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Autore: silencio    15/06/2011    1 recensioni
Solita storia immagino, di quelle raccontate per rendere lievi le ore di svago o di lettura, nulla di impegnativo nè per il lettore nè per l'autore. Un semplice esercizio di creatività.
C'è tutto ciò che in un racconto fantastico e mitologico può starci, eroi, divinità greche, guerre, poteri divini, profezie. Temi usati e stra usati. Ma altro non posso dire, la storia è da se che si scrive, non sono io che ne determino le linee, quindi, se la si vuol conoscere, occorre leggere e nemmeno io, autore, posso dire quali saranno le conclusioni.
Utile per riscoprire e, perchè no, immaginare il mito in maniera differente, lontano da quelle che sono le corruzioni hollywoodiane, più vicine forse al pensiero più antico visto dai moderni uomini del 2000.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo IV
Il risveglio del Mito
 
 
 
Buio. Fondo, eterno, incolmabile buio. Né terra, né cielo stellato, né monti o alberi, né ruvide rocce. Non v’era nulla in quel luogo. Solo lieve nell’aria si ode un lento frusciar di stoffe e legni che ritmicamente battevano. Curve figure di donne dalle scure vesti si stagliavano in quell’infinito abisso. I volti coperti da veli, sedevano su scranni invisibili. Delle loro fattezze nulla si mostrava, né il minimo lembo di pelle era scoperto; solo le mani emergevano dalla coltre di pieghe. E come fra loro erano diverse! Se la prima, che a sinistra stava assisa, possedeva mani piccole e delicate come di bambina, la seconda robuste mani candide e buone di una madre, l’ultima a destra, rattrappite e grinzose le dita simili a rametti ritorti mostrava, così cadaveriche che impossibile quasi pareva che la vita potesse animarle ancora.
Molti erano i loro nomi, da altri attribuiti e mai da loro. Figlie di Moros il Titano, antiche più del mondo e degli dei stessi, al di sopra di Zeus esse operavano. Da quando il tempo era sorto, esse incessantemente dedicavano la loro vita all’opera somma, la più grande delle narrazioni, il più bello di tutti gli arazzi, la vita stessa, esse cucivano e scucivano i fili del destino di uomini e Dei. 
Veloci le dita nel dipanare i fili dal fuso, svelte mani misuravano e tramavano, rapide lame recidevano. Così la vita degli uomini nasce, cresce e decade. Così ogni cosa di questo mondo. Le figlie del fato imparziali, che non udivano né preghiere né suppliche, non temevano minacce, sapevano prima di tutti gli esseri ciò che doveva accadere.
Là, nella tenebra fonda esse lavoravano incessantemente, senza sosta, incuranti di tutto. Per l’eternità.
E Cloto, dalle mani di bambina, parlò con foce acuta e fievole, quasi un bisbiglio.
-Quale luce è quella luce? Già spunta il giorno? Che cosa scorgo alla fine?-.
Lachesi, la madre misuratrice, rispose col righello in una mano e la spola nell’altra. –Non è il giorno che spunta, il sole non ha motivo di sorgere ancora. Vedo fiamme intorno alla cuspide dell’Olimpo-.
-È il principio di una fine, e la fine di un principio- rispose con roca voce la terza, Atropo la terribile. Con colpo secco e rumore metallico recise il filo di una vita umana. –Su sorelle, cantiamo e filiamo-.
Ed in coro le loro voci si levano nella vastità non più silenziosa.
-Vada come vada, noi cantiamo legando stretti i fili di questa vita. Tutto possiede inizio e termine, nulla si salva dal Padre divoratore-.
E intervenne Cloto. -Da quando Gea spodestò Urano, il Tempo scorre per tutti gli uomini meno che per gli dei. I Beati non conoscono morte né sofferenza, non temono nulla se non i propri pari, e Zeus nessuno teme, poiché nessuno è pari a lui.
Padre di divina stirpe egli domina da lunghissimi anni innumerevoli.  Potere e Forza siedono al suo fianco, Vittoria ne precede il passo. Egli è Re di tutte le cose. Con la destra impugna la Folgore gloriosa, arma ciclopica. Con essa spodestò il padre; con essa impone il suo dominio.
Quando il Forte ascese al trono, della prole sua divina fu orgoglioso e di loro subito si ricordò ricompensandoli con mille e mille doni. Ma dei tristi mortali, essi non tenne di conto, tosto volle annientarli. Ma un Saggio, Colui che lontano vede, si oppose al volere del Divino, e con l’inganno salvò da rovina gli uomini- cedette poi il filo alla sorella. –Non vedo, non vedo oltre sorella. Canta tu, fila adesso-.
Lachesi, con rapida mano afferrò il filo, veloce lo misurò.
-Il Savio incatenato resta, per il suo vile peccato- iniziò a cantare. -Chi inganna il Padre non ha scampo. Terribile è la sua vendetta. Violento è e padrone del giusto.
Gli uomini fioriscono e dominano la terra, dimentichi del cielo, dimentichi degli dei. Insozzano la loro memoria, insultano ed uccidono i loro fedeli. Si macchiano d’orridi peccati. Sputano sul sacrificio compiuto dal Portatore di Fuoco. Attirano su di se la collera del cielo. Ambiscono al trono e all’Olimpo. Ma la punizione non attenderà oltre. Il Sommo Signore, furente, è pronto a riparare al danno. Purificherà la razza degli uomini col fuoco della folgore e la potenza del tuono. Le porte dell’Ade si spalancano. L’Oscurità avanza. Il male è già desto… ma ecco, la visione a me scompare. Ora non vedo più nulla. A te, Atropo, amata sorella, tocca continuare il canto-.
Il filo scorse e giunge nelle mani ruvide e secche di Atropo, colei che recide. Lei lo afferrò con dita tremanti e malferme.
-La fine giunge per tutti. Per gli uomini e per gli dei. Arriverà il giorno in cui il tempo scorrerà avverso ai Santissimi, e il Forte dalla folgore gloriosa, precipiterà con vergogna dal cielo. A nulla varranno le sue proteste. La Madre piange misera le sfortune dei propri piccoli. Non passerà nulla impunito per lei. Come per il padre, così per il figlio. Non si fugge al destino. Il Fato domina su tutte le creature. Non si fugge al destino-.
D’un colpo fermo e crudele, la Terribile recise il filo. Uccise una vita. Non ne provò compassione.
In coro ripresero il canto.
-Il tempo scorre. Il tempo scorre. Il tempo scorre. Inesorabile muove, come il fiume alla foce. Nulla si salva, nulla si cela alla sua vista, nulla lo vince. Anche gli Dei piegheranno innanzi a lui…-.
D’un tratto si fermarono, osservando il filo, sorprese. Il loro lavoro millenario s’arrestò per la prima volta. Il filo era terminato. Non v’era più lana nel fuso.
-Finito!- disse Cloto.
-Finito- sussurrò Lachesi.
-Finito…- imitò Atropo. –Finito l’eterno sapere. Al mondo annunziamo più nulla. Giù, alla Madre!-.
Le tre Sorelle s’alzarono dai loro seggi svanendo nell’ombra, dissolvendosi come un miraggio.
Tutto tornò silenzioso e vuoto.
 
***
 
Stava su una rupe, sopra di lui il cielo era nuvoloso come di pioggia, ma le nubi erano rosse di fuoco. Sotto si lui, una grande e polverosa piana, un deserto roccioso, e ivi mille e mille guerrieri combattevano in gran massa una guerra sconosciuta. Urla e clangore di spande si spandevano nel vento violento mentre il sangue arrossava la polvere. Al suo fianco delle persone; una ragazza dalla pelle scura e una lunga treccia, arco in pugno e freccia incoccata, un ragazzo, alto e bello, dei lineamenti forti e un accenno di barba e poi un terzo ragazzo della sua medesima età o forse più piccolo, dai capelli biondi e il viso magro, portava tondi occhiali e sembrava spaventato. Fissavano tutti la piana sottostante con paura e apprensione.
Dov’era? Che stava accadendo? Chi erano quei tizzi?
Cercò allora di parlare, di rivolgere ai giovani al suo fianco le domande che affollavano la sua mente, ma le labbra non si mossero, incollate fra loro non si aprivano, non gli permettevano di parlare. Doveva tacere. Tacere e guardare quella sanguinosa e terribile battaglia, mentre in cielo una tempesta di fulmini scoppiava fra le nuvole.
D’un tratto, la voce calma della sorella lo chiamò ed egli, girando lo sguardo lontano dalla guerra la vide, ammantata di luce bianca, i capelli sciolti. Una tunica le fasciava il corpo, scura come il corvo. Gli occhi erano spenti.
-Sorella- la chiamò stupito il ragazzo –che ci fai qui? Che accade? Chi sono quelli?-
Ma la fanciulla non rispose, non se ne curò minimamente. Disse invece, con voce lontana e possente, non più sua. –Preparati Aleksandros… Salvatore degli uomini… Il tuo tempo si compie ora... Nessuno può sottrarsi alla volontà degli Dei…-
E fu allora che, con un forte fracasso, Alek si svegliò mentre il sole, rapido, sorgeva ad est, tingendo di rosso il mondo.
 
 
 
 
 
 
 
Free Talk:
Alla fine ho deciso che, per farmi perdonare il ritardo della settimana scorsa, pubblicherò anche il quarto capitolo, appena ultimato. Spero che possiate apprezzarlo e che, la narrazione, da qui in poi, possa farsi (per voi e per me) ancor più emozionante o quanti meno intrigante. per chiarimenti o altro, non vi basta che chiedere.
P.S. il dialogo delle tre sorelle Moire, l'ho scritto traendo ispirazione da una delle opere liriche che più adoro: L'anello dei Nibelunghi di Wagner. Questo pezzo in particolare si ispira all'overture del quarto e conclusivo capitolo della saga "il crepuscolo degli dei".
Grazie a tutti.
 
        Silencio

 
   
 
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