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Autore: LadyUzumaky    09/06/2011    3 recensioni
Questa storia è ambientata in Giappone durante il terremoto. Breve One-shot su Aka e la sua graduale accettazione a ciò che l'aspetta e a ciò che ha perso.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti ^^ Avevo scritto questa fic per un contest indetto da un forum ed ora eccomi qui a postarla. Mi accorgo ora di quanto alla fine significhi per me. La ragazza della storia, Karin , si ritrova sola, dopo l'accaduto, in un paesaggio surreale. Non vuole rendersi conto della situazione, non vuole a livello insconscio e quindi non riesce a vedere davanti a se. Comunque, ho corretto gli erorri segnalati, ora dovrebbe essere a posto, se c'è altro però ditemelo pure che metto a posto ** Bene vi lascio

Lady


Insieme

 

Sentivo il picchiettio irregolare della pioggia colpire tutto intorno a me,creando un atmosfera surreale. Il cielo nero era ricoperto da nubi gonfie e scure, illuminate da lampi improvvisi, intenti a rischiarare il paesaggio. La cacofonia di suoni che mi aveva avvolta ore prima era sparita, ma quasi come un disco rotto risuonava continua nella mia mente.
Seduta lì, sotto lo scroscio incessante delle nubi, completamente fradicia, fissavo il vuoto, assorbendo le urla, i pianti e il frastuono del crollo degli edifici che ora giacevano come in un film catastrofico d’innanzi a me. Era tutto grigio, spento... finto. Ma era successo davvero. La mia città, dove ero nata, cresciuta, dove avevo intenzione di vivere... non c’era più. Non esisteva più.
Provai a muovermi, dopo ore, ma non sentivo nulla. Il mio corpo era intorpidito, freddo, completamente distrutto. Forse mi ero rotta qualcosa. Gemetti, cadendo in ginocchio, al primo tentativo di alzarmi dalle macerie sporche di quello che prima doveva essere un palazzo. Notai solo in quel momento di avere una gamba incastrata fra due pezzi di cemento.
Mi sentii mancare.
Un filo di ferro arruginito, spessocome un indelebile, mi si era conficcato nella coscia, trapassandola.Urlai, non perché fossi travolta dal dolore, ma proprio perché non ne provavo. Non sentivo nulla. Ero vuota e questo mi spaventava più di ogni altra cosa.
Mi guardai intorno e questa volta riuscii a vedere davvero. Lo stato di trance che mi aveva colpito stava ormai dileguandosi, lasciando scoperta la mia mente alla cruda realtà. Tutti i miei cari erano morti e presto li avrei raggiunti anchio. Una lacrima silenziosa scese sulla mia guancia, aggiungendosi alle migliaia di piccole goccioline d’acqua che impregnavano tutto di me.
Lentamente mi spostai una ciocca fradicia dalla fronte. Urlai di nuovo, volevo qualcuno che mi sentisse, volevo qualcuno che mi trovasse. Un uccello si alzò in volo, ma nulla più. Solo l’eco a farmi compagnia, che impietoso trasportava la mia voce in ogni antro di quella terra
desolata.
La mia terra.

-Ti prego-

Sussurrai provando a spostare il masso, sbucciandomi le mani già provate da tutto ciò, cercando dirimanere lucida. Le lacrime offuscavano la mia visuale e i singhiozzi mi impedivano di ragionare.

-Kami* ti prego-

Ripetei con più forza, con più veemenza, quasi mi aspettassi un miracolo. Che però non avvenne.
Mi accorsi della striscia di sangue, che dalla bocca stava colando sul cemento, quando l’occhio mi cadde sulle mani. Le fissai basita, sopprimendo un altro singhiozzo, portandomi con urgenza le dita alla bocca, come a voler scongiurare ciò che era più che evidente. Il sangue era mio e non proveniva dalla gamba.

- No...-

Gridai, peggiorando la situazione. Fui scossa da uno spasmo e vomitai.

- No, no, no, no, NO!-

Stavo morendo, stavo veramente morendo e non c’era nessuno a cui potessi chiedere aiuto, non c’era nessuno che potesse salvarmi. Non potevo aggrapparmi a nulla. Per me era finita.
Lentamente la mia anima finì in mille pezzi. Qualcosa dentro di me si spezzò e tutto d’un tratto non mi importava più nulla di me stessa. Ripensai alla bimba appena nata dei miei vicini di casa, alla donna che ogni mattina a gran voce chiamava per vendere le sue verdure e pensai a mio fratello.
Mio fratello... Una vena di follia mi scosse, facendo crescere l’ansia dentro di me. Mi agitai, fremendo.

- AKIRAAA!-

Gridai. Gridai il suo nome più e più volte, fino a non avere più voce.
Silenzio.
Ricominciai a piangere non riuscendo ad impedirmi di immaginarmi il suo corpo inerte, sommerso dai detriti.

- Akira...-

Biascicai, senza più forze, lasciando che il fragore di tuoni sommergesse la mia voce.
Ripensandoci non avevo più nulla per cui vivere. La mia casa, la mia famiglia, i miei amici... Non esistevano più.
Alzai lo sguardo al cielo, lasciando che i miei occhi spaziassero in quel nero così terrificante e rassicurante al tempo stesso. Socchiusi gli occhi, sbattendo i pugni a terra, tremando.
Avevo freddo. Sentivo freddo. Tutto il mio corpo sembrava ricoperto di tanti piccoli aghi gelidi, pungenti che mi entravano nella carne, congelandomi.

-’Ka...-

Mi guardai intorno di scatto, facendomi quasi male al collo. Era una voce. Quella era una voce e
non una qualsiasi.

- Akiraaaaaaa!-

Non avevo più fiato in gola, ad ogni respiro mi bruciava e lacerava dall’interno. Era mio fratello, era lui, ed era li vicino a me.
Mi spinsi più che potevo verso quel flebile suono, afferrando con frenesia e panico una pesante lastra di cemento, provando in tutti i modi a spostarla.
Ora ero vigile. Sentivo tuttoattorno a me con una strana solidità, riuscivo di nuovo a percepire il mio corpo.
Mi si mozzò il fiato in gola quando spostai la gamba e mi riversai sui detriti, picchiando la testa. Fu allora che lo vidi, mentre il mio
corpo si muoveva senza il mio consenso, agitandosi sotto gli spasmi delle convulsioni, schiacciato sotto quella lastra che pochi attimi prima avevo provato a spostare.

- Akira-

Riuscii finalmente a dire, mentre gli occhi mi si riempivano ancora di quelle stupide lacrime. Allungai una mano verso la sua e gliela strinsi. Anche il suo corpo era freddo, troppo freddo per una persona viva. Mi morsi il labbro con tutta la forza che avevo per non cedere al pianto. Ricacciai indietro le lacrime e gli sorrisi.

- Ti ho trovato. Ora... staremo per sempre insieme…’kai?-

Socchiusi gli occhi, chiudendoli poi, lasciando infine andare le lacrime che inutilmente avevo trattenuto.





* Kami= è la parola giapponese indicante gli oggetti di venerazione nella fede
shintoista -wikipedia-

Edit: Ho modificato quando lei diceva "Dio ti prego" in "Kami ti prego" come mi era stato detto da un utente perchè più corretto ^^

  
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