† Rising
E tutte le creature che sono nel cielo, sulla terra, sotto la terra e nel mare, e tutte le cose che sono in essi, udii che dicevano: «A colui che siede sul trono, e all'Agnello, siano la lode, l'onore, la gloria e la potenza, nei secoli dei secoli».
La
notte stava morendo, arrendendosi alle prime ferite che lame di luce
infliggevano al manto indaco ancora trapuntato di rade stelle.
Qualche
temerario uccellino già provava a canticchiare, zittendosi, poi, al
duro
silenzio restituitogli dal crepuscolo che precedeva l’alba.
Le
ultime gocce della fresca atmosfera della notte solleticavano ancora
piacevolmente
i nasi di Yurij e Lucifero.
L’Angelo
Caduto si era completamento abbandonato sulla grigia panchina: aveva
spiegato
faticosamente le ali scheletriche, ricadute sull’asfalto polveroso e
–come se
fosse stata la monotonia di un’azione ripetutasi nell’eternità- prese a
contarne i rivoli di sangue che scivolavano con un tenero suono al
suolo.
“Tremila…” Esalò
in un gemito, sotto il muto sorriso di Lucifero.
“Manca ancora molto? Sai, ho il
timore
che tu possa morire prima di rivelarmi ciò che mi interessa.” Lo
prese in giro l’Imperatore, posandogli una mano su
una guancia.
Immobili,
gli occhi del Diavolo lo fissavano senza alcuna espressione:
splendevano
marmorei nella cupa luce, riflettendo il lontano calore delle stelle.
Sua
Altezza non aveva più alcun interesse fisico o carnale sulle membra
disgraziate
del Decaduto.
Sì,
proprio così; rispondendo a quelli che erano i canoni dei più
stereotipati
clichè, l’Illuminato era una creatura estremamente capricciosa e
voluttuosa.
Si
era stancato da secoli di Yurij, dannazione..!
Ma
era stata più una sete di cupa conoscenza che l’aveva spinto a cercare
il
fuggiasco in quell’ultimo e disperatissimo periodo.
“Via quegli artigli, caro
Lucifero! Non
sono un misero animaletto da divorare; e poi sai che la tua forma
demoniaca mi
disgusta!”
Aveva esclamato il Dannato,
schiaffeggiando la mano del suo, ipoteticamente parlando –ah!-
Signore.
“Hai artigli neri, lunghi e
sporchi!
Definirli anti-estetici e poco igienici sarebbe come sminuirne
l’orrore..!”
Ad
un qualsiasi altro essere sovrannaturale, potesse appartenere
quest’ultimo
anche ad un alto rango, un simile affronto
sarebbe costato la testa… E non solo.
“Pelle sudicia, zampe caprine,
capo
deformato da due simpatici corni, piume oscure dalla consistenza
simile a cuoio ed occhi neri e vuoti. Disgustoso, davvero disgustoso.” Bisbigliò
allora l’antico Guardiano, afferrando subito la mano di Lucifero e
stringendola
tra le sue, carezzandola dolcemente.
Era
grande quel palmo, morbido, caldo ed aveva un ché di rassicurante nel
suo apparire
così divinamente caritatevole.
“Gli esseri umani sono creature
davvero stupide,
ma possiedono una fantasia grottesca e spaventosa ed è incredibile come
abbiano
indovinato l’ombra di Sua Maestà.” Continuò,
stringendo con più fermezza la
mano del Diavolo.
Pulsava
di vita e nessuno l’avrebbe mai considerata come una terribile arma di
disgrazie.
Sembrava
l’arto di un giovane gentile, volenteroso e pronto ad aprirsi verso il
prossimo, ammansendolo o allietandolo col calore di quella dolce
stretta.
Yurij
considerò quanto Lucifero fosse un abile ingannatore…
Lui
non riusciva a muoversi facilmente tra gli umani: per quanto a lungo li
avesse
silenziosamente osservati non era mai stato in grado di mimetizzarsi
del tutto
con quelle creature.
Magari
a causa di una parola di troppo o di una completa assenza di dialogo,
diveniva
ovvia la sua mostruosa identità; ed allora mandava in rovina le anime
Condannate, senza sondarne le sfumature o ricercarne una luce offuscata.
Cosa
poteva importargli, d’altra parte?
Non
era più il Custode, ancor meno un Angelo ed il destino che accoglieva
le anime da
lui collezionate non era poi così
tremendo: d’altronde non vi era nulla di doloroso nel rigenerarsi in
bagni di
sangue angelico.
Orribile
era il loro aspetto e, forse, straziante la fame
che li divorava…
Ma
il tormento di quei mostri era
limitato unicamente all’attendere nell’eternità le vie Crucis di
innocenti
Eletti che, saziandoli col loro sangue di angeli crocefissi, li
avrebbero
destinati ad una completa rinascita in forma d’anime infernali.
Altri
sudditi per Lucifero, altri sudditi per la sua nobile e crudele corte!
Morte
e sciagura, infine, si sarebbero abbattute sulla povera Creatura Alata
caduta
imprudentemente tra gli artigli crudeli dell’Inferno.
Oh,
Yurij era la prova vivente di tale infame fato e, guarda caso, tutto
era iniziato
proprio a causa di quelle splendide ed ingannevoli mani…
La sua rovina, la sua condanna.
Dunque
il Guardiano, da viscido Caduto che s’era costretto persino all’esilio
dall’Inferno stesso per la propria eterna indecisione e ricerca di
perdono –che
in verità poco pesava su quella volubile anima-, aveva considerato
d’essere
divenuto –o forse lo era sempre stato- una Creatura estremamente
inadattabile.
Lucifero
si inginocchiò al tenero gesto del
Dannato
ed invertì quella carezza, prendendo lui fra le proprie mani quelle
affusolate e
delicate di Yurij che poco prima lo stringevano e, d’improvviso, esse
gli
parvero simili a sottile cristallo.
Fragili
e belle, cercavano in una lotta non pronunciata di vincere la presa
salda
dell’Imperatore, impaurite com’erano da quel calore che già le aveva
divorate.
Ma
Sua Maestà le trattenne a sé, baciandole e poi portandole sul proprio
petto
all’altezza del cuore.
“Non
avere paura…”
Ovviamente,
nessun battito cardiaco scosse il petto di Lucifero e nessun calore
vibrò al di
sotto di quel tocco forzato.
“Non ne ho infatti... In realtà,
credo
sia l’istinto di sopravivenza a giocarmi brutti scherzi.”
Rise il giovane, abbandonandosi alle attenzioni del
Diavolo.
L’Imperatore
ghignò, artigliandogli le mani.
“Sono vicini.” Continuò
Satana, intrecciando le dita con quelle di
Yurij in un gesto di preghiera.
Lentamente,
le labbra di Lucifero si curvarono in un insano sorriso, che ne
trasfigurò i
lineamenti del volto.
L’ombra
umana del Demonio,
la quale si allungava
innanzi alla luce nascente, scomparve, deformandosi mostruosamente
nell’arco di
un misero attimo: durante quel lampo in cui il riflesso fu fuori dal
controllo
dell’Oscuro Signore, mutarono anche i virili lineamenti di Sua Altezza.
“Lo sento.”
Fremette Yurij.
Le
carni del suo compagno si fecero
ruvide e quasi pensò che l’orrore di quella cute potesse tagliare e
sfigurare
persino la parvenza della sua
morbida
pelle.
Il
primo e freddo raggio solare sfiorò appena il volto di Lucifero.
“Sarai il loro strumento?”
La
bocca del Sovrano era sempre stata bella e, nonostante Yurij alla pura
luce del
giorno ne intravedesse i trucchi e gli
inganni, considerò che quei
mortiferi
canini –i quali esaltavano la dentatura improvvisamente
irregolare e bestiale di Lucifero-
potessero essere definiti estremamente sensuali.
“Fui oggetto nelle mani di Dio,
lo sono
stato tra le tue fauci… Perché non dovrei
concedermi anche ai miei
antichi compagni?”
Yurij
aveva imparato ad adorare le
illusioni; lo facevano sentire al sicuro e protetto: infatti, se ben
salde,
anche venendo scalfite dalla più pungente verità, restavano lì ferme ed
immutabili come degni scudi protettori di animi fragili o ottusi.
Lui,
Yurij, non era né fragile né ottuso –così si definiva, almeno-, ma
proprio la
sua stessa vita s’era trasmutata in illusione… Dunque perché
interrompere tale flusso di false pulsazioni?
Quindi,
quando il bel Lucifero tornò ad essere il meraviglioso Serafino
splendente, si preoccupò
ben poco del suo bacio dall’antico sapore
di morte –cupo riflesso di una cruda verità.
Neanche
all’Inferno aveva mai assaggiato quell’aroma prelibato: le labbra e la
lingua del Diavolo, infatti, gli erano
sempre parse fresche e gradevoli…
Eppure
apprezzò intensamente il sudicio atto che avvelenò la sua bocca.
Sorrise
tra l’umida saliva che ancora univa le loro labbra, catturandone
agilmente i
filamenti con la lingua.
“Il peso dei peccati
del Paradiso grava sulle
membra degli uomini.”
Il sorriso apparso a mezz’aria s’era diradato
lentamente, dente aguzzo dopo dente aguzzo, ricadendo al suolo in una
pioggia
di sudici canini che, appena si immersero nel sangue spumoso e pregno
di piume
insudiciate, divennero polvere.
Kei tremò.
I
suoi muscoli si contrassero, la pelle si drizzò,
le pupille si dilatarono.
Il Guerriero poteva avvertire ogni singolo spasmo
del proprio cuore che, contraendosi, quasi lo feriva!
Lo si poteva definire come uno dei paradossi più
improbabili; eppure la vita, pur di non spegnersi in un battito d’ali,
pareva
disposta ad imporsi sofferenza e punizione.
E Kei non era mai stato un individuo
particolarmente masochista.
Anzi, spesso e volentieri tendeva a ferire con
quanta più potenza gli fosse concessa, solo per poter risollevare
quello
spirito imperfetto che il Signore tanto meschinamente gli aveva
influsso.
Oh, questo
era uno dei segreti più neri
del Guerriero!
“È crudele, Signore.”
“A te l’Ira Divina e la rivendicazione, a te la
saggezza e l’ebbrezza della battaglia!”
“È crudele, Signore.”
“Ricevi la corona della Guerra e stringerai
sempre la verga della giustizia; dunque, per espiare le tue colpe e le
tue
empietà non avrai alcun bisogno di preghiere bisbigliate.”
“È crudele, Signore.”
Oh, non era per una questione di inferiorità nel
combattimento o di ferocia nell’umiliare l’avversario… Era, piuttosto,
proprio
la loro grande somiglianza in tali nefandezze
a spaventarlo.
Ira rappresentava uno scarto, il traboccante
marciume dell’universo; ed allora come poteva Kei sovrapporre tanto
facilmente
la propria anima a quella sudicia del Satana?
Impronta di furia e frustrazione, il Guerriero era
stato partorito dal bisogno di rivalsa e di equilibrio dell’Eterno
Padre; e,
d’altra parte, Ira non era forse nato dallo scindersi e del fondersi
delle
personalità più violente e furiose di un Lucifero giustiziato e
disperato?
La fiamma della loro esistenza veniva alimentata da
simili origini, e nulla più di quell’opprimente particolare gravava
sulla coscienza –se così poteva
considerarsi
l’alternarsi di un unico dubbio per volta- di Kei.
Perché
proprio lui, essere divino ed
incorruttibile, avrebbe dovuto condividere lo spirito e la nascita del
Satana
più putrido dei sette?
“Non può odiare se
stesso… è uno dei peccati
peggiori, o sbaglio?”
Al
suo orecchio, una voce di donna, mutando
gradualmente nel tono basso d’un maschio maturo, bisbigliò suadente con
un ché
di serpentino.
Kei strinse le due lame
tra le mani, ed il sangue
si riversò tra informi fauci spalancate ai suoi piedi.
“Nel sangue è
nascosta l’essenza dell’anima.
Nel sangue che bolle si insinua il mio spirito.”
Il respiro del Guerriero
si fece più fievole d’una
brezza estiva, riducendosi ad uno fischio udibile appena.
Le emozioni provate nell’arco della sua intera vita
potevano essere contate sulla punta delle dita, e tra quelle fino ad
allora non
aveva mai realmente preso il proprio e doveroso posto la paura.
No, non la stupida, semplice e tanto banale
sensazione di vuoto che gelava il petto e mozzava il fiato… Ma quella
che si
insinuava nelle viscere come un veleno, quella che portava alla nausea
e ad
avvertire il sapore del sangue nella gola ormai secca.
Due occhi come pece presero forma a pochi
centimetri da quelli di Kei, e così un viso che si definì lentamente.
“Messere
Kei,
non scapperà!”
L’alito caldo del Satana
gli carezzò la pelle
fredda, sporca e ferita.
Le labbra carnose e nere
articolarono ogni singola sillaba con lentezza, muovendosi
ritmicamente nel buio.
Nel riflesso di quello sguardo opaco, Kei vide se
stesso coperto di sangue in
preda all’euforia
della morte , all’estasi del combattimento, all’ebbrezza della guerra.
Le sue ali di fuoco rilucevano nel cielo solforoso
dell’Inferno, splendendo come una stella pochi attimi prima della morte.
Il petto era bruciante di gioia.
La voce risultava roca a causa delle sguaiate
risate.
Le sue braccia e le sue gambe erano brandelli di
carne inutili, e non importava che
il
Guerriero fosse ormai mutilato.
L’eccitazione pervadeva la sua anima, la furia
scalciava nel suo ventre.
La
violenza
partorita ripagava tutte le ferite.
Demone del
Paradiso,
si ergeva sui Diavoli.
E nel volto contratto dalla funesta gioia, l’ombra
del Peccato Furioso riluceva sbieca.
“Lei crede, Mastro Ira, di potermi impedire
l’avanzata.” Iniziò l’Eletto, sorridendo ironico.
Avvertì le membra del Satana che, sciogliendosi e
ricadendo simili a pioggia al suolo, scivolarono via come acqua
paludosa.
“Ma i suoi infami artigli non riusciranno nemmeno a
sfiorarmi il cuore.” Pronunciò infine, fieramente.
Si voltò, e lanciò la sua lama a trafiggere la
densa e sanguigna oscurità che era
Ira, ed Ira stessa nutriva.
Il sangue gli rombava nelle orecchie: impetuoso
come una tempesta, lo rendeva sordo alle suppliche del suo io cosciente.
Ah, il
signor Yurij era sempre
stato un dannato testardo, poiché
aveva bisogno di andare a sbattere contro un pericolo almeno per tre
volte,
prima che potesse considerare valido e sensato l’ammonimento che gli
era stato
eventualmente –e sicuramente- fatto
in precedenza.
La bella giovane aveva stretto la mano che l’Angelo
le porgeva, mentre l’altro braccio l’aveva allungato per abbracciare
docilmente
l’Eletto e sentire il calore della sua salata pelle maschile
avvolgerla tutta…
Sadico mostro, sollevò lo sguardo per potersi
specchiare negli occhi azzurri e smarriti dell’altro.
“Ti faccio paura?”
Yurij avvertì quel bisbiglio solleticargli l’udito,
mentre ancora stringeva il fragile corpo della ragazza a sé.
Lo specchio d’acqua alla sue spalle si era
dissipato non appena l’ultimo purpureo capello della donna era
scivolato via ad
intrecciarsi sulle sue braccia, cedendo posto ad una semplice parete di
pietra
bianca.
Il Guardiano non rispose.
La gola gli si era seccata e la lingua gli pareva
quasi incollata al palato.
I suoi occhi, come preda d’un delirio sconosciuto,
fuggirono l’intensità di quelli dell’altra, sollevandosi verso il
cielo; e solo
allora notò che non vi fossero soffitti rocciosi a proteggerli dallo
sguardo Celeste.
Ma cosa
importava?
Il
respiro della creatura che si stringeva contro
il suo torace forte rincuorava
lo
scuotersi violento dell’anima dell’Eletto.
E nel
frattempo il Paradiso sarebbe potuto anche crollare e l’Inferno
sprofondare in
se stesso..!
Lui era lì, al sicuro.
La sua unica preoccupazione era baciare con quanta
più grazia e delicatezza possibile la sua bella compagna.
Il suo solo affanno era accarezzare ed esplorare
placidamente la cute morbida ed appena palpabile di quella stramba
ninfa.
E poi morderla.
E poi divorarla.
E, ancora, divenire
nutrimento e carne succosa.
“Allora perché mi ha messo al mondo? Perché mi
ha permesso di vivere?”
“Continua a maciullare le
tue carni, continua a
tranciare il tuo spirito. Non sei abbastanza amato per poter avere
l’ardire di
parlarmi.”
Era strano come tutto, improvvisamente, si fosse allontanato
da loro, lasciandoli galleggiare nell’oscurità.
Come disgustato a quella scena, il luogo del loro
incontro si era accartocciato su se stesso, vorticando lontano
dall’amplesso
sanguinante dei due Esseri.
In tutta risposta, Yurij sorrise, affondando i
denti in uno dei seni della ragazza, succhiando forte il liquido
ematico che si
riversò dalle ferite aperte.
Lei gemette e si strinse con più forza al corpo
fremente del Guardiano, come a volersi imprimere sulle ormai corrotte
membra…
E fu proprio allora che il cuore dell’Angelo batté
due volte, poi una, ed infine si fermò, gonfio di furore.
“Ora
brucia.”
Una strana disperazione
prese possesso della psiche
di Yurij, consumandone l’equilibrio già
precario…
Buio.
Luce.
Un ghigno.
Poi, ancora, l’oscurità.
L’atmosfera tempestosa dell’Inferno s’era placata
e, dilatando le narici, era stato in grado di distinguerne ogni singolo profumo.
Le sue mani erano ancora stranamente intrecciate
con quelle di Cassiel, ma se fino a qualche attimo
prima erano state le dita di Yurij a tremare furiosamente dalla
disperazione,
ora erano le membra dell’altro Angelo decaduto a contorcersi
dal terrore; il Guardiano, quindi, le strinse
energicamente e Cassiel gemette, preda del dolore.
Boris, invece, era ancora sul corpo immobile
dell’Eletto quando, spostando i lunghi capelli rossi dal viso della sua
vittima, bisbigliò:
“Ehi, Angelo
mio, ti sei risvegliato..?”
Giunse solo un grido in risposta che, spaventoso,
dai profondi ed oscuri toni baritonali diveniva più acuto d’uno stridio.
Kei era solo; arrancava su di un terreno gelato
pregno di sangue e disseminato di cadaveri, ma neanche un lampo di
disperazione
o terrore illuminava i suoi occhi.
Egli rideva, ben consapevole che la pioggia avrebbe
ripulito quel macello; che le viscere ancora calde dei suoi compagni lo
avrebbero riscaldato…
“Oh, Mastro Ira! È tutto inutile…” Biascicò con una
punta d’euforia nella voce stanca.
Poggiò il volto al suolo e, continuando a
sorridere, si considerò ben disposto anche a nutrirsi dei morti; senza
che
neanche una scintilla di rabbia e frustrazione s’accendesse nel
profondo del
suo cuore.
Dunque, perché
non ferire il Guerriero laddove
avrebbe avuto meno possibilità di difendersi?
I demoni sapevano
che agli Angeli nati dopo la
caduta di Sua Maestà non era stato fatto dono di una forte psiche.
Essi, infatti,
possedevano solo una misera porzione
di coscienza che si traduceva nell’amore di Dio e che solo in Dio erano
le loro
scelte, le loro azioni e loro parole.
Però, certamente, non avevano
previsto che persino l’Onnisciente sarebbe potuto cadere nell’errore di
produrre due fantocci difettosi…
“Perché non riesco a
penetrare abbastanza a
fondo nei suoi pensieri?”
Ira
e Kei, in quel momento, sedevano l’uno di
fronte all’altro, separati da una tavola riccamente imbandita.
Probabilmente, ad un primo sguardo, le pietanze
fumanti offerte ai due commensali sarebbero potute sembrare gustose
leccornie.
Eppure…
L’Angelo
rimase in silenzio, squadrando con intensità
prima l’aspetto sudicio del Satana e poi i vassoi d’argento distribuiti
sul
tavolo.
In ognuno di essi scorgeva le membra dei sottoposti
che aveva condotto alla morte; i dispersi nella contea di Astaroth
ormai un
tutt’uno con l’Inferno e le ignare vittime di Ira.
Sospirò, avvertendo l’oscurità farsi più intensa,
comprendendo come ormai la poca pazienza del suo avversario fosse
giunta al
limite…
“Perché non è in grado di giocare con le mie
emozioni. Sappia che io non sono uno spiritello
da quattro soldi!”
Kei dunque, pronunciate quelle parole si sollevò e,
scagliandosi sul Satana, avvicinò il proprio volto a quello deformato
dell’altro, sorridendo.
“Mia è la Gloria del Cielo! Il sangue versato in
battaglia non mi divora per i rimorsi, ma rigenera la mia essenza nella
giustizia! Ergo, le sue illusioni sono del tutto inutili!”
Il silenzio calò per un attimo fra i due.
Si potevano udire i loro
respiri ironicamente
sincronizzati, come se fossero appartenuti ad un’unica e grottesca
entità.
“OOooh,
impressionante!”
Nonostante s’avvertisse
fin troppo chiaramente il suo fastidio, Ira
ruppe
la calma, ridacchiando senza scomporsi.
“A quanto sembra, mio adorato Messere Kei, lei è
molto più disgustoso di quanto
credessi… Impedirle l’avanzata verso Lucifero sarebbe come negarmi lo
spettacolo di una battaglia..!”
La
voce del Satana si fece come quella di una
bambina vivace, e sembrò quasi che fossero due piccole manine ad
afferrare il
volto del Guerriero e tanti piccoli denti a mordergli a sangue le
labbra.
L’Angelo a quel gesto si allontanò di scatto con il
cuore in gola e con la mente annebbiata da qualcosa di molto simile
allo
spavento.
Si sfiorò la bocca inumidita dal sangue e per un
istante s’agitò in lui il desiderio di sopprimere con quanta più
violenza
possibile la vita di quel viscido essere che ancora tratteneva, che
ancora si
prendeva gioco di lui.
Eppure, qualcosa sedò la
furia che era montata nel
suo animo; una piccola scintilla di luminoso buon senso che gli
sussurrò di non
lasciarsi intrappolare dalla sottile rete di inganni e tranelli del
Peccato…
“La aspetterò,
Messere. Un giorno anche lei
verrà rilegato in questa reggia disgustosa.”
Gli occhi neri di quello
che Kei riconobbe essere
un uomo brillarono, risucchiando l’oscurità che fino a quel momento li
aveva
avvolti in una totalità così spessa da togliere il respiro.
Solo allora il Guerriero, immerso nuovamente nella
luce, si guardò frenetico tutt’attorno, osservando sparire il sorriso
della Depravazione.
E così come quell’immagine si dissipava, in lui
s’acquietava il tormento, poiché anche la verità della sua natura era
tornata a
riposo e per un po’ avrebbe persino potuto continuare a preoccuparsi
vanamente
della salvezza altrui, piuttosto che della propria sporca anima…
Per un attimo, il
Messaggero ritornò ad essere quel
demonietto appena nato, privo d’esperienza ed in balia degli spiriti
maligni
superiori, che era stato agli inizi della sua mera esistenza.
Comprese che era
accaduto qualcosa di molto più
spaventoso di quanto avesse previsto…
Credeva, povero
ingenuo, che seviziando un Angelo
d’alto rango sarebbe potuto arrivare ad ottenere persino un
sottoposto..!
D’altra parte,
non era affare comune per un demone
come lui avere tra le mani un’anima simile a quella che era stata
dell’Eletto.
Ma come poteva
realizzarsi un simile desiderio,
quando la propria vittima s’era rivelata essere un vero e proprio
mostro?
Cosa fosse,
inizialmente né Boris né Cassiel lo
compresero.
Ma inquietava e
scuoteva i loro cuori turbati,
rendendoli vulnerabili.
La mano
dell’angelo decaduto era ancora stretta in
quella di Yurij che, nera e sporca, aveva ora lunghe dita simili ad
affilati
artigli.
Il suo corpo
sembrava non avere acquisito alcuna precisa traccia dell’identità
sessuale
che avrebbe dovuto macchiare un Eletto condannato.
Coperto da un
unico e sottile straccio sudicio, un
liscio pettorale d’uomo forte era affiancato da un seno invece scoperto
e
prosperoso; e questa visione lasciò intendere che anche i genitali,
nascosti
proprio da quell’unico brandello di tunica, presentassero la stessa dualità.
I fianchi sottili
conferivano eleganza al suo
profilo, mentre le braccia forti imprimevano una certa dignità di
portamento al
suo sostare lì, immobile e guardingo.
“Ti ringrazio.”
Soffiò quella nuova Creatura,
rivolgendosi con dolcezza a Cassiel; e la sua voce parve simile ad una
melodia dove
cori di voci maschili si fondono armoniosamente ai virtuosismi dei toni
femminili.
Quindi, piano,
quasi attento a non spaventarlo, gli
accarezzò una guancia con delicatezza, ricambiando lo sguardo confuso
ed
inquieto del dannato con un sorriso….
Poi, lentamente,
si voltò verso Boris.
Allora, inclinò
il viso su di un lato e, mutando i
lineamenti della sua espressione in un ghigno talmente largo da
deformargli
l’elegante linea delle labbra, gli puntò un dito contro.
“Ti ammazzo.”
Nella
grande sala dei troni i tre specchi che in un’epoca antica avevano
donato al
Guardiano la possibilità di osservare silenziosamente la Terra,
l’Inferno ed il
Paradiso s’erano incrinati, divenendo completamente neri.
Una
fanciulla sedeva sul seggio più imponente, carezzando con la punta
delle dita
un libro poggiatole in grembo.
Per
lungo tempo restò ferma, rimirando come ogni singola ala nata da
quattro dei
cinque troni ne avesse sgretolato le superfici preziose.
“Questo non dovrebbe essere il
mio
posto.”
Sui
suoi piedi nudi scivolarono alcuni frammenti del cristallo dei nobili
sedili
che la circondavano.
Fremette,
mordendosi le labbra con la furia di chi aveva subito un’ingiusta
punizione.
“Lucifero… Giuro che
sarò presto tua.”
“Sono l’Ordine delle
cose, colui che ha
trapuntato il cielo di stelle, che ha
eretto il Paradiso e concesso all’uomo la Conoscenza.”
Sono terribile, me ne
rendo
conto.
Beh, mi scuso profondamente
per i miei continui ritardi e spero che chi sia ancora in ascolto sia
almeno un
po’ contento di questo ritorno.
Abbiamo visto Lucifero e
Yuyu, abbiam visto Kei ed Ira, abbiam visto Yuyu nelle sue sembianze
demoniache
ed infine un nuovo personaggio...
Per non parlarvi del super
spoiler che vi ho fatto alla fine del capitolo e_e.
Ma sì, sono stata fin troppo
buona u_ù.
Bhé, sono iniziate le
vacanze, quindi spero di poter sfornare un altro aggiornamento a breve,
ma non assicuro nulla!
IMPORTANTE:
volevo
dire che ho modificato la parte finale dello scorso capitolo,
eliminando
“Pestilenza” ed introducendo “Inganno”.
Diciamo che sono stata
confusa da un paio di cose, compresa anche la fretta della partenza
l’estate
scorsa quando ho aggiornato, e che ho risolto in ritardo solo
riprendendo
qualche giorno fa la storia!
Infatti non mi trovavo più
coi miei schemi ò_ò’’.
Ma la colpa, ovviamente, è
solo mia e di non aver riportato bene nero su bianco le mie intenzioni
e non di
chi, giustamente, mi aveva fatto notare delle imprecisioni tremende
u_ù’’.
I Cavalieri dell’Apocalisse
sono quattro; il primo avanza su un cavallo bianco: rappresenta il
falso
Cristo.
Il secondo, sul cavallo
rosso, la Guerra.
Il terzo, sul cavallo nero,
la Carestia.
L’ultimo, sul cavallo verde,
la Morte –compresa di pestilenza!
Eh, bhé, credo sia tutto e_e.
So che potrebbe ancora
confondervi la cosa, ma se continuerete a seguirmi giuro che vi porterò
chiarezza e_e!
Un bacio, ed un grazie dicuore a
tutti coloro che
leggeranno e soprattutto che
recensiranno ^^!