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Autore: candidalametta    11/06/2011    4 recensioni
“ti odio”
Lo guardi sedersi con una pesantezza che gli è congeniale, vicino a te, sulla panchina in cui hai scavato il tuo nido da troppe ore ormai.
Hai le ossa anchilosate, eppure riesci ancora a sorridere, anche se la smorfia che solca il tuo viso potrebbe essere definita diversamente.
“lo so”
Perde del tempo per scegliere una sigaretta dal pacchetto sgualcito che si porta dietro.
“allora perché mi hai chiamato?”
“perché sapevo che saresti venuto”
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Shannon Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In questi momenti, quando lo sconforto prende il sopravvento, quando tutto crolla, hai bisogno solo di qualcosa di simile a te.

Vuoi un cuore altrettanto fragile da stringere per qualche minuto.

Gli stessi occhi bui con cui guardare insieme la notte.

Una mano, che porti le identiche ferite, le stesse pieghe infrante sul palmo.

Quella da cui probabilmente hai preso troppo, invece di donare …

 

“ti odio”

 

Lo guardi sedersi con una pesantezza che gli è congeniale, vicino a te, sulla panchina in cui hai scavato il tuo nido da troppe ore ormai.

Hai le ossa anchilosate, eppure riesci ancora a sorridere, anche se la smorfia che solca il tuo viso potrebbe essere definita diversamente.

 

“lo so”

 

Perde del tempo per scegliere una sigaretta dal pacchetto sgualcito che si porta dietro.

 

“allora perché mi hai chiamato?”

“perché sapevo che saresti venuto”

 

Tutto qui, una semplice constatazione, vecchia come migliaia d’anni fa.

 

“tu dai troppe cose per scontate” biascica accendendo una fiamma.

 

Non rispondi, perché in fondo lui è li, ma non è il caso di ribadire l’ovvio.

Non mentre tira il primo fumo della sigaretta, quello più leggero.

Quello che forse non uccide.

 

“un giorno di questi potrei non correre più al tuo richiamo” cerca di intimorirti con la sua migliore espressione da duro.

Gli occhi falsamente affilati di nocciole e fronde.

 

“stai tranquillo” lo rassicuri, stirandoti lievemente un braccio da sotto la leggera mantella di lana, “molto presto non sarò più in condizione di farlo”

 

Lo vedi soppesare l’aria della sua ultima boccata come se fosse molto più pesante di semplice nicotina e cielo pesante di ottobre.

 

“stai male?”

 

Sorridi, poggiandogli una mano sul grosso avambraccio, è molto più imponente adesso di quando scorreva nudo sotto le tue dita, molto più segnato di quando un tempo ormai molto lontano, aveva solo i riflessi ambrati di una pelle abbronzata, senza schizzi di inchiostro sotto l’epidermide.

 

“non ancora … ma è difficile dirlo adesso quello che succederà domani” gli sorridi convincente, come se lui stesso non lo sapesse.

 

Urtandosi l’anima nella speranza di non dare troppo peso alle parole.

Non sentirne il piombo.

 

“per esempio … fino a qualche anno fa chi avrebbe mai detto che avresti raggiunto questa notorietà?”

Grugnisce, osservando torvo il selciato della villetta dove vieni quasi tutti i giorni ormai.

“chi l’avrebbe mai detto che ancora oggi, dopo tutti questi anni io ti avrei rivisto ancora …” sorridi poggiandoti alla sua spalla, chiudendo gli occhi.

Sentendo il profumo che ti ha cercato troppe notti, impedendoti di addormentarti e basta.

Rimanere sveglia insieme alla luna per chiedergli ancora di entrarti dentro.

Lasciargli un altro solco sulla schiena e un bacio, dove è meglio non ricordare, mentre anche lui ti avvolge, perdendosi nello stesso ricordo.

 

“sai che non ti negherei nulla” sussurra, così vicino da sembrare vero, “sono così legato a te …”.

Sorridi, grattandogli leggermente il mento ruvido di una barba incolta di qualche settimana, “riesci ancora a dire cose così sdolcinate alle signorine?” ridacchi mentre senti un po’ di calore affluirgli alle guance sotto la tua mano.

Irrimediabilmente coperta dalla sua.

 

“no” sussurra a se stesso, “non ho più il coraggio di farlo”

“dovresti” replichi dura, “ora che sei ancora in tempo”

 

Lo senti spostarsi, prenderti le spalle tra le grandi mani e girarti verso di lui, per guardarlo in volto, e trovare quell’espressione di colpevole richiesta che è identica al vostro ultimo giorno insieme.

 

“non dire così” brontola irritato, “come se fosse troppo tardi … come se noi …”

 

Ridi stavolta, e il tuo corpo scosso dalle risate fa scivolare le sue mani da te, permettendoti di prendergliele, stringerle un attimo tra le tue mentre lo guardi negli occhi, per ricordargli la verità.

 

“il mio tempo è perduto Shannon”, sorridi, “noi, era molto prima di tutto questo, e non mi dispiace, perché ora capisco che era davvero tutto quello di cui avevamo bisogno, quando tu eri solo un ragazzo e io …”.

Una piega dolce gli schiude le labbra.

 

“la donna più bella che avessi mai visto” sussurra al tuo viso.

 

“lo ero davvero?” chiedi con falsa modestia mentre lui ride, di una malizia che in fondo non è legata a nulla se non a te stessa.

 

“sono vecchia Shannon” ricordi alla luce cangiante dei suoi occhi.

 

Le sue mani forti si sfilano agilmente dalle tue, che tremano appena, inconsciamente.

 

“non è vero” brontola irritato, “siamo in America dannazione, in questo paese si è giovani per sempre! Ho visto attrici alla tue età comportarsi come adolescenti e sembrarlo persino, invece tu …”

“io ho scelto di crescere” lo rassicuri mentre le sue dita tracciano il profilo delle labbra chiare, le rughe che si accavallano dove i sorrisi sono stati numerosi.

“ma credo che questo vada oltre le tue possibilità Shan, hai un patrimonio genetico che ti impedirà di dimostrare la tua età per molti anni”.

 

Aggrotta le sopracciglia mentre osserva il cartellone pubblicitario davanti a lui.

 

“è mio fratello a sembrare un bambino” sospira pensoso, “io sto già ….”

“mostrando il meraviglioso uomo che sei Shannon” gli ricordi ammonendolo con un dito, “e sarai così bello per molto tempo … perché tu sei amato, è la dannazione degli uomini famosi” sorridi divertita.

 

“io ti amo” ti risponde cheto, come se questo potesse bastare, e riportarti indietro, quando i tuoi capelli non erano chiari di bianco ma di biondo.

 

Quando il tuo corpo era solo tuo e non di ogni candelina in più sulla torta di compleanno.

 

“no Shan” gli ricordi guardandolo con quello che ora sai essere affetto, “io ti ho insegnato l’amore, ti ho insegnato a farlo, ti ho insegnato a goderne, ti ho donato tutto quello che la mia esperienza poteva offriti prendendo un prezzo molto alto che oggi rimpiango di averti chiesto”.

 

Il suo profilo è la lama delle tue colpe.

 

“io ho la tua ingenuità, la tua dolcezza, la tua innocenza. Io ho la tua verginità … e non parlo solo di corpo, perché lo so che prima di me non hai condiviso il tuo cuore con nessuna. So che ciò tutto che sei, quello che hai provato durante la tua vita per qualcun altro è dipeso da me, da come mi sono comportata quando ancora mi sentivo dio e tutto il mondo era il mio paco giochi”.

 

Abbassa gli occhi, solo perché tu possa rialzargli la testa e guardarlo davvero, senza mezze misure.

 

I suoi occhi sfumati, quelli che una volta su di te avevano grandi speranze.

“e mi dispiace” gli sussurri pentita, “perché avrei dovuto lasciarti un margine d’errore, qualcosa a cui aggrapparti per capire che non era stata colpa tua, che amare non vuol dire usare  a piacimento con una briciola d’affetto come ricompensa”.

 

Lo guardi, ed è come se guardassi te stessa, quella te che forse ancora vive in paesi di fantasia, dolci e carezze ingenue.

 

Quella che non sei.

 

“perdonami”

 

Ti abbraccia di slancio, facendoti perdere tra il petto ampio e il collo muscoloso che riconosci ancora nella forza del movimento.

 

“ok” riesce a sussurrarti tra i capelli.

 

Gli accarezzi la schiena a lungo prima di staccarti piano e sorridergli.

 

“adesso va via Shan”, lo congedi dolcemente, mentre lui rimane a guardarti, come se ci fosse ancora una possibilità su un milione che il tempo si riavvolga e tutto torni come non potrà più essere.

“lascia in pace questa vecchia signora” fingi di rimproverarlo mentre si costringe ad allontanarsi, a spalle curve, come se gli avessi rubato un giorno in più della sue eterna giovinezza.

 

Lasciandoti una sua sigaretta che ti gusterai lentamente.

 

Pensando a lui.

 

 

N.D.A.

Ho la pelle bianca io, di vent’enne dalla carne tenera e il cuore di specchi.

Ho visto la città addormentarsi ai miei piedi un paio di lune fa, le strade deserte e i pensieri degli altri in pausa fino al giorno successivo.

Io no.

Io pensavo.

A ciò che sono, a quello che diventerò.

A quello che mi aspetta o che non mi aspetterà se continuo a restare immobile sul ciglio del burrone.

Ho pensato troppo quella sera e ho pianto.

Poi con gli occhi lucidi sono tornata a ballare.

E la musica alta e le luci d’acciaio mi hanno ridato la mia maschera.

Perché a volte la notte serve solo a raccogliere la malinconia di una vita breve che si crede antica.

 

 

  
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