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Autore: Lady Trash    09/06/2011    5 recensioni
Vedete, Tamaki cercava da un po’ di tempo una piccola abitudine che solo lui e Orihime avrebbero condiviso; qualcosa da fare insieme, se non ogni giorno, in determinati momenti; qualcosa della quale avrebbero sentito la mancanza; qualcosa che, magari, un giorno li avrebbe spinti a riappacificarsi dopo un litigio; qualcosa che li avrebbe uniti e che avrebbe consolidato il loro rapporto.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Haruhi Fujioka, Nuovo personaggio, Tamaki Suoh
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Routines'
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Routine- dipingendo i vasi
e
suonando il piano

Avvertimenti: questa shot è il seguito di Routine- "cantando sotto la doccia
". Non siete obbligati a recensirla ma è consigliato leggerla se volete comprendere come si deve questa storia.
 

<< No, no, no!- esordì il padre ridendo- è “Do” non “Fa” >>
Due persone,  padre e figlia,  sedute sul seggiolino di un pianoforte, tentavano di trascorrere del tempo insieme.
<< Yare yare, ma fra poco andiamo a giocare con le bambole! >>
<< Prima però finisci questo esercizio >>
Erano Tamaki Suoh e sua figlia Orihime, figlia che dall’ulltima fanfiction era cresciuta e che adesso aveva dieci anni. I due, scherzando tra di loro, tentavano di suonare un po’ il piano senza metterci troppo impegno. Tamaki era un baka ma conosceva sua figlia e doveva ammettere, a malincuore, che lei non aveva alcun tipo di predisposizione verso la musica né, come già saprete, per il canto. La bambina non era nemmeno attratta da quel delicato strumento che lui tanto amava, non comprendeva che piacere potessero essere solo alcune note messe una dietro l’altra quasi a caso e che pure formavano una melodia perfetta, immodificabile. Egli perciò tentava soltanto di svagarla un po’ suonando e  tentando di insegnarle a eseguire qualcosa di orecchiabile e grazioso, adatto a un ritrovo fra vecchi amici magari. Non si aspettava poi molto Tamaki, nel campo della musica, dalla sua Orihime.
La bambina, dal canto suo, acconsentiva di buon grado alle richieste del padre sapendo che, secondo quanto le ricordava ogni tanto lo zio Kyouya, la vita è fatta di compromessi  e di scambi: in cambio della sua disponibilità a tentare di suonare quello strambo, lei lo definiva così, strumento il padre avrebbe poi giocato con le bambole assieme a lei per tutto il tempo necessario, ovvero fino a quando la mamma non avesse detto che dovevano andare a letto.
Tlong tlong facevano i tasti del pianoforte che la piccola Orihime proprio non sapeva suonare, che si rifiutava categoricamente di suonare.
<< Orihime.. stai facendo tutto sbagliato.. >> tentò di correggerla un poco lui, ancora non abituato all’idea che la sua primogenita non avesse preso da lui quella passione sconfinata per la musica classica.
<< Papà.. a me secca!Io detesto il piano! >> Orihime, che era ancora piccola e non sapeva cosa fosse la delicatezza nei confronti altrui, non pensò a misurare le parole.
Il risultato fu che Tamaki, non troppo offeso dal suo sgarbo, le carezzò la testolina bionda sorridendo rassegnato, mormorandole: 
<< Hime-chan, perché non mi precedi in camera? Ricordati che io voglio essere la Barbie bionda. >> concedendole così il permesso di alzarsi e di evitarsi quegli esercizi che così poco le piacevano.
E dopo un veloce bacio su una guancia Tamaki se la vide schizzare raggiante fuori dal salone di casa Suoh, diretta nella sua cameretta.
<< Routine, routine.. sto cercando una routine.. >> cominciò a canticchiare avvilito dopo che se ne fu andata.
Forse è il caso che cominci a.. quagliare?
Vedete, Tamaki cercava da un po’ di tempo una piccola abitudine che solo lui e Orihime avrebbero condiviso: qualcosa da fare insieme, se non ogni giorno, in determinati momenti; qualcosa della quale avrebbero sentito la mancanza; qualcosa che magari, un giorno, li avrebbe spinti a riappacificarsi dopo un litigio; qualcosa che li avrebbe uniti e che avrebbe consolidato il loro rapporto.
Tamaki era un baka, ma anche i baka leggono i libri sull’adolescenza dei figli. Tamaki sapeva che col passare del tempo Orihime sarebbe cresciuta e che non le sarebbe bastato più giocare con le bambole col suo papà, che possibilmente non gli avrebbe più raccontato tutto come faceva adesso, che sarebbe arrivata a parlare soltanto con Haruhi e che con lui avrebbe mantenuto un rapporto di amichevole conoscenza. Ebbene, Tamaki non voleva tutto questo: non voleva allontanarsi da Orihime, non voleva che lei smettesse di raccontargli le sue cose, non voleva non sapere di un ipotetico ragazzo che le piaceva e soprattutto, non voleva instaurare con lei un rapporto pari ad un’ amichevole conoscenza. Perciò tentava, disperatamente, di  trovare un passatempo che li accomunasse, che li unisse nel corso del tempo, che non avrebbero perso.
Aveva tentato con il giardinaggio, ma Orihime non aveva il pollice verde;
aveva provato con gli scacchi, ma Orihime si era addormentata dopo due minuti;
aveva cercato di insegnarle a suonare il piano, di trasmetterle quella sua passione, e i risultati li avete visti adesso.
Cosa poteva fare un padre come lui con una figlia come lei?
<< Otoo-san, potreste provare a dipingere i vasi così i fiori che piantiamo io e okaa-san cresceranno colorati! >> non vi avevo parlato di Nacchan? Shin-chan? Shinichi Suoh? Niente, nada … zero?
Ma stiamo scherzando o cosa? Volete dirmi, qui di fronte a tutti, che ancora non vi ho presentato il secondo figlio di Tamaki e Haruhi? Sul serio? Spiacente, provvederò seduta stante.
Shinichi Suoh, un simpaticissimo bambino che noi chiameremo Nacchan, era il secondo genito di Haruhi e Tamaki.
Aveva quattro anni, con Orihime se ne toglieva sei, e si poteva dire fosse l’inverso della sorella: se la prima infatti era fisicamente simile al padre, lui era identico ad Haruhi e se Orihime era caratterialmente simile alla madre lui era tutto suo padre. Certo a quattro anni non è facile dire che un povero innocente infante assomiglia a quel pazzoide del padre ma con il passare degli anni, e delle fanfiction, ve ne accorgerete da soli.
Ritornando perciò a noi: Shinichi, a quanto avrete capito, era riuscito a trovare la sua routine con Haruhi e tentava di consigliare al padre un’attività da svolgere con la sorella.
<< Si, Shinichi.. in effetti a Orihime è sempre piaciuto colorare.. e poi dipingere i vostri vasi potrebbe farle piacere … Nacchan sei un genio!! Vieni qua figlio mio! >> Tamaki, preso da un attacco di paternite acuta aveva sollevato il piccolo Shin-chan per le ascelle e lo faceva svolazzare in aria facendo ridere  entrambi.
<< Ahahaha!! Otoo-san smettila!! Ahahaha! Smettila.. otoo-san.. smettila.. SMETTILA! >> Nacchan improvvisamente aveva cambiato umore: da che rideva contento in braccio al padre a che gli urlava di posarlo a terra, prossimo al pianto. Tamaki si allarmò: cosa era successo? Perché il suo piccolo Nacchan si era messo a piangere? E soprattutto.. dov’era Haruhi in momenti come questi?!
<< Cos’è tutta questa confusione Tamaki? Che è successo a Nacchan? >> si parla del diavolo.. Haruhi si era praticamente smaterializzata accanto al marito e senza lasciargli il tempo di rispondere gli aveva tolto molto delicatamente Shinichi dalle mani per controllare che non avesse subito danni fisici: << Non l’hai fatto cadere a terra vero? >> aveva domandato scrutando attentamente il bambino piangente che teneva in braccio.
<< No!Ti giuro Haruhi: si è messo a piangere improvvisamente, fino a poco fa stavamo scherzando >>
<< Hai detto qualcosa che potrebbe averlo infastidito? Hai provato a rincorrerlo?, sai che detesta essere rincorso. L’hai pizzicato per sbaglio mentre lo tenevi in braccio? L’hai sollevato da terra senza che volesse? Non l’hai ascoltato quando ti ha detto di smetterla la prima volta? >> sembrava un terzo grado ma Haruhi era inflessibile quando si parlava di Shinichi, proprio perché era così simile a Tamaki sentiva di più il bisogno di proteggerlo e di dargli affetto: le uniche due cose che Tamaki chiedesse a lei e di cui necessitava.
<< No, no, no e no!Bhe.. si.. ma all’inizio l’ha detto mentre rideva!Non pensavo dicesse sul serio! >>
<< Pensavi male Tama.. >> Haruhi fece un sospirone: cercare di aiutare Tamaki a capire se stesso, e quindi suo figlio che era una sua copia, era molto più difficile di quanto pensasse.
<< Nacchan?- domandò rivolgendosi al bambino che intanto aveva fatto scendere a terra- Perché ti sei comportato così con otoo-san? >> concluse accucciandosi fino a raggiungere la sua altezza.
<< FFFFF.. FFFFF >> questo era Shinichi che tirava su col naso << Niente.. >> va bene  essere identici al padre, ma non si poteva pretendere che un bambino di quattro anni sapesse mentire bene sui propri sentimenti!
<< Nacchan… ho fatto qualcosa che ti ha turbato? >> anche Tamaki si accucciò per poterlo guardare dritto negli occhi e vi vide tanta tristezza dentro.
<< No.. scusami otoo-san, scusami okaa-san >> mormorò mogio dirigendosi nella sua cameretta.
<< Io … - cominciò Tamaki dopo che se ne fu andato - io non so.. cosa ho fatto.. di male? >>
<< Non lo so Tamaki, ma dobbiamo scoprirlo: cos’è che stavi facendo prima con Hime? >> chiese la moglie, la domanda sembrava semplice.
<< Cosa stavo facendo prima.. con Hime? Cosa stavo facendo prima con Hime, cosa stavo facendo prima con Hime.. >>
<< Tamaki, non mi sembra molto difficile la domanda! >>
<< Assolutamente no mon cheri, il problema è la risposta! Mi chiedo: che lui si sia ingelosito soltanto perché suonavamo il piano? >> forse, dopotutto, Tamaki non aveva bisogno di una grande spinta per capire se stesso. Forse poteva farcela anche da solo.
<< Possibilmente perché le stavi dedicando del tempo.. >>
<< Significa che non dovrei più stare con Orihime? >> no, decisamente Tamaki aveva bisogno di una grande spinta per capire se stesso: una spinta così forte che lo svegliasse definitivamente!E non poteva farcela da solo. Queste almeno erano le conclusioni alle quali Haruhi era arrivata.
<< Tamaki - sospirò di nuovo - tu scherzi praticamente sempre con Orihime, direi che se ne accorgerebbe anche un bambino. In questo caso Nacchan. >>
Cosa stava cercando di dirgli?
<< Significa che forse.. Insomma, Nacchan dovrebbe essere.. geloso di Orihime? >>
<< Ti sbagli: Nacchan è geloso di te >>
<< Di me? >> il Suoh era scettico: come può un figlio essere geloso del padre?
<< E del rapporto che hai con Orihime. Nacchan non soffre perché dedichi del tempo alla sorella o perché scherzi con lei. Nacchan soffre perché dedichi del tempo solo alla sorella e perché scherzi solo con lei >>
Quella per Tamaki fu la rivelazione più triste della sua esistenza. Aveva sbagliato come padre, non era stato in grado di instaurare un rapporto con suo figlio e i primi tre anni della sua vita erano già passati! Tamaki si sentì un verme. Gli occhi azzurri si spalancarono su un mondo che non era quello che credeva, un mondo dove lui non era un super papà e suo figlio era triste a causa sua .
<< Tama-chan, con questo non voglio dirti che tu e Nacchan non avete un rapporto o che come padre fai schifo. Mi hai sempre aiutato a cambiare i pannolini, accompagni i bambini a scuola, prepari la colazione, li aiuti a vestirsi. Tu sei un papà molto bravo. >> le parole della donna erano veritiere, ma non consolarono Tamaki: aveva comunque sbagliato.
<< Quello che voglio dire è: non sforzarti di trovare a tutti i costi una routine con Orihime, per ora accontentati di giocare alle bambole con lei; sii presente nei momenti importanti, e in quelli un po’ meno, prenditi sempre cura di lei come fai adesso.. ma dividi il tuo tempo tra la piccola e Nacchan che sente molto la tua mancanza. Non è assolutamente tardi. >>
Perché Haruhi sapeva tutto.
Perché Haruhi ciò che non sapeva lo intuiva.
Perché Haruhi diceva sempre quello che sapeva e ciò che intuiva, soprattutto quello che sentiva.
Tamaki sospirò e andò a sedersi sul seggiolino del piano, sconfitto nell’anima. Sentiva di aver appena perso una grande battaglia.

Non è assolutamente tardi

No Tamaki, non è tardi. Tu ti sei sempre impegnato: hai un sacco di possibilità.
<< Tama-chan? >> chiese Haruhi avvicinandosi all’uomo.
Non le rispose.
<< Toc toc >> diede un paio di colpi alla testa bionda del marito che si ostinava a tenere il capo abbassato.
<< C’è nessuno? >>  diede una carezza alla nuca dell’uomo, che cercò la sua mano. Infilò le dita fra i suoi capelli, massaggiandolo. Tamaki ciondolava la testa ricercando il suo tocco, dimostrando così di gradire quel modo di consolarlo.
<<  Ah, Haru-chan >> proruppe alzandosi e guardandola negli occhi:
blu nel cioccolato;
comprensione nella malinconia;
labbra nelle labbra.
Si staccò quasi subito. Il suo interesse, per il momento, non era approfondire quel bacio.
<< Grazie >>
Dopo quel lieve tocco riaffiorò il sorriso sul volto del Suoh, non era assolutamente tardi.
<< Anzi! E’ presto! >> detto questo si girò con l’intenzione di andare nella camera di Orihime.
<< Hime-chan? >> iniziò affacciandosi sulla stanza dalle pareti lilla, Kyouya aveva trasmesso alla piccola Suoh anche la passione per quel colore.
<< Ti secchi se giochiamo dopo con le bambole? >>
Orihime sollevò lo sguardo, lo stesso sguardo della madre. Gli sorrise.
<< No otoo-san. >>
<< Perfetto! >> e vedendo avvicinarsi Haruhi pensò bene di aggiungere: << Anche perché giocherà okaa-san con te! >> e andò in cerca del figlio.
 
<< Nacchan, eccoti! >> lo trovò seduto sul lettino della sua cameretta dalle pareti azzurre. Non piangeva mica, ma osservava malinconico una foto della famiglia prima che nascesse lui.
<< Cosa ci fai con quella foto? Dove l’hai presa? >> domandò sedendosi accanto al piccolo.
<< La tengo sempre qui in camera, così mi ricordo a chi devo volere bene >> disse paurosamente serio.
<< E allora perché quest’altra è abbassata? >> chiese il padre sollevando una cornice: lo scatto, risalente a quell’estate, ritraeva lui e Shinichi al mare. Il piccolo era seduto sulle spalle del genitore, erano in acqua e si tenevano per mano.
Non gli diede il tempo di rispondere.
<< Sai cosa significa questa foto? >>
<< No.. >> Shin-chan teneva lo sguardo basso, si era un po’ pentito del suo gesto.
<< Significa che oltre a voler bene al tuo otoo-san, devi volerne anche a te stesso. >>
<< A me stesso? Cosa significa? >> si sa che la curiosità appartiene ai bambini. Un bambino curioso è capace di dimenticarsi di tutti i suoi crucci pur di trovare una risposta alle sue domande.
<< Si, se in questa foto - e Tamaki indicò la prima cornice – sono rappresentate le persone a cui vuoi bene, anche in quest’altra deve essere così no? >> forse quella era la prima vera domanda retorica che Tamaki faceva a qualcuno.
<< Si >> addio domanda retorica.
<< E sai in che modo puoi volere bene a te stesso Shinichi? Per esempio, raccontando sempre tutto al tuo otoo-san. >> gli disse sorridendo.
Shinichi abbassò lo sguardo, si girò i pollici e dondolò i piedini: cominciò a singhiozzare. La testolina marrone era scossa da leggeri e silenziosi singulti, la testolina piegata esattamente come quella del padre qualche attimo prima.
<< No, Shin-chan non piangere. Va tutto bene >> Tamaki, senza esitare, afferrò il piccolo per le ascelle e lo fece accomodare sopra le sue gambe; si premurò di asciugare con le sue dita le lacrime del piccino, gli procurò un fazzoletto con cui soffiarsi il naso e carezzò quella testa così simile a quella della mamma infinite volte.
Shinichi, rosso in viso, finalmente parlò: << Otoo-san, io credo che tu e Orihime passate troppo tempo assieme. Io credo che siccome tu sei anche il mio otoo-san ogni tanto devi fare cambio con okaa-san e passare un po’ di tempo anche con me! >> e se aveva iniziato timido, Shinichi concluse indignato dal comportamento del suo otoo-san!
<< In effetti Shin-chan non mi sono comportato bene. Mi perdoni? >>
Il bambino annuì vigorosamente.
<< Il fatto è che.. posso confidarti un segreto? >>
<< Si >> Nacchan era molto serio per i suoi quattro anni.
<< Vedi Shinichi io ho avuto, da piccolo, la fortuna di avere la mamma migliore del mondo. >>
<< Ma è okaa-san la mamma migliore del mondo >>
<< Per te, ma per me era la mia mamma >>
<< Perché? Okaa-san non è anche la tua mamma? >> si vedeva proprio che Shinichi era tutto Tamaki, Kyouya infatti aveva rinunciato da tempo a insegnargli le furberie: con lui non attaccava.
<< No Shinichi, okaa-san è la tua mamma e la mia mogliettina. Comunque, quando ero piccolo io avevo la mamma migliore del mondo! Era bellissima sai, la mia mamma. Aveva i capelli d’oro e gli occhi erano degli zaffiri >>
<< Allora era uguale a Orihime! >>
<< Esatto, e io ero uguale a lei. Quando sono cresciuto ho dovuto lasciarla e al momento dell’addio le promisi che mi sarei preso cura di me e che sarei ritornato a prendermi cura di lei. Trascorrendo il mio tempo con Orihime, che le è così simile, è come se mantenessi quella promessa. Ma adesso mi sono reso conto che tu sei simile a me e io cosa avevo assicurato alla mia okaa-san?>>
<< Che ti saresti preso cura di te!! >> il sorriso contagiò entrambi facendo splendere i loro visi e illuminando particolarmente il volto di Shinichi, ormai ritornato allegro.
<< Adesso capisci Nacchan? Fino ad adesso avevo scordato una parte della promessa ma tu e okaa-san me l’avete fatta ricordare. Quindi adesso smettiamola di essere tristi e troviamo qualcosa da fare! >>
<< Va bene, otoo-san? >>
<< Si Nacchan? >>
<< Quando sarò grande mi racconterai tutta la storia? >> lo sapeva il piccolo Nacchan che prima o poi il suo otoo-san gli avrebbe raccontato tutto e sapeva che doveva semplicemente aspettare un po’.
<< Certo! Quando sarai grande! >>
Tamaki e Shinichi si alzarono, adesso il problema era: cosa poteva fare un padre come lui, con un figlio del tutto identico?
<< Allora Shin-chan, cosa ti piacerebbe fare? >>
<< Otoo-san perché non suoniamo il piano? Sembra divertente >>
Piano? Per caso a Shinichi Suoh.. interessava il piano?
 
Qualche anno più tardi
La famiglia Suoh era riunita a pranzo, essendo domenica era una delle poche volte durante le quali potevano pranzare insieme.
<< Papà, è venuto proprio bene quel vaso quel vaso che hai dipinto l’altra volta! Mamma credo che tu e Shinichi dovreste piantare lì i fiori da regalare a zio Kyouya, un vaso lilla con delle viole.. gli piacerebbe molto! >> esclamò un’ Orihime quindicenne che non aveva perso quella freschezza e vitalità tipiche della famiglia Suoh.
<< In effetti Tamaki, hai usato solo il lilla per quel vaso! >> continuò Haruhi, che improvvisamente scoppiò a ridere assieme alla figlia.
<< Ma cos’avranno da ridere.. >> domandò Shinichi al padre.
<< Ridono per tutto Nacchan, per tutto >> asserì Tamaki che ormai si era arreso di fronte all’evidenza e aveva rinunciato a comprendere i meccanismi del cervello di una donna che decidevano quando ella dovesse ridere o piangere.
<< Piuttosto … non ti ho ancora chiesto come è andata la lezione di piano ieri. Scusami, il lavoro ultimamente assorbe tutto il mio tempo. >>
<< Non preoccuparti otoo-san, la lezione di piano è stata un successo! Senpai Fujiko* mi ha chiesto se il mio fosse talento naturale o se avessi imparato prima con qualcun altro. >>
<< E tu che le hai risposto? >> domandò Tamaki incrociando con la coda dell’occhio prima lo sguardo della figlia, che intanto aveva smesso di ridere, e poi quello di Shinichi. Nessuno dei due gli ricordava un amichevole conoscente.
<< Entrambe le cose. >>
Stava facendo bene il suo lavoro.
 
 
*riferimento alla nota pianista Fujiko Hemming (non preoccupatevi, neanche io la conoscevo fino a qualche giorno fa)
Che dire, questa shot è chilometrica secondo me e possibilmente non tutti i segni di punteggiatura sono messi al posto giusto. Se notate qualcosa di storto mi avvertite?
Grazie ^^
Argentea Michaelis
Ps (Questo è un modo carino per dirvi di recensire ndKyouya)
pps il titolo in viola è stato scelto appositamente per indicare lo zampino del mio Ootori preferito in questa shot.
ppps quando Nacchan si confessa con Tamaki si esprime ovviamente come un bambino di quattro anni, per questo i verbi non sono coniugati alla perfezione.
   
 
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