid aveva scattato ai Beatles una serie interminabile di foto nelle quali sempre (o quasi) compariva anche Stu, quindi io avevo preso a rimanere fuori casa per la maggior parte del tempo, pur di non vederle.


http://www.beatlesource.com/savage/1960/60.11.00%20astrid%20pics/07.jpg

http://www.beatlesource.com/savage/1960/60.11.00%20astrid%20pics/J/s2.jpg

[i Beatles e John con Stuart in secondo piano. Sinceramente non so neppure come siano arrivate a me queste foto, visto che nel periodo in cui sono state scattate la loro vista mi faceva star male]


...Le passeggiate solitarie che facevo nel pomeriggio avevano lo scopo di schiarirmi le idee, ma tutto quello che volevo in realtà era di riuscire a non pensare a niente. Quel giorno, però, – sarà stato il 6 o il 7 ottobre – l’aria di Amburgo era gelida e aveva cominciato a grandinare, così io me ne ero tornata a casa prima del solito, di malavoglia.
La prima cosa che mi colpì fu la porta di casa chiusa a chiave: Astrid non chiudeva mai le porte a chiave (“c’è così poco da rubare…”, diceva)
Non mi feci domande, però, quindi tirai fuori la chiave di casa di Astrid di cui avevo fatto fare una copia il giorno stesso in cui mi ero trasferita lì, la girai nella toppa e la serratura scattò con un rumore secco, duro e violento.
Non mi annunciai perché non ero solita farlo e del resto non c’erano indizi oltre alla luce accesa infondo al corridoio che mi facessero supporre la presenza di qualcuno in casa, oltre a me.
Mi diressi automaticamente verso la camera infondo al corridoio, da cui proveniva la luce: era la stanza che Astrid utilizzava come “camera oscura” per lo sviluppo delle foto, quindi la luce che emetteva era di un inquietante colore rosso scuro.
Non aveva senso che rimanesse accesa se Astrid non c’era, così aprii la porta che era solo accostata per entrare a spegnerla e fu la cosa peggiore che potesse venirmi in mente di fare, ma anche la migliore, in un certo senso…
Nella semioscurità di quella stanza particolare, infatti, intravidi le sagome dei corpi nudi di Stuart e Astrid, l’uno sopra all’altro, che si muovevano a ritmo cadenzato e non si accorsero di me finchè non lanciai un gridolino del tutto involontario.
Fu una scena terrificante, per me: era come un doppio tradimento; era la cosa più brutta che potessi vedere e mi diede quasi la nausea. Provai un senso di repulsione e di disgusto simili a quello che si prova vedendo per strada la carcassa abbandonata di un animale e si contemplano quei suoi occhi vitrei, la bocca socchiusa, il corpo mutilato e innaturalmente schiacciato, mentre un denso rivolo di sangue fuoriesce da sotto quel pelo che un tempo era stato lucido e splendente, adesso solamente opaco…eppure, proprio come avviene in quelle condizioni, nonostante il disgusto, non riuscivo a staccare gli occhi da quella visione.
 
Sentii le lacrime calde che mi bagnavano il viso e mi inumidivano le labbra, mentre una parte di me, completamente sconvolta, avrebbe voluto gridare e capii di essermi finalmente svegliata.
 
Era come se, con la nostra separazione, Stuart mi avesse spinta in un baratro profondo, nel quale non facevo che precipitare, mentre ogni cosa bella e luminosa si allontanava sempre di più e l’oscurità mi avvolgeva come una coperta calda, ma quella visione aveva finalmente arrestato la mia caduta: il contatto con il suolo faceva un male cane, ma finalmente ero libera di soffrire. Adesso eravamo pari, anche Stuart mi aveva tradita e probabilmente era già da un po’ di tempo che Astrid aveva preso il mio posto nei pensieri di Stu. E una consapevolezza mai del tutto sopita, si fece spazio nella mia mente:
“Non tornerà mai più da te”
Raccolsi in fretta le poche cose che mi appartenevano e corsi via lontano da quella casa, lontano da quella scena atroce
Mi parve di sentire la voce imbarazzata di Astrid che chiamava il mio nome, ma probabilmente fu solo uno scherzo della mia mente stanca, che faticava ad accettare i tradimenti.
Uscii di casa e corsi finchè non mi ritrovai nella squallida stanza del Bambie, tra le braccia di Paul, che mi stringeva frastornato e un po’ preoccupato; ricordo gli occhi di due o tre ragazze sconosciute che mi fissavano mentre io ero sconvolta dai singhiozzi. Ricordo che gli occhi di una di queste ragazze erano neri come il petrolio e sembravano voler scavare fino infondo alla mia anima, ma quando ricambiai lo sguardo lei trasalì e, balbettando qualche scusa, convinse anche le altre a
rivestirsi e uscì dicendo:
«E’ meglio se noi andiamo. A presto, Paul!»
«A presto», rispose Paul, ma esitò prima di aggiungere, «Harrie»
«Erika», lo corresse lei, borbottando, poi se ne andò chiudendosi la porta alle spalle.
«Harrie è mia zia, Paul», commentò John ridendo. Indossava solo un paio di boxer e sembrava abbastanza accaldato.
«Macché! tua zia si chiama Mimi!», esclamò George, «La conosco!»
«L’altra zia!»
«Sì, va beh, chi se ne frega?!», sbottò Paul
«A me importa!», replicò John, fingendosi risentito, «Sono le mie zie!»
«Come sta?», chiese George, riferendosi a me
«Sconvolta, a quanto pare», rispose Paul con un sospiro, «Chris, cos’è successo?»
Cercai di evitare i suoi occhi, ma lo sguardo di Paul era tanto intenso che alla fine mi trovai costretta a guardarlo
«Stuart…ed Astrid», mormorai in un sospiro che era per metà di sollievo: condividere quel peso che mi opprimeva lo stomaco mi faceva sentire un po’ meglio, anche se sapevo benissimo che né Paul, né John, né George potevano fare niente per aiutarmi.
 
A quanto pareva, i due nomi accostati insieme erano stati sufficienti per far capire la situazione ai ragazzi, che ora si lanciavano sguardi d’intesa, come se loro avessero saputo qualcosa che io non sapevo. Proprio come nel più classico dei cliché, il cornuto è sempre l’ultimo a sapere come stanno le cose, però…
«Potevate dirmelo», mormorai con un filo di voce.
Paul lanciò uno sguardo a John prima di rispondere.
«Pensavamo che per Stu fosse una cotta passeggera…»
Tradita anche dai miei migliori amici…
 
Sprofondai nel cuscino del letto di qualcuno dei ragazzi e non so cosa accadde, ma immagino che mi addormentai, cullata dalle voci dolci dei ragazzi che cercavano di consolarmi…
George e John in seguito mi dissero che Paul in quei giorni era molto in pena per me e che iniziò ad avercela con Stuart per il modo in cui mi aveva trattata («Tra tutti i modi possibili, il peggiore!»)
John, invece, rimase al mio fianco quasi sempre (fatta eccezione per le ore in cui suonava, ovviamente)
Ricordo vagamente la mano di John (o era quella di Paul?...o di George?)che mi accarezzava i capelli impigliandosi nei miei riccioli e ricordo la bella voce di John che cercava di farmi ridere, per tirarmi su di morale e alla fine a volte ci riusciva pure!
Sinceramente non so come avrei fatto se al mio fianco non ci fossero stati John, Paul e George, i migliori amici che chiunque possa desiderare…
 
Già a partire dal giorno seguente avrei voluto tornare a Liverpool, ma John, a son di insistere e di fare lo scemo con me, riuscì a convincermi a rimandare la partenza di un paio di giorni.
«Ma non saprei neppure dove dormire», replicai senza forza nella voce
«E che problema c’è?dormi al Bambi insieme a noi, come facevi all’inizio!», insistette John
«Ma voi…ehm…» “Avete le vostre spogliarelliste da portarvi a letto” «Avete bisogno della vostra privacy!»
«Ah ah! Privacy?!?», replicò, sganasciandosi dalle risate (lo adoravo e lo adoro ancora quando ride così), «Con io, Paul, George e Pete che dormiamo tutti insieme nella stessa stanza?!?»
Che scemo, eppure lo sapeva che cosa volevo dire!
«E daaaai, Chriiiisssss!!!!», tornò a supplicarmi, vedendo che io non rispondevo.
Iniziò a fare il labbrino e a battere ripetutamente le palpebre con le mani giunte, sotto al mento ed io crollai.
«E va bene…», mi arresi, sorridendo, «Ma solo fino al nove!»
«E poi se vedi che puoi sopportare la vista di…ehm…loro due», disse con uno sguardo particolarmente significativo per farmi capire chi intendeva con “loro due”, «…resterai anche oltre!»
«Questo non te lo prometto!»
«E daaaaiiiii!!!!!», di nuovo occhioni e labbrino
«Lo sai benissimo che mi darà noia vederli», mormorai, rabbuiandomi, «Se rimango a festeggiare il tuo compleanno è solo per te!»
John mi strinse in un abbraccio stritolatore, di quelli che i bambini danno ai loro orsacchiotti e che questi accolgono volentieri solo perché sono esseri inanimati, incapaci di provare dolore!
«Ahi!John, mi stai facendo male!!», protestai, ma infondo al cuore ero felice di essere oggetto di tante attenzioni da parte di quello che il mio inconscio continuava a definire “il bel Lennon”.
 
Il compleanno di John per me fu un totale disastro, me ne rimasi in disparte per tutta la sera, nonostante John e Paul provassero a distrarmi (e ci provarono davvero con tutte le loro forze!) e la visione di Stuart e Astrid mi procurava ancora una fitta terribile al cuore.
«Non riesci a dimenticarlo», disse John sul finire della festa, e non era una domanda.
Teneva in mano un bicchiere di spumante di pessima qualità che mi stava offrendo, ma io lo rifiutai.
«Mi sento una fallita», gli dissi e ancora oggi sono convinta che non esista termine più adatto a descrivere il mio stato emotivo di allora, «Forse Stuart ha ragione a comportarsi così…»
“E forse amo davvero più te che lui, anche se non voglio ammetterlo”
«…ma…ma è terribile sentirsi rifiutati così»
«Lo ami davvero,eh?»
«Che importa a questo punto?», dissi abbattuta, «Ormai lui ha Astrid ed io non conto più niente. Guardali!»
Indicai con lo sguardo Stuart che teneva abbracciata Astrid, facendola ballare lentamente e lei che per scherzo gli scattava una foto a tre centimetri dal viso, abbagliandolo con il flash.
«…sembrano la coppia perfetta.»
John non rispose niente.
Avrebbe potuto replicare un sacco di cose. Avrebbe potuto dire che anche noi saremmo stati altrettanto perfetti come coppia, se solo io avessi voluto, oppure che nonostante tutto io ero diecimila volte meglio di Astrid e che considerava Stu uno stu-pido (questo gioco di parole è davvero alla Lennon, in effetti), ma non disse niente di tutto questo ed io lo apprezzai moltissimo: angosciata come ero, non avevo la forza di pensare ad altre storie d’amore in quel momento, ma l’interminabile abbraccio nel quale John mi strinse mi riscaldò il cuore e mi commossi.
Per la prima volta da giorni, piansi non per Stuart, ma perché mi pareva impossibile avere accanto persone come John e Paul, che mi volevano davvero bene. Piansi perché non sapevo se sarei mai stata in grado di donare loro altrettanto amore. Piansi per la paura di perdere anche loro un giorno.
«Io ci sarò sempre per te…», mi disse dopo un po’ John, cercando di asciugare le mie lacrime, mentre io avevo ancora il viso affondato nel suo petto, «E anche Paul e George ci saranno. Noi non ti abbandoneremo mai.»
 
Il giorno dopo presi la prima nave diretta a Liverpool, ma le parole di John, che risuonavano ancora nella mia testa, stavano cominciando a farmi sentire già un po’ meglio e per molto tempo continuai ad appigliarmi ad esse ogni volta che avevo l’impressione che il mondo mi crollasse addosso:
John, Paul e George ci sarebbero sempre stati…


***
 
 Dopo un attesa interminabile, torno ad aggiornare scusandomi per averci messo tanto.
Ringrazio moltissimo chi ha messo la storia tra i preferiti e chi ha solo letto, ma in modo particolareHermione Granger,MarikaJacksonGleek, Melardhoniel (ovvero Marty che ha cambiato nome,lasciandomi disorientata per qualche attimo xDxDxD),Zazar,Ariadne,, natalia e Agne  che hanno commentato…grazie mille a tutte e spero che questo nuovo capitolo vi piaccia.
Scusate ancora per i tempi di attesa imperdonabili T_T
a presto,
_Andry_
   
 
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