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Autore: Iria    13/06/2011    2 recensioni
"L'invito del Diavolo arde e confonde, istiga ed uccide...
Le candide ali bagnate dal sangue dei peccatori sono la più seducente delle tentazioni.
Signore e Padrone, il banchetto è pronto."

Un'AU completamente nuova che spero apprezzerete nella sua umile forma.
Mi auguro mi lascerete un commento, anche negativo. Grazie.
Attenzione! Probabilmente questa fic subirà un mutamento a livello di genere. Al momento, aggiungo l'avvertimento shonen-ai.
Attenzione! Ho aggiunto il genere guerra.
Genere: Dark, Guerra, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Boris, Kei Hiwatari, Nuovo personaggio, Yuri
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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Rising

 «Degno è l'Agnello, che è stato immolato, di ricevere la potenza, le ricchezze, la sapienza, la forza, l'onore, la gloria e la lode».
E tutte le creature che sono nel cielo, sulla terra, sotto la terra e nel mare, e tutte le cose che sono in essi, udii che dicevano: «A colui che siede sul trono, e all'Agnello, siano la lode, l'onore, la gloria e la potenza, nei secoli dei secoli».

La notte stava morendo, arrendendosi alle prime ferite che lame di luce infliggevano al manto indaco ancora trapuntato di rade stelle.
Qualche temerario uccellino già provava a canticchiare, zittendosi, poi, al duro silenzio restituitogli dal crepuscolo che precedeva l’alba.
Le ultime gocce della fresca atmosfera della notte solleticavano ancora piacevolmente i nasi di Yurij e Lucifero.
L’Angelo Caduto si era completamento abbandonato sulla grigia panchina: aveva spiegato faticosamente le ali scheletriche, ricadute sull’asfalto polveroso e –come se fosse stata la monotonia di un’azione ripetutasi nell’eternità- prese a contarne i rivoli di sangue che scivolavano con un tenero suono al suolo.

“Tremila…” Esalò in un gemito, sotto il muto sorriso di Lucifero.
“Manca ancora molto? Sai, ho il timore che tu possa morire prima di rivelarmi ciò che mi interessa.” Lo prese in giro l’Imperatore, posandogli una mano su una guancia.
Immobili, gli occhi del Diavolo lo fissavano senza alcuna espressione: splendevano marmorei nella cupa luce, riflettendo il lontano calore delle stelle.
Sua Altezza non aveva più alcun interesse fisico o carnale sulle membra disgraziate del Decaduto.
Sì, proprio così; rispondendo a quelli che erano i canoni dei più stereotipati clichè, l’Illuminato era una creatura estremamente capricciosa e voluttuosa.
Si era stancato da secoli di Yurij, dannazione..!
Ma era stata più una sete di cupa conoscenza che l’aveva spinto a cercare il fuggiasco in quell’ultimo e disperatissimo periodo.

“Via quegli artigli, caro Lucifero! Non sono un misero animaletto da divorare; e poi sai che la tua forma demoniaca mi disgusta!” Aveva esclamato il Dannato, schiaffeggiando la mano del suo, ipoteticamente parlando –ah!- Signore.
“Hai artigli neri, lunghi e sporchi! Definirli anti-estetici e poco igienici sarebbe come sminuirne l’orrore..!”
Ad un qualsiasi altro essere sovrannaturale, potesse appartenere quest’ultimo anche ad un alto rango, un simile affronto sarebbe costato la testa… E non solo.
“Pelle sudicia, zampe caprine, capo deformato da due simpatici corni, piume oscure dalla consistenza simile a cuoio ed occhi neri e vuoti. Disgustoso, davvero disgustoso.” Bisbigliò allora l’antico Guardiano, afferrando subito la mano di Lucifero e stringendola tra le sue, carezzandola dolcemente.
Era grande quel palmo, morbido, caldo ed aveva un ché di rassicurante nel suo apparire così divinamente caritatevole.

“Gli esseri umani sono creature davvero stupide, ma possiedono una fantasia grottesca e spaventosa ed è incredibile come abbiano indovinato l’ombra di Sua Maestà.” Continuò, stringendo con più fermezza la mano del Diavolo.
Pulsava di vita e nessuno l’avrebbe mai considerata come una terribile arma di disgrazie.
Sembrava l’arto di un giovane gentile, volenteroso e pronto ad aprirsi verso il prossimo, ammansendolo o allietandolo col calore di quella dolce stretta.
Yurij considerò quanto Lucifero fosse un abile ingannatore…
Lui non riusciva a muoversi facilmente tra gli umani: per quanto a lungo li avesse silenziosamente osservati non era mai stato in grado di mimetizzarsi del tutto con quelle creature.
Magari a causa di una parola di troppo o di una completa assenza di dialogo, diveniva ovvia la sua mostruosa identità; ed allora mandava in rovina le anime Condannate, senza sondarne le sfumature o ricercarne una luce offuscata.
Cosa poteva importargli, d’altra parte?
Non era più il Custode, ancor meno un Angelo ed il destino che accoglieva le anime da lui collezionate non era poi così tremendo: d’altronde non vi era nulla di doloroso nel rigenerarsi in bagni di sangue angelico.
Orribile era il loro aspetto e, forse, straziante la fame che li divorava…
Ma il tormento di quei mostri era limitato unicamente all’attendere nell’eternità le vie Crucis di innocenti Eletti che, saziandoli col loro sangue di angeli crocefissi, li avrebbero destinati ad una completa rinascita in forma d’anime infernali.
Altri sudditi per Lucifero, altri sudditi per la sua nobile e crudele corte!
Morte e sciagura, infine, si sarebbero abbattute sulla povera Creatura Alata caduta imprudentemente tra gli artigli crudeli dell’Inferno.
Oh, Yurij era la prova vivente di tale infame fato e, guarda caso, tutto era iniziato proprio a causa di quelle splendide ed ingannevoli mani…

La sua rovina, la sua condanna.
Dunque il Guardiano, da viscido Caduto che s’era costretto persino all’esilio dall’Inferno stesso per la propria eterna indecisione e ricerca di perdono –che in verità poco pesava su quella volubile anima-, aveva considerato d’essere divenuto –o forse lo era sempre stato- una Creatura estremamente inadattabile.
Lucifero si inginocchiò al tenero gesto del Dannato ed invertì quella carezza, prendendo lui fra le proprie mani quelle affusolate e delicate di Yurij che poco prima lo stringevano e, d’improvviso, esse gli parvero simili a sottile cristallo.
Fragili e belle, cercavano in una lotta non pronunciata di vincere la presa salda dell’Imperatore, impaurite com’erano da quel calore che già le aveva divorate.
Ma Sua Maestà le trattenne a sé, baciandole e poi portandole sul proprio petto all’altezza del cuore.
“Non avere paura…”
Ovviamente, nessun battito cardiaco scosse il petto di Lucifero e nessun calore vibrò al di sotto di quel tocco forzato.

“Non ne ho infatti... In realtà, credo sia l’istinto di sopravivenza a giocarmi brutti scherzi.” Rise il giovane, abbandonandosi alle attenzioni del Diavolo.
L’Imperatore ghignò, artigliandogli le mani.

“Sono vicini.” Continuò Satana, intrecciando le dita con quelle di Yurij in un gesto di preghiera.
Lentamente, le labbra di Lucifero si curvarono in un insano sorriso, che ne trasfigurò i lineamenti del volto.
L’ombra  umana del Demonio, la quale si allungava innanzi alla luce nascente, scomparve, deformandosi mostruosamente nell’arco di un misero attimo: durante quel lampo in cui il riflesso fu fuori dal controllo dell’Oscuro Signore, mutarono anche i virili lineamenti di Sua Altezza.

“Lo sento.” Fremette Yurij.
Le carni del suo compagno si fecero ruvide e quasi pensò che l’orrore di quella cute potesse tagliare e sfigurare persino la parvenza della sua morbida pelle.
Il primo e freddo raggio solare sfiorò appena il volto di Lucifero.

“Sarai il loro strumento?”
La bocca del Sovrano era sempre stata bella e, nonostante Yurij alla pura luce del giorno ne intravedesse i trucchi e gli inganni, considerò che quei mortiferi canini –i quali esaltavano la dentatura improvvisamente irregolare e bestiale di Lucifero- potessero essere definiti estremamente sensuali.

“Fui oggetto nelle mani di Dio, lo sono stato tra le tue fauci… Perché non dovrei concedermi anche ai miei antichi compagni?”
Yurij aveva imparato ad adorare le illusioni; lo facevano sentire al sicuro e protetto: infatti, se ben salde, anche venendo scalfite dalla più pungente verità, restavano lì ferme ed immutabili come degni scudi protettori di animi fragili o ottusi.
Lui, Yurij, non era né fragile né ottuso –così si definiva, almeno-, ma proprio la sua stessa vita s’era trasmutata in illusione… Dunque perché  interrompere tale flusso di false pulsazioni?
Quindi, quando il bel Lucifero tornò ad essere il meraviglioso Serafino splendente, si preoccupò ben poco del suo bacio dall’antico sapore di morte –cupo riflesso di una cruda verità.
Neanche all’Inferno aveva mai assaggiato quell’aroma prelibato: le labbra e la lingua del Diavolo, infatti, gli erano sempre parse fresche e gradevoli…
Eppure apprezzò intensamente il sudicio atto che avvelenò la sua bocca.
Sorrise tra l’umida saliva che ancora univa le loro labbra, catturandone agilmente i filamenti con la lingua.

“Il Cielo sta implodendo…”
“Il peso dei peccati del Paradiso grava sulle membra degli uomini.”

Mai nella sua vita aveva considerato di poter temere il buio… o meglio, di poter temere l’oscurità illuminata dal sangue.
Il sorriso apparso a mezz’aria s’era diradato lentamente, dente aguzzo dopo dente aguzzo, ricadendo al suolo in una pioggia di sudici canini che, appena si immersero nel sangue spumoso e pregno di piume insudiciate, divennero polvere.

Kei tremò.
I suoi muscoli si contrassero, la pelle si drizzò, le pupille si dilatarono.
Il Guerriero poteva avvertire ogni singolo spasmo del proprio cuore che, contraendosi, quasi lo feriva!
Lo si poteva definire come uno dei paradossi più improbabili; eppure la vita, pur di non spegnersi in un battito d’ali, pareva disposta ad imporsi sofferenza e punizione.
E Kei non era mai stato un individuo particolarmente masochista.
Anzi, spesso e volentieri tendeva a ferire con quanta più potenza gli fosse concessa, solo per poter risollevare quello spirito imperfetto che il Signore tanto meschinamente gli aveva influsso.

Oh, questo era uno dei segreti più neri del Guerriero!

“Giovane angelo, a te la forza, le legioni, la rigenerazione allo sfiorare il sangue!”
“È crudele, Signore.”
“A te l’Ira Divina e la rivendicazione, a te la saggezza e l’ebbrezza della battaglia!”
“È crudele, Signore.”
“Ricevi la corona della Guerra e stringerai sempre la verga della giustizia; dunque, per espiare le tue colpe e le tue empietà non avrai alcun bisogno di preghiere bisbigliate.”

“È crudele, Signore.”

Temeva profondamente l’essenza di Mastro Ira.
Oh, non era per una questione di inferiorità nel combattimento o di ferocia nell’umiliare l’avversario… Era, piuttosto, proprio la loro grande somiglianza in tali nefandezze  a spaventarlo.
Ira rappresentava uno scarto, il traboccante marciume dell’universo; ed allora come poteva Kei sovrapporre tanto facilmente la propria anima a quella sudicia del Satana?
Impronta di furia e frustrazione, il Guerriero era stato partorito dal bisogno di rivalsa e di equilibrio dell’Eterno Padre; e, d’altra parte, Ira non era forse nato dallo scindersi e del fondersi delle personalità più violente e furiose di un Lucifero giustiziato e disperato?
La fiamma della loro esistenza veniva alimentata da simili origini, e nulla più di quell’opprimente particolare gravava sulla coscienza –se così poteva considerarsi l’alternarsi di un unico dubbio per volta- di Kei.

Perché proprio lui, essere divino ed incorruttibile, avrebbe dovuto condividere lo spirito e la nascita del Satana più putrido dei sette?
“Non può odiare se stesso… è uno dei peccati peggiori, o sbaglio?”
Al suo orecchio, una voce di donna, mutando gradualmente nel tono basso d’un maschio maturo, bisbigliò suadente con un ché di serpentino.
Kei strinse le due lame tra le mani, ed il sangue si riversò tra informi fauci spalancate ai suoi piedi.
“Nel sangue è nascosta l’essenza dell’anima. Nel sangue che bolle si insinua il mio spirito.”
Il respiro del Guerriero si fece più fievole d’una brezza estiva, riducendosi ad uno fischio udibile appena.
Le emozioni provate nell’arco della sua intera vita potevano essere contate sulla punta delle dita, e tra quelle fino ad allora non aveva mai realmente preso il proprio e doveroso posto la paura.
No, non la stupida, semplice e tanto banale sensazione di vuoto che gelava il petto e mozzava il fiato… Ma quella che si insinuava nelle viscere come un veleno, quella che portava alla nausea e ad avvertire il sapore del sangue nella gola ormai secca.
Due occhi come pece presero forma a pochi centimetri da quelli di Kei, e così un viso che si definì lentamente.

“Messere Kei, non scapperà!”
L’alito caldo del Satana gli carezzò la pelle fredda, sporca e ferita.
Le labbra carnose e nere articolarono ogni singola sillaba con lentezza, muovendosi ritmicamente nel buio.
Nel riflesso di quello sguardo opaco, Kei vide se stesso coperto di sangue  in preda all’euforia della morte , all’estasi del combattimento, all’ebbrezza della guerra.
Le sue ali di fuoco rilucevano nel cielo solforoso dell’Inferno, splendendo come una stella pochi attimi prima della morte.
Il petto era bruciante di gioia.
La voce risultava roca a causa delle sguaiate risate.
Le sue braccia e le sue gambe erano brandelli di carne inutili, e non importava che  il Guerriero fosse ormai mutilato.
L’eccitazione pervadeva la sua anima, la furia scalciava nel suo ventre.

La violenza partorita ripagava tutte le ferite.
Demone del Paradiso
, si ergeva sui Diavoli.
E nel volto contratto dalla funesta gioia, l’ombra del Peccato Furioso riluceva sbieca.
“Lei crede, Mastro Ira, di potermi impedire l’avanzata.” Iniziò l’Eletto, sorridendo ironico.
Avvertì le membra del Satana che, sciogliendosi e ricadendo simili a pioggia al suolo, scivolarono via come acqua paludosa.
“Ma i suoi infami artigli non riusciranno nemmeno a sfiorarmi il cuore.” Pronunciò infine, fieramente.
Si voltò, e lanciò la sua lama a trafiggere la densa e sanguigna oscurità che era Ira, ed Ira stessa nutriva.

“Saremo una sola cosa, tesoro…”
Il sangue gli rombava nelle orecchie: impetuoso come una tempesta, lo rendeva sordo alle suppliche del suo io cosciente.

Ah, il signor Yurij era sempre stato un dannato testardo, poiché aveva bisogno di andare a sbattere contro un pericolo almeno per tre volte, prima che potesse considerare valido e sensato l’ammonimento che gli era stato eventualmente –e sicuramente- fatto in precedenza.
La bella giovane aveva stretto la mano che l’Angelo le porgeva, mentre l’altro braccio l’aveva allungato per abbracciare docilmente l’Eletto e sentire il calore della sua salata pelle  maschile avvolgerla tutta…
Sadico mostro, sollevò lo sguardo per potersi specchiare negli occhi azzurri e smarriti dell’altro.
“Ti faccio paura?”
Yurij avvertì quel bisbiglio solleticargli l’udito, mentre ancora stringeva il fragile corpo della ragazza a sé.
Lo specchio d’acqua alla sue spalle si era dissipato non appena l’ultimo purpureo capello della donna era scivolato via ad intrecciarsi sulle sue braccia, cedendo posto ad una semplice parete di pietra bianca.
Il Guardiano non rispose.
La gola gli si era seccata e la lingua gli pareva quasi incollata al palato.
I suoi occhi, come preda d’un delirio sconosciuto, fuggirono l’intensità di quelli dell’altra, sollevandosi verso il cielo; e solo allora notò che non vi fossero soffitti rocciosi a proteggerli dallo sguardo Celeste.

Ma cosa importava?
Il respiro della creatura che si stringeva contro il suo torace forte  rincuorava lo scuotersi violento dell’anima dell’Eletto.
E  nel frattempo il Paradiso sarebbe potuto anche crollare e l’Inferno sprofondare in se stesso..!
Lui era lì, al sicuro.
La sua unica preoccupazione era baciare con quanta più grazia e delicatezza possibile la sua bella compagna.
Il suo solo affanno era accarezzare ed esplorare placidamente la cute morbida ed appena palpabile di quella stramba ninfa.
E poi morderla.
E poi divorarla.

E, ancora, divenire nutrimento e carne succosa.

“Sei sempre stato disgustoso e ripugnante: sin dal tuo primo respiro, hai iniziato a smembrare la tua stessa essenza.”
“Allora perché mi ha messo al mondo? Perché mi ha permesso di vivere?”

“Continua a maciullare le tue carni, continua a tranciare il tuo spirito. Non sei abbastanza amato per poter avere l’ardire di parlarmi.”

“Basta soffrire.” Il sangue zampillò dalla bocca della giovane sul suo collo ridotto ad una poltiglia di carne informe.
Era strano come tutto, improvvisamente, si fosse allontanato da loro, lasciandoli galleggiare nell’oscurità.
Come disgustato a quella scena, il luogo del loro incontro si era accartocciato su se stesso, vorticando lontano dall’amplesso sanguinante dei due Esseri.
In tutta risposta, Yurij sorrise, affondando i denti in uno dei seni della ragazza, succhiando forte il liquido ematico che si riversò dalle ferite aperte.
Lei gemette e si strinse con più forza al corpo fremente del Guardiano, come a volersi imprimere sulle ormai corrotte membra…
E fu proprio allora che il cuore dell’Angelo batté due volte, poi una, ed infine si fermò, gonfio di furore.

“Ora brucia.”
Una strana disperazione prese possesso della psiche di Yurij, consumandone l’equilibrio già precario…
Buio.
Luce.
Un ghigno.
Poi, ancora, l’oscurità.

Quando aprì gli occhi, tutto era stranamente immobile.
L’atmosfera tempestosa dell’Inferno s’era placata e, dilatando le narici, era stato in grado di distinguerne ogni singolo profumo.
Le sue mani erano ancora stranamente intrecciate con quelle di Cassiel, ma se fino a qualche attimo prima erano state le dita di Yurij a tremare furiosamente dalla disperazione, ora erano le membra dell’altro Angelo decaduto a contorcersi dal terrore; il Guardiano, quindi, le strinse energicamente e Cassiel gemette, preda del dolore.
Boris, invece, era ancora sul corpo immobile dell’Eletto quando, spostando i lunghi capelli rossi dal viso della sua vittima, bisbigliò:
“Ehi, Angelo mio, ti sei risvegliato..?”
Giunse solo un grido in risposta che, spaventoso, dai profondi ed oscuri toni baritonali diveniva più acuto d’uno stridio.

Gli artigli di Ira scavavano nella sua pelle, perforandogli l’anima.
Kei era solo; arrancava su di un terreno gelato pregno di sangue e disseminato di cadaveri, ma neanche un lampo di disperazione o terrore illuminava i suoi occhi.
Egli rideva, ben consapevole che la pioggia avrebbe ripulito quel macello; che le viscere ancora calde dei suoi compagni lo avrebbero riscaldato…
“Oh, Mastro Ira! È tutto inutile…” Biascicò con una punta d’euforia nella voce stanca.
Poggiò il volto al suolo e, continuando a sorridere, si considerò ben disposto anche a nutrirsi dei morti; senza che neanche una scintilla di rabbia e frustrazione s’accendesse nel profondo del suo cuore.

Il Peccato aveva ben compreso quanto sarebbe stato infruttuoso sfidare l’Angelo a singolar tenzone, in quanto la suprema abilità di entrambi si traduceva nel semplice ed eccitante corpo a corpo.
Dunque, perché non ferire il Guerriero laddove avrebbe avuto meno possibilità di difendersi?
I demoni sapevano che agli Angeli nati dopo la caduta di Sua Maestà non era stato fatto dono di una forte psiche.
Essi, infatti, possedevano solo una misera porzione di coscienza che si traduceva nell’amore di Dio e che solo in Dio erano le loro scelte, le loro azioni e loro parole.

Però, certamente, non avevano previsto che persino l’Onnisciente sarebbe potuto cadere nell’errore di produrre due fantocci difettosi
“Perché non riesco a penetrare abbastanza a fondo nei suoi pensieri?”
Ira e Kei, in quel momento, sedevano l’uno di fronte all’altro, separati da una tavola riccamente imbandita.
Probabilmente, ad un primo sguardo, le pietanze fumanti offerte ai due commensali sarebbero potute sembrare gustose leccornie.

Eppure…
L’Angelo rimase in silenzio, squadrando con intensità prima l’aspetto sudicio del Satana e poi i vassoi d’argento distribuiti sul tavolo.
In ognuno di essi scorgeva le membra dei sottoposti che aveva condotto alla morte; i dispersi nella contea di Astaroth ormai un tutt’uno con l’Inferno e le ignare vittime di Ira.
Sospirò, avvertendo l’oscurità farsi più intensa, comprendendo come ormai la poca pazienza del suo avversario fosse giunta al limite…
“Perché non è in grado di giocare con le mie emozioni. Sappia che io non sono uno spiritello da quattro soldi!”
Kei dunque, pronunciate quelle parole si sollevò e, scagliandosi sul Satana, avvicinò il proprio volto a quello deformato dell’altro, sorridendo.
“Mia è la Gloria del Cielo! Il sangue versato in battaglia non mi divora per i rimorsi, ma rigenera la mia essenza nella giustizia! Ergo, le sue illusioni sono del tutto inutili!”
Il silenzio calò per un attimo fra i due.

Si potevano udire i loro respiri ironicamente sincronizzati, come se fossero appartenuti ad un’unica e grottesca entità.
“OOooh, impressionante!”
Nonostante s’avvertisse fin troppo chiaramente il suo fastidio, Ira ruppe la calma, ridacchiando senza scomporsi.
“A quanto sembra, mio adorato Messere Kei, lei è molto più disgustoso di quanto credessi… Impedirle l’avanzata verso Lucifero sarebbe come negarmi lo spettacolo di una battaglia..!”
La voce del Satana si fece come quella di una bambina vivace, e sembrò quasi che fossero due piccole manine ad afferrare il volto del Guerriero e tanti piccoli denti a mordergli a sangue le labbra.
L’Angelo a quel gesto si allontanò di scatto con il cuore in gola e con la mente annebbiata da qualcosa di molto simile allo spavento.
Si sfiorò la bocca inumidita dal sangue e per un istante s’agitò in lui il desiderio di sopprimere con quanta più violenza possibile la vita di quel viscido essere che ancora tratteneva, che ancora si prendeva gioco di lui.

Eppure, qualcosa sedò la furia che era montata nel suo animo; una piccola scintilla di luminoso buon senso che gli sussurrò di non lasciarsi intrappolare dalla sottile rete di inganni e tranelli del Peccato…
“La aspetterò, Messere. Un giorno anche lei verrà rilegato in questa reggia disgustosa.”
Gli occhi neri di quello che Kei riconobbe essere un uomo brillarono, risucchiando l’oscurità che fino a quel momento li aveva avvolti in una totalità così spessa da togliere il respiro.
Solo allora il Guerriero, immerso nuovamente nella luce, si guardò frenetico tutt’attorno, osservando sparire il sorriso della Depravazione.
E così come quell’immagine si dissipava, in lui s’acquietava il tormento, poiché anche la verità della sua natura era tornata a riposo e per un po’ avrebbe persino potuto continuare a preoccuparsi vanamente della salvezza altrui, piuttosto che della propria sporca anima…

Quando il Custode acquietò il suo grido, Boris fu davvero scosso da ciò che vide: si separò tremando da quell’essere, lasciando che si sollevasse.
Per un attimo, il Messaggero ritornò ad essere quel demonietto appena nato, privo d’esperienza ed in balia degli spiriti maligni superiori, che era stato agli inizi della sua mera esistenza.
Comprese che era accaduto qualcosa di molto più spaventoso di quanto avesse previsto…
Credeva, povero ingenuo, che seviziando un Angelo d’alto rango sarebbe potuto arrivare ad ottenere persino un sottoposto..!
D’altra parte, non era affare comune per un demone come lui avere tra le mani un’anima simile a quella che era stata dell’Eletto.
Ma come poteva realizzarsi un simile desiderio, quando la propria vittima s’era rivelata essere un vero e proprio mostro?
Cosa fosse, inizialmente né Boris né Cassiel lo compresero.
Ma inquietava e scuoteva i loro cuori turbati, rendendoli vulnerabili.
La mano dell’angelo decaduto era ancora stretta in quella di Yurij che, nera e sporca, aveva ora lunghe dita simili ad affilati artigli.
Il suo corpo sembrava non avere acquisito alcuna precisa traccia dell’identità sessuale che avrebbe dovuto macchiare un Eletto condannato.
Coperto da un unico e sottile straccio sudicio, un liscio pettorale d’uomo forte era affiancato da un seno invece scoperto e prosperoso; e questa visione lasciò intendere che anche i genitali, nascosti proprio da quell’unico brandello di tunica, presentassero la stessa dualità.
I fianchi sottili conferivano eleganza al suo profilo, mentre le braccia forti imprimevano una certa dignità di portamento al suo sostare lì, immobile e guardingo.
“Ti ringrazio.” Soffiò quella nuova Creatura, rivolgendosi con dolcezza a Cassiel; e la sua voce parve simile ad una melodia dove cori di voci maschili si fondono armoniosamente ai virtuosismi dei toni femminili.
Quindi, piano, quasi attento a non spaventarlo, gli accarezzò una guancia con delicatezza, ricambiando lo sguardo confuso ed inquieto del dannato con un sorriso….
Poi, lentamente, si voltò verso Boris.
Allora, inclinò il viso su di un lato e, mutando i lineamenti della sua espressione in un ghigno talmente largo da deformargli l’elegante linea delle labbra, gli puntò un dito contro.

“Ti ammazzo.”

 “Peccaminoso e puro. Quale destino migliore per colui che regge l’artefatto del Diavolo?”

 
Nella grande sala dei troni i tre specchi che in un’epoca antica avevano donato al Guardiano la possibilità di osservare silenziosamente la Terra, l’Inferno ed il Paradiso s’erano incrinati, divenendo completamente neri.
Una fanciulla sedeva sul seggio più imponente, carezzando con la punta delle dita un libro poggiatole in grembo.
Per lungo tempo restò ferma, rimirando come ogni singola ala nata da quattro dei cinque troni ne avesse sgretolato le superfici preziose.

“Questo non dovrebbe essere il mio posto.”
Sui suoi piedi nudi scivolarono alcuni frammenti del cristallo dei nobili sedili che la circondavano.
Fremette, mordendosi le labbra con la furia di chi aveva subito un’ingiusta punizione.

“Lucifero… Giuro che sarò presto tua.”

“Sono il Caos Primordiale, colui che dalla sovrabbondanza del suo esistere e definirsi  ha dato vita all’universo.”
“Sono l’Ordine delle cose, colui che ha trapuntato il cielo di stelle, che ha  eretto il Paradiso e concesso all’uomo la Conoscenza.”

*Fine capitolo diciassette*
Sono terribile, me ne rendo conto.
Beh, mi scuso profondamente per i miei continui ritardi e spero che chi sia ancora in ascolto sia almeno un po’ contento di questo ritorno.
Abbiamo visto Lucifero e Yuyu, abbiam visto Kei ed Ira, abbiam visto Yuyu nelle sue sembianze demoniache ed infine un nuovo personaggio...
Per non parlarvi del super spoiler che vi ho fatto alla fine del capitolo e_e.
Ma sì, sono stata fin troppo buona u_ù.
Bhé, sono iniziate le vacanze, quindi spero di poter sfornare un altro aggiornamento a breve, ma non assicuro nulla!

IMPORTANTE: volevo dire che ho modificato la parte finale dello scorso capitolo, eliminando “Pestilenza” ed introducendo “Inganno”.
Diciamo che sono stata confusa da un paio di cose, compresa anche la fretta della partenza l’estate scorsa quando ho aggiornato, e che ho risolto in ritardo solo riprendendo qualche giorno fa la storia!
Infatti non mi trovavo più coi miei schemi ò_ò’’.
Ma la colpa, ovviamente, è solo mia e di non aver riportato bene nero su bianco le mie intenzioni e non di chi, giustamente, mi aveva fatto notare delle imprecisioni tremende u_ù’’.
I Cavalieri dell’Apocalisse sono quattro; il primo avanza su un cavallo bianco: rappresenta il falso Cristo.
Il secondo, sul cavallo rosso, la Guerra.
Il terzo, sul cavallo nero, la Carestia.
L’ultimo, sul cavallo verde, la Morte –compresa di pestilenza!
Eh, bhé, credo sia tutto e_e.
So che potrebbe ancora confondervi la cosa, ma se continuerete a seguirmi giuro che vi porterò chiarezza e_e!
Un bacio, ed un grazie dicuore a tutti coloro che leggeranno e soprattutto che recensiranno ^^!

 

 

   
 
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