Prima classificata a parimerito al Nice to meet you contest indetto da Bellis e DataLore e vincitrice del premio Stile.
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Titolo: Lupo
Autore/i:
Mizar19
Fandom: Originale
Genere: Storico, Drammatico, Sentimentale
Avvertimenti: Femslash, One-shot
Le note al fondo per evitare
spoiler!
LUPO
Lupo si era
unita ufficialmente
alla banda armata nel giugno del 1944. Si era immediatamente distinta
per la
sua abilità non solo con le armi, di cui pareva persino
più esperta di molti
degli altri uomini, ma anche per la rapidità e le silenziose
movenze del suo
portamento. Era riuscita a rubare i gradi ad un soldato fascista e
grazie a ciò
aveva ottenuto la piena fiducia della brigata partigiana della collina.
Nella Langa
piemontese[1]
i fascisti avevano il controllo di tutti i centri principali,
costringendo gli
uomini della resistenza a trovare rifugio nella campagna, oppure ad essere ospitati da
coraggiose anime piagate dall’orrore della dittatura. Non era
necessario essere
eroi per diventare partigiani, l’unico requisito, oltre alla
dimestichezza con
le armi, era l’odio verso quel cancro che aveva contaminato
il Bel Paese.
Lupo aveva
vent’anni, o almeno
così sosteneva, e la graziosa Stachys si fidava ciecamente
delle sue parole.
Anche Stachys, temeraria e idealista sedicenne, apparteneva alla banda
partigiana con l’importante ruolo di staffettista: il suo
compito consisteva
nel trasportare i messaggi da una collina all’altra, dunque
era di primaria
importanza. Era stata scelta non solo in quanto suo padre era a capo
della
banda armata e sua madre nascondeva una famiglia ebrea in una stanza
segreta
dietro la credenza, ma anche per quel suo essere normale, con lunghi
capelli
castani ed espressivi occhi scuri, la carnagione abbronzata a causa
della quasi
perenne esposizione al sole. Un’anonima bellezza
dall’animo virtuoso.
Stachys aveva
visto Lupo per la
prima volta alla fine di maggio: arrivava dalle montagne con il
bruciante
desiderio di offrirsi per il suo Paese in nome della
Libertà, ideale ormai
calpestato e scomparso dall’immaginario nazionale. Calzava
costantemente
stivali marroni in cuoio e procedeva con un’andatura decisa e
sicura,
ostentando fiera tutta la sua forza. La scintilla che brillava nei suoi
occhi
era più incandescente della brace, così pensava
Stachys osservandola mentre,
seduta su un grosso sasso dalle venature metallizzate, fumava
distrattamente
una sigaretta. Se la portava alle labbra trattenendola con delicatezza
fra
pollice e indice, per poi appoggiarla fra le labbra dischiuse,
inspirando in
maniera appena percettibile.
Mentre Lupo
acquisiva
dimestichezza con la banda armata e la sua politica interna, Stachys
continuava
a svolgere la staffetta, attraversando la campagna per raggiungere
altre brigate
partigiane. Durante il tragitto, spesso si soffermava a riflettere su
Lupo: non
sapeva quale fosse il suo vero nome, quello di battaglia le era stato
affidato
a causa della sua origine montanara, e forse non voleva nemmeno
saperlo. Lei
era un lupo, una creatura solitaria
e
forte, pronta a morire per una patria sotto le ceneri della quale
s’intravedeva
ancora il bagliore di una speranza, la Speranza che gli Alleati
sarebbero presto
arrivati a liberarli, la Speranza che Mussolini venisse catturato e
ucciso.
Forse allora le cose sarebbe cambiate.
Stachys
consegnava i suoi
messaggi e poi correva indietro, rapida come un leprotto nei prati,
agile come
un grillo, di quelli che frinivano la sera sulla riva del fiume dove
Lupo
parlava con Stachys. Sarebbe rimasta per ore con lei su quella riva,
pendeva
dalle sue labbra, incantata da quelle parole ammaliatrici, dal suo
sorriso
seducente ma privo di malizia, dal movimento elegante delle sua
sopracciglia
che si animavano assieme al suo volto. Eppure si animavano solo quando
parlava
con lei.
Lupo era
tricotillomaniaca e
questa sua ossessione si esprimeva in un continuo arrotolarsi una lunga
ciocca
di capelli scuri che sfilava apposta dalla coda, pronta ad attutire lo
stress
della ragazza, che altrimenti sarebbe parsa imperturbabile. La sua
famiglia non
le mancava, non era per questo che arrotolava sistematicamente e
convulsamente
quella ciocca corvina; Stachys non ne comprendeva la ragione e
l’unica parte
del corpo che avrebbe potuto essere rivelatrice era fredda come il
ghiaccio e
del suo stesso colore.
Stachys sapeva
che Lupo era molto
coraggiosa, non temeva i soldati fascisti né gli ossessivi
burocrati del
regime, e che con il suo aiuto i partigiani erano riuscita ad aumentare
considerevolmente il numero di sabotaggi e incursioni ai danni dei
galoppini
della dittatura. Ogni volta che Lupo partiva per una di queste
spedizioni,
Stachys attendeva in riva al fiume con il cuore in gola, assordata dai
battiti
del suo cuore, angosciata dalla concreta possibilità che
quel suo caldo ed
intimo sorriso, quelle sua grandi mani dalla presa salda che spesso
l’avevano
afferrata per le spalle, che tutto di lei venisse inghiottito dalla
morte.
Ma Lupo era
sempre tornata e la
sera ascoltavano insieme il canto dei grilli. Talvolta Stachys cantava
una
canzone e Lupo osservava la notte, lo sguardo perso nelle tenebre ma le
orecchie completamente rivolte alla sua preziosa amica.
Quella riva non
solo aveva
significato confidenze per entrambe, ma aveva permesso a Stachys di
vedersi
svelato il corpo di Lupo quando si sedevano sulle rocce, la vita
immersa
nell’acqua. Un rossore innocente le aveva tinto le guance
scorgendo per la
prima volta il seno candido dell’altra e aveva desiderato con
prepotenza di
sfiorarlo con i polpastrelli.
Settembre era il
mese in cui
Stachys avrebbe compiuto diciassette anni e per festeggiare Lupo la
portò in riva
al fiume dove suonò un brano che aveva composto apposta per
lei. Stachys
ignorava che Lupo sapesse suonare il flauto, come ignorava cosa
significasse
amare qualcuno. Quel sentimento che provava per la silenziosa ragazza
non
poteva essere altro che Amore.
Lupo amava
leggere, gliel’aveva
insegnato suo padre, maestro della scuola elementare del piccolo paese
da cui
proveniva, e la sera spesso si portava appresso raccolte di
componimenti o romanzi
da leggere a Stachys, coricata nell’erba con la testa sul suo
grembo. Lupo le
carezzava i capelli castani mentre le parole di inchiostro e carta
diventavano
suoni elaborati e musicali. Era un momento di estrema pace, una bolla
di sapone
fra gli irti aculei della guerra, loro erano l’aria racchiusa
al suo interno.
Stachys sapeva
che Lupo avrebbe
ucciso qualcuno prima o poi e questo avvenne all’inizio di
novembre, un freddo
pomeriggio dal cielo grigio e dall’acqua torbida, la quale
pareva osservare
Lupo con severità, o almeno questo lei credeva. Sparare con
un fucile o una
pistola era diverso, un omicidio freddo e distaccato, vigliacco. Lupo
non aveva
mai pugnalato a morte nessuno. Stachys la trovò
così, gli occhi stretti, la
sigaretta accesa fra le labbra, le mani candide sporche di un sangue
che era
stato lavato nel fiume. Lupo non aveva mai riflettuto abbastanza
seriamente
sulla morte, sull’omicidio; ora che le sue mani erano sudicie
come la sua
coscienza lo comprendeva.
C’è
un equilibrio nel cosmo, un
bilanciamento naturale dell’ordine delle cose, per cui al
male corrisponde il
bene, al bianco il nero, e via discorrendo. Lupo lasciò
cadere il mozzicone di
sigaretta, curandosi di schiacciarlo con la suola dello stivale. I suoi
occhi
di ghiaccio trapassarono Stachys, che attendeva con aria ansiosa, la
mani
strette al petto e la gonna che le svolazzava attorno alle gambe
infreddolite.
Non le chiese il permesso perché già ne era
certa. La baciò come un uomo bacia
una donna, come suo padre baciava sua madre prima che i tedeschi li
portassero
via. Lupo si sentiva intoccabile, invincibile fintanto che stava con
Stachys,
stampella emotiva e silenziosa spettatrice del suo complicato mondo di
affanni
e vendetta.
Lupo non aveva
paura di nulla, su
questo Stachys poteva giurarci: quella giovane donna emanava
un’aura di
sicurezza e protezione tale che Stachys avrebbe potuto credersi eterna
e
intoccabile. Lei e Lupo trascorrevano ogni serata sicura alla riva,
dove non
solo Stachys cantava per Lupo e questa suonava per lei uno strumento
musicale,
ma si amavano in ogni modo e forma. La diciassettenne non poteva fare a
meno
delle sue attenzioni, delle premure, di quella speciale parte di
sé, calda e
morbida, che si apriva solamente per lei, come una bella di notte sul
far della
sera. Il calore trasmessole da quei baci le ustionava il ventre.
La voce di Lupo
era profonda e
resa roca dal fumo, come una nota bassa e vibrante che correva sulla
sua pelle
costringendola a rabbrividire. Solo attraverso quell’amore,
Stachys era
riuscita a conoscere davvero Lupo, perché la giovane donna
usava trattenere
quel lato passionale e caldo, che riversava totalmente sulla ragazza.
Il padre di
Stachys, Pentro, non
sapeva dell’affetto che legava le due giovani, né
poteva tantomeno supporre dai
modi gelidi e dalla spigolosa personalità di Lupo che
potesse davvero provare
un sentimento diverso dalla vendetta. Pentro sapeva che era migliore di
molti
suoi uomini e sapeva che avrebbe giocato un ruolo decisivo per la loro
salvezza.
L’inverno
trascorse fra gli
stenti e il freddo, continuamente minacciati dai fascisti, colpiti da
più d’un
rastrellamento. Con l’inizio di marzo Lupo ebbe modo di
affrontare la più
grande sfida della sua vita. La fronteggiò con orgoglio e
disprezzo, i polsi
legati dietro la schiena e la ciocca sciolta a carezzarle il volto,
mantenendo
fede a quegli ideali per cui aveva abbandonato le montagne. Stachys
assistette
impotente alla sua fucilazione di fronte alla chiesa del paese, il
sangue
scarlatto a macchiare la stella bianca di porfido, al centro della
quale era
avvenuta l’esecuzione.
FINE
Note:
·
I nomi comuni con
la lettera maiuscola indicano le personificazioni (Libertà,
Speranza, etc.). La
storia conta 1500 parole esatte, titolo, note a piè pagina e
specchietto
esclusi (almeno questo dice il contatore di Word, faccio fede a lui!).
·
Per quanto
riguarda il fatto qua di seguito descritto, è tratto da una
storia vera che mi
raccontò mia nonna, staffettista partigiana; mi sono
solamente presa la libertà
di cambiare il sesso di Lupo.
·
Il luogo in cui è
ambientata la storia è La Morra, un paese medievale sul
cucuzzolo di una
collina, profondamente coinvolto nella lotta partigiana, come tutta la
zona
delle Langhe. La piazza descritta, con il porfido dipinto di bianco
disposto a
formare una stella di fronte alla chiesa, esiste davvero e fu teatro di
numerose fucilazioni.
·
Il finale brusco
e improvviso è espressione della precarietà della
condizione di chi lottava
contro il regime fascista: i rastrellamenti erano repentini e
sistematici, non
sapevi quando sarebbero arrivati, né in quanti,
né era possibile prevedere
eventuali tradimenti.
[1]
Le Langhe sono una regione
storica del Piemonte
situata a cavallo delle province di Cuneo e di
Asti,
confinante con altre regioni storiche del Piemonte,
ossia il Monferrato
e il Roero e
costituita da un esteso sistema
collinare definito dal corso dei fiumi Tanaro, Belbo, Bormida di Millesimo
e Bormida
di
Spigno.