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Autore: starcrossed    12/06/2011    1 recensioni
In un giorno di pioggia, sbiadito come una fotografia, Louis da un passaggio in macchina a uno Ian fradicio e un po' troppo fragile - così fragile da amare solo per una notte e sparire il mattino dopo.
Otto anni dopo, Louis è il vocalist di successo di una band; ogni suo testo, ogni sua canzone ruota intorno alla figura di un amore misterioso e senza tempo. Così, mentre la sua vita si staglia tra successi professionali e proibizioni da star, quella di Ian, in parallelo, si muove assieme alle canzoni scritte per lui. Attorno a entrambi, ruotano una vastità di personaggi dalle esistenze ellittiche, confusionarie; ma ogni tassello, sotto il cielo plumbeo di Seattle, ha il suo posto. E i mondi di Louis e Ian sembrano destinati a incontrarsi di nuovo...
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo

 

 

 

 

 

Louis non aveva mai visto niente di così bello in vita sua.

Aveva sempre vantato di essere un’esteta – di trovare la giusta misura del sublime in ogni cosa. Ma, steso tra le sue braccia, Ian era semplicemente troppo.

Era una cosina piccola, un groviglio di ossa e pelle chiara macchiata di lentiggini sulle spalle esili e sul petto glabro; aveva poca peluria bionda sui polpacci, sulle braccia e sul sesso, ma una zazzera disordinata gli copriva la testa come una carezza d’oro. Aveva le ciglia semichiuse, mentre l’arco delle sopracciglia disegnava sul suo viso un’incauta serenità; e sembrava quasi in procinto di addormentarsi, le labbra rosse appena dischiuse come fossero un fiore.

Louis non riusciva a smettere di guardarlo e, intimamente, a considerarsi fortunato.

Lo aveva trovato per caso, quel ragazzino; mentre passava sulla sua Fiat panda scassata costeggiando il marciapiede.

Fuori pioveva e lui stava lì, correva vicino al finestrino; indossava un impermeabile azzurro e aveva la frangetta appiccicata alla fronte, mentre i jeans erano divenuti di qualche tonalità più scuri.

Louis aveva accostato, tirato giù il finestrino e gli aveva chiesto se avesse bisogno di aiuto; e Ian aveva risposto che aveva paura dei fulmini, ed era bisognoso di un posto dove ripararsi.

- Le macchine sono il rifugio più sicuro. Se dovesse cadere un fulmine sulla macchina, l’elettricità scivolerà fuori e le gomme scaricheranno a terra. – aveva spiegato. Allora era ancora uno studente in fisica, se la cavava abbastanza bene coi fenomeni naturali.

Ian, per qualche oscuro motivo – forse un’incoscienza naturale – aveva accettato. Erano arrivati fino all’appartamento di Louis, avevano preso una cioccolata, parlato con naturale cortesia del più e del meno.

Poi Ian aveva appoggiato la tazza sul tavolo e ne aveva percorso la circonferenza, per arrivare a sedersi sulle ginocchia di lui; dimentico dell’incoscienza e dell’ingenuità di poco prima, aveva fatto scivolare una mano sotto ai jeans di Louis, e ne aveva stretto il sesso con dolce decisione.

Il resto era venuto da sé; e ora, tra quelle coperte, Louis era sicuro di aver trovato la sua anima gemella nell’arco di nemmeno ventiquattr’ore.

Era in qualche modo sicuro di sapere tutto di Ian; ogni cosa che lui aveva vissuto era impressa sotto la sua pelle, come fosse un codice in braille. Percorrendo la curva della schiena dorsale, il giovane era sicuro di essersi appropriato di tutti i ricordi dell’altro. Come se in quelle piccole insenature, in quelle curve appena accennate fossero depositati strati di passato più o meno trascendentali, e altrettanto inarrivabili.

- A che pensi? – domandò Ian, senza aprire gli occhi.

Erano occhi blu, questo Louis lo aveva notato. Blu scuro, senza sfumature, senza la benché minima esitazione nascosta nel tratteggio dell’iride.

- A te. E a me.

- Ti sei pentito di essere venuto a letto con me? Non sono stato bravo?

Aveva spalancato gli occhi, come un bambino indifeso, e affondato i polpastrelli nella spalla di Louis, come a volersi aggrappare debolmente.

- No, no. Sei stato fantastico. Decisamente il miglior sesso della mia vita.

Louis sorrise, scansandogli una ciocca di capelli da davanti alla fronte; e Ian tentò di baciargli i polpastrelli, di mordicchiarli tra i piccoli dentini chiari.

- Piuttosto – continuò l’altro, senza mai smettere di farlo giocare con le proprie mani – Non dovresti fidarti così del primo che passa, sai? Potevo essere un maniaco. Un killer.

- Ma non lo sei. E poi te l’ho letto negli occhi.

A quel punto, Louis alzò un sopracciglio, accennando un sorriso ironico; non aveva mai creduto a quel genere di cazzate sentimentali. Eppure sentirle dire dalle labbra di Ian muoveva uno strano tumulto interiore dentro di lui, come se ci fosse qualcosa di irrisolto: una sorta di piccola, labile speranza di fondo, accesa come un fiammifero in una stanza buia.

- Che vorresti dire? – domandò, senza riuscire a trattenere una nota di curiosità mista a quel crescente senso del dubbio.

- Che tu già mi ami, vero? Lo sai. Lo hai saputo da subito, non appena mi hai visto dietro il vetro hai capito che ero io che stavi aspettando… ero tutto quello di cui avevi bisogno. E io l’ho capito subito che si trattava di te, dal modo in cui mi hai chiesto se c’era qualcosa che non andava. Come se fosse la cosa più importante del mondo, capisci?

- Forse perché in quel momento esistevi solo tu – provò a controbattere Louis, mentre Ian affondava ridendo la faccia nel cuscino.

- E’ stato un momento solo mio, ma tu ci sei entrato dentro, lo capisci? Con una violenza inaudita, mi hai perforato l’anima. I frammenti dei tuoi occhi sono l’esoscheletro della mia anima… io lo so.

Louis non poteva fare a meno di avere paura e, nel contempo, guardarlo estasiato.

Perché Ian sembrava vivere in un mondo diverso, muoversi su una frequenza diversa e assurda; era la linea impazzita di un elettrocardiogramma, che sprizzava luce e vita da tutti i pori.

Il ragazzo sentì la necessità ancora una volta di baciarlo, per prendere da quella bocca una forma indiretta di linfa vitale; sentì il biondino abbandonarsi tra le sue braccia, distendendosi piacevolmente, e poté finalmente appoggiare la testa sul suo petto.

- A che ora devi svegliarti domani? – domandò ridendo Ian, passandogli una mano tra i capelli.

- Alle nove e mezza.

- Allora per quell’ora ti preparerò la colazione. Mangi le frittelle con le mele, vero?

- Assolutamente.

Una carezza, un’altra carezza, e un’altra ancora e Louis si sentiva chiudere gli occhi. Il calore della pelle di Ian sembrava trasmettersi al suo corpo come tramite onde elettromagnetiche; e ben presto, si ritrovò a lottare  per rimanere sveglio.

Ma il più giovane cominciò a cantargli una ninna nanna – una strana nenia che non sembrava nemmeno inglese, ma piuttosto qualche lingua slava; e proprio mentre questo dubbio gli tormentava piano le sinapsi, il sonno arrivò chiudendogli gli occhi del tutto.

 

 

 

L’indomani mattina, sulle lenzuola era rimasta solo una macchia di sperma e l’incomprensibile freddo dell’assenza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

_

 

Salve a tutti!

In realtà non ho molto da dire… questa non è la mia prima storia, ma è la prima che pubblico qui. Anche perché sono molto timida, quindi c’è sempre un po’ di *ansia* da prestazione ogni qualvolta che pubblico qualcosa di mio.

Non so se riuscirò a scrivere questa storia come voglio io. Spero di riuscire a dargli un assetto decente, questo sì.  

E niente, ecco. Non siate troppo feroci nei commenti, specialmente con Ian. E’ un po’ un disastro, ma se vorrete seguirmi col tempo lo capirete anche voi.  

Kiss kiss =)

 

   
 
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