Serendipità
Serendipità: lo scoprire
qualcosa di inatteso e importante che non ha nulla a che vedere con quanto ci
si proponeva di trovare o con i presupposti teorici sui quali ci si basava.
Why does it rain, rain, rain down on Utopia?
Why does it have to kill the ideal of who we are?
Why does it rain, rain, rain down on Utopia?
How will the lights die down, telling us who we
are?
Within Temptation – Utopia
Mosca è
un’immensa ed impenetrabile capitale di specchi e ricordo.
Le sue
strade, battute da un gelido vento invernale, paiono lunghi serpi d’argento
arroccati in quella metropoli deserta, un grande involucro morto a nascondere
l’attività febbrile racchiusa al suo interno.
Non c’è
nessuno a camminare lungo le sue strade. Solo un piccolo campanello colorato,
un gruppo di giovani armati di sciarpe e cappotti per combattere il freddo sta
ad ornare come un piccolo contributo umano i pertugi ghiacciati della grande città
attraversata dal dirompente fiume Moscova.
Sono in
cinque. Due di loro, gli unici ragazzi, si somigliano in maniera
impressionante. Sono i gemelli Chopiak. Entrambi
hanno un’indomabile chioma castana e profondi e ridenti occhi color miele. Uno
di loro tiene tra le dita una sigaretta.
È un
piacere proibito, una contravvenzione agli ordini dei padri. Le sigarette sanno
di pericolo, di sfida, di arroganza. Sanno di America. E l’America è la nemica di ogni onore.
Accanto
al gemello più giovane, nato due minuti dopo il fratello, sta una ragazzina
minuta avvolta in un grande cappotto di lana grezza color pesca. Si chiama
Lara, e ha tutto il futuro adagiato sulle palpebre. Le sue labbra rosse ridono
e profumano di vino.
Accanto
a lei, appoggiata al piede sinistro, vi è Artemiya.
Sta in silenzio, sorridendo delle battute comiche dei gemelli. Una lunga
treccia dorata le attraversa la schiena, spezzando il blu notte del suo
cappotto. Ha il naso rosso per il freddo intenso.
In una
tasca tiene la mano congelata della giovane che l’affianca. I suoi capelli
corvini sono più belli e preziosi della più rara pietra d’Oriente. Ride una
risata argentina, civettuola e intrigante, che nasconde la sua grande
intelligenza mascherandola per leggerezza.
Magdalina a tratti guarda il viso di Mia, e interrompe le risa per
sorriderle affettuosamente e darle un colpetto con la mano posta al sicuro nel
suo cappotto.
Le voci
dei giovani mitigano il profondo silenzio di quella città immobile e spettrale.
Non vi sarebbero altri colori all’infuori del bianco e di qualche pennellata di
marrone e grigio se non ci fossero loro là, a scaldare per qualche minuto le
vie innevate di Mosca.
Non vi
sarebbe suono alcuno, o ombra, o movimento all’infuori di quelli disseminati in
giro da spettri e dannati se non fossero lì loro a dare a tutto un nuovo
briciolo di…magia.
Magdalina tira lievemente una ciocca di capelli biondi di Mia. Lei si
volta, vede il suo sguardo da gatta e si lascia abbracciare. Avverte il calore
cheto di quel corpo femminile, e si fa cullare da tutto quel senso di bisogno
che traspare dalla figura di Mag.
Un
altro scoppio di risa, un altro candore a ricoprire il dedalo incompleto della
città. gli occhi di Mag. E poi, ancora, silenzio.
Il sole
balugina sereno sulla città. Alto nel cielo terso, come un vessillo che indichi
a tutti la sola scia: voglia di mare.
Le
spiagge assolate sono punteggiate da ombrelloni aperti, asciugamani stesi su
sabbia e scogli, bambini intenti a scavare con le pale colorate profonde buche
in cui ricreare un mare privato.
Un
folto gruppo di persone sta a pelo del bagnasciuga.
Sono
una classe liceale. Una decina di ragazzi è a mollo nell’acqua opaca, creando
con le mani onde alte e increspate da mandare ad infrangere contro i compagni.
Alti urli sovrastano i suoni caotici dell’estate.
Una
spicciolata di ragazze è stesa a prendere il sole. Gli occhiali brillano sotto
quei raggi, il rumore fondo di pettegolezzi freschi risuona nell’aria libera e
vagamente impregnata di caldo. I loro occhi osservano il mondo come fanno i
rapaci, aggiungendo l’arroganza di chi non ha mai saggiato la verità della vita
sulla pelle.
Quattro
ragazzi sono seduti sul bagnasciuga.
Due di
loro, due giovani uomini in bermuda colorati, ridono di una ragazzina bassa e
tonda appena riemersa dall’affondo subito dai suoi compagni, i visi puliti e
semplici di chi sa vivere senza giudizi
e senza repliche.
Le due
ragazze al loro fianco stanno in silenzio. La prima ha folti capelli castani,
striati di oro scuro che brilla al sole come lingue di cera colata. La sua
pelle è già scurita dl sole battente. Le sue gambe, muovendosi, alzano lievi
sbuffi d’acqua salata.
La
seconda, assorta nell’osservare la linea blu dell’orizzonte, sta ferma. Le sue
labbra, naturalmente rosse, sono immobili in una posa seria, come i profondi
occhi marroni, pozze di verità assenti e segreti bruniti. La sua pelle bianca è
arrossata dai raggi solari.
Angelo,
il primo ragazzo della fila, le spruzza addosso un’ondicella
considerevole d’acqua, prendendola sul seno, e sul viso di rimbalzo. Lei tira
un’imprecazione colorita, mentre gli altri due ridono. Elisa da un violento
calcio al pelo dell’acqua e investe tutti e tre.
Scoppia
a ridere quando la disputa diventa una vera e propria battaglia del tutti
contro tutti. Mariele, lamentando di perdere il
costume rosso per colpa delle sue scarse forme, regge la stoffa e combatte con
schiaffetti rapidi che la rendono più vittima che carnefice. Elisa si accanisce
su Dario, finché Angelo non la getta a capofitto nell’acqua.
Sotto
il velo limpido, Elisa alza gli occhi. Incontra il sole che, scomposto in mille
frammenti, non ha più la forza di gettare i suoi raggi avidi fin là sotto. È
uno spettacolo, vedere come un gigante si disintegri davanti alla venuta di un
solo petalo d’acqua.
Elisa
riemerge, la battaglia è scemata, Mariele si sta
asciugando i capelli con un grande telo azzurro. Angelo e Dario la offendono,
scherzosi, e lei soffoca i sorrisi. Elisa esce dall’acqua e si stende sul suo
telo. Porta le gambe al petto, sospira. Chiude gli occhi. Silenzio.
Artemiya allontana con una mano una ciocca di capelli sulla fronte di Elisa.
Lei finisce di leggere il rigo che la stava impegnando, poi si gira, le
sorride, le prende la mano e la bacia.
- Sai…a
volte credo nella predestinazione – dice Mia.
Elisa
sorride.
- Tu? –
ridacchia, lupesca. – la mia donna perfettamente razionale?
- Sì,
io – ribatte Artemiya. – Ti sei mai chiesta come
sarebbe stata la tua vita se non ci fossimo incontrate?
Elisa
diviene fosca. Il sorrisino ironico le svanisce dal bel viso dai morbidi tratti
femminili, muove le labbra nervosamente e sospira.
- Ecco
– disse Mia, - la stessa cosa che dico io.
Sorride,
la donna russa. Le sue labbra delicate portano il tenue colore del rosa antico.
- Se io
non fossi venuta a vivere in Italia, se tu non ti fossi mossa dal tuo paese
natale, se quella sera fossi rimasta a casa col mal di stomaco…credo che
saremmo ugualmente qua a tenerci per mano.
Elisa
fa un sorriso sereno, un po’ timido, ma dolce. La guarda di sbieco. Con le
pupille marroni, di quel colore caldo e materno, carezza il suo profilo.
- Dici?
-
Magari saremmo in una stanza un po’ diversa, magari nella cucina di un
appartamento a San Pietroburgo, oppure tra i profumi del Sud. Ma saremmo
comunque compagne. Ne sono certa.
Elisa
posa la fronte sull’avambraccio di lei. Avverte il suo calore umano e se ne
bea, come se le ultime gocce d’acqua del mondo si fossero posate sulle sue
labbra assetate.
- Ti
amo, lo sai?
- Ti
amo anche io – sorride Artemiya. Le bacia la nuca.
- Anche
se…
Elisa
alza la testa, indignata.
Mia
ride.
- Ma mi
ci vedi, a parlarti in dialetto pugliese?
°°°
Mentre
la mia dolce Eriok annaspa vivacemente prima dell’inizio
degli Esami, la sottoscritta ha deciso di scrivere quest’accozzaglia di ricordi
e pensieri, nata da tribolazioni mentali che mi hanno tenuta occupata qualche
giorno addietro.
Perché io
so di essere destinata ad amarti,
vita mia.
Questa storiella
senza capo né coda è dedicata alla donna che mi sta rendendo fiera e felice più
di quanto lei stessa pensi. Ti amo, cucciola.
Lettrici
e lettori, non scandalizzatevi. Non siete matti, è la storia che non ha senso
XD
Augurando
a tutti voi un sereno inizio dell’estate, vi saluto J
Adhara
(
stranamente senza Eriok a seguito J )