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Autore: vale_cullen1992    12/06/2011    11 recensioni
Dopo "Scommettiamo?", eccomi di ritorno con un'altra storia un pochino più seria ma pur sempre nel mio folle stile!
Isabella Swan è una ragazza semplice, non ha nemici o rivali. Una vita dedicata allo studio per perseguire il suo sogno di frequentare un prestigioso college e di fuggire dalla tetra Forks. Ma un bel giorno arriva nella sua scuola Edward Masen, un ragazzo dall'aspetto bellissimo ma dal carattere incomprensibile.
Bella è attratta da quel ragazzo schivo e sciocco che tenta con ogni mezzo di tenerla lontano da sé, e cerca con tutti i modi possibili di far breccia nel suo emblematico cuore.
Ma perchè Edward fa' così? Cosa nasconde quel misterioso ragazzo?
Una verità sconcertante attende Bella quando scoprirà il mistero, una verità capace di distruggerla e annientarla per sempre. Ma l'amore... l'amore può sopravvivere anche alla morte?
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Together Forever.

Capitolo Uno: l’inizio di tutto.

Forks high School.
13 Settembre 2011.

- Bella! Ehi, Bella! –
Mi bloccai sentendomi chiamare, le mani ancora ferme nell’atto di cercare il libro di biologia dell’ultimo anno. I corridoi della scuola erano gremiti di ragazzi, studenti affaccendati che correvano da una parte all’altra in attesa della prossima lezione. Sembrava quasi di essere all’interno di un grosso formicaio, dove piccole creaturine correvano affaccendate qua e là.
- Jessica! –
Salutai con un sorriso tirato la Stanley, una mia compagna di corso. Con lei frequentavo quasi tutte le ore scolastiche, era una ragazza pettegola e opportunista. Non era esattamente la mia migliore amica, tutt’altro. Una convivenza forzata ed un gioco di falsi sorrisi caratterizzava il nostro rapporto.
Eravamo la prova che non sempre gli opposti si attraggono e vanno d’amore e d’accordo.
- Indovina un po’, ho una news! – cinguettò allegramente gettandosi lo zaino fucsia sulle spalle e sorridendo con il suo ormai famoso sorriso da squalo.
Le sue news erano solitamente dello stesso genere, “tizio si è messo con tizia” e “tizia l’ha tradito con tizio”. Avrebbe dovuto dirigere un gazzettino o roba simile, con la quantità sproporzionata di pettegolezzi che riusciva ad ascoltare in giro per la scuola. – Dimmi. – la esortai senza il minimo entusiasmo riprendendo la mia ricerca del libro.
- C’è un nuovo studente! – annunciò allegramente, avvicinandosi a me con fare cospiratorio. La cosa patetica era che ancora non aveva capito che non mi importava niente di quelli che lei chiamava pettegolezzi succulenti, io vivevo in un mondo tutto mio che non dava importanza a scempiaggini simili.
Sollevai un sopraciglio, osservandola stralunata. – E quindi? –
- Come sarebbe a dire “e quindi”? Andiamo, questa è una notizia succulenta! – ribatté quasi offesa dalla mia totale mancanza di entusiasmo.
Scossi la testa, afferrando il libro e chiudendo con un tonfo sordo l’anta in metallo. – Jessica, a me non sembra una notizia poi così interessante. D’accordo, c’è un nuovo studente, ma non vedo cosa ci sia di così unico e nuovo. Arrivano nuovi studenti praticamente ogni settimana, no? –
- Ma non ti ho detto tutto, mia cara. – ghignò seguendomi verso l’aula di biologia. – Il nuovo arrivato sembra essere parecchio affascinante e avvolto da un’aura di mistero. A quanto pare Angela l’ha incontrato mentre consegnava alcuni documenti in segreteria e ne è rimasta parecchio colpita. –
- Ma non mi dire. – borbottai senza interesse alcuno. Doveva forse interessarmi che Angela era rimasta colpita dal nuovo arrivato? Mah.
Jessica mi scoccò un’occhiata astiosa, superandomi e entrando in classe. Benedetta ragazza, se non aveva la sua dose personale e giornaliera di gloria non andava bene. Peccato che a me dei suoi pettegolezzi e borbottii interessasse poco. Praticamente niente.
Entrai nel laboratorio di biologia, storcendo il naso a causa del penetrante odore di disinfettante presente nell’aria e dirigendomi al mio posto, nell’ultima fila. Sedevo da sola e la cosa non mi dispiaceva affatto, evitavo seccature inutili come compagni ignoranti e scansafatiche.
Come Mike Newton, ad esempio.
Mike si avvicinò con un sorriso radioso sul viso da bambino perennemente illuminato. Era sempre stato un ragazzo abbastanza infantile e sciocco, ma almeno era privo della malizia che accompagnava persone come Jessica.
- Eccolo qui il nostro piccolo chimico! – ammiccò facendo il simpatico. Tentando, magari, perché di simpatico aveva ben poco. Okay, forse ero una persona un tantino acida con il prossimo, ma quello che volevo era solamente essere lasciata in pace.
È chiedere troppo?
Sorrisi falsamente, sollevando il capo a mò di saluto. – Mike, ehi. –
Si sedette accanto a me, approfittando della momentanea assenza del professor Molina e si piegò con fare amichevole verso di me. – Sai, stavo dando uno sguardo alla programmazione settimanale del cinema, giù a Port Angeles. Danno “Dear John”, ho sentito che è un film che va forte tra voi ragazze e mi chiedevo se ti andrebbe di venirlo a vedere con me. –
Mi imposi con tutta me stessa di non alzare gli occhi al cielo, mentre ascoltavo la sua ennesima proposta. Malgrado lo avessi rifiutato più volte non si dava per vinto, risultando parecchie volte pesante.
Mentre il mio cervello lavorava ininterrottamente per cercare una risposta più o meno gentile, dalla porta fecero la loro comparsa il professore e il nuovo arrivato.
- Ne parliamo dopo. – sussurrò Mike, sgusciando velocemente al suo posto prima di darmi il tempo di liquidare la sua idea.
Con un sospiro tremolante focalizzai la mia attenzione sul tanto decantato nuovo arrivato, rimanendo per un attimo paralizzata.
Oh. Oh! Oh!
Wow!
Per una volta Jessica aveva ragione!
Accanto alla cattedra svettava un ragazzo dai tratti distinti e decisamente affascinanti, i capelli bronzei erano abbastanza lunghi e portati disordinati, gli occhi erano di un intenso color smeraldo e le labbra erano piene, arricciate in un sorriso divertito.
L’abbigliamento… beh, era piuttosto bizzarro per un ambiente come Forks. Jeans chiari strappati ad arte, Converse nere e rovinate e tshirt scolorita blu notte. Sembrava trasandato, peccato che questo dettaglio non facesse che giovare alla sua figura mozzafiato.
Il professore tossicchiò, attirando la nostra attenzione. – Ragazzi, questo è Edward Masen. Salutatelo, prego. – ordinò, togliendo spontaneità ad un gesto altresì naturale.
Un coro di voci si alzò, mentre tutti quanti salutavamo il nuovo arrivato. – Signor Masen, vorrebbe presentarsi? Così, per fare conoscenza. – sorrise con intenzione il professore.
Il nuovo arrivato – Edward – annuì, voltandosi verso di noi e sorridendo con strafottenza. – Sono Edward. Piacere. –
Storsi la bocca, aspettando. Insomma, quella non era mica una presentazione, si supponeva che dicesse qualcosa e il suo nome l’aveva già detto il professore.
- Prego Edward, continua. – lo incitò Molina.
Masen scrollò le spalle, guardandolo seccato. – Ho finito, professore. E poi non mi va proprio di togliere del tempo prezioso ad una lezione interessante come questa. – recitò con un sorriso smagliante e da capogiro.
Il professore tentennò un attimo. – Beh, è anche vero che non posso mica obbligarti a raccontarci vita e miracoli. Se per lei va bene, può andare a sedersi vicino la signorina Swan. Inizieremo la lezione. –
Sobbalzai. Dannato Molina! C’erano altri posti vuoti, perché diavolo aveva scelto il mio banco? Se Masen si fosse seduto accanto a me mi avrebbe solamente distratta, facendo sì che la mia media scolastica si inclinasse.
Ragazzi come lui erano solo fonte di distrazione e io non avevo di certo bisogno di quel genere di problemi.
Masen annuì, sistemando lo zaino sulle spalle e sfilando lungo la fila di banchi sino al mio, attirando l’attenzione di tutte le ragazze presenti, che si sporsero sfacciatamente ad osservare il suo sedere con occhi sognanti.
Senza degnarmi di uno sguardo si sedette accanto a me, aprì la borsa e tirò fuori un quaderno e una penna.
Iniziavamo male, malissimo. Non aveva avuto nemmeno il buon senso di presentarsi, incredibile!
Mi schiarii la gola, attirando la sua attenzione. – Io sono Isabella, ma gli amici mi chiamano Bella. Piacere. – sorrisi tendendoli la mano.
Non la prese.
Si limitò a osservami con un’irritante aria di superiorità, facendo indugiare il suo sguardo sullo scollatura della mia maglietta e sorridendo strafottente. Arrossii senza poterci fare niente, quello sguardo era fin troppo aguzzo e attento.
- Piacere, Isabella. – calcò sul nome, senza usare l’abbreviativo che usavano tutti i miei amici. Il messaggio era chiaro, non voleva avere niente a che fare con me.
Inspiegabilmente mi sentii delusa, ma lo mascherai perfettamente. Era lui che ci perdeva, mica io!
- Bene, possiamo iniziare la lezione. Vi informo che da oggi, per due settimane, ci sarà un progetto a coppie e che sarà definitivo nelle vostre medie finali. –
Un coro di proteste si levò con un calore da togliere il fiato. Non poteva dire sul serio, la mia intera esistenza si basava sulla mia media scolastica e Molina cosa faceva? Trovava un modo per distruggerla!
- Silenzio! – tuonò con furia. – Vi ricordo che l’insegnante qui sono io, portate rispetto! Non vi stavo chiedendo un’opinione, è un attività che farete, che vi piaccia o no. – sibilò facendo calare un silenzio tombale.
Il mio compagno, Edward, rimase impassibile, come se a lui quel progetto non interessasse minimamente. In effetti, sembrava indifferente a tutto e tutti.
Beh, a me non importava affatto. Sollevai la mano, attirando l’attenzione del professore e decidendo di non rimanermene buona e zitta a subire quell’ingiustizia. Non avrei mai accettato una cosa del genere! Il mio sogno era andare ad Harvard e non avrei permesso a quello stupido professore di distruggerlo senza pietà.
- Professor Molina, non mi trova d’accordo. – annunciai alzandomi in piedi.
Sollevò un sopraciglio, perplesso. – Ah no? E su cosa, esattamente? –
Mi feci forza, raccogliendo tutto il coraggio di cui disponevo e affrontando a muso duro la situazione. – Lei sa quanto per me sia importante conservare una buona media scolastica, mi serve per accedere alle università da me prese in considerazione. Mi spiace, ma non credo sia corretto che la mia media venga compromessa a causa di questo progetto. –
Mentre parlavo sentii un pizzicore alla nuca, come se qualcuno mi stesse trafiggendo con lo sguardo. Mi girai alla mia destra e… ah, avevo ragione! Edward sembrava augurarmi una morte lenta e dolorosa.
- Signorina Swan, credevo che su quel punto fosse tutto chiaro: questo è un progetto che non ammette discussioni. –
- Professore… - prese la parola il mio brillante e loquace compagno di banco. – Io credo che la Swan abbia ragione. Non è mica giusto che lei debba andare male proprio a causa mia! – ironizzò con un irritante ghigno sul viso, tipico di chi sta per fare sacco matto al re.
- Edward, ma a Chicago avevi i voti più alti dell’intero corso! Isabella dovrebbe esserne lusingata! – obbiettò Molina.
Impallidii, sentendomi peggio di quando uno schiaffo colpiva il viso di una ragazza indifesa. Dio, avevo fatto una figura assolutamente orribile e oltretutto Edward sembrava gongolare soddisfatto.
Che pasticcio!
Mi sedetti goffamente al mio posto, desiderando ardentemente sotterrarmi sotto le mattonelle azzurre della classe, sparire e non tornare per almeno tre secoli.
Molina scosse la testa, lanciandosi in una emozionante descrizione del nostro progetto. – Le malattie. Ecco su cosa si baserà la vostra ricerca! Ognuno di voi dovrà scegliere, in accordo con il proprio compagno, una malattia. Dopodichè presenterà una ricerca che parlerà di come si sviluppa il virus, che effetti ha sul paziente, come e se può essere curata, come si trasmette e via dicendo. La presentazione sarà visiva, a voi scegliere il programma con cui realizzarla. Se volete potete anche allegare la visione di un film, a tema con la vostra ricerca. –
- Qui. – tirò fuori un fascicolo di fotocopie. – C’è la lista delle malattie che potete scegliere. –
Le tese a Mike, che iniziò a distribuirle ai vari alunni. Diedi una rapida occhiata alla lista. – Leucemia. – dissi a colpo sicuro voltandomi poi verso Edward.
Stringeva forte le nocche, diventate bianche come il gesso. Che diavolo aveva? Non mi sembrava di aver fatto chissà cosa di grave, avevo solamente proposto una malattia. Okay, forse l’avevo imposta.
Ma che importava?
- La leucemia no. – sibilò fulminandomi con i suoi occhi verdi.
Storsi la bocca, sentendo l’irritazione salire. Non avremo mai trovato un accordo, me lo sentivo. – Perché no? Ci sono anche un sacco di film da visionare per allegato. È la malattia perfetta! –
Edward mi guardò con occhi spiritati, quasi volesse urlarmi contro. – Ho detto… la leucemia… NO! – ringhiò spaventandomi.
Portai le mani avanti, mostrandomi arrendevole. Al diavolo, non potevamo mica rimanere lì a discutere tutta la mattina! – Bene, allora decidila tu. – sibilai.
Mi scoccò un’altra occhiataccia, scorrendo la lista con lo sguardo. – L’AIDS. – annunciò infine.
Scossi le spalle, assolutamente indifferente alla sua scelta. – E per il film? –
- Mai sentito parlare di Filadelfia? Il film con Tom Hanks? –
Iniziavo ad odiare quel suo irritante ghigno, sembrava sfottermi con ogni respiro e ogni cellula del suo corpo. Sembrava il classico ragazzo convinto di avere il mondo in pugno e la cosa poteva solamente irritarmi.
- Si, l’ho visto. – riuscii a dire, la mascella talmente tesa e stretta che rischiavo di distruggermi qualche dente.
- Bene. – commentò, prendendo un foglio e iniziando a scriverci sopra chissà cosa. Decisi di ignorarlo. Anzi, non è che lo decisi. Edward sembrava deciso a comportarsi come se io non esistessi, io mi adattavo solamente.
Maledii Molina.
Come poteva essere stato così insensibile? Maledetto!

***
- Sono a casa. – annunciai lanciando lo zaino a terra e cercando mio padre Charlie, il capo della polizia di Forks. Mia madre, Renee, si era risposata con un giocatore di baseball e io ero andata a vivere con mio padre, così da lasciare ai due piccioncini il loro spazio.
- Ehi, ciao. Com’è andata? –
Una merda, fui tentata di rispondere. – Una meraviglia. Mi sento tanto Alice in Wonderland, infatti. –
Mio padre rise. – Devo dedurne che qualcosa non va, sbaglio? –
Sbuffai. – Se così si può dire. Molina mi ha affiancato un ragazzo antipatico, scorbutico e altezzoso. Non poteva capitarmi di peggio, te lo assicuro! –
- Beh. – tentò di mediare. – Magari puoi sempre iniziare tu a essere gentile con lui, no? –
- Io sono gentile! -  mi difesi con forza, arrossendo lievemente quando mio padre mi guardò compassionevole. La mia vita non era mai stata un granché, specie con una madre che da un giorno all’altro decide che la vita matrimoniale non fa per lei e sparisce nel nulla. Nessuno può biasimarmi se il mio non è esattamente il carattere da orsetto coccoloso!
- Non lo metto in dubbio, tesoro. Ma devi riconoscere che più di una volta tendi ad esagerare. – sollevò le mani in segno di resa quando i miei occhi lanciarono lampi e fiamme. – Come non detto! –
Cercando di non dare troppo in escandescenza mi sedetti, raccogliendo le mani sotto il mento e assumendo un’espressione imbronciata. – Tu sai quanto io ci tenga a diplomarmi con il massimo dei voti, è sempre stata una priorità per me. Non mi è mai importato di ragazzi, feste e scemenze varie. Molina è stato crudele a organizzare una cosa simile, è un vero e proprio colpo basso. – protestai con veemenza, colpendo il tavolo con un pugno e facendomi un male del diavolo.
- La tua mancanza di vita sociale non è qualcosa di positivo, Bells. Forse questo progetto ti aiuterà ad essere più espansiva, a farti degli amici. – provò cauto mio padre, osservandomi con sguardo compassionale.
Ci si metteva anche lui, ora?!
Con mal trattenuta furia mi alzai in piedi, voltandomi e salendo a passo di marcia le scale. La mia camera era in fondo al corridoio e quando vi entrai chiusi la porta con un boato che fece tremare le finestre e i sopramobili della mia camera.
Odiavo quella situazione e ancora di più il fatto che mio padre mi considerasse una sfigata senza amici ne vita sociale. Certo, quella non era che la semplice realtà, ma sentirselo dire da un genitore bruciava comunque.
I genitori dei miei compagni di corso avrebbero pagato per avere una figlia diligente e studiosa come me, mentre mio padre mi riservava cupe occhiate di palese amarezza e compassione.
Che assurdità, pensai osservandomi allo specchio e asciugando una lacrima birichina. A me non importava niente di quello che gli altri pensavano. Ero al mondo ed ero fatta così, preferivo di gran lunga essere me stessa e non piacere a tutti, piuttosto che indossare una maschera e fingere.
Non l’avrei fatto nemmeno sotto tortura!
 
 
   
 
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