Nota
dell’autrice (autrice del groviglio): Ciò che leggerete, se lo leggerete
(perché ci vuole veramente una gran dose di coraggio, preparatevi)
è vero. Ho trascritto questa mattina una serie di messaggi- bozze (o
messaggi in bozze, o semplicemente bozze? Non lo so..) digitati furiosamente ieri notte, dopo la
serata trascorsa.
Questa pseudo-fiction è un groviglio di pensieri a mio
parere incomprensibile. E se tu, che stai leggendo, hai un minimo di buon
senso, non andrai avanti.
Per
i più audaci: fatemi
sapere se la pensate come me (non dovevo pubblicarla, e tantomeno non dovevo perdere tempo a
travasarla dal cellulare) o se è gradevole-deprimente. Si, ho digitato bene, ho veramente scritto
gradevole-deprimente. Perché credo che una fanfic
sia degna di questo nome solamente se ha sapore, se trasmette un qualcosa. Quel
qualcosa è una x variabile, che può andare dal deprimente, al
leggibile, al gradevole. Solo se, però, non si fa caso a come è
scritta la storia. Perché se una storia è gradevole dal punto di
vista della -scorrevolezza-
allora no, non era questo che io intendevo trasmettere. Certo, come è
scritta una fic è molto importante, ma se il come è la prima cosa che passa
per la testa al malcapitato lettore, ripeto, allora no, non era questo che io
intendevo trasmettere.
Lasciate
una recensione, anche critica. E’ benaccetta.
Buona
lettura (sarebbe più appropriato Buona fortuna!) !
Si, esatto.
Sto veramente scrivendo sul
cellulare quello che scriverei al computer se fossi in vena di fan fiction.
Beh, sono in vena di fan fiction.
L’unico problema
è che è notte inoltrata, e non posso di certo accendere il
computer. Quindi si, sto veramente scrivendo una drabble da salvare come messaggio di bozza.
E’ sempre stato quello,
il problema. Tutto gira intorno a ciò: la morale o i sentimenti? Beh, io
questa sera ho scelto la morale. Ho scelto
quello che sono, quello che penso, mandando all’aria giorni di
riflessioni, ore di sguardi e giorni di accurate osservazioni. Perché
tu, Michel, mi piaci. Tanto e, soprattutto, da tanto.
Eppure ti ho offeso, ti ho
umiliato davanti a tutta la classe per difendere la mia fatidica morale. Un
gesto impulsivo, parole uscite dalla mia bocca automaticamente, da sole, senza
che abbia avuto il tempo di rendermene conto e pensare, un attimo in
più. Sarebbe bastato.
Tu lo prendevi in giro, quel
poveretto, e mi sono saltati i nervi. E l’ho fatto. Ho detto quello che
mi passava per la testa, davanti a tutti. Ti ho giudicato come un complessato
sfigato e patetico, schiavo delle attenzioni altrui, che non aveva di meglio da fare
che insultare qualcuno che nemmeno lo aveva provocato.
Qualcuno rideva, qualcuno
diceva -Brava Ginny-, qualcuno bisbigliava -Adesso la
picchia-. Eravamo al centro del tavolo, io e te, quasi come nei film e nei
libri. Se fosse stata una scena da libro forse l’avrei anche gradita. Ti
sei limitato a guardare con disprezzo la tua vittima, alzare le sopracciglia e
non degnarmi di uno sguardo. Ma dal momento che io mi nutro del tuo, non ti
staccavo gli occhi di dosso. Ma evitavi in tutti i modi un contatto visivo,
parlando con altri, fissando la tua pizza senza toccarla. Così non sono
riuscita a capire cosa ti stesse passando per la testa. Umiliazione, rabbia,
indifferenza? Il dubbio mi attanaglia ancora adesso, mentre sto scrivendo
scomodamente sulla tastiera QWERTY del mio Nokia, in circa tre messaggi-bozze
differenti. Si perché dopo un tot di parole ti
cambiano l’SMS in messaggio multimediale, e dopo altre infinite battute
non puoi più scrivere. Stop, c’è
un limite a tutto, anche alle parole del messaggio multimediale. Pare che il
cellulare mi dica –Basta, Ginny, stai pensando
troppo, non serve, è già successo, l’occasione l’hai
persa, ormai.-
Se sapessi cosa hai pensato
in quel momento, ora forse starei piangendo, o pianificando.
Se avessi visto un guizzo di
rabbia diluita in umiliazione attraversarti gli occhi, ora mi starei
rimproverando per aver detto quelle parole così fredde e crude alla
persona a cui puntavo.
Se avessi notato un accenno
di sfida o di vendetta, sarei contenta di quello che ho detto.
Se non avessi percepito
niente, l’indifferenza totale, avrei gettato la spugna e starei cercando
di dimenticarti, di pensare ad altro.
Ma la tua forza è
stata proprio lì, nel non aver ceduto, nell’aver aspettato di
smaltire quel qualsiasi cosa tu stessi provando prima di guardarmi nuovamente
negli occhi, mezzora dopo.
Se avessi
scelto i sentimenti, avrei incassato quel
tuo comportamento, catalogandolo, per inserirlo tra i difetti del tuo
carattere. Me ne sarei stata zitta a guardare e avrei solamente evitato di
essere coinvolta. Avrei, come sempre, provato sulla mia pelle
l’umiliazione della vittima di turno e avrei deglutito, magari dicendo un -Dai basta-.
Avrei alzato gli occhi al
cielo, per sdrammatizzare e spostato il discorso sul fatto che Pietro, come al
solito, era in ritardo.
Ma non l’ho fatto.
Settimane e settimane a
parlare dell’evento dell’anno. Pizza con la classe e poi discoteca
sul mare con il resto del Liceo. In programma c’era pure l’eclissi di luna, come fatto a posta.
Giorni e giorni sprecati a
girare per negozi per scegliere cosa mettere, raccogliere i nomi di chi sarebbe
venuto, prenotare, cercare di organizzare una cena decente, esserci riuscita.
Camminare mezzora ogni sera sui tacchi per cercare di sembrare disinvolta,
incominciare a prepararsi cinque ore prima di uscire. Discussioni con mia madre
per convincerla a poter restare in discoteca fino alle due, convincerla.
Tutto pensato in ogni
minuzioso dettaglio per sembrare carina e spigliata ai tuoi occhi.
Cercare con complicate
manovre e giri di sedie di sedermi di fronte a te, esserci riuscita.
Le tue risate di scherno nei
confronti di quel poverino, le mie parole. Il tuo sguardo mai più
trovato, il discorso sviato.
Ci alziamo dal tavolo e
andiamo verso la discoteca. Due compagne fumano.
E’ da loro, che ti
dirigi. E’ con loro, che passerai la serata.
-Fumi? Non lo sapevo, non si
direbbe, sei una ragazza così per bene!- un sorriso malizioso ti attraversa
gli occhi, un colpo invisibile prende me in pieno, che ti osservo da qualche
metro.
E capisco chi inizia a fumare
a 15 anni.
Per il resto della serata mi
passi di fianco senza vedermi, se avessi potuto mi avresti scavalcato.
E di solito non è
così. Di solito, a scuola, mi ronzi intorno, con qualsiasi pretesto, con
la prima stupidaggine che ti passa per la testa.
E comprendo, quindi, che se
anziché seguire la mia morale avessi agito secondo quel che provavo,
qualcosa di questa sera sarebbe stato diverso.
Avevo in mente di farmi
avanti. Sarebbe bastato che anziché chiedere l’ora alla mia amica
che avevo di fianco l’avessi chiesta a me, come hai sempre fatto, e io
avrei capito che avevi accettato quello che ti avevo detto poco tempo prima. E
più tardi, in discoteca, al buio, come i codardi, mi sarei fatta avanti.
E invece non l’ho
fatto.
Ho fatto la paladina della
giustizia, per una giusta causa, ma nessuno mi avrebbe pagato o fatto i
complimenti. A sentire che difendevo il poveretto erano solo una ventina di
ragazzini sedicenni stupidi, che non mi avrebbero detto –Hai fatto bene-.
E capisco, solo ora, tra un ticchettio e l’atro della
tastiera del cellulare, quanto essere quello che sono possa nuocermi.
Quanto essere una persona
decente possa avere più svantaggi del previsto.
Quanto l’essere
intelligenti e un po’ insicuri, possa essere un mix perfetto per
allontanare il ragazzo che mi piace da sempre.
Quanto sia vero che o fai
parte del branco, ed entri nel giro, o rimani lì, da solo, a chiederti
chi sei e cosa farai, quale sarà la prossima mossa.
Quanto male possa fare il
pensiero di aver rovinato ancora una volta tutto solo per sentirsi giusti, per
difendere qualcuno di cui non ti interessa niente.
Che quando ho bisogno di te
della morale non me ne faccio niente.
Che le persone normali a 15
anni della morale se ne fregano e cercano di ritagliarsi un posto comodo nella
compagnia.
Che sembra non esserci via di
uscita.
Che senza la morale, io sono
poco e niente.
Che senza di te, sono ancora
meno.
Che mentre la vita scorre io rimango qui, pensando a te, alla
ricerca di me stessa.
--
:*
Dominil MacRinnalch_