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Autore: Fiorels    17/06/2011    30 recensioni
Arrivai in salone e lo vidi. Dormiva sul divano. Doveva essere distrutto. Faceva sempre avanti e indietro tra la sala di registrazione e casa per non lasciarmi sola, e nei giorni in cui non poteva proprio muoversi chiamava ogni ora per controllare come stessi e sapere se avessi bisogno di qualcosa. Aveva deciso di abbandonare la recitazione, almeno momentaneamente, ma ero riuscita a convincerlo ad approfittare di questo periodo per dedicarsi alla sua vera passione, la musica. In questo modo avrebbe avuto orari certamente più decenti e inseguiva un sogno che si avverava. Mi appoggiai alla soglia della porta. Mentre il suo dolce respiro invadeva la casa silenziosa, rimasi a fissarlo, per non so quanto tempo, in bilico tra verità e menzogna. Non sapevo cosa fare. Mi sentivo così persa. Dovevo dirglielo? Ma come potevo dargli una notizia simile? Era così felice..
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kristen Stewart, Robert Pattinson
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Bè, per chi non lo sapesse, qualche giorno fa mi hanno hackerato la mail e cancellato ogni mio video su youtube e ogni mia storia su EFP.. non mi dilungo su questa faccenda perchè l'ho già fatto abbondantemente nell'intro di "Broken Road"; Spero solo che il karma faccia il suo dovere!!!
Ergo... Eccomi qui a ripostare anche questa one-shot, che probabilmente adesso nessuno si cac***à.. ma la riposto lo stesso, non solo perchè mi piace vederla pubblicata ma perchè ci tengo particolarmente..
Grazie a questa one-shot ho conosciuto delle persone stupende e se non l'avessi scritta probabilmente a quest'ora non la starei nemmeno ripostando... Cioè questo sarebbe ovvio, ma sapete quando la vita sembra tutto un susseguirsi di eventi e condizioni? Magari basta una piccola mail per cambiare tutto.. o magari a quel punto ci saresti arrivata lo stesso... O magari no.. 
Io non so se senza questa shot starei vivendo la vita che sto vivendo... So solo che ringrazio di averla scritta e ringrazio la caparbietà di una persona che mi contattò per costringermi a scrivere un finale alternativo.. Da lì è cambiato tutto per me... 
Quindi Leti, penso che questa te la dedicherò sempre e comunque.. anche se so che non sopporti le cose tragiche... LOL 
Però in fondo è stato un pò l'inizio di tutto.. L'inizio di Joy *____* Cioè, almeno per me hahaha sei stata capace di traviarmi la mente e non smetterò mai di dirti grazie!!! Ti voglio bene!!!  
Per chi se lo fosse chiesto, ancora non so se riposterò qui "Nothing like you and I" e non so se "Never say never" sarà ripostata qui o sull'account di Cloe. Ad ogni modo vi terrò informate a lungo andare... appena mi schiarisco le idee.
Nel frattempo... se avete voglia di farvi o ri-farvi un pianto... eccola qui hehe. 
Grazie ancora a tutte per il sostegno! 
Non so cosa farei senza di voi ç____ç 
Vi adoro incondizionatamente! 
Un bacio enorme a tutte!!! 
Fio

Eppure mi hai cambiato la vita
 
POV Kristen
12 Agosto 2014
Ecco quando mi è piombato il mondo addosso.
 
Caro diario,
si può essere al settimo cielo e in un abisso infernale allo steso tempo? Come è possibile che tutto questo sia vero? Come è possibile che la felicità sia così effimera e vendicativa? Perché? Perché a me? Cosa ho fatto per meritarmi questo? Immagino che non ci sia risposta a questa domanda, non sono la prima e non sarò l’ultima. Solo un altro tassello di quella cosa che si chiama vita e che si diverte a giocare con noi, come se fossimo burattini, biglie impazzite senza una meta.
E ora cosa faccio? Anzi, come faccio? Non ho la forza per…
 
“Sì, lo voglio!”.
“E tu Kristen Jaymes Stewart, vuoi prendere Robert Thomas Pattinson come tuo legittimo sposo?”
“Sì, lo voglio. Finchè vivrò!”
Era stata una bella cerimonia. Intima. Certo, intima per quanto potesse esserlo. Avevamo cercato di evitare occhi indiscreti e indesiderati, ma il nostro matrimonio era inevitabilmente diventato l’evento del secolo. Per quanto avessimo cercato di mantenere l’incognito e rispondere vagamente o evitare le domande dei giornalisti e dei paparazzi, fu impossibile nascondere il luogo della cerimonia. Una piccola chiesetta su una collina rialzata in quel di Vancouver.
“Non capisco perché vuoi sposarti proprio qui” gli avevo detto quando mi mostrò il posto. “Non che non mi piaccia, anzi, è perfetto! Solo, perché proprio qui?”.
Il posto era davvero magnifico. La piccola chiesa in stile gotico, perfetta per ospitare i nostri intimi invitati, si innalzava accogliente e calda e le vetrate colorate riflettevano bellissimi giochi di luce, un arcobaleno di colori invadeva e avvolgeva l’interno come in un abbraccio caloroso. L’esterno era perfetto. La collina sembrava una vera radura, c’erano alberi a costeggiare la verde linea che il prato rigoglioso creava ai confini dell’orizzonte, orchidee e gelsomini ovunque e per il banchetto erano stati posizionati semplicissimi ma graziosi tavoli rotondi che lasciavano inalterata la bellezza del paesaggio e un gazebo con nastri viola che avvolgevano gli archi bianchi. Era tutto molto semplice, tutto come volevamo.
“E’ qui che mi sono innamorato di te..” mi aveva risposto semplicemente.
Gli sorrisi. “Sei sicuro? Perché comincia sempre più a piacermi la mia idea..”
Scoppiò in una fragorosa risata. “Scappare e sposarsi a Las Vegas non è esattamente come immagino il nostro matrimonio”
“Però devi ammettere che è allettante” cercai di convincerlo. “Non voglio nemmeno immaginare quanta gente ci sarà qua fuori” sospirai.
“Hey” mi prese il viso tra le mani. “Non permetterò a nessuno di rovinare questo giorno. Non dopo averlo sognato così tanto”
“Ma…”
“Ah! Niente ma!” disse con tono severo.
Lo guardai negli occhi per un breve istante. “Rob, ma..”
“Eh! Cosa abbiamo detto?!” mi interruppe di nuovo.
Sospirai. “Si, ma..”. le sue labbra furono sulle mie in un attimo e con un bacio sciolse tutte le mie paure.
“Tu sei sicuro di voler affrontare tutto questo?” gli chiesi quando sciolse l’abbraccio.
Mi sorrise. “Con te, posso affrontare tutto”. E sapevo che era vero.
 
Chissà se avrebbe potuto affrontare anche questo. Seduta sul letto, sfogliavo le pagine di quell’album. Era impossibile non abbandonarsi ai ricordi che mi si piombavano davanti, per quanto dolore potessero creare. Ma lo volevo. Volevo ricordare. Dovevo ricordare quanto più possibile. Dimenticare era l’unica cosa che mi spaventasse in quel momento, l’unica cosa che mi terrorizzasse a morte più di quello che mi sarebbe successo.
Girai la pagina. Un altro ricordo.
 
“Quanto ci manca?” mi lamentai. L’attesa mi stava uccidendo.
“Poco amore mio,  abbi un po’ di pazienza!” mi sussurrò all’orecchio mentre continuava a camminare portandomi in braccio.
Non mi aveva permesso di guardare nulla coprendomi gli occhi con le mani ogni qual volta mi avvicinavo troppo a scoprire dove stessimo andando. Non che potessi capire molto dal jet privato che ci aveva condotti fin lì. Ero solo riuscita a vedere un’enorme distesa d’acqua e poi la sua mano che con un abile gesto copriva il finestrino.
Doveva essere una sorpresa. Così aveva detto.
 “Sai che mi sento una stupida vero? Spero almeno che non ci sia nessuno a guardare!” imprecai cercando di dare un tono alla mia voce.
“Tranquilla, siamo solo io e te.”
“Sento…qualcosa. È…è il suono del mare”.
“Ma che brava..”
“E questo è odore di sabbia…” dissi allungando il naso per assaporare meglio quell’odore.
“La sabbia non ha odore” disse come se fosse una cosa ovvia.
“Per te forse. Io lo sento. Ma potrebbe anche essere che in queste ore ho imparato a sviluppare meglio i miei altri sensi visto che non posso guardare niente!” scherzai con tono provocatorio e seccato.
Rise di gusto. “Non potevo non togliermi lo sfizio di bendarti..sei troppo carina. E sei adorabile quando ti arrabbi..”
“Spero per te che ne valga la pena..” sbuffai incrociando le braccia al petto.
“Credimi…mi perdonerai”.
E infatti lo perdonai. Come potevo non perdonarlo?
“Eccoci!” disse lasciandomi finalmente scendere e sciogliendo il nodo che mi copriva gli occhi da troppo tempo ormai. Rimasi senza parole.
Avevo la sabbia sotto i piedi, il suono del mare alle mie spalle e davanti i miei occhi una bellissima casa bianca.
“Ma…cosa..hai fatto?” chiesi sconcertata quando mi ripresi dalla sorpresa.
“Benvenuta alle Hawaii” disse stringendomi le braccia attorno allo stomaco e abbassandosi per baciarmi il collo.
“Ma..come..” non riuscivo ancora a capire come fosse possibile. Quelle erano le Hawaii e non c’era nessuno?
“Sai che ci sono tantissime isole delle Hawaii deserte? Le chiamano “sfitte”” iniziò a spiegarmi sorridendo mentre io elaboravo lentamente le sue parole. “..e ho scoperto che si potevano comprare. Quindi eccoci qui!” disse soddisfatto. “Si, so di non essere stato molto originale, ammetto di aver copiato l’idea di…qualcuno..” scherzò. “Ma l’importante è che siamo soli. Questa è per te, per noi”.
Il freddo vento di Febbraio in quel posto era caldo e trasportava quelle parole con estrema dolcezza. Non riuscivo a distogliere lo sguardo da quello spettacolo ma non dovetti sforzarmi troppo per voltarmi e incrociare i suoi occhi.
“Tu…mi hai regalato un’isola?” chiesi mentre sentivo gli occhi inumidirsi.
Annuì dolcemente. “Consideralo il mio regalo di nozze” ammiccò.
Mi sentivo terribilmente in colpa. “Ma io…non ti ho regalato niente..” piagnucolai tirando su con il naso.
“Non essere ridicola..tu mi regali te stessa. E questo è tutto quello di cui ho bisogno. Se ci sei tu, non ho bisogno d’altro!”. Mi buttai fra le sue braccia e lo baciai con trasporto.
“Perdonato!” dissi quando mi staccai per respirare.
“Ci avrei giurato..” bisbigliò in bilico sulle mie labbra. “Ah a proposito..bisogna scegliere un nome..”
“Per cosa?” chiesi strabuzzando gli occhi.
“Per l’isola ovviamente” disse come se la risposta fosse scontata.
“Oh…”
“Volevo darle il tuo nome, ma senza offesa amore, isola Kristen suonava proprio male..” disse prendendomi in giro. “Possiamo chiamarla Jaymes se vuoi..” continuò a ridere. Misi su un finto broncio che abbandonai subito. “Che ne dici se la chiamiamo Noi?”.
“Isola Noi?” chiese.
Annuii dolcemente. Era un nome stupido, ma ci rappresentava bene.
“Mi piace..” disse convincendosi e si abbassò per lasciarmi un lieve bacio sulle labbra, un secondo prima di prendermi in braccio alla sprovvista.
“ROB!” esclamai terrorizzata di cadere.
“Inauguriamo l’isola Noi” disse trionfante e mi condusse nel profondo di quell’angolo di paradiso che sarebbe stato solo nostro.
 
Un sorriso amaro mi spuntò sul volto a quel ricordo. Non avevo la forza di girare pagina, terrorizzata da quello che mi riservava. Quanto ancora poteva sopportare il mio cuore prima di collassare?
Rimasi lì a fissare quella foto trasandata e leggermente storta – uno degli svantaggi, forse l’unico, di essere soli su un’isola deserta – sperando che non mi assalissero ulteriori ricordi. È vero, volevo ricordare, volevo portare tutto con me, ma quanto sarei riuscita a sopportare? Cercai di evitare i pensieri, ma come una sorta di contrappasso, quanto più si cerca di evitare i ricordi, di eludere i pensieri, tanto più forti questi si stampano a fuoco nella memoria. E infatti, eccone un altro.
 
“Ti sei mai pentita di essere venuta allo scoperto?” chiese dubbioso mentre mi carezzava i capelli.
“Che vuoi dire?” chiesi presa alla sprovvista da quella domanda.
“Bè, non abbiamo avuto tantissima pace da quando abbiamo rivelato tutto..”.
Stesa nel letto tra le sue braccia mi risultava difficile pensare al mondo esterno e ai problemi che ogni giorno ci riservava.
“Perché questa domanda?” chiesi preoccupata da quell’improvvisa girata d’umore. C’era forse qualcosa che non gli andava bene? Certo, da quando eravamo usciti allo scoperto era difficile avere un po’ di intimità o di privacy, le nostre uscite erano costantemente “pedinate”, ogni nostro abbraccio in pubblico era fotografato e ogni bacio era un nuovo articolo su qualche rivista di gossip. La situazione era tutt’altro che leggera. A volte desideravo tornare indietro, rivivere quei momenti in cui era tutto un mistero anche per noi, quei momenti in cui tutto sembrava difficile ma invece era così semplice. Avrei voluto vivere come una persona normale, baciare il mio ragazzo all’aeroporto senza aver paura che una folla di ragazzine urlanti ci piombasse contro, avrei voluto passeggiare mano nella mano senza il continuo flash delle macchine fotografiche, avrei voluto scendere a comprare il pane senza essere assalita da giornalisti e paparazzi.
Mi consolavo sperando che un giorno si sarebbe calmato tutto. Un giorno sarebbe successo. Non potevamo fare notizia per sempre, prima o poi si sarebbero stancati di noi, e fino a quel momento dovevamo stringere i denti e tenere duro. Un giorno avremmo avuto anche noi la nostra pace.
“Mi chiedo solo…se tu non ti sia pentita delle tue scelte, se non avresti preferito vivere come una persona “normale”…”.
Da dove veniva fuori tutta quella insicurezza? Davvero aveva così poca fiducia nei miei confronti?
Alzai il viso dal suo petto per poggiare la mia fronte alla sua. “Rob, una vita normale per me è una vita con te…” sussurrai sperando che si convincesse della verità di quelle parole. “Mai mi sono pentita delle mie scelte perché mi hanno portata a te. E non importa quanto dovremmo aspettare per avere un po’ di pace fuori..A me basta essere qui…con te… per sentirmi bene! Il resto non conta”
Restammo a fissarci immobili, per minuti interminabili, reciprocamente persi nei nostri occhi, infine parlò.
“Kristen, sposami” disse semplicemente muovendo le labbra in modo impercettibile.
“Certo, amore mio!”. Dissi sorridendo e mi abbandonai di nuovo sul suo petto. Quante volte glielo avevo sentito dire in passato. Quante volte avevo accettato e preso di buon gusto quella sua abitudine di chiedermi in moglie. Quante volte avrei voluto che lo intendesse davvero.
“Dico sul serio..”.
Riaprii gli occhi di scatto. “Cosa?” chiesi incredula e sconcertata.
“Sposami” ripeté cercando i miei occhi.
Rimasi interdetta, muta per alcuni minuti. “Rob..ma..cosa…stai dicendo?” balbettai quando riuscii ad elaborare un pensiero di senso compiuto.
“Voglio sposarti”. Capii dal tono dolce della sua voce e dal colore velato di quella parole, che erano vere. Non stava scherzando.
Tuttavia non riuscivo a capire. Mi ritenevo già abbastanza fortunata. Con tutte le ragazze che avrebbe potuto avere in questo mondo aveva scelto me. Mi aveva voluto dal primo istante in cui mi aveva vista, ormai lo credevo quando me lo diceva, ma perché mai avrebbe voluto trascorrere il resto della vita con me?
“Perché?” chiesi socchiudendo gli occhi sperando che non vedesse quella domanda come un rifiuto ma solo come una spiegazione.
“Perché…” sospirò. “Perché ti amo. Ma non amo solo la tua persona, io amo ogni singolo particolare di te. Amo come ti mordicchi le labbra quando sei insicura, come di scrocchi le dita quando sei nervosa, come ti passi continuamente la mano tra i capelli. Voglio sposarti perché sei fantastica e non sai di esserlo, perché sei così insicura nei momenti in cui potresti avere il mondo ai tuoi piedi, perché vedi dentro te stessa e non ti credi superiore agli altri. Voglio che tu sia mia. Per sempre”
Continuai a fissarlo mentre le sue parole scorrevano ripetutamente nella mia testa come un flusso senza fine, una dietro l’altra.
“Kristen, vuoi sposarmi?”
Una domanda così semplice. Niente torre Eiffel, niente dichiarazioni ufficiali, niente scenate pubbliche. Solo il desiderio di appartenersi per sempre. Semplice, come noi.
“Si” sussurrai mentre una lacrima scendeva sul suo petto.
 
Basta così! Non potevo sopportare oltre. Chiusi l’album sperando che quelle pagine che ancora non avevo girato sarebbero rimaste con me in ogni caso.
Mi alzai dal letto aiutandomi con le mani a aggrappandomi al comò per darmi forza e andai verso il balcone. Mi appoggiai alla ringhiera e con sforzo alzai il viso al cielo. Milioni di stelle riempivano il cielo dando luce a una notte senza luna. Mi pentii subito di aver alzato lo sguardo. Era impossibile evitare i ricordi. Mi inseguivano ovunque.
 
“Per inaugurare la nostra nuova casa, ho una sorpresa per te!”
“Ancora sorprese?”esclamai incredula ma anche curiosa. “Non mi starai viziando un po’ troppo?” dissi scherzando.
“Per te, non è mai troppo”. Mi baciò dolcemente e facendosi spazio tra gli scatoloni mi condusse in terrazza.
“Cos’è questo coso?” chiesi con gli occhi puntati su quello che sembrava un enorme telescopio poggiato a un cavalletto a quattro piedi.
“Un telescopio” rispose raggiungendo l’arnese e mettendosi a trafficare con quel coso.
“L’avevo capito…ma.. non credi sia un po’ fuori luogo interessarsi all’astronomia, proprio ora che siamo in pieno trasloco. Non bastano tutti questi scatoloni in giro per casa?”
“Fidati non te ne pentirai”.
Armeggiò ancora un po’ vicino a quell’affare, spostandolo da destra a sinistra, dall’alto al basso, regolando le lenti e lo zoom.
“Posso sapere che stai cercando?” sbuffai dopo un po’ incrociando le braccia.
Non rispose. E rimasi ad aspettare ancora un po’ piena di pazienza ma proprio quando stavo per andarmene mi bloccò.
“Ecco! L’ho trovata!” urlò. Facendomi saltare di paura. “Vieni a vedere!” esclamò trascinandomi per un gomito vicino al telescopio. “Guarda!” esclamò trionfante.
“Cosa dovrei guardare?” borbottai.
“Tu guarda e basta!” disse spazientito. Al che fui costretta ad abbassarmi titubante sull’aggeggio.
“Bene..e ora?” dissi ammirando il panorama di stelle che la lente mostrava così vicine.
“Lo vedi Saturno?”
“Si…” dissi dopo aver individuato il pianeta ben riconoscibile per i suoi cerchi.
“Perfetto! E cosa vedi accanto?” chiese carico di speranza.
Alzai il viso dal telescopio e lo guardai sconcertata. “Rob ti senti bene?” chiesi con falsa e ironica preoccupazione.
“Dimmi solo cosa vedi!” insistette facendo segno di tornare sulla lente.
“Cosa vuoi che veda?” chiesi ironica. “Stelle” risposi in modo ovvio.
“Si, ma ce n’è una…” lasciò la frase a metà aspettando che la completassi.
“Ah si. Una è un po’ più luminosa! Proprio accanto a Saturno. La vedo!” esclamai carica di un entusiasmo venuto dal nulla.
“Esatto!” esclamò vittorioso.
Continuai a fissare quella stella, la vedevo brillare, più forte delle altre, come una cometa pronta ad esplodere da un momento all’altro. “Ma perché devo fissare proprio quella?” chiesi continuando a tenere d’occhio quel punto luminoso.
“Perché…le ho fatto dare il tuo nome”.
 Alzai lentamente il busto e poi con estrema lentezza voltai il viso verso il suo.
“C-cosa?” mormorai con voce rotta.
“E’ nel Registro Internazionale”. Disse sorridendo avvicinandosi con un pezzo di carta in mano. Lo aprì, e mi indicò un piccolo punto vicino Saturno. KRISTEN.
Il cuore si bloccò in un istante interminabile e prese a battere più forte di prima.
“Non è un’isola, però… Buon compleanno amore!” disse accogliendomi nel suo abbraccio.
“Tu..tu..sei incredibile!” piansi stringendomi forte a lui. “Come farei senza di te?” piansi più forte a quel pensiero.
“Non preoccuparti! Non accadrà mai. Sarò sempre qui! Saremo sempre qui. Io e te”.
 
Accidenti! Perché era così difficile non ricordare? Avrei voluto cancellare i ricordi e allo stesso tempo conservarli dentro di me, indelebili. Se solo ci fosse stato un modo.. Se solo si potessero semplicemente chiudere in uno scrigno e ripescarli quando se ne ha bisogno. Non volevo lasciarli scappare ma il dolore che mi procuravano era forte almeno quanto il piacere che ne derivava.
Rientrai in casa. Percorsi il corridoio, ma anche lì non ebbi via di scampo. Le nostre foto appese al muro, una dopo l’altra, creavano il percorso della nostra vita insieme. Per una volta ero stato io a sorprenderlo. Da un paio di mesi, da quando mi aveva praticamente relegato a casa per le mie “condizioni”, mi ero appassionata di fotografia e ritrovare su internet le foto di anni e anni indietro non fu troppo complicato così uno di quei tanti giorni in cui ero a casa senza far niente, decisi di mettere insieme la pagine della nostra vita. Chi avrebbe mai immaginato che due mesi dopo mi avrebbe procurato tanto dolore percorrere quel corridoio.
Arrivai in salone e lo vidi. Dormiva sul divano. Doveva essere distrutto. Faceva sempre avanti e indietro tra la sala di registrazione e casa per non lasciarmi sola, e nei giorni in cui non poteva proprio muoversi chiamava ogni ora per controllare come stessi e sapere se avessi bisogno di qualcosa. Aveva deciso di abbandonare la recitazione, almeno momentaneamente, ma ero riuscita a convincerlo ad approfittare di questo periodo per dedicarsi alla sua vera passione, la musica. In questo modo avrebbe avuto orari certamente più decenti e inseguiva un sogno che si avverava. Mi appoggiai alla soglia della porta. Mentre il suo dolce respiro invadeva la casa silenziosa, rimasi a fissarlo, per non so quanto tempo, in bilico tra verità e menzogna. Non sapevo cosa fare. Mi sentivo così persa. Dovevo dirglielo? Ma come potevo dargli una notizia simile? Era così felice..
No, non potevo. Non avrebbe capito. Avrebbe certamente cercato di convincermi a cambiare idea. Non potevo dirglielo!
Non sapevo se mi uccidesse più il pensiero in sé o il fatto di essere costretta a mentirgli, a dover mostrare ogni giorno un falso sorriso per i prossimi mesi. Ce l’avrei fatta? Dove avrei trovato la forza?
Avrei tanto voluto prendere sonno, avrei voluto svegliarmi il giorno dopo e scoprire che era tutto un incubo. Ripercorsi il corridoio guardando per terra. Di solito mi divertiva vedere il percorso della nostra vita al contrario, dall’ultima foto – risalente ad appena una settimana fa, quando il mio corpo iniziava ad assumere sempre più la forma della mia condizione – alla prima - noi due, nella finta mensa di quel set che aveva segnato la nostra vita – ma oggi no. Oggi era un altro giorno. Oggi non l’avrei sopportato.
Volevo dormire. Solo dormire e dimenticare tutto. Arrivai alla fine di quell’interminabile corridoio, ma quando stavo per entrare in camera, qualcosa colse la mia attenzione.
Cambiai direzione e arrivai alla porta della camera accanto alla nostra. Facendomi forza alzai lievemente la mano e spinsi la porta leggermente socchiusa.
Quella camera verde acqua mi apparve davanti come un pugno nello stomaco. Istintivamente portai le mani alla pancia.
A quel punto sentii il cuore sprofondare.
 
“Senti amore! Io non ce la faccio a stare con le mani in mano e visto che non sappiamo se è maschio o femmina che ne dici di usare un colore neutrale?”
“Mi piace come idea!” sorrisi compiaciuta. “In fondo cos’è questo stereotipo del blu e del rosa..”.
“Esatto!” disse mentre gli si illuminava il viso. “Io avevo pensato a un bel giallo canarino, oppure un color pesca..però scegli tu..”
Ci pensai su un attimo. “Che ne dici invece di un bel verde speranza?” chiesi con un sorriso smagliante mentre girovagavo per quella stanzetta valutando tutti gli spazi.
Fu subito da me e mi prese tra le sue braccia. “Ti amo! Ti amo! Ti amo! Ti amo!”  diceva mentre mi faceva volteggiare.
“Rob! Smettilaaaa” urlavo tra le risate.
“Il verde è perfetto” disse al settimo cielo quando mi mise giù.
“Ti amo” risposi semplicemente e lo baciai.
 
Tutta la forza che avevo cercato di accumulare mi abbandonò in quell’ultimo momento. Tutto quello che mi aveva ferito fin ora si era addensato in questo ultimo colpo di grazia che mi aveva ucciso. Prima che potessi fermarmi o impedirmelo, scoppiai a piangere. Perché? Perché? Perché a me? Cosa ho fatto? Non voglio.
Continuavo ad asciugare gli occhi con la maglietta ma le lacrime scorrevano così veloci che era impossibile trattenerle e rinunciai presto. Avevo il diritto di piangere. Che altro mi era rimasto in quel giorno?
Poggiai la testa al muro e silenziosa le lasciai scorrere aspettando che la smettessero.
“Hey” sentii la sua voce all’orecchio, le sue braccia circondarmi da dietro e le sue mani sulle mie accarezzavano quel poco di pancia che era in rilievo.
Ingoiai il groppo in gola che bloccava la voce rotta dal pianto. “H-hey” riuscii a dire voltandomi verso di lui ma non riuscii a nascondere il dolore né gli occhi lucidi.
Il suo volto cambiò espressione in un secondo. Dalla pace al terrore. “Kristen cosa è successo?” chiese allarmato.
“Niente” dissi asciugandomi le ultime lacrime che si stavano seccando sulla mia guancia. “Sono..questi stupidi ormoni!”.
“Ma..stai bene? Il bambino?”.
Perdonami amore mio!
“Si..sto bene..” mentii. “…stiamo bene..”mi corressi.
“Mi hai fatto morire di paura!” sospirò con la voce rotta dallo spavento e poi si calmò offrendomi uno di quei sorrisi che amavo tanto. Stavo per crollare di nuovo. Serrai le labbra cercando di regalargli un sorriso e di impedire alla bocca di contorcersi di nuovo per il pianto, ma fu inutile. Le lacrime ripresero a scendere.
“Amore, ma perché piangi?” chiesi di nuovo preoccupato.
Scoppiai in singhiozzi stringendogli le braccia alla vita.
“Rob! Ti prego! Non lasciarmi mai!”  la mia voce era irriconoscibile.
Sentii subito le sue mani insicure sul mio corpo esile. “Amore mio, ma perché dici queste cose? Certo che non ti lascerò mai!” disse stringendomi forte a se. “Tu sei tutta la mia vita, voi, siete tutta la mia vita!”.
Piansi ancora più forte.
“N-on vo-glio la-sciarti!” dissi con la voce rotta dal pianto.
“Non succederà mai!” mi consolò. “Io sarò sempre qui! Ti prego amore mio! calmati ora!”
Kristen! Ti prego calmati! Smettila! Fallo per lui! Fallo per il tuo bambino!
Quanto avrei voluto ascoltarlo, quanto avrei voluto ascoltare me stessa ma come potevo con il ricordo di quella mattina a tormentarmi l’anima e a spaccare la mia speranza, la mia vita, in mille pezzi?
Non potevo. Non ci riuscivo.
E nello stesso momento in cui sembrava che il peggio fosse passato, le parole della dottoressa tornarono a infliggermi dolore…
“Mi dispiace signorina Stewart. Credo che lei abbia un tumore”.
 
POV Robert
 
8 Novembre 2014
Ecco quando mi è piombato il mondo addosso.
 
Non poteva essere vero. Doveva essere un incubo, un orrendo sogno che la mia mente mi stava malignamente offrendo. Doveva esserlo! Non c’era altra spiegazione! Cazzo!
Era tutto un brutto sogno. Presto mi sarei svegliato e tutto sarebbe continuato da dove l’avevamo lasciato.
 
“Rob..” si avvicinò con cautela.
“Kristen, che succede?”
Sgranò gli occhi. “Deve per forza essere successo qualcosa?” chiese.
“Ti conosco bene..quando scrocchi le dita non è un buon segno. Sei nervosa perché devi dirmi qualcosa..” notai. “Non sarà mica una sorpresa per il mio compleanno?” chiesi dubbioso.
I suoi occhi caddero sulle sue dita intrecciate e subito le sciolse.
“In effetti, devo dirti una cosa, e sicuramente rimarrai sorpreso. Ma ho paura..” ammise.
Aggrottai le sopracciglia. “Addirittura? Cosa può essere di tanto spaventoso da aver paura di me?” dissi cercando di sdrammatizzare.
“Ho paura della tua reazione..” confessò.
“Ok Kris, ora inizi a spaventarmi. Che succede? Sai che non devi temermi, qualunque cosa sia, l’affronteremo”.
“E’ solo che siamo così giovani…”.
“Kristen..” dissi cercando di calmarla.
“E poi è così inaspettato..”
“Kristen..” dissi di nuovo incitandola ad arrivare al punto.
“E forse è troppo presto..”
“Kristen..” dissi un’altra volta sperando fosse l’ultima. Iniziavo a perdere la pazienza. Rischiava di farmi uscire fuori di testa.
“Sono incinta!” disse infine.
Rimasi pietrificato, con lo sguardo fisso su di lei, senza battere ciglio.
“Rob..” la sentii sussurrare insicura.
Mi ci volle più di qualche minuto per elaborare quella parola e ricordarne il significato.
“Rob..” mi chiamò di nuovo scrutando il mio viso.
Incinta. Incinta. Incinta.
Voleva dire che…
“Accidenti! Perché te l’ho detto!?”
Quella frase mi riportò alla realtà, alla nuova realtà che si apriva sotto i miei occhi.
I miei occhi presero di nuovo vita, potevo sentirli brillare per l’emozione e per la felicità.
“Rob..stai..bene?” chiese esitante.
Senza pensarci due volte la presi tra le braccia e iniziai a baciarla come non avevo mai fatto prima mentre giravo su e stesso.
“Sto benissimo!” risposi lasciandola per terra e iniziando a saltellare come un’idiota per casa.
“Sei sicuro?”
Saltellando tornai da lei e le presi le mani.
“So che è troppo presto, in fondo siamo sposati da appena tre mesi, però..”
Alzai un dito per tapparle la bocca. “Non potevi farmi regalo migliore” dissi e la baciai.
“Ma tu lo vuoi, vero?” chiesi assalito da un dubbio improvviso.
“Certo che lo voglio! Voglio tutto di te!” disse con un sorriso sereno sul viso. “E tu…te la senti? Insomma dovremo rinunciare ad alcuni lavori. Cioè, tu sei libero ovviamente, ma io non voglio certo lasciare mio figlio senza madre..”
“Con te, non c’è niente che non possa fare”.
 
Non era possibile che quel sogno si fosse frantumato in mille pezzi. Quanto può essere crudele la felicità per durare solo sette mesi?
Non poteva essere vero. Forse..forse se mi fossi dato un pizzico mi sarei svegliato. Doveva essere una specie di distorsione temporale, una vita parallela, un incubo a occhi aperti. Eppure troppe cose coincidevano, troppe cose erano chiare, troppe cose trovavano spiegazione per il comportamento degli ultimi tre mesi:
le mille scuse per convincermi a non accompagnarmi alle visite.
“E’ una cosa da donne!” diceva ogni volta.
“Ma che vuol dire?! Io sono il padre! Avrò pure il diritto di vedere mio figlio!” cercavo di convincerla ma non ci riuscivo mai.
“Vedrai le foto!” diceva con un sorriso smagliante. Ma come facevo a dirle di no?
“Ti prego Rob. Te lo chiedo come favore personale. Lasciami andare da sola, almeno questa volta! La prossima verrai con me”.
Ma ogni volta era sempre la stessa storia. Mi supplicava di lasciarla andare da sola e a malincuore acconsentivo alle sue preghiere a patto che potessi aspettarla fuori.
E poi quel nome.
 
“Tesoro. Ho scelto un nome!” disse trionfante un giorno di settembre, di ritorno dalla visita che aveva dato conferma del sesso del bambino. Altra visita da cui ero stato bandito. Quella situazione iniziava a stancarmi, ma lei era sempre così piena di vitalità che mi era impossibile tenerle il broncio.
“Allora?” chiesi ansioso di conoscere la sua scelta.
Si rabbuiò improvvisamente e parlò a voce bassa. Appena percettibile.
“Voglio che si chiami Joy..” disse mentre una lacrima le scendeva sul viso. “Perché la sua nascita deve essere una gioia, e lei deve crescere felice e serena. Ok? Promettimelo Rob! Prometti che le sarai vicina qualunque cosa accada! ”
“Kris ma perché piangi?” le chiesi preoccupato. “Volevi che fosse un maschio?” chiesi meravigliandomi delle mie parole.
“Tu promettimelo!” insistette.
“Si d’accordo. Te lo prometto, ma vuoi dirmi perché piangi?” dissi baciandole il viso per asciugarle le lacrime.
“Sono felice” sussurrò tirando su con il naso. “Sono questi stupidi ormoni”.
 
Questi stupidi ormoni. Quante volte glielo avevo sentito dire trovandola in lacrime sul letto o in camera della bambina, quante volte aveva giustificato in quel modo quei pianti? Quante volte aveva pianto e sofferto mentre io ero all’oscuro di tutto. E per quanto, chiuso in quella stupida sala di registrazione con le mani tra i capelli, cercavo di deviare quegli indizi, ogni cosa mi riportava alla cruda realtà che mi era stata rivelata il giorno precedente.
 
“C-cosa?”
“Ho.un.tumore. Un tumore..al fegato”. Scandì bene quelle parole per rendermele chiare, ma non riuscivo a capirle. Erano incomprensibili.
“M-ma c-cosa, cosa stai d-dicendo?”.
“Mi dispiace amore mio. Perdonami se non te l’ho detto prima! Ho provato a non darti questo dolore ma ora non posso proprio più nasconderlo e non riesco più a mentirti”. Stava scherzando. Doveva essere uno scherzo di cattivo gusto.
“N-no. N-non è vero! È uno scherzo” decisi.
Abbassò lo sguardo e annuì leggermente. Prese un lungo respiro. “Non sai quanto vorrei che lo fosse..”
“Non è possibile..” decisi.
“Ti prego Rob. Non fare così. Non rendere tutto più difficile di quanto non lo sia già. Dio solo sa dove sto prendendo la forza per dirti queste cose, ma ti prego, non fare così..”
“Non è vero…tu..sei giovane. Tu..sei perfetta. Non è possibile”.
“Rob smettila” urlò con voce spezzata dal pianto che stava trattenendo. “Ti prego, guardami..” supplicò prendendomi il viso tra le mani.
Non avevo la forza di guardarla in faccia. Ero troppo terrorizzato da quello che avrei letto nei suoi occhi. Scossi la testa, risoluto.
“Ti prego..” sussurrò. Non potei ignorare quella dolce preghiera. Con tutta la forza che avevo, aprii gli occhi e il mondo mi piombò addosso.
Lacrime dense iniziarono a scorrere sul mio viso, dense, come fiumi in piena.
“N-noi, troveremo un modo. Io..ti farò..guarire. Andremo..d-da qualcuno. Qua-qualcuno bravo e…tu…guarirai..”
La vidi abbassare il viso. “No…” sussurrò scuotendo la testa. “Non farò niente..” disse sicura delle sue tristi parole.
“C-cosa? Ma che dici?”
Prese un sospiro. “Non farò niente” ripeté. “Non c’è modo di fare delle cure senza far del male alla bambina”.
“T-tu s-stai s-scherzando vero?”
“Non servirebbe a nulla in ogni caso ormai. È lì da troppo tempo..solo che..non l’avevamo mai visto..”non riuscivo a descrivere il tono della sua voce. Era qualcosa di incomprensibile e non riuscivo a capire se dicesse sul serio.
“Ma perché? Perché hai aspettato tutto questo tempo?” domandai ancora inconscio delle sue parole.
“Sapevo che non saresti stato d’accordo. Non potevo permettere che… Ma non ha importanza ora. Ciò che conta è la bambina!”.
“NO! Ciò che conta sei tu!” dissi cercando di farle cambiare idea.
“Rob! Ti prego. Rispetta la mia decisione. Voglio vivere quello che mi rimane con dignità, senza ciocche di capelli a cadermi nel piatto mentre mangio, voglio stare bene. Almeno fino alla nascita della bambina”.
“Kristen, ti prego!” la supplicai ma fu inutile.
“Rob, ho deciso! Ti prego, non fare così. Non ora che ho più bisogno di te..”. non riuscivo a capire dove avesse preso tutta quella forza. Come faceva?
“N-non è v-vero…”. Dissi scoppiando in un pianto disumano.
“Ssssh” sussurrò accogliendo il mio viso sul suo petto. “Ssssh…va tutto bene..”disse cullandomi. Ma come poteva andare tutto bene? Ero appena piombato in un abisso senza fondo, non sarei mai tornato in superficie.
“T-ti p-prego, t-ti p-prego, per favore..” singhiozzavo contro il suo petto caldo.
“Va tutto bene…” disse ancora una volta e sentii una sua lacrima cadermi sulla guancia.
 
Sprofondai il viso tra le mani, sperando ancora di svegliarmi.
Ma era tutto vero. Vero come quella realtà che si era portata dentro per tre mesi!
Ma come avevo fatto a non accorgermi di niente! COME CAZZO AVEVO FATTO?!
Scattai in piedi e preda della rabbia inizia ad afferrare e distruggere tutto quello che mi trovavo davanti.
“PERCHE’? PERCHE’? PERCHE’!” imprecavo afferrando e lanciando in aria tutto quello che mi trovavo sotto mano. Cuffie, microfoni, quegli stupidi CD.
“Perché…” mi accasciai a terra e lasciai che le lacrime e il dolore mi consumassero.
 
POV Kristen
 
5 Gennaio 2015
Caro diario,
credo di sapere quello che mi aspetta, ma cosa lascerò qui? A cosa sarà valsa tutta questa forza se non potrò vederne i frutti? A cosa sarà valsa la mia morte se non potrò godere della vita che ne è derivata?
Mancano tre settimane ormai, e non so cosa ne sarà di me. Lascio il mio destino nella mani di qualcuno più grande di me…
Questa è l’ultima volta che scrivo su questo diario. Presto non ne avrò più la forza.
Ma prima di andare…devo fare un’ultima cosa.
 
Non avrei dovuto dirglielo. Lo sapevo. Quanto avrei voluto resistere quegli ultimi due mesi, quanto avrei voluto trovare la forza che avevo tanto cercato nei tre mesi precedenti, quanto avrei voluto avere il coraggio di tenergli tutto nascosto. Ma ormai non avrei potuto, sarebbe stato impossibile. Le mie condizioni peggioravano, non vertiginosamente, ma abbastanza da rendermi fisicamente debole e stanca. Le crisi di vomito ce i procurava quella malattia che si stava pian piano succhiando la mia vita, erano sempre più intense e la scusa della nausea non avrebbe retto ancora per molto. Non avrei potuto continuare a mentire.
Avrei voluto continuare a farcela da sola, ma non potevo. Avevo bisogno del suo aiuto, almeno per altri due mesi, fino alla nascita della bambina.
Povero amore della mia vita. Quanto avrei voluto calmarlo, quanto avrei voluto rassicurarlo, dirgli che sarebbe andato tutto bene. Ma non sarebbe stato giusto continuare a mentirgli. Come potevo assicurargli qualcosa che non sapevo e che molto probabilmente era falso?
Rob aveva lasciato il lavoro definitivamente. Era sempre a casa con me e per quanto potessi esserne felice, il pensiero che quelli potevano essere i nostri ultimi momenti insieme, mi uccideva. Ma tenevo duro. Per lui. Per la bambina. Dovevo tenere duro. Se fossi crollata io, saremo crollati tutti e non potevo permetterlo.
Per quanto sarebbe stato impossibile continuare a nascondere tutto, a volte mi pentivo di avergli rivelato la verità. Rob si comportava in maniera diversa con me. A volte era eccessivamente premuroso e dolce, altre volte era.. scostante, lontano, come se avesse paura di toccarmi terrorizzato dalla possibilità che potesse essere l’ultima volta. Cosa avrei dato per sapere quello che gli passava nella testa, ma chiederlo sarebbe stato inutile. Non mi avrebbe mai rivelato il suo dolore per aggiungerlo al mio, ma sapevo che soffriva. E lui sapeva che io sapevo. E tanto bastava.
Ma non era questo a preoccuparmi, quanto la sua mancanza di preoccupazione per la bambina.
 
“Oddio!” esclamai presa di sorpresa mentre leggevo un libro sul divano.
“Che succede?” chiese Rob allarmato. Seduto accanto a me.
Un sorriso sostituì la smorfia di dolore sul mio viso. “Ha…scalciato…” pronunciai quelle parole sorpresa ma lui non fece una piega guardando con avversione e preoccupazione la pancia che mi sovrastava.
“Uh! Di nuovo!” saltai sul posto. “Vieni a sentire!” mi allungai per prendere la sua mano e portarla sullo stomaco, giusto in tempo per fargli sentire un altro calcio.
Un leggerissimo sorriso apparve sul suo volto, quel tanto che, secondo lui, sarebbe bastato a rendermi contenta ma che invece mi terrorizzava a morte.
“Vado a farti una borsa d’acqua calda” disse togliendo subito la mano e alzandosi dal divano.
 
Rabbrividii a quel ricordo. Il pensiero di lasciare mia figlia senza madre mi terrorizzava, ma la possibilità che restasse senza padre, mi uccideva. Quanto avrei voluto rivedere il sorriso spigliato e naturale sul suo volto, quanto avrei voluto che fosse felice come lo ero io, ma sapevo di chiedergli troppo. L’unica cosa che mi dava la forza di andare avanti era la mia bambina, ma lui, come avrebbe potuto prendere forza da quella che considerava una minaccia?
Avrei dovuto parlargli, prima o poi. Avrei dovuto fargli capire molte cose ma mi mancava sempre il coraggio. E intanto i giorni scorrevano, le settimane passavano. Il tempo diminuiva notevolmente, come un conto alla rovescia che si avvicinava inesorabilmente allo zero. Quanto avrei voluto rimandare il discorso, quanto avrei voluto risparmiargli quel dolore, quanto avrei voluto avere più tempo. Ma non ne avevo. La vita non è una clessidra che puoi continuare a girare e rigirare quando la sabbia termina la sua discesa. Non funziona così. Bisogna afferrare ogni cosa al momento, perché l’attimo dopo potrebbe non esserci più. Sentivo il fruscio che lo scorrere indisturbato  della sabbia creava passando dalla vita alla morte e il rumore assordante di ogni granello che cadeva inesorabilmente nel nulla.
Tempo. Non ne avevo e non sapevo quanto me ne sarebbe rimasto. E io dovevo sapere, dovevo andarmene sicura di quello che avrei lasciato.
 
Approfittai di un giorno di fine novembre in cui lo trovai poggiato sulla soglia della camera della bambina, immobile, gli occhi fissi nel vuoto.
“Rob?” lo chiamai esitante sperando che mi sentisse.
“Mmm?” mugugnò girandosi verso di me. “Tutto bene?” chiese subito, come suo solito. Ormai era diventato impossibile per me chiamarlo senza farlo preoccupare, senza che il terrore apparisse sul suo viso.
“Si si” lo rassicurai. “Mi stavo chiedendo, se ti andasse di accompagnarmi a fare i regali di Natale..”
“Manca un mese a Natale” notò. Il tempo era diventato un tasto dolente per lui, più di quanto lo fosse per me.
“Lo so, ma vorrei anticiparmi!” esclamai mostrandogli uno dei miei tanti sinceri ma inutili sorrisi. Non c’era bisogno di spiegare il motivo che mi spingeva ad anticiparmi così tanto.
“Certo” disse ricambiando con un debole sorriso, il solito sorriso che avrebbe dovuto accontentarmi.
Bene. O adesso o mai più, pensai.
“Potremmo andare in quel nuovo negozio per bambini, vorrei comprare qualche altro vestitino per..”.
Mi bloccai vedendo che scuoteva leggermente la testa bassa. “Non lo so Kris, che senso ha comprare per una cosa che ancora non c’è”.
Raggelai alle sue parole. Come aveva definito la mia, la sua bambina?
“Una.c-cosa?” chiesi terrorizzata da quella definizione.
Serrò le labbra. “Non c’è bisogno di preoccuparsi ora. Noi.. ce ne occuperemo insieme, quando sarà il momento..” lo vidi stringere i pugni ma ero ancora a pezzi per come aveva definito nostra figlia.
“..una cosa..” bisbigliai cercando di negare quelle stesse parole, ma fu impossibile bloccare le lacrime, che scorrevano di nuovo, dopo tanto tempo.
“Amore! Che succede? Cosa ti fa male?”
Non ci vidi più. “TU! Tu mi fai male!” esclamai scoppiando in lacrime.
Rimase interdetto, ma se era quello che serviva per riprenderlo dallo stato di negazione in cui viveva e credeva, avrei dovuto andare avanti, senza preoccuparmi di quello che gli avrei inferto.
“M-ma n-non ho fatto niente..” sussurrò in pena.
“Esatto! Non hai fatto niente! Non fai mai niente!” continuai ad urlare incurante delle sue emozioni.. dovevo farlo. “Tu mi sei vicino sì, mi accontenti in tutto, mi sorridi, ma è tutto falso! Non vivi più. Non capisci che così mi uccidi?!” dissi ma me ne pentii subito mentre le sue lacrime si univano alle mie.
“Scusami..” sussurrai buttandomi sul suo petto. “Ti prego abbracciami!” dissi scoppiando in lacrime. Le sue mani furono subito sul mio corpo, ancora incerte. “Ti prego Rob! Non lasciarmi!..” mormorai tra i singhiozzi.
Sembrò riprendersi. “Amore mio..” disse con la voce rotta dal pianto. “Io sarò sempre qui! Non ti lascerò mai”. Mi strinse forte a se.
“Allora non abbandonarmi, non ora che ho più bisogno di te!” piansi contro il suo petto.
Non parlò più. Ma capii dal suo respiro, dalle sue mani prima esitanti e poi sicure, che aveva capito il senso delle mie parole.
Appoggiò la guancia sulla mia testa lasciandomi un dolce bacio sulla fronte mentre le ultime lacrime ancora scorrevano sul mio e sul suo viso.
Aveva capito.
 
Da quel giorno le cose cambiarono. Rob aveva ripreso a ridere come prima, aveva iniziato a preoccuparsi di nuovo per la bambina, era premuroso ma non eccessivamente, scherzavamo come una volta. Era di nuovo tutto perfetto, finché non arrivò Natale. Per quanto riuscisse a mostrarsi “spensierato” e tranquillo, sapevo che dentro sprofondava ogni giorno di più nella depressione più profonda. Mancava un mese alla nascita della bambina e sapevo che quella festa per lui non avrebbe significato altro che l’avvicinarsi di un evento che lo uccideva e da cui nessuno dei due sapeva cosa aspettarsi. Per quanto avessi voluto, non me la sentivo proprio di costringerlo a festeggiare. Avrei fatto a meno di quel Natale con la debole speranza di festeggiare il prossimo, ma sapevo bene la verità.
Eppure…
 
Ancora in dormiveglia allungai un braccio accanto a me, ma incontrai il vuoto.
Aprii gli occhi svegliata da quel dolce profumo di frittelle e bacon che attraversando la cucina giungeva sotto il mio naso e dal suono debole di canzoni di natale.
Ma che stava combinando?
Con qualche piccolo sforzo mi liberai del piumone e mi alzai. Percorsi il corridoio e mi diressi in cucina. Rimasi a bocca aperta.
Era lì, a destreggiarsi tra i fornelli e la tavola, mentre ballava al ritmo di “All I want for Christmas is you”. Non si accorse di me e con un sorriso idiota rimasi a fissarlo ancora un po’.
Quanto lo amavo. Irrimediabilmente il sorriso scomparve sul mio viso al pensiero di doverlo lasciare. Come avrei vissuto dopo? Ah certo, non avrei vissuto, ma il solo pensiero mi uccideva l’anima più di quanto potesse farlo la morte stessa.
“Tesoro!” esclamò infine notandomi sul ciglio della porta.
Abbandonai i brutti pensieri e ripescai quel sorriso. Per lui.
“Ci siamo svegliati di buon umore!” esclamai sorpresa visto che era il 25 Dicembre ed ero ancora convinta della mia teoria sul suo terrore per quella data così vicina alla fine.
“Già!” disse entusiasta venendomi incontro per baciarmi dolcemente le labbra e con mia grande sorpresa si abbassò sul pancione. “Buongiorno piccolina..” disse allegro carezzandomi e lasciando un bacio anche sulla mongolfiera che si estendeva sotto il mio seno. Ero senza parole.
“Allora..” continuò prendendomi per mano e sostenendomi la pancia.
Quanto mi sarebbe mancato quel contatto..
Mi portò al tavolo e mi fece sedere. “Cosa vuole signorina? Lei ordina, io eseguo!” disse dandosi un’aria da chef. “Bè, in realtà ho già preparato tutto..” continuò normale portando a tavola tutto quello che aveva cucinato: uova, latte, biscotti, pancetta, frittelle, marmellata, cioccolata calda…
Avevo l’acquolina in bocca.
Sperai solo che il mio stomaco riuscisse a sopportare tanto e che per una volta il fegato non avrebbe reagito causandomi la solita crisi di vomito.
“Wow..ma hai fatto tutto tu!?” chiesi sconcertata e felice.
“Scerto madame! Esclusivamente per lei!” disse fingendo un accento francese. “Allora, cosa vuole?” continuò parlando con la erre moscia.
Risi di gusto. “Bè, se non è troppo, vorrei lo chef. Crede sia possibile?”
Sorrise, sincero come non l’avevo mai visto da mesi. “Tutto è possibile..” sussurrò determinato e si chinò per baciarmi.
“Spero sia stato di suo gradimento” disse quando finimmo di mangiare. Ringraziai il cielo per aver fatto procedere tutto liscio. Non avrei sopportato di rovinare quel sogno.
“Eccome! I miei omaggi allo chef” dissi baciandogli il palmo della mano che non aveva lasciato la mia durante tutta la colazione.
“Sono felice..” sussurrò e quelle parole mi riempirono di gioia.
“E’.. la cosa più bella che potessi dirmi” dissi cacciando dentro le lacrime. Se avessi iniziato non mi sarei fermata e sarebbe sparito tutto.
Mi persi nei suoi occhi blu. Come avrei fatto senza quegli occhi?
“Bene, ora madame, se vuol seguirmi, ho una sorpresa per lei!” disse alzandosi e porgendomi l’altra mano per aiutarmi.
“Se continui così penserò che qualcuno si è impossessato di te” dissi scherzando.
“Ha-ha divertente” rispose ironico.
Prima di aiutarmi ad alzarmi mi bendò.
“Ancora con questa benda? Speravo di non doverla sopportare più!” mi lamentai.
“E’ solo per le occasioni speciali” mi rassicurò all’orecchio mentre me la legava dietro la testa. “E poi se non sbaglio, l’ultima volta sono stato perdonato..” notò.
Eh già. “Touchè” dissi semplicemente.
Mi aiutò ad alzarmi e sostenendomi da dietro mi indicava la strada. Aprì una porta e mi condusse dentro la stanza. Una musica partì e la riconobbi subito.
“I shall believe”, la colonna sonora del nostro matrimonio. Sentivo già gli occhi inumidirsi ma fu niente paragonato a quello che provai quando fui libera della benda.
“Ora puoi guardare” disse sciogliendo il nodo e liberandomi della cecità.
Lo spettacolo che mi si presentava davanti mi lasciò senza parole. In un angolo della sala, sotto i miei occhi si alzava un albero enorme, migliaia di luci bianche scintillavano ovunque e centinaia di decorazioni rosse e dorate riempivano i vuoti lasciando pochissimi spazi verdi. Proprio quando pensavo di aver visto tutto, un fiocco di ovatta si poggiò sul naso e in un secondo ci trovammo sotto una pioggia di neve. Guardai il soffitto e vidi una ventola enorme spargere quei fiocchi come neve vera.
Non potei trattenere una lacrima. Mi voltai lentamente verso di lui con gli occhi lucidi, ma stavolta non cambiò espressione, non si preoccupò, non si allarmò. Sorrideva semplicemente.
“Rob..” bisbigliai mentre un’altra lacrima mi rigava il viso.
“Oggi niente preoccupazioni. Oggi siamo solo io e te. Solo noi” disse asciugandomi le lacrime con un bacio.
“Grazie.. è il più bel regalo che potessi farmi”. Sussurrai cercando di controllare la voce.
“Mi concede l’onore di questo ballo?” disse con aria da gentiluomo allungando una mano.
“Con immenso piacere” risposi a tono facendo un debole inchino e afferrai la sua mano.
Mantenne quel sorriso e strinse dolcemente le sue braccia attorno al mio corpo accogliendo la mia testa sul suo petto.
“Buon natale, amore mio”.
 
L’abbondante colazione bastò per tutta la giornata. Passammo tutto il giorno a letto, sotto le coperte, abbracciati l’uno all’altra, rivedendo quei film che ci avevano fatto innamorare. È stato il Natale più bello della mia vita.
Improvvisamente qualcosa interruppe quel ricordo. Qualcosa di assolutamente inaspettato. D’un tratto, come una doccia fredda improvvisa, sentii le gambe bagnate, i pantaloni fradici e il divano freddo.
Mi ci volle un minuto per elaborare la situazione. Non poteva essere. Era troppo presto.
“Rob..” bisbigliai stringendo la sua mano.
Si voltò verso di me e vidi i suoi occhi passare da me, al divano, ai pantaloni e dipingersi di terrore.
“Si sono rotte la acque!” esclamai in preda al panico.
Mi fissava senza battere ciglio. Gli occhi persi nel vuoto.
“M-ma..mancano.. ancora due settimane” riuscì a dire muovendo le labbra impercettibilmente.
“Lo so! Ma si sono rotte!” urlai. “Dobbiamo andare all’ospedale”. Cercai di alzarmi dal divano ma caddi indietro. “Rob! Aiutami!” quell’urlo disumano sembrò finalmente farlo riprendere.
Non sapendo quanto le mie condizioni sarebbero peggiorate, avevo preparato tutto settimane prima, quindi bastò solo prendere la  borsa e correre all’ospedale.
“Tranquilla amore! Andrà tutto bene” diceva ogni tanto mentre guidava stringendomi la mano che stritolavo a ogni contrazione, urlando di dolore.
D’un tratto la mente divenne bianca e mi trovai su una barella in corsa tra i corridoi bianchi dell’ospedale.
“Kristen!” riconobbi subito quella voce e aprii gli occhi.
“Rob..” sussurrai.
“Sono qui! Sono qui!” diceva correndo mentre stringeva la mia mano.
Vidi le pareti cambiare dal bianco al verde, camici bianchi e verdi circondare la nuova sala e la barella.
Tutta la forza che avevo accumulato negli ultimi sette mesi, sembrò abbandonarmi nel momento in cui ne avevo più bisogno e la possibilità di non farcela a un tale sforzo mi piombò davanti vera come mai prima d’allora.
“Rob!” urlai piangendo.. “Amore, non voglio lasciarti!” singhiozzai mentre sentivo il respiro divenire sempre più irregolare. Non disse niente, mi strinse forte la mano.
Un’altra contrazione. Un urlo disumano mi uscì dal petto mentre continuavo a respirare affannosamente.
Sentii una voce. “Dobbiamo procedere con un cesareo..”
“NO!” urlai d’istinto. Il cesareo no. Non potevo addormentarmi. Non potevo chiudere gli occhi non sapendo se mi sarei svegliata. Non potevo perdermi gli ultimi istanti della mia vita in cui avrei potuto tenerlo per mano e guardarlo negli occhi.
“IL CESAREO NO! PER FAVORE!” gridai ancora tra le urla di dolore.
“Deve calmarsi, non possiamo procedere naturalmente così”.
Una voce, così cara e familiare sostituì quella sconosciuta. “Kristen, amore mio! ora devi stare calma, ok? Andrà tutto bene! Io sono qui! Sarò sempre qui!” disse e in quel momento vidi due lacrime scendere sulle sue guance. “Devi fare un piccolo sforzo per te. Per la bambina. Io ti tengo la mano e sarò qui con te. Ok?”
Annuii cacciando fuori le lacrime e cercando di regolare il respiro.
“Così va meglio”. di nuovo quella voce sconosciuta. “Ora. Spinga!”
“Aaaaaaaaaaaaa” urlai stringendo la mano di Rob e spingendo quanto le mie forze mi permettevano.
“Andrà tutto bene, amore..” ripeteva tra una spinta e un’altra, ma non riuscivo a credere alle sue parole, avevo un brutto presentimento.
“Un’ultima spinta!” mi incitarono ma ero sfinita.
“Avanti amore! Ce l’hai fatta! Andrà tutto bene”.
Sapevo dentro di me che non era così, ma dovevo crederlo! Per la mia piccola. Dovevo crederci! Sarebbe andato tutto bene, saremmo tornati a casa e avremmo vissuto il resto della nostra vita, tutti e tre, felici. Come una famiglia.
Quel sogno, quell’ultima, estrema e impossibile speranza mi diede la forza per accumulare le ultime energie che scivolavano via pian piano e con uno sforzo estremo spinsi un’ultima volta dando un urlo di disperazione e liberazione.
Una nuova voce si unì ai brusii dei medici. Un pianto nuovo.
“Complimenti è una bambina!” esclamò qualcuno.
“Sei stata bravissima!” disse Rob baciandomi la fronte.
“Voglio vederla..” sussurrai allo stremo delle forze.
“La stanno controllando e pulendo..”
“Ma io..non..”. Non potevo aspettare. Non sapevo se ce l’avrei fatta. Non potevo rischiare. “Ti prego, fammela vedere adesso..”.
Mi guardò con gli occhi lucidi. Non voleva lasciare andare la mia mano nemmeno per prendere sua figlia, ma non ce ne fu bisogno. Un’infermiera si avvicinò con un lenzuolo tra le braccia e abbassandosi la poggiò sul letto accanto a me.
Mi voltai lentamente e la incontrai. Quel visino, quel piccolo pezzo di me stessa, quella parte che mi ero portata dentro per nove mesi.
 
“Ciao Joy. Sono la tua mamma..”
Era perfetta. Una giusta unione dei nostri visi rendevano i suoi lineamenti lievi e dolci.
“E’ bellissima..” sussurrò Rob carezzandole leggermente la guancia come se temesse di farle del male.
“E’ perfetta..” sussurrai ma le parole si fermarono in gola. Tutto successe velocemente.
In un secondo mi tolsero la mia bambina dalle braccia, un BEEP assordante prese a battere forte come un martello pneumatico e non sentivo più la gambe. Diverse voci confuse invadevano la stanza.
La stiamo perdendo. Emorragia. Collasso.
E sentivo che piano piano scivolavo via. Un urlo mi portò in vita per un brevissimo istante.
“NO! NO! Ti prego amore mio! non mi lasciare! Ti prego!”. Possibile che riconoscessi ancora la sua voce? Si, l’avrei riconosciuta tra mille, anche in punto di morte.
“Rob..” sospirai mentre gli occhi combattevano per chiudersi, sfiniti.
“Kris..” un sussurro carico di dolore e terrore.
Era la fine. La mia fine. Ma dovevo fare un’ultima cosa.
“Ti prego amore mio! ti prego non lasciarmi! Ti prego” singhiozzava.
Doveva starmi a sentire.
 “Ascoltami..”. ringraziai il cielo di darmi quelle ultime energie. “Ricorda..la promessa..” dissi sperando che non avesse dimenticato.
Mi guardò con gli occhi pieni di lacrime e dolore.
“Non..abbandonarla.. “ Riuscii a dire mentre la mia ultima lacrima scendeva sul viso. “Prenditi..cura di lei..anche per me”.
Annuì stringendomi forte la mano, ma ormai non sentivo più nemmeno quella. “Ti prego amore, resta con me!”
Stavo per andare via. Lo sentivo. Una nuova vita mi chiamava. Questa era finita.
“Sempre..” risposi con un ultimo respiro e mi abbandonai al sogno. Le luci si affievolirono, le voce scomparvero pian piano, gli occhi stremati si chiusero e poi, il nulla.
 
POV Robert
 
20 Gennaio 2015
Vuoto dentro.
 
Perché respiro ancora? Perché sono vivo? Perché io si e lei no?
Non parlo. Non mangio. Non dormo. Non vivo.
Morto. Sono morto dentro, insieme a lei. Ma perché sono ancora qui? Che ci faccio qui? Non ho motivo per vivere. La mia unica ragione di vita si è portato tutto con sé, e ora ho il vuoto dentro. Niente. Il nulla.
Mi alzo e percorro il corridoio. Una stilettata al cuore.
 
“Sono a casa!” dissi appendendo la giacca.
“Chiudi gli occhi! chiudi gli occhi! chiudi gli occhi!” disse correndomi incontro e saltandomi in braccio.
“Hey, cosa sono questi slanci? Devi stare attenta nelle tue condizioni!” la ripresi accogliendola tra le braccia.
“Amore, sono incinta non malata..” disse ridendo. Non mi diede il tempo di controbattere che le sue labbra furono sulle mie.
“Mi sei mancato..” sussurrò tra un bacio e un altro.
“Lo so amore. Anche tu..” risposi con altrettanta foga nel bacio prima di staccarmi definitivamente. “Ma presto il disco sarà finito e starò qui tutto il tempo che vuoi” la rassicurai.
Sorrise e rispose con un altro bacio. “Ora chiudi gli occhi!” disse sciogliendo le gambe intrecciate al mio torace e scendendo dal mio corpo. “Ho una sorpresa per te!”
“Oh..wow..” dissi chiudendo gli occhi. “Ok..dove si va?”.
“Non molto lontano” rise. “Non sbirciare”. Disse prendendomi per mano. Capii, dalla strada che avevamo fatto, che eravamo alla fine del corridoio.
“Bene.. apri gli occhi”.
Feci come mi disse e sentii le ginocchia cedere per l’emozione. La parete destra del corridoio era tappezzata di quadri e foto e date ,e sopra, con una bellissima grafia in corsivo la scritta “…io e te…” .
Distolsi il mio sguardo per incontrare il suo un momento. Gli occhi le brillavano dalla gioia e saltellava leggermente sul posto per l’eccitazione mordendosi le labbra per il nervosismo.
Iniziai a percorrere il corridoio. C’era tutto, dall’inizio alla fine. La nostra prima foto su quel set che ci aveva fatto incontrare, e un collage con diverse foto di quel periodo, c’era il servizio Vanity Fair di quel lontano 2008, quel bacio che aveva fatto sospirare chiunque, c’era la nostra foto alla premiere di Twilight, quando guardandola negli occhi avevo capito di essermi innamorato di lei, c’era un altro collage con varie foto del 2008 e di inizio 2009, poi c’era la foto di quei lontanissimi MTV Movie Awards, quel dolcissimo bacio mancato, un altro collage con foto dalla premiere per New Moon, quando era ancora tutto nascosto e le nostre labbra a due centimetri di distanza o le nostre mani intrecciate facevano notizia per tutto il paese. C’erano foto sparse di tutti i nostri momenti insieme, natale, capodanno, ringraziamento, premiere di Eclipse e Breaking Dawn, foto di tutti i tipi, fino ad arrivare al matrimonio, il viaggio di nozze, noi due nella casa nuova ancora piena di scatoloni, e infine l’ultima foto che avevamo scattato appena una settimana prima, quando si iniziava a vedere il leggero rigonfio della pancia.
“Kris…è…”. Non trovavo parole per esprimere le mie emozioni. Ma come aveva fatto ad innamorarsi di me? Quanto ero stato fortunato.
“Ti piace?” chiese ansiosa di conoscere la risposta.
“E’..stupendo! tu..sei stupenda”.
 
Vidi tutti i momenti della mia vita con lei passarmi sotto gli occhi e dovetti reggermi al muro per non cadere. Raggiunsi la camera da letto trascinando i piedi e mi ci chiusi dentro, evitando di gettare lo sguardo verso quella cameretta verde che si trovava accanto alla nostra.
Lei era lì, che dormiva. Almeno questo credevo. O forse Jules l’aveva portata a casa con sé. Non ne avevo idea. Non avevo avuto più il coraggio di guardarla in faccia da una settimana. Non ce la facevo. Non sapevo nemmeno di che colore fossero i suoi occhi, di che colore fossero i suoi capelli, ammesso che ne avesse, e non volevo saperlo. Non mi importava.
Non avevo il controllo del mio corpo e lasciai che le gambe mi trascinassero al balcone.
Mi accasciai disperato sulla ringhiera, con la testa tra le braccia mentre cercavo di sfogare il dolore.
“Dove sei amore mio? dove sei! Ti prego! Torna da me!”.
Spinto da una forza involontaria alzai gli occhi al cielo e la vidi. Vidi il suo viso tra le stelle e la sua stella brillare più di tutte. “Per-donami amore! N-on sto mantenendo la promessa.. Ma non ce la faccio.. Mi manchi così tanto..” scoppiai a piangere fissando quel punto luminoso a milioni di km di distanza e piansi finché non mi addormentai sfinito.
Mi ritrovai sul letto, ma non sapevo come ci fossi arrivato. Forse ero rientrato prima di crollare. Non lo sapevo e non mi importava. Era ancora notte. Guardai la sveglia. Erano le quattro. Avevo dormito appena un paio d’ore, le prima ore di sonno da una settimana, e non avevo intenzione di rimettermi a dormire in quel letto, sembrava così vuoto senza di lei. Vuoto quanto quello che mi portavo dentro.
Allungai un braccio per accendere la luce del comodino ma ritirandolo, la mano colpì qualcosa che cadde sul pavimento con un tonfo secco. Mi alzai e mi misi seduto sul letto fissando quel quaderno che era caduto per terra. Era più doppio di un quaderno e rivestito di cuoio. Sembrava un’agenda. Spinto da non so quale forza, perché ormai di volontà non ne avevo più, mi abbassai per prenderlo e l’aprii.
Un’altra coltellata mi colpì il cuore quando riconobbi la sua scrittura.
Iniziai a leggere.
 
13 Agosto 2014.
Caro diario,
ieri mi è piombato il mondo addosso. Ho scoperto di essere malata. Ho un tumore, un tumore al fegato. Chissà quale grazia divina ha voluto che per la prima volta Rob non fosse presente alla visita. Ancora non mi sembra vero e chissà se scriverlo mi aiuterà ad accettare la cosa. Forse mi sveglierò domani e scoprirò che è tutto un brutto sogno, ma questa scusa non basta più. Ieri credevo fosse tutto un incubo, ma oggi invece sono ancora qui, con questa cosa che mi mangia dentro pian piano mentre qualcos’altro fa spazio per crescere…
 
20 Agosto 2014.
Caro diario,
non l’ho ancora detto a Rob. Ho deciso di non farlo. Non capirebbe. E poi come potrei dargli una notizia simile? E al settimo cielo in questo periodo, tutto va per il verso giusto e la sua felicità mi serve. È la mia forza. Non posso dirglielo. Eppure mentire mi costa così tanto. Ogni giorno lo guardo negli occhi e gli dico che sto bene, quando invece dentro mi sento morire. Ma devo farmi forza, per il mio bambino…
 
4  Settembre 2014.
Caro diario,
oggi sono stata dalla dottoressa. Avrò una bambina! Non è fantastico? Rob ha fatto i salti di gioia. Credevo avrebbe preferito un maschietto, ma invece è rimasto entusiasta.
Ho pensato anche a un nome. Dovevo scegliere un nome, altrimenti come farò a pensare a lei, tutte le volte che dovrò farmi forza? Come si fa a pensare a qualcosa se non ha un nome?
Comunque l’ho detto a Rob e sembra che gli piaccia davvero.
 Ah, quanto lo amo! Credo non ne abbia idea di quello che significa per me…
 
12 Settembre 2014.
Caro diario,
oggi mi sento proprio bene. È una settimana che non ho i vomiti, e sembra che i dolori si stiano affievolendo. Chissà, magari potrebbe davvero andare tutto bene. Magari io…
 
17 Settembre 2014.
Caro diario,
a volte mi sembra che sia tutto sbagliato. Cosa ho fatto di male per meritarmi questo? Perché a me..?...
 
1 Ottobre 2014.
Caro diario,
è un po’ che non scrivo, ma solo perché non ho molto da dire. I vomiti sono ritornati, però in compenso sono stata dalla dottoressa e mi ha assicurato che la bambina sta bene. Questa è l’unica consolazione che mi spinge a stringere i denti. Ce la farò!...
 
12 Ottobre 2014.
Caro diario,
a volte sento che tutte le forze che sto cercando di risparmiare mi abbandonano all’improvviso. Non riesco più a prenderla con un sorriso, non riesco più a ridere e scherzare, non riesco più a fingere naturalezza. Non so quanto ancora riuscirò a resistere…
 
26 Ottobre 2014.
Caro diario,
sai che non ho mai avuto un diario “segreto”? Non so perché ho iniziato a scrivere questo. Forse perché non posso parlare con nessuno, non l’ho detto nemmeno a mia madre. Inizierebbe a trattarmi in modo diverso, piangerebbe e non lo sopporterei. Quindi per il momento tocca a te sopportare tutti i miei monologhi. Certo se qualcuno leggesse queste parole penserebbe che la mia vita è stata solo sofferenza e dolore. Chissà perché ho iniziato a scrivere nel periodo più triste e felice della mia vita? Forse perché dolore e felicità vanno di pari passo, forse perché senza sofferenza non si conoscerebbe la felicità, forse perché solo nella vera sofferenza si riesce a esprimere i sentimenti, forse perché le storie tristi fanno sempre più effetto…o forse..perché voglio essere sicura di lasciare qualcosa di mio…
 
5 Novembre 2014.
Caro diario,
ormai sto diventando una mongolfiera e non posso esserne più orgogliosa. Nonostante tutto, la gravidanza procede bene. La bambina cresce forte e sana, mentre il mio corpo si indebolisce sempre più. Sta diventando sempre più difficile mentire a Rob, non credo che ci riuscirò ancora per molto. Ho bisogno di lui e ha il diritto di sapere…
 
8 Novembre 2014.
Caro diario,
gliel’ho detto, ieri, e vorrei tanto non averlo fatto. Credo che ancora non abbia capito bene la situazione. Si è barricato nello studio di registrazione e non so quando tornerà a casa. Mi manca così tanto. Accidenti! Perché gliel’ho detto?...
 
15 novembre 2014.
Caro diario,
le cose non vanno per niente bene. Rob continua a vivere in una specie di vita parallela, continua a offrirmi falsi sorrisi a fingere che sia tutto apposto, ma credo stia negando la realtà delle cose. Non riesce ad accettarla. Ma io ho così tanto bisogno di lui… da sola non ce la posso fare…
 
19 Novembre 2014.
Caro diario,
devo parlargli. Non si può andare avanti così.
 
22 Novembre 2014.
Caro diario,
vorrei tanto piangere. Oggi ho parlato con Rob. È stato terribile. Ha definito nostra figlia “una cosa”. Mi spaventa quando fa così. Ho paura. Ho una tremenda paura. Non voglio lasciare mia figlia senza genitori…
 
26 Dicembre 2014.
Caro diario,
è più di un mese che non scrivo ma è perché le cose stanno finalmente andando per il verso giusto. Ieri è stato il giorno più bello della mia vita, degli ultimi mesi almeno. Sono riuscita a dimenticare tutto per un giorno intero, incredibile ma vero. E tutto questo lo devo a lui. Non posso nemmeno immaginare quanto gli sia costato regalarmi una giornata del genere.. è per questo che lo amo più della mia stessa vita.
 
1 Gennaio 2014.
Caro diario,
un nuovo anno è iniziato e devo ringraziare il cielo di essere riuscita a superare anche questo.
Chissà quanto di questo anno vedrò, chissà cosa mi riserverà.
Ormai mancano poco più di tre settimane e al solo pensiero mi tremano le gambe.
A volte mi sento così stanca che ho paura di non farcela. E se non dovessi farcela? Se non riuscissi a..
Vorrei vederla, vorrei vedere mia figlia almeno una volta…
 
5 Gennaio 2015.
Caro diario,
credo di sapere quello che mi aspetta, ma cosa lascerò qui? A cosa sarà valsa tutta questa forza se non potrò vederne i frutti? A cosa sarà valsa la mia morte se non potrò godere della vita che ne è derivata?
Mancano tre settimane ormai, e non so cosa ne sarà di me. Lascio il mio destino nella mani di qualcuno più grande di me…
Questa è l’ultima volta che scrivo su questo diario. Presto non ne avrò più la forza.
Ma prima di andare…devo fare un’ultima cosa.
 
Asciugai presto le lacrime prima che cadessero su quelle pagine. Non volevo che rovinassero le ultime cose che erano rimaste di lei. povero amore mio! quanto aveva sofferto! Quanto l’avevo fatta soffrire. Perdonami amore.
Voltai pagina ma non c’era nulla, ne voltai ancora un’altra, ma sempre nulla. Poi, alla terza pagina, riprendeva.
 
Amore mio,
sai che non ti permetterei mai di leggere il mio diario, probabilmente anche perché non hai idea che ne ho iniziato uno, ma comunque sono sicura che anche se lo sapessi non ti azzarderesti a toccarlo. Mi conosci troppo bene, sai quale sarebbe la mia reazione. Perciò se lo stai leggendo adesso, vuol dire che io me ne sono andata.
Perdonami amore mio! Non avrei voluto che tu leggessi tutte quelle parole, avrei voluto risparmiarti questa sofferenza, ma sono un essere umano e sono imperfetta.
Sai, ci sono così tante cose che vorrei dirti. Ma da dove posso iniziare? La nostra vita, il nostro amore è così complicato che non basterebbe un libro per scrivere la nostra storia e allo stesso tempo è tanto semplice da poter essere riassunto in un unico sguardo. Quello che ci scambiammo quella famosa sera del 21 Novembre 2008. Quello sguardo che ha segnato la mia vita e mi ha reso quella che sono oggi.
Sai, a volte mi trovo a pensare chissà cosa ne sarebbe stato di me, di noi, se non ci fosse stato quel magico film che ci ha fatti conoscere. Chissà se il destino ci avrebbe fatti incontrare in qualche altro modo, ma non lo sapremo mai. Quindi inutile starci a pensare. Per quel che mi riguarda,sono felice, e voglio che tu lo sappia. Devi sapere che io sto bene e sono felice.
Per favore, per favore! Non sentirti in colpa in nessun modo. Stare con te mi ha tenuto in vita più a lungo ed è per te che io sto facendo tutto questo, per lasciarti qualcosa di mio.
Non rimproverarti niente. Sai quanto sono cocciuta, e sai che non ci sarebbe stato verso di farmi cambiare idea.
Perciò ti prego, amore mio, ti chiedo una cosa, semplice. Sappi che sono felice e sii felice per me. Perché saperti felice è l’unica cosa che mi farà lasciare questo mondo in pace.
Prima di andare, devo chiederti un ultimo grande favore. Amore mio, so che probabilmente adesso non ce la fai, so che è difficile, so che vorresti solo chiuderti in te stesso e urlare di dolore, ma mantieni la promessa che mi hai fatto. Devi farlo. Questo è il mio ultimo desiderio, non chiedo altro. Caccia fuori la forza, la stessa che ho avuto io in questi mesi e prenditi cura della nostra bambina, altrimenti i miei sforzi saranno stati vani. Fallo, per me.
Una volta mi hai chiesto se mai mi fossi pentita di qualcosa in vita mia. Oggi, nonostante tutto, posso risponderti con estrema sincerità. Io non mi sono pentita di niente! Assolutamente niente! E tu sei la cosa più bella che potesse capitarmi.
Sappi che mi hai cambiato la vita, e te ne sarò per sempre riconoscente.
Grazie amore mio,
per sempre,
Kristen
 
Improvvisamente le lacrime si bloccarono e un sorriso apparve sul mio volto.
Uno strano calore mi avvolse il petto e iniziai a sentire il cuore battere di nuovo. Guardai fuori dalla finestra e sorrisi a quella stella luminosa che brillava nel cielo.
Un suono nuovo interruppe quel momento e mi riportò alla realtà, finalmente.
Mi alzai dal letto. Per la prima volta facevo qualcosa con volontà e mi diressi verso la camera da cui proveniva quel lamento. Entrai in punta di piedi per paura di far rumore nonostante il pianto invadesse la stanza.
Mi avvicinai lentamente alla fonte del suono e senza sforzi eccessivi, mi abbassai per vedere quella creatura ancora sconosciuta e come se fosse la cosa più naturale del mondo le mie mani seppero subito come muoversi e in un secondo fu tra le mie braccia.
“Sssssh. Non piangere. Ora ci sono io”. Sussurravo cullandola. “Il tuo papà è qui..ora è qui” bisbigliavo a quella piccolissima creatura che si perdeva tra le mie braccia. “va tutto bene..” sussurrai ancora. Mi sentii improvvisamente bene, come se quella parte di me che si era frantumata si stesse ricucendo piano piano. Certo, non era la stessa cosa, il mio cuore non sarebbe mai ritornato intero, ma dovevo ricomporlo per fare spazio a quel fagottino che avevo tra le braccia.
Canticchiando una ninna nanna vagavo per la stanza e solo quando mi fermai alla finestra si calmò. Lentamente aprì gli occhi e la luce dell’alba riflesse quel verde che conoscevo così bene. I miei occhi furono di nuovo nei suoi. E capii. Non era andata via. Sarebbe rimasta lì, accanto a me. Per sempre.
   
 
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