- Bè, per chi non lo sapesse, qualche giorno fa mi hanno hackerato la mail e cancellato ogni mio video su youtube e ogni mia storia su EFP.. non mi dilungo su questa faccenda perchè l'ho già fatto abbondantemente nell'intro di "Broken Road"; Spero solo che il karma faccia il suo dovere!!!
- Ergo... Eccomi qui a ripostare anche questa one-shot, che probabilmente adesso nessuno si cac***à.. ma la riposto lo stesso, non solo perchè mi piace vederla pubblicata ma perchè ci tengo particolarmente..
- Grazie a questa one-shot ho conosciuto delle persone stupende e se non l'avessi scritta probabilmente a quest'ora non la starei nemmeno ripostando... Cioè questo sarebbe ovvio, ma sapete quando la vita sembra tutto un susseguirsi di eventi e condizioni? Magari basta una piccola mail per cambiare tutto.. o magari a quel punto ci saresti arrivata lo stesso... O magari no..
- Io non so se senza questa shot starei vivendo la vita che sto vivendo... So solo che ringrazio di averla scritta e ringrazio la caparbietà di una persona che mi contattò per costringermi a scrivere un finale alternativo.. Da lì è cambiato tutto per me...
- Quindi Leti, penso che questa te la dedicherò sempre e comunque.. anche se so che non sopporti le cose tragiche... LOL
- Però in fondo è stato un pò l'inizio di tutto.. L'inizio di Joy *____* Cioè, almeno per me hahaha sei stata capace di traviarmi la mente e non smetterò mai di dirti grazie!!! Ti voglio bene!!!
- Per chi se lo fosse chiesto, ancora non so se riposterò qui "Nothing like you and I" e non so se "Never say never" sarà ripostata qui o sull'account di Cloe. Ad ogni modo vi terrò informate a lungo andare... appena mi schiarisco le idee.
- Nel frattempo... se avete voglia di farvi o ri-farvi un pianto... eccola qui hehe.
- Grazie ancora a tutte per il sostegno!
- Non so cosa farei senza di voi ç____ç
- Vi adoro incondizionatamente!
- Un bacio enorme a tutte!!!
- Fio
- Eppure
mi hai cambiato la vita
- POV Kristen
- 12 Agosto 2014
- Ecco quando mi
è piombato il mondo
addosso.
- Caro diario,
- si
può essere al settimo cielo e in un abisso infernale allo
steso tempo? Come è possibile che tutto questo sia vero?
Come è possibile che
la felicità sia così effimera e vendicativa?
Perché? Perché a me? Cosa ho fatto
per meritarmi questo? Immagino che non ci sia risposta a questa
domanda, non
sono la prima e non sarò l’ultima. Solo un altro
tassello di quella cosa che si
chiama vita e che si diverte a giocare con noi, come se fossimo
burattini,
biglie impazzite senza una meta.
- E ora cosa
faccio? Anzi, come faccio? Non ho la forza per…
- “Sì,
lo voglio!”.
- “E tu
Kristen Jaymes Stewart, vuoi prendere Robert Thomas
Pattinson come tuo legittimo sposo?”
- “Sì,
lo voglio. Finchè vivrò!”
- Era stata una
bella cerimonia. Intima. Certo, intima per
quanto potesse esserlo. Avevamo cercato di evitare occhi indiscreti e
indesiderati, ma il nostro matrimonio era inevitabilmente diventato
l’evento
del secolo. Per quanto avessimo cercato di mantenere
l’incognito e rispondere
vagamente o evitare le domande dei giornalisti e dei paparazzi, fu
impossibile
nascondere il luogo della cerimonia. Una piccola chiesetta su una
collina
rialzata in quel di Vancouver.
- “Non
capisco perché vuoi sposarti proprio qui” gli
avevo
detto quando mi mostrò il posto. “Non che non mi
piaccia, anzi, è perfetto!
Solo, perché proprio qui?”.
- Il posto era
davvero magnifico. La piccola chiesa in stile
gotico, perfetta per ospitare i nostri intimi invitati, si innalzava
accogliente e calda e le vetrate colorate riflettevano bellissimi
giochi di
luce, un arcobaleno di colori invadeva e avvolgeva l’interno
come in un
abbraccio caloroso. L’esterno era perfetto. La collina
sembrava una vera
radura, c’erano alberi a costeggiare la verde linea che il
prato rigoglioso
creava ai confini dell’orizzonte, orchidee e gelsomini
ovunque e per il
banchetto erano stati posizionati semplicissimi ma graziosi tavoli
rotondi che
lasciavano inalterata la bellezza del paesaggio e un gazebo con nastri
viola
che avvolgevano gli archi bianchi. Era tutto molto semplice, tutto come
volevamo.
- “E’
qui che mi sono innamorato di te..” mi aveva risposto
semplicemente.
- Gli sorrisi.
“Sei sicuro? Perché comincia sempre più
a
piacermi la mia idea..”
- Scoppiò
in una fragorosa risata. “Scappare e sposarsi a Las
Vegas non è esattamente come immagino il nostro
matrimonio”
- “Però
devi ammettere che è allettante” cercai di
convincerlo.
“Non voglio nemmeno immaginare quanta gente ci
sarà qua fuori” sospirai.
- “Hey”
mi prese il viso tra le mani. “Non permetterò a
nessuno
di rovinare questo giorno. Non dopo averlo sognato così
tanto”
- “Ma…”
- “Ah!
Niente ma!” disse con tono severo.
- Lo guardai negli
occhi per un breve istante. “Rob, ma..”
- “Eh!
Cosa abbiamo detto?!” mi interruppe di nuovo.
- Sospirai.
“Si, ma..”. le sue labbra furono sulle mie in un
attimo e con un bacio sciolse tutte le mie paure.
- “Tu
sei sicuro di voler affrontare tutto questo?” gli chiesi
quando sciolse l’abbraccio.
- Mi sorrise.
“Con te, posso affrontare tutto”. E sapevo che
era vero.
- Chissà
se avrebbe
potuto affrontare anche questo. Seduta sul letto, sfogliavo le pagine
di
quell’album. Era impossibile non abbandonarsi ai ricordi che
mi si piombavano
davanti, per quanto dolore potessero creare. Ma lo volevo. Volevo
ricordare.
Dovevo ricordare quanto più possibile. Dimenticare era
l’unica cosa che mi
spaventasse in quel momento, l’unica cosa che mi
terrorizzasse a morte più di
quello che mi sarebbe successo.
- Girai la pagina.
Un
altro ricordo.
- “Quanto
ci manca?” mi lamentai. L’attesa mi stava
uccidendo.
- “Poco
amore mio, abbi
un po’ di pazienza!” mi sussurrò
all’orecchio mentre continuava a camminare
portandomi in braccio.
- Non mi aveva
permesso di guardare nulla coprendomi gli occhi
con le mani ogni qual volta mi avvicinavo troppo a scoprire dove
stessimo
andando. Non che potessi capire molto dal jet privato che ci aveva
condotti fin
lì. Ero solo riuscita a vedere un’enorme distesa
d’acqua e poi la sua mano che
con un abile gesto copriva il finestrino.
- Doveva essere
una sorpresa. Così aveva detto.
- “Sai
che mi sento una
stupida vero? Spero almeno che non ci sia nessuno a
guardare!” imprecai
cercando di dare un tono alla mia voce.
- “Tranquilla,
siamo solo io e te.”
- “Sento…qualcosa.
È…è il suono del mare”.
- “Ma
che brava..”
- “E
questo è odore di sabbia…” dissi
allungando il naso per
assaporare meglio quell’odore.
- “La
sabbia non ha odore” disse come se fosse una cosa ovvia.
- “Per
te forse. Io lo sento. Ma potrebbe anche essere che in
queste ore ho imparato a sviluppare meglio i miei altri sensi visto che
non
posso guardare niente!” scherzai con tono provocatorio e
seccato.
- Rise di gusto.
“Non potevo non togliermi lo sfizio di
bendarti..sei troppo carina. E sei adorabile quando ti
arrabbi..”
- “Spero
per te che ne valga la pena..” sbuffai incrociando le
braccia al petto.
- “Credimi…mi perdonerai”.
- E infatti lo perdonai. Come potevo non perdonarlo?
- “Eccoci!”
disse lasciandomi finalmente scendere e sciogliendo
il nodo che mi copriva gli occhi da troppo tempo ormai. Rimasi senza
parole.
- Avevo la sabbia
sotto i piedi, il suono del mare alle mie
spalle e davanti i miei occhi una bellissima casa bianca.
- “Ma…cosa..hai
fatto?” chiesi sconcertata quando mi ripresi
dalla sorpresa.
- “Benvenuta
alle Hawaii” disse stringendomi le braccia attorno
allo stomaco e abbassandosi per baciarmi il collo.
- “Ma..come..”
non riuscivo ancora a capire come fosse
possibile. Quelle erano le Hawaii e non c’era nessuno?
- “Sai
che ci sono tantissime isole delle Hawaii deserte? Le
chiamano “sfitte”” iniziò a
spiegarmi sorridendo mentre io elaboravo lentamente
le sue parole. “..e ho scoperto che si potevano comprare.
Quindi eccoci qui!”
disse soddisfatto. “Si, so di non essere stato molto
originale, ammetto di aver
copiato l’idea di…qualcuno..”
scherzò. “Ma l’importante è
che siamo soli.
Questa è per te, per noi”.
- Il freddo vento
di Febbraio in quel posto era caldo e
trasportava quelle parole con estrema dolcezza. Non riuscivo a
distogliere lo
sguardo da quello spettacolo ma non dovetti sforzarmi troppo per
voltarmi e
incrociare i suoi occhi.
- “Tu…mi
hai regalato un’isola?” chiesi mentre sentivo gli
occhi inumidirsi.
- Annuì
dolcemente. “Consideralo il mio regalo di nozze”
ammiccò.
- Mi sentivo
terribilmente in colpa. “Ma io…non ti ho regalato
niente..” piagnucolai tirando su con il naso.
- “Non
essere ridicola..tu mi regali te stessa. E questo è
tutto quello di cui ho bisogno. Se ci sei tu, non ho bisogno
d’altro!”. Mi
buttai fra le sue braccia e lo baciai con trasporto.
- “Perdonato!”
dissi quando mi staccai per respirare.
- “Ci
avrei giurato..” bisbigliò in bilico sulle mie
labbra.
“Ah a proposito..bisogna scegliere un nome..”
- “Per
cosa?” chiesi strabuzzando gli occhi.
- “Per
l’isola ovviamente” disse come se la risposta fosse
scontata.
- “Oh…”
- “Volevo
darle il tuo nome, ma senza offesa amore, isola
Kristen suonava proprio male..” disse prendendomi in giro.
“Possiamo chiamarla
Jaymes se vuoi..” continuò a ridere. Misi su un
finto broncio che abbandonai
subito. “Che ne dici se la chiamiamo Noi?”.
- “Isola
Noi?” chiese.
- Annuii
dolcemente. Era un nome stupido, ma ci rappresentava
bene.
- “Mi
piace..” disse convincendosi e si abbassò per
lasciarmi
un lieve bacio sulle labbra, un secondo prima di prendermi in braccio
alla
sprovvista.
- “ROB!”
esclamai terrorizzata di cadere.
- “Inauguriamo
l’isola Noi” disse trionfante e mi condusse nel
profondo di quell’angolo di paradiso che sarebbe stato solo
nostro.
- Un sorriso amaro
mi
spuntò sul volto a quel ricordo. Non avevo la forza di
girare pagina,
terrorizzata da quello che mi riservava. Quanto ancora poteva
sopportare il mio
cuore prima di collassare?
- Rimasi
lì a fissare
quella foto trasandata e leggermente storta – uno degli
svantaggi, forse
l’unico, di essere soli su un’isola deserta
– sperando che non mi assalissero
ulteriori ricordi. È vero, volevo ricordare, volevo portare
tutto con me, ma
quanto sarei riuscita a sopportare? Cercai di evitare i pensieri, ma
come una
sorta di contrappasso, quanto più si cerca di evitare i
ricordi, di eludere i
pensieri, tanto più forti questi si stampano a fuoco nella
memoria. E infatti,
eccone un altro.
- “Ti
sei mai pentita di essere venuta allo scoperto?” chiese
dubbioso mentre mi carezzava i capelli.
- “Che
vuoi dire?” chiesi presa alla sprovvista da quella
domanda.
- “Bè,
non abbiamo avuto tantissima pace da quando abbiamo
rivelato tutto..”.
- Stesa nel letto
tra le sue braccia mi risultava difficile
pensare al mondo esterno e ai problemi che ogni giorno ci riservava.
- “Perché
questa domanda?” chiesi preoccupata da
quell’improvvisa girata d’umore. C’era
forse qualcosa che non gli andava bene?
Certo, da quando eravamo usciti allo scoperto era difficile avere un
po’ di
intimità o di privacy, le nostre uscite erano costantemente
“pedinate”, ogni
nostro abbraccio in pubblico era fotografato e ogni bacio era un nuovo
articolo
su qualche rivista di gossip. La situazione era tutt’altro
che leggera. A volte
desideravo tornare indietro, rivivere quei momenti in cui era tutto un
mistero
anche per noi, quei momenti in cui tutto sembrava difficile ma invece
era così
semplice. Avrei voluto vivere come una persona normale, baciare il mio
ragazzo
all’aeroporto senza aver paura che una folla di ragazzine
urlanti ci piombasse
contro, avrei voluto passeggiare mano nella mano senza il continuo
flash delle
macchine fotografiche, avrei voluto scendere a comprare il pane senza
essere
assalita da giornalisti e paparazzi.
- Mi consolavo
sperando che un giorno si sarebbe calmato tutto.
Un giorno sarebbe successo. Non potevamo fare notizia per sempre, prima
o poi
si sarebbero stancati di noi, e fino a quel momento dovevamo stringere
i denti
e tenere duro. Un giorno avremmo avuto anche noi la nostra pace.
- “Mi
chiedo solo…se tu non ti sia pentita delle tue scelte, se
non avresti preferito vivere come una persona
“normale”…”.
- Da dove veniva
fuori tutta quella insicurezza? Davvero aveva
così poca fiducia nei miei confronti?
- Alzai il viso
dal suo petto per poggiare la mia fronte alla
sua. “Rob, una vita normale per me è una vita con
te…” sussurrai sperando che
si convincesse della verità di quelle parole. “Mai
mi sono pentita delle mie
scelte perché mi hanno portata a te. E non importa quanto
dovremmo aspettare
per avere un po’ di pace fuori..A me basta essere
qui…con te… per sentirmi
bene! Il resto non conta”
- Restammo a
fissarci immobili, per minuti interminabili,
reciprocamente persi nei nostri occhi, infine parlò.
- “Kristen,
sposami” disse semplicemente muovendo le labbra in
modo impercettibile.
- “Certo,
amore mio!”. Dissi sorridendo e mi abbandonai di
nuovo sul suo petto. Quante volte glielo avevo sentito dire in passato.
Quante
volte avevo accettato e preso di buon gusto quella sua abitudine di
chiedermi
in moglie. Quante volte avrei voluto che lo intendesse davvero.
- “Dico
sul serio..”.
- Riaprii gli
occhi di scatto. “Cosa?” chiesi incredula e
sconcertata.
- “Sposami”
ripeté cercando i miei occhi.
- Rimasi
interdetta, muta per alcuni minuti.
“Rob..ma..cosa…stai dicendo?” balbettai
quando riuscii ad elaborare un pensiero
di senso compiuto.
- “Voglio
sposarti”. Capii dal tono dolce della sua voce e dal
colore velato di quella parole, che erano vere. Non stava scherzando.
- Tuttavia non
riuscivo a capire. Mi ritenevo già abbastanza
fortunata. Con tutte le ragazze che avrebbe potuto avere in questo
mondo aveva
scelto me. Mi aveva voluto dal primo istante in cui mi aveva vista,
ormai lo
credevo quando me lo diceva, ma perché mai avrebbe voluto
trascorrere il resto
della vita con me?
- “Perché?”
chiesi socchiudendo gli occhi sperando che non
vedesse quella domanda come un rifiuto ma solo come una spiegazione.
- “Perché…”
sospirò. “Perché ti amo. Ma non amo
solo la tua persona,
io amo ogni singolo particolare di te. Amo come ti mordicchi le labbra
quando
sei insicura, come di scrocchi le dita quando sei nervosa, come ti
passi
continuamente la mano tra i capelli. Voglio sposarti perché
sei fantastica e
non sai di esserlo, perché sei così insicura nei
momenti in cui potresti avere
il mondo ai tuoi piedi, perché vedi dentro te stessa e non
ti credi superiore
agli altri. Voglio che tu sia mia. Per sempre”
- Continuai a
fissarlo mentre le sue parole scorrevano
ripetutamente nella mia testa come un flusso senza fine, una dietro
l’altra.
- “Kristen,
vuoi sposarmi?”
- Una domanda
così semplice. Niente torre Eiffel, niente
dichiarazioni ufficiali, niente scenate pubbliche. Solo il desiderio di
appartenersi per sempre. Semplice, come noi.
- “Si”
sussurrai mentre una lacrima scendeva sul suo petto.
- Basta
così! Non potevo
sopportare oltre. Chiusi l’album sperando che quelle pagine
che ancora non
avevo girato sarebbero rimaste con me in ogni caso.
- Mi alzai dal
letto
aiutandomi con le mani a aggrappandomi al comò per darmi
forza e andai verso il
balcone. Mi appoggiai alla ringhiera e con sforzo alzai il viso al
cielo.
Milioni di stelle riempivano il cielo dando luce a una notte senza
luna. Mi
pentii subito di aver alzato lo sguardo. Era impossibile evitare i
ricordi. Mi
inseguivano ovunque.
- “Per
inaugurare la nostra nuova casa, ho una sorpresa per
te!”
- “Ancora
sorprese?”esclamai incredula ma anche curiosa. “Non
mi starai viziando un po’ troppo?” dissi scherzando.
- “Per
te, non è mai troppo”. Mi baciò
dolcemente e facendosi
spazio tra gli scatoloni mi condusse in terrazza.
- “Cos’è
questo coso?” chiesi con gli occhi puntati su quello
che sembrava un enorme telescopio poggiato a un cavalletto a quattro
piedi.
- “Un
telescopio” rispose raggiungendo l’arnese e
mettendosi a
trafficare con quel coso.
- “L’avevo
capito…ma.. non credi sia un po’ fuori luogo
interessarsi all’astronomia, proprio ora che siamo in pieno
trasloco. Non
bastano tutti questi scatoloni in giro per casa?”
- “Fidati
non te ne pentirai”.
- Armeggiò
ancora un po’ vicino a quell’affare, spostandolo da
destra a sinistra, dall’alto al basso, regolando le lenti e
lo zoom.
- “Posso
sapere che stai cercando?” sbuffai dopo un po’
incrociando le braccia.
- Non rispose. E
rimasi ad aspettare ancora un po’ piena di
pazienza ma proprio quando stavo per andarmene mi bloccò.
- “Ecco!
L’ho trovata!” urlò. Facendomi saltare
di paura.
“Vieni a vedere!” esclamò trascinandomi
per un gomito vicino al telescopio.
“Guarda!” esclamò trionfante.
- “Cosa
dovrei guardare?” borbottai.
- “Tu
guarda e basta!” disse spazientito. Al che fui costretta
ad abbassarmi titubante sull’aggeggio.
- “Bene..e
ora?” dissi ammirando il panorama di stelle che la
lente mostrava così vicine.
- “Lo
vedi Saturno?”
- “Si…”
dissi dopo aver individuato il pianeta ben
riconoscibile per i suoi cerchi.
- “Perfetto!
E cosa vedi accanto?” chiese carico di speranza.
- Alzai il viso
dal telescopio e lo guardai sconcertata. “Rob
ti senti bene?” chiesi con falsa e ironica preoccupazione.
- “Dimmi
solo cosa vedi!” insistette facendo segno di tornare
sulla lente.
- “Cosa
vuoi che veda?” chiesi ironica. “Stelle”
risposi in
modo ovvio.
- “Si,
ma ce n’è una…”
lasciò la frase a metà aspettando che la
completassi.
- “Ah
si. Una è un po’ più luminosa! Proprio
accanto a Saturno.
La vedo!” esclamai carica di un entusiasmo venuto dal nulla.
- “Esatto!”
esclamò vittorioso.
- Continuai a
fissare quella stella, la vedevo brillare, più
forte delle altre, come una cometa pronta ad esplodere da un momento
all’altro.
“Ma perché devo fissare proprio quella?”
chiesi continuando a tenere d’occhio
quel punto luminoso.
- “Perché…le
ho fatto dare il tuo nome”.
- Alzai
lentamente il
busto e poi con estrema lentezza voltai il viso verso il suo.
- “C-cosa?”
mormorai con voce rotta.
- “E’
nel Registro Internazionale”. Disse sorridendo
avvicinandosi con un pezzo di carta in mano. Lo aprì, e mi
indicò un piccolo
punto vicino Saturno. KRISTEN.
- Il cuore si
bloccò in un istante interminabile e prese a
battere più forte di prima.
- “Non
è un’isola, però… Buon
compleanno amore!” disse
accogliendomi nel suo abbraccio.
- “Tu..tu..sei
incredibile!” piansi stringendomi forte a lui.
“Come farei senza di te?” piansi più
forte a quel pensiero.
- “Non
preoccuparti! Non accadrà mai. Sarò sempre qui!
Saremo
sempre qui. Io e te”.
- Accidenti!
Perché era
così difficile non ricordare? Avrei voluto cancellare i
ricordi e allo stesso
tempo conservarli dentro di me, indelebili. Se solo ci fosse stato un
modo.. Se
solo si potessero semplicemente chiudere in uno scrigno e ripescarli
quando se
ne ha bisogno. Non volevo lasciarli scappare ma il dolore che mi
procuravano
era forte almeno quanto il piacere che ne derivava.
- Rientrai in
casa.
Percorsi il corridoio, ma anche lì non ebbi via di scampo.
Le nostre foto
appese al muro, una dopo l’altra, creavano il percorso della
nostra vita
insieme. Per una volta ero stato io a sorprenderlo. Da un paio di mesi,
da
quando mi aveva praticamente relegato a casa per le mie
“condizioni”, mi ero
appassionata di fotografia e ritrovare su internet le foto di anni e
anni indietro
non fu troppo complicato così uno di quei tanti giorni in
cui ero a casa senza
far niente, decisi di mettere insieme la pagine della nostra vita. Chi
avrebbe
mai immaginato che due mesi dopo mi avrebbe procurato tanto dolore
percorrere
quel corridoio.
- Arrivai in
salone e lo
vidi. Dormiva sul divano. Doveva essere distrutto. Faceva sempre avanti
e
indietro tra la sala di registrazione e casa per non lasciarmi sola, e
nei
giorni in cui non poteva proprio muoversi chiamava ogni ora per
controllare come
stessi e sapere se avessi bisogno di qualcosa. Aveva deciso di
abbandonare la
recitazione, almeno momentaneamente, ma ero riuscita a convincerlo ad
approfittare di questo periodo per dedicarsi alla sua vera passione, la
musica.
In questo modo avrebbe avuto orari certamente più decenti e
inseguiva un sogno
che si avverava. Mi appoggiai alla soglia della porta. Mentre il suo
dolce
respiro invadeva la casa silenziosa, rimasi a fissarlo, per non so
quanto
tempo, in bilico tra verità e menzogna. Non sapevo cosa
fare. Mi sentivo così
persa. Dovevo dirglielo? Ma come potevo dargli una notizia simile? Era
così
felice..
- No, non potevo.
Non
avrebbe capito. Avrebbe certamente cercato di convincermi a cambiare
idea. Non
potevo dirglielo!
- Non sapevo se mi
uccidesse più il pensiero in sé o il fatto di
essere costretta a mentirgli, a
dover mostrare ogni giorno un falso sorriso per i prossimi mesi. Ce
l’avrei
fatta? Dove avrei trovato la forza?
- Avrei tanto
voluto
prendere sonno, avrei voluto svegliarmi il giorno dopo e scoprire che
era tutto
un incubo. Ripercorsi il corridoio guardando per terra. Di solito mi
divertiva
vedere il percorso della nostra vita al contrario,
dall’ultima foto – risalente
ad appena una settimana fa, quando il mio corpo iniziava ad assumere
sempre più
la forma della mia condizione – alla prima - noi due, nella
finta mensa di quel
set che aveva segnato la nostra vita – ma oggi no. Oggi era
un altro giorno.
Oggi non l’avrei sopportato.
- Volevo dormire.
Solo
dormire e dimenticare tutto. Arrivai alla fine di
quell’interminabile
corridoio, ma quando stavo per entrare in camera, qualcosa colse la mia
attenzione.
- Cambiai
direzione e
arrivai alla porta della camera accanto alla nostra. Facendomi forza
alzai
lievemente la mano e spinsi la porta leggermente socchiusa.
- Quella camera
verde
acqua mi apparve davanti come un pugno nello stomaco. Istintivamente
portai le
mani alla pancia.
- A quel punto
sentii il
cuore sprofondare.
- “Senti
amore! Io non ce la faccio a stare con le mani in mano
e visto che non sappiamo se è maschio o femmina che ne dici
di usare un colore
neutrale?”
- “Mi
piace come idea!” sorrisi compiaciuta. “In fondo
cos’è
questo stereotipo del blu e del rosa..”.
- “Esatto!”
disse mentre gli si illuminava il viso. “Io avevo pensato
a un bel giallo canarino, oppure un color pesca..però scegli
tu..”
- Ci pensai su un
attimo. “Che ne dici invece di un bel verde
speranza?” chiesi con un sorriso smagliante mentre girovagavo
per quella
stanzetta valutando tutti gli spazi.
- Fu subito da me
e mi prese tra le sue braccia. “Ti amo! Ti
amo! Ti amo! Ti amo!” diceva
mentre mi
faceva volteggiare.
- “Rob!
Smettilaaaa” urlavo tra le risate.
- “Il
verde è perfetto” disse al settimo cielo quando mi
mise
giù.
- “Ti
amo” risposi semplicemente e lo baciai.
- Tutta la forza
che
avevo cercato di accumulare mi abbandonò in
quell’ultimo momento. Tutto quello
che mi aveva ferito fin ora si era addensato in questo ultimo colpo di
grazia
che mi aveva ucciso. Prima che potessi fermarmi o impedirmelo, scoppiai
a piangere.
Perché? Perché?
Perché a me? Cosa ho
fatto? Non voglio.
- Continuavo ad
asciugare gli occhi con la maglietta ma le lacrime scorrevano
così veloci che
era impossibile trattenerle e rinunciai presto. Avevo il diritto di
piangere.
Che altro mi era rimasto in quel giorno?
- Poggiai la testa
al
muro e silenziosa le lasciai scorrere aspettando che la smettessero.
- “Hey”
sentii la sua
voce all’orecchio, le sue braccia circondarmi da dietro e le
sue mani sulle mie
accarezzavano quel poco di pancia che era in rilievo.
- Ingoiai il
groppo in
gola che bloccava la voce rotta dal pianto. “H-hey”
riuscii a dire voltandomi
verso di lui ma non riuscii a nascondere il dolore né gli
occhi lucidi.
- Il suo volto
cambiò
espressione in un secondo. Dalla pace al terrore. “Kristen
cosa è successo?”
chiese allarmato.
- “Niente”
dissi
asciugandomi le ultime lacrime che si stavano seccando sulla mia
guancia.
“Sono..questi stupidi ormoni!”.
- “Ma..stai
bene? Il
bambino?”.
- Perdonami amore
mio!
- “Si..sto
bene..”
mentii. “…stiamo bene..”mi corressi.
- “Mi
hai fatto morire
di paura!” sospirò con la voce rotta dallo
spavento e poi si calmò offrendomi
uno di quei sorrisi che amavo tanto. Stavo per crollare di nuovo.
Serrai le
labbra cercando di regalargli un sorriso e di impedire alla bocca di
contorcersi
di nuovo per il pianto, ma fu inutile. Le lacrime ripresero a scendere.
- “Amore,
ma perché
piangi?” chiesi di nuovo preoccupato.
- Scoppiai in
singhiozzi
stringendogli le braccia alla vita.
- “Rob!
Ti prego! Non
lasciarmi mai!” la
mia voce era irriconoscibile.
- Sentii subito le
sue
mani insicure sul mio corpo esile. “Amore mio, ma
perché dici queste cose?
Certo che non ti lascerò mai!” disse stringendomi
forte a se. “Tu sei tutta la
mia vita, voi, siete tutta la mia vita!”.
- Piansi ancora
più
forte.
- “N-on
vo-glio
la-sciarti!” dissi con la voce rotta dal pianto.
- “Non
succederà mai!”
mi consolò. “Io sarò sempre qui! Ti
prego amore mio! calmati ora!”
- Kristen! Ti
prego calmati! Smettila! Fallo per lui! Fallo per
il tuo bambino!
- Quanto avrei
voluto
ascoltarlo, quanto avrei voluto ascoltare me stessa ma come potevo con
il
ricordo di quella mattina a tormentarmi l’anima e a spaccare
la mia speranza,
la mia vita, in mille pezzi?
- Non potevo. Non
ci
riuscivo.
- E nello stesso
momento
in cui sembrava che il peggio fosse passato, le parole della dottoressa
tornarono a infliggermi dolore…
- “Mi
dispiace signorina Stewart. Credo che lei abbia un
tumore”.
- POV Robert
- 8 Novembre 2014
- Ecco quando mi
è
piombato il mondo addosso.
- Non poteva
essere
vero. Doveva essere un incubo, un orrendo sogno che la mia mente mi
stava
malignamente offrendo. Doveva esserlo! Non c’era altra
spiegazione! Cazzo!
- Era tutto un
brutto
sogno. Presto mi sarei svegliato e tutto sarebbe continuato da dove
l’avevamo
lasciato.
- “Rob..”
si avvicinò con cautela.
- “Kristen,
che succede?”
- Sgranò
gli occhi. “Deve per forza essere successo
qualcosa?”
chiese.
- “Ti
conosco bene..quando scrocchi le dita non è un buon
segno. Sei nervosa perché devi dirmi qualcosa..”
notai. “Non sarà mica una
sorpresa per il mio compleanno?” chiesi dubbioso.
- I suoi occhi
caddero sulle sue dita intrecciate e subito le
sciolse.
- “In
effetti, devo dirti una cosa, e sicuramente rimarrai
sorpreso. Ma ho paura..” ammise.
- Aggrottai le
sopracciglia. “Addirittura? Cosa può essere di
tanto spaventoso da aver paura di me?” dissi cercando di
sdrammatizzare.
- “Ho
paura della tua reazione..” confessò.
- “Ok
Kris, ora inizi a spaventarmi. Che succede? Sai che non
devi temermi, qualunque cosa sia, l’affronteremo”.
- “E’
solo che siamo così giovani…”.
- “Kristen..”
dissi cercando di calmarla.
- “E poi
è così inaspettato..”
- “Kristen..”
dissi di nuovo incitandola ad arrivare al punto.
- “E
forse è troppo presto..”
- “Kristen..”
dissi un’altra volta sperando fosse l’ultima.
Iniziavo a perdere la pazienza. Rischiava di farmi uscire fuori di
testa.
- “Sono
incinta!” disse infine.
- Rimasi
pietrificato, con lo sguardo fisso su di lei, senza
battere ciglio.
- “Rob..”
la sentii sussurrare insicura.
- Mi ci volle
più di qualche minuto per elaborare quella parola
e ricordarne il significato.
- “Rob..”
mi chiamò di nuovo scrutando il mio viso.
- Incinta.
Incinta. Incinta.
- Voleva dire
che…
- “Accidenti!
Perché te l’ho detto!?”
- Quella frase mi
riportò alla realtà, alla nuova realtà
che si
apriva sotto i miei occhi.
- I miei occhi
presero di nuovo vita, potevo sentirli brillare
per l’emozione e per la felicità.
- “Rob..stai..bene?”
chiese esitante.
- Senza pensarci
due volte la presi tra le braccia e iniziai a
baciarla come non avevo mai fatto prima mentre giravo su e stesso.
- “Sto
benissimo!” risposi lasciandola per terra e iniziando a
saltellare come un’idiota per casa.
- “Sei
sicuro?”
- Saltellando
tornai da lei e le presi le mani.
- “So
che è troppo presto, in fondo siamo sposati da appena tre
mesi, però..”
- Alzai un dito
per tapparle la bocca. “Non potevi farmi regalo
migliore” dissi e la baciai.
- “Ma tu
lo vuoi, vero?” chiesi assalito da un dubbio
improvviso.
- “Certo
che lo voglio! Voglio tutto di te!” disse con un
sorriso sereno sul viso. “E tu…te la senti?
Insomma dovremo rinunciare ad
alcuni lavori. Cioè, tu sei libero ovviamente, ma io non
voglio certo lasciare
mio figlio senza madre..”
- “Con
te, non c’è niente che non possa fare”.
- Non era
possibile che
quel sogno si fosse frantumato in mille pezzi. Quanto può
essere crudele la
felicità per durare solo sette mesi?
- Non poteva
essere
vero. Forse..forse se mi fossi dato un pizzico mi sarei svegliato.
Doveva
essere una specie di distorsione temporale, una vita parallela, un
incubo a
occhi aperti. Eppure troppe cose coincidevano, troppe cose erano
chiare, troppe
cose trovavano spiegazione per il comportamento degli ultimi tre mesi:
- le mille scuse
per
convincermi a non accompagnarmi alle visite.
- “E’
una cosa da donne!” diceva ogni volta.
- “Ma
che vuol dire?! Io sono il padre! Avrò pure il diritto di
vedere mio figlio!” cercavo di
convincerla ma non ci riuscivo mai.
- “Vedrai
le foto!” diceva con un
sorriso smagliante. Ma come
facevo a dirle di no?
- “Ti
prego Rob. Te lo chiedo come favore personale. Lasciami
andare da sola, almeno questa volta! La prossima verrai con
me”.
- Ma ogni volta
era sempre la stessa storia. Mi supplicava di
lasciarla andare da sola e a malincuore acconsentivo alle sue preghiere
a patto
che potessi aspettarla fuori.
- E poi quel nome.
- “Tesoro.
Ho scelto un nome!” disse trionfante un giorno di
settembre, di ritorno dalla visita che aveva dato conferma del sesso
del
bambino. Altra visita da cui ero stato bandito. Quella situazione
iniziava a
stancarmi, ma lei era sempre così piena di
vitalità che mi era impossibile
tenerle il broncio.
- “Allora?”
chiesi ansioso di conoscere la sua scelta.
- Si
rabbuiò improvvisamente e parlò a voce bassa.
Appena
percettibile.
- “Voglio
che si chiami Joy..” disse mentre una lacrima le
scendeva sul viso. “Perché la sua nascita deve
essere una gioia, e lei deve crescere
felice e serena. Ok? Promettimelo Rob! Prometti che le sarai vicina
qualunque
cosa accada! ”
- “Kris
ma perché piangi?” le chiesi preoccupato.
“Volevi che
fosse un maschio?” chiesi meravigliandomi delle mie parole.
- “Tu
promettimelo!” insistette.
- “Si
d’accordo. Te lo prometto, ma vuoi dirmi perché
piangi?”
dissi baciandole il viso per asciugarle le lacrime.
- “Sono
felice” sussurrò tirando su con il naso.
“Sono questi
stupidi ormoni”.
- Questi stupidi
ormoni.
Quante volte glielo avevo sentito dire trovandola in lacrime sul letto
o in
camera della bambina, quante volte aveva giustificato in quel modo quei
pianti?
Quante volte aveva pianto e sofferto mentre io ero all’oscuro
di tutto. E per
quanto, chiuso in quella stupida sala di registrazione con le mani tra
i
capelli, cercavo di deviare quegli indizi, ogni cosa mi riportava alla
cruda
realtà che mi era stata rivelata il giorno precedente.
- “C-cosa?”
- “Ho.un.tumore.
Un tumore..al fegato”. Scandì bene quelle
parole per rendermele chiare, ma non riuscivo a capirle. Erano
incomprensibili.
- “M-ma
c-cosa, cosa stai d-dicendo?”.
- “Mi
dispiace amore mio. Perdonami se non te l’ho detto prima!
Ho provato a non darti questo dolore ma ora non posso proprio
più nasconderlo e
non riesco più a mentirti”. Stava scherzando.
Doveva essere uno scherzo di
cattivo gusto.
- “N-no.
N-non è vero! È uno scherzo” decisi.
- Abbassò
lo sguardo e annuì leggermente. Prese un lungo
respiro. “Non sai quanto vorrei che lo fosse..”
- “Non
è possibile..” decisi.
- “Ti
prego Rob. Non fare così. Non rendere tutto più
difficile
di quanto non lo sia già. Dio solo sa dove sto prendendo la
forza per dirti
queste cose, ma ti prego, non fare così..”
- “Non
è vero…tu..sei giovane. Tu..sei perfetta. Non
è
possibile”.
- “Rob
smettila” urlò con voce spezzata dal pianto che
stava
trattenendo. “Ti prego, guardami..”
supplicò prendendomi il viso tra le mani.
- Non avevo la
forza di guardarla in faccia. Ero troppo
terrorizzato da quello che avrei letto nei suoi occhi. Scossi la testa,
risoluto.
- “Ti
prego..” sussurrò. Non potei ignorare quella dolce
preghiera. Con tutta la forza che avevo, aprii gli occhi e il mondo mi
piombò
addosso.
- Lacrime dense
iniziarono a scorrere sul mio viso, dense, come
fiumi in piena.
- “N-noi,
troveremo un modo. Io..ti farò..guarire.
Andremo..d-da qualcuno. Qua-qualcuno bravo
e…tu…guarirai..”
- La vidi
abbassare il viso. “No…”
sussurrò scuotendo la testa.
“Non farò niente..” disse sicura delle
sue tristi parole.
- “C-cosa?
Ma che dici?”
- Prese un
sospiro. “Non farò niente”
ripeté. “Non c’è modo di
fare delle cure senza far del male alla bambina”.
- “T-tu
s-stai s-scherzando vero?”
- “Non
servirebbe a nulla in ogni caso ormai. È lì da
troppo
tempo..solo che..non l’avevamo mai visto..”non
riuscivo a descrivere il tono
della sua voce. Era qualcosa di incomprensibile e non riuscivo a capire
se
dicesse sul serio.
- “Ma
perché? Perché hai aspettato tutto questo
tempo?”
domandai ancora inconscio delle sue parole.
- “Sapevo
che non saresti stato d’accordo. Non potevo
permettere che… Ma non ha importanza ora. Ciò che
conta è la bambina!”.
- “NO!
Ciò che conta sei tu!” dissi cercando di farle
cambiare
idea.
- “Rob!
Ti prego. Rispetta la mia decisione. Voglio vivere
quello che mi rimane con dignità, senza ciocche di capelli a
cadermi nel piatto
mentre mangio, voglio stare bene. Almeno fino alla nascita della
bambina”.
- “Kristen,
ti prego!” la supplicai ma fu inutile.
- “Rob,
ho deciso! Ti prego, non fare così. Non ora che ho
più
bisogno di te..”. non riuscivo a capire dove avesse preso
tutta quella forza.
Come faceva?
- “N-non
è v-vero…”. Dissi scoppiando in un
pianto disumano.
- “Ssssh”
sussurrò accogliendo il mio viso sul suo petto.
“Ssssh…va tutto bene..”disse cullandomi.
Ma come poteva andare tutto bene? Ero
appena piombato in un abisso senza fondo, non sarei mai tornato in
superficie.
- “T-ti
p-prego, t-ti p-prego, per favore..” singhiozzavo
contro il suo petto caldo.
- “Va
tutto bene…” disse ancora una volta e sentii una
sua
lacrima cadermi sulla guancia.
- Sprofondai il
viso tra
le mani, sperando ancora di svegliarmi.
- Ma era tutto
vero.
Vero come quella realtà che si era portata dentro per tre
mesi!
- Ma come avevo
fatto a
non accorgermi di niente! COME CAZZO AVEVO FATTO?!
- Scattai in piedi
e
preda della rabbia inizia ad afferrare e distruggere tutto quello che
mi
trovavo davanti.
- “PERCHE’?
PERCHE’?
PERCHE’!” imprecavo afferrando e lanciando in aria
tutto quello che mi trovavo
sotto mano. Cuffie, microfoni, quegli stupidi CD.
- “Perché…”
mi accasciai
a terra e lasciai che le lacrime e il dolore mi consumassero.
- POV Kristen
- 5 Gennaio 2015
- Caro diario,
- credo di sapere
quello che mi aspetta, ma cosa lascerò qui? A
cosa sarà valsa tutta questa forza se non potrò
vederne i frutti? A cosa sarà
valsa la mia morte se non potrò godere della vita che ne
è derivata?
- Mancano tre
settimane ormai, e non so cosa ne sarà di me.
Lascio il mio destino nella mani di qualcuno più grande di
me…
- Questa
è l’ultima volta che scrivo su questo diario.
Presto
non ne avrò più la forza.
- Ma prima di
andare…devo fare un’ultima cosa.
- Non avrei dovuto
dirglielo. Lo sapevo. Quanto avrei voluto resistere quegli ultimi due
mesi,
quanto avrei voluto trovare la forza che avevo tanto cercato nei tre
mesi
precedenti, quanto avrei voluto avere il coraggio di tenergli tutto
nascosto.
Ma ormai non avrei potuto, sarebbe stato impossibile. Le mie condizioni
peggioravano, non vertiginosamente, ma abbastanza da rendermi
fisicamente
debole e stanca. Le crisi di vomito ce i procurava quella malattia che
si stava
pian piano succhiando la mia vita, erano sempre più intense
e la scusa della
nausea non avrebbe retto ancora per molto. Non avrei potuto continuare
a
mentire.
- Avrei voluto
continuare a farcela da sola, ma non potevo. Avevo bisogno del suo
aiuto,
almeno per altri due mesi, fino alla nascita della bambina.
- Povero amore
della mia
vita. Quanto avrei voluto calmarlo, quanto avrei voluto rassicurarlo,
dirgli
che sarebbe andato tutto bene. Ma non sarebbe stato giusto continuare a
mentirgli. Come potevo assicurargli qualcosa che non sapevo e che molto
probabilmente era falso?
- Rob aveva
lasciato il
lavoro definitivamente. Era sempre a casa con me e per quanto potessi
esserne
felice, il pensiero che quelli potevano essere i nostri ultimi momenti
insieme,
mi uccideva. Ma tenevo duro. Per lui. Per la bambina. Dovevo tenere
duro. Se
fossi crollata io, saremo crollati tutti e non potevo permetterlo.
- Per quanto
sarebbe
stato impossibile continuare a nascondere tutto, a volte mi pentivo di
avergli
rivelato la verità. Rob si comportava in maniera diversa con
me. A volte era
eccessivamente premuroso e dolce, altre volte era.. scostante, lontano,
come se
avesse paura di toccarmi terrorizzato dalla possibilità che
potesse essere
l’ultima volta. Cosa avrei dato per sapere quello che gli
passava nella testa,
ma chiederlo sarebbe stato inutile. Non mi avrebbe mai rivelato il suo
dolore
per aggiungerlo al mio, ma sapevo che soffriva. E lui sapeva che io
sapevo. E
tanto bastava.
- Ma non era
questo a
preoccuparmi, quanto la sua mancanza di preoccupazione per la bambina.
- “Oddio!”
esclamai presa di sorpresa mentre leggevo un libro
sul divano.
- “Che
succede?” chiese Rob allarmato. Seduto accanto a me.
- Un sorriso
sostituì la smorfia di dolore sul mio viso.
“Ha…scalciato…” pronunciai
quelle parole sorpresa ma lui non fece una piega
guardando con avversione e preoccupazione la pancia che mi sovrastava.
- “Uh!
Di nuovo!” saltai sul posto. “Vieni a
sentire!” mi
allungai per prendere la sua mano e portarla sullo stomaco, giusto in
tempo per
fargli sentire un altro calcio.
- Un leggerissimo
sorriso apparve sul suo volto, quel tanto
che, secondo lui, sarebbe bastato a rendermi contenta ma che invece mi
terrorizzava a morte.
- “Vado
a farti una borsa d’acqua calda” disse togliendo
subito
la mano e alzandosi dal divano.
- Rabbrividii a
quel
ricordo. Il pensiero di lasciare mia figlia senza madre mi
terrorizzava, ma la
possibilità che restasse senza padre, mi uccideva. Quanto
avrei voluto rivedere
il sorriso spigliato e naturale sul suo volto, quanto avrei voluto che
fosse
felice come lo ero io, ma sapevo di chiedergli troppo.
L’unica cosa che mi dava
la forza di andare avanti era la mia bambina, ma lui, come avrebbe
potuto
prendere forza da quella che considerava una minaccia?
- Avrei dovuto
parlargli, prima o poi. Avrei dovuto fargli capire molte cose ma mi
mancava
sempre il coraggio. E intanto i giorni scorrevano, le settimane
passavano. Il
tempo diminuiva notevolmente, come un conto alla rovescia che si
avvicinava
inesorabilmente allo zero. Quanto avrei voluto rimandare il discorso,
quanto
avrei voluto risparmiargli quel dolore, quanto avrei voluto avere
più tempo. Ma
non ne avevo. La vita non è una clessidra che puoi
continuare a girare e
rigirare quando la sabbia termina la sua discesa. Non funziona
così. Bisogna
afferrare ogni cosa al momento, perché l’attimo
dopo potrebbe non esserci più.
Sentivo il fruscio che lo scorrere indisturbato
della sabbia creava passando dalla vita alla morte e
il rumore
assordante di ogni granello che cadeva inesorabilmente nel nulla.
- Tempo. Non ne
avevo e
non sapevo quanto me ne sarebbe rimasto. E io dovevo sapere, dovevo
andarmene
sicura di quello che avrei lasciato.
- Approfittai di
un giorno di fine novembre in cui lo trovai
poggiato sulla soglia della camera della bambina, immobile, gli occhi
fissi nel
vuoto.
- “Rob?”
lo chiamai esitante sperando che mi sentisse.
- “Mmm?”
mugugnò girandosi verso di me. “Tutto
bene?” chiese
subito, come suo solito. Ormai era diventato impossibile per me
chiamarlo senza
farlo preoccupare, senza che il terrore apparisse sul suo viso.
- “Si
si” lo rassicurai. “Mi stavo chiedendo, se ti
andasse di
accompagnarmi a fare i regali di Natale..”
- “Manca
un mese a Natale” notò. Il tempo era diventato un
tasto dolente per lui, più di quanto lo fosse per me.
- “Lo
so, ma vorrei anticiparmi!” esclamai mostrandogli uno dei
miei tanti sinceri ma inutili sorrisi. Non c’era bisogno di
spiegare il motivo
che mi spingeva ad anticiparmi così tanto.
- “Certo”
disse ricambiando con un debole sorriso, il solito
sorriso che avrebbe dovuto accontentarmi.
- Bene. O adesso o
mai più, pensai.
- “Potremmo
andare in quel nuovo negozio per bambini, vorrei
comprare qualche altro vestitino per..”.
- Mi bloccai
vedendo che scuoteva leggermente la testa bassa.
“Non lo so Kris, che senso ha comprare per una cosa che
ancora non c’è”.
- Raggelai alle
sue parole. Come aveva definito la mia, la sua
bambina?
- “Una.c-cosa?”
chiesi terrorizzata da quella definizione.
- Serrò
le labbra. “Non c’è bisogno di
preoccuparsi ora. Noi..
ce ne occuperemo insieme, quando sarà il
momento..” lo vidi stringere i pugni
ma ero ancora a pezzi per come aveva definito nostra figlia.
- “..una
cosa..” bisbigliai cercando di negare quelle stesse
parole, ma fu impossibile bloccare le lacrime, che scorrevano di nuovo,
dopo
tanto tempo.
- “Amore!
Che succede? Cosa ti fa male?”
- Non ci vidi
più. “TU! Tu mi fai male!” esclamai
scoppiando in
lacrime.
- Rimase
interdetto, ma se era quello che serviva per
riprenderlo dallo stato di negazione in cui viveva e credeva, avrei
dovuto
andare avanti, senza preoccuparmi di quello che gli avrei inferto.
- “M-ma
n-non ho fatto niente..” sussurrò in pena.
- “Esatto!
Non hai fatto niente! Non fai mai niente!” continuai
ad urlare incurante delle sue emozioni.. dovevo farlo. “Tu mi
sei vicino sì, mi
accontenti in tutto, mi sorridi, ma è tutto falso! Non vivi
più. Non capisci
che così mi uccidi?!” dissi ma me ne pentii subito
mentre le sue lacrime si
univano alle mie.
- “Scusami..”
sussurrai buttandomi sul suo petto. “Ti prego
abbracciami!” dissi scoppiando in lacrime. Le sue mani furono
subito sul mio
corpo, ancora incerte. “Ti prego Rob! Non
lasciarmi!..” mormorai tra i
singhiozzi.
- Sembrò
riprendersi. “Amore mio..” disse con la voce rotta
dal
pianto. “Io sarò sempre qui! Non ti
lascerò mai”. Mi strinse forte a se.
- “Allora
non abbandonarmi, non ora che ho più bisogno di
te!”
piansi contro il suo petto.
- Non
parlò più. Ma capii dal suo respiro, dalle sue
mani prima
esitanti e poi sicure, che aveva capito il senso delle mie parole.
- Appoggiò
la guancia sulla mia testa lasciandomi un dolce
bacio sulla fronte mentre le ultime lacrime ancora scorrevano sul mio e
sul suo
viso.
- Aveva capito.
- Da quel giorno
le cose
cambiarono. Rob aveva ripreso a ridere come prima, aveva iniziato a
preoccuparsi di nuovo per la bambina, era premuroso ma non
eccessivamente,
scherzavamo come una volta. Era di nuovo tutto perfetto,
finché non arrivò
Natale. Per quanto riuscisse a mostrarsi
“spensierato” e tranquillo, sapevo che
dentro sprofondava ogni giorno di più nella depressione
più profonda. Mancava
un mese alla nascita della bambina e sapevo che quella festa per lui
non
avrebbe significato altro che l’avvicinarsi di un evento che
lo uccideva e da
cui nessuno dei due sapeva cosa aspettarsi. Per quanto avessi voluto,
non me la
sentivo proprio di costringerlo a festeggiare. Avrei fatto a meno di
quel
Natale con la debole speranza di festeggiare il prossimo, ma sapevo
bene la
verità.
- Eppure…
- Ancora in
dormiveglia allungai un braccio accanto a me, ma
incontrai il vuoto.
- Aprii gli occhi
svegliata da quel dolce profumo di frittelle
e bacon che attraversando la cucina giungeva sotto il mio naso e dal
suono
debole di canzoni di natale.
- Ma che stava
combinando?
- Con qualche
piccolo sforzo mi liberai del piumone e mi alzai.
Percorsi il corridoio e mi diressi in cucina. Rimasi a bocca aperta.
- Era
lì, a destreggiarsi tra i fornelli e la tavola, mentre
ballava al ritmo di “All I want for Christmas is
you”. Non si accorse di me e
con un sorriso idiota rimasi a fissarlo ancora un po’.
- Quanto lo amavo.
Irrimediabilmente il sorriso scomparve sul
mio viso al pensiero di doverlo lasciare. Come avrei vissuto dopo? Ah
certo,
non avrei vissuto, ma il solo pensiero mi uccideva l’anima
più di quanto
potesse farlo la morte stessa.
- “Tesoro!”
esclamò infine notandomi sul ciglio della porta.
- Abbandonai i
brutti pensieri e ripescai quel sorriso. Per
lui.
- “Ci
siamo svegliati di buon umore!” esclamai sorpresa visto
che era il 25 Dicembre ed ero ancora convinta della mia teoria sul suo
terrore
per quella data così vicina alla fine.
- “Già!”
disse entusiasta venendomi incontro per baciarmi
dolcemente le labbra e con mia grande sorpresa si abbassò
sul pancione.
“Buongiorno piccolina..” disse allegro carezzandomi
e lasciando un bacio anche
sulla mongolfiera che si estendeva sotto il mio seno. Ero senza parole.
- “Allora..”
continuò prendendomi per mano e sostenendomi la
pancia.
- Quanto mi
sarebbe mancato quel contatto..
- Mi
portò al tavolo e mi fece sedere. “Cosa vuole
signorina?
Lei ordina, io eseguo!” disse dandosi un’aria da
chef. “Bè, in realtà ho già
preparato tutto..” continuò normale portando a
tavola tutto quello che aveva
cucinato: uova, latte, biscotti, pancetta, frittelle, marmellata,
cioccolata
calda…
- Avevo
l’acquolina in bocca.
- Sperai solo che
il mio stomaco riuscisse a sopportare tanto e
che per una volta il fegato non avrebbe reagito causandomi la solita
crisi di
vomito.
- “Wow..ma
hai fatto tutto tu!?” chiesi sconcertata e felice.
- “Scerto
madame! Esclusivamente per lei!” disse fingendo un
accento francese. “Allora, cosa vuole?”
continuò parlando con la erre moscia.
- Risi di gusto.
“Bè, se non è troppo, vorrei lo chef.
Crede
sia possibile?”
- Sorrise, sincero
come non l’avevo mai visto da mesi. “Tutto
è
possibile..” sussurrò determinato e si
chinò per baciarmi.
- “Spero
sia stato di suo gradimento” disse quando finimmo di
mangiare. Ringraziai il cielo per aver fatto procedere tutto liscio.
Non avrei
sopportato di rovinare quel sogno.
- “Eccome!
I miei omaggi allo chef” dissi baciandogli il palmo
della mano che non aveva lasciato la mia durante tutta la colazione.
- “Sono
felice..” sussurrò e quelle parole mi riempirono
di
gioia.
- “E’..
la cosa più bella che potessi dirmi” dissi
cacciando
dentro le lacrime. Se avessi iniziato non mi sarei fermata e sarebbe
sparito
tutto.
- Mi persi nei
suoi occhi blu. Come avrei fatto senza quegli
occhi?
- “Bene,
ora madame, se vuol seguirmi, ho una sorpresa per
lei!” disse alzandosi e porgendomi l’altra mano per
aiutarmi.
- “Se
continui così penserò che qualcuno si
è impossessato di
te” dissi scherzando.
- “Ha-ha
divertente” rispose ironico.
- Prima di
aiutarmi ad alzarmi mi bendò.
- “Ancora
con questa benda? Speravo di non doverla sopportare
più!” mi lamentai.
- “E’
solo per le occasioni speciali” mi rassicurò
all’orecchio
mentre me la legava dietro la testa. “E poi se non sbaglio,
l’ultima volta sono
stato perdonato..” notò.
- Eh
già. “Touchè” dissi
semplicemente.
- Mi
aiutò ad alzarmi e sostenendomi da dietro mi indicava la
strada. Aprì una porta e mi condusse dentro la stanza. Una
musica partì e la
riconobbi subito.
- “I
shall believe”, la colonna sonora del nostro matrimonio.
Sentivo già gli occhi inumidirsi ma fu niente paragonato a
quello che provai
quando fui libera della benda.
- “Ora
puoi guardare” disse sciogliendo il nodo e liberandomi
della cecità.
- Lo spettacolo
che mi si presentava davanti mi lasciò senza
parole. In un angolo della sala, sotto i miei occhi si alzava un albero
enorme,
migliaia di luci bianche scintillavano ovunque e centinaia di
decorazioni rosse
e dorate riempivano i vuoti lasciando pochissimi spazi verdi. Proprio
quando
pensavo di aver visto tutto, un fiocco di ovatta si poggiò
sul naso e in un
secondo ci trovammo sotto una pioggia di neve. Guardai il soffitto e
vidi una
ventola enorme spargere quei fiocchi come neve vera.
- Non potei
trattenere una lacrima. Mi voltai lentamente verso
di lui con gli occhi lucidi, ma stavolta non cambiò
espressione, non si
preoccupò, non si allarmò. Sorrideva
semplicemente.
- “Rob..”
bisbigliai mentre un’altra lacrima mi rigava il viso.
- “Oggi
niente preoccupazioni. Oggi siamo solo io e te. Solo
noi” disse asciugandomi le lacrime con un bacio.
- “Grazie..
è il più bel regalo che potessi farmi”.
Sussurrai
cercando di controllare la voce.
- “Mi
concede l’onore di questo ballo?” disse con aria da
gentiluomo allungando una mano.
- “Con
immenso piacere” risposi a tono facendo un debole
inchino e afferrai la sua mano.
- Mantenne quel
sorriso e strinse dolcemente le sue braccia
attorno al mio corpo accogliendo la mia testa sul suo petto.
- “Buon
natale, amore mio”.
- L’abbondante
colazione
bastò per tutta la giornata. Passammo tutto il giorno a
letto, sotto le
coperte, abbracciati l’uno all’altra, rivedendo
quei film che ci avevano fatto
innamorare. È stato il Natale più bello della mia
vita.
- Improvvisamente
qualcosa interruppe quel ricordo. Qualcosa di assolutamente
inaspettato. D’un
tratto, come una doccia fredda improvvisa, sentii le gambe bagnate, i
pantaloni
fradici e il divano freddo.
- Mi ci volle un
minuto
per elaborare la situazione. Non poteva essere. Era troppo presto.
- “Rob..”
bisbigliai
stringendo la sua mano.
- Si
voltò verso di me e
vidi i suoi occhi passare da me, al divano, ai pantaloni e dipingersi
di
terrore.
- “Si
sono rotte la
acque!” esclamai in preda al panico.
- Mi fissava senza
battere ciglio. Gli occhi persi nel vuoto.
- “M-ma..mancano..
ancora due settimane” riuscì a dire muovendo le
labbra impercettibilmente.
- “Lo
so! Ma si sono
rotte!” urlai. “Dobbiamo andare
all’ospedale”. Cercai di alzarmi dal divano ma
caddi indietro. “Rob! Aiutami!”
quell’urlo disumano sembrò finalmente farlo
riprendere.
- Non sapendo
quanto le
mie condizioni sarebbero peggiorate, avevo preparato tutto settimane
prima,
quindi bastò solo prendere la
borsa e
correre all’ospedale.
- “Tranquilla
amore!
Andrà tutto bene” diceva ogni tanto mentre guidava
stringendomi la mano che
stritolavo a ogni contrazione, urlando di dolore.
- D’un
tratto la mente divenne
bianca e mi trovai su una barella in corsa tra i corridoi bianchi
dell’ospedale.
- “Kristen!”
riconobbi
subito quella voce e aprii gli occhi.
- “Rob..”
sussurrai.
- “Sono
qui! Sono qui!”
diceva correndo mentre stringeva la mia mano.
- Vidi le pareti
cambiare
dal bianco al verde, camici bianchi e verdi circondare la nuova sala e
la
barella.
- Tutta la forza
che
avevo accumulato negli ultimi sette mesi, sembrò
abbandonarmi nel momento in
cui ne avevo più bisogno e la possibilità di non
farcela a un tale sforzo mi
piombò davanti vera come mai prima d’allora.
- “Rob!”
urlai
piangendo.. “Amore, non voglio lasciarti!”
singhiozzai mentre sentivo il
respiro divenire sempre più irregolare. Non disse niente, mi
strinse forte la
mano.
- Un’altra
contrazione.
Un urlo disumano mi uscì dal petto mentre continuavo a
respirare
affannosamente.
- Sentii una voce.
“Dobbiamo procedere con un cesareo..”
- “NO!”
urlai d’istinto.
Il cesareo no. Non potevo addormentarmi. Non potevo chiudere gli occhi
non
sapendo se mi sarei svegliata. Non potevo perdermi gli ultimi istanti
della mia
vita in cui avrei potuto tenerlo per mano e guardarlo negli occhi.
- “IL
CESAREO NO! PER
FAVORE!” gridai ancora tra le urla di dolore.
- “Deve
calmarsi, non
possiamo procedere naturalmente così”.
- Una voce,
così cara e
familiare sostituì quella sconosciuta. “Kristen,
amore mio! ora devi stare
calma, ok? Andrà tutto bene! Io sono qui! Sarò
sempre qui!” disse e in quel
momento vidi due lacrime scendere sulle sue guance. “Devi
fare un piccolo
sforzo per te. Per la bambina. Io ti tengo la mano e sarò
qui con te. Ok?”
- Annuii cacciando
fuori
le lacrime e cercando di regolare il respiro.
- “Così
va meglio”. di
nuovo quella voce sconosciuta. “Ora. Spinga!”
- “Aaaaaaaaaaaaa”
urlai
stringendo la mano di Rob e spingendo quanto le mie forze mi
permettevano.
- “Andrà
tutto bene,
amore..” ripeteva tra una spinta e un’altra, ma non
riuscivo a credere alle sue
parole, avevo un brutto presentimento.
- “Un’ultima
spinta!” mi
incitarono ma ero sfinita.
- “Avanti
amore! Ce
l’hai fatta! Andrà tutto bene”.
- Sapevo dentro di
me
che non era così, ma dovevo crederlo! Per la mia piccola.
Dovevo crederci!
Sarebbe andato tutto bene, saremmo tornati a casa e avremmo vissuto il
resto
della nostra vita, tutti e tre, felici. Come una famiglia.
- Quel sogno,
quell’ultima,
estrema e impossibile speranza mi diede la forza per accumulare le
ultime
energie che scivolavano via pian piano e con uno sforzo estremo spinsi
un’ultima volta dando un urlo di disperazione e liberazione.
- Una nuova voce
si unì
ai brusii dei medici. Un pianto nuovo.
- “Complimenti
è una
bambina!” esclamò qualcuno.
- “Sei
stata
bravissima!” disse Rob baciandomi la fronte.
- “Voglio
vederla..”
sussurrai allo stremo delle forze.
- “La
stanno
controllando e pulendo..”
- “Ma
io..non..”. Non
potevo aspettare. Non sapevo se ce l’avrei fatta. Non potevo
rischiare. “Ti
prego, fammela vedere adesso..”.
- Mi
guardò con gli
occhi lucidi. Non voleva lasciare andare la mia mano nemmeno per
prendere sua
figlia, ma non ce ne fu bisogno. Un’infermiera si
avvicinò con un lenzuolo tra
le braccia e abbassandosi la poggiò sul letto accanto a me.
- Mi voltai
lentamente e
la incontrai. Quel visino, quel piccolo pezzo di me stessa, quella
parte che mi
ero portata dentro per nove mesi.
- “Ciao
Joy. Sono la tua
mamma..”
- Era perfetta.
Una giusta
unione dei nostri visi rendevano i suoi lineamenti lievi e dolci.
- “E’
bellissima..”
sussurrò Rob carezzandole leggermente la guancia come se
temesse di farle del
male.
- “E’
perfetta..”
sussurrai ma le parole si fermarono in gola. Tutto successe
velocemente.
- In un secondo mi
tolsero la mia bambina dalle braccia, un BEEP assordante prese a
battere forte
come un martello pneumatico e non sentivo più la gambe.
Diverse voci confuse
invadevano la stanza.
- La stiamo
perdendo. Emorragia. Collasso.
- E sentivo che
piano
piano scivolavo via. Un urlo mi portò in vita per un
brevissimo istante.
- “NO!
NO! Ti prego
amore mio! non mi lasciare! Ti prego!”. Possibile che
riconoscessi ancora la
sua voce? Si, l’avrei riconosciuta tra mille, anche in punto
di morte.
- “Rob..”
sospirai
mentre gli occhi combattevano per chiudersi, sfiniti.
- “Kris..”
un sussurro
carico di dolore e terrore.
- Era la fine. La
mia
fine. Ma dovevo fare un’ultima cosa.
- “Ti
prego amore mio!
ti prego non lasciarmi! Ti prego” singhiozzava.
- Doveva starmi a
sentire.
- “Ascoltami..”.
ringraziai il cielo di darmi
quelle ultime energie. “Ricorda..la promessa..”
dissi sperando che non avesse
dimenticato.
- Mi
guardò con gli
occhi pieni di lacrime e dolore.
- “Non..abbandonarla..
“
Riuscii a dire mentre la mia ultima lacrima scendeva sul viso.
“Prenditi..cura
di lei..anche per me”.
- Annuì
stringendomi
forte la mano, ma ormai non sentivo più nemmeno quella.
“Ti prego amore, resta
con me!”
- Stavo per andare
via.
Lo sentivo. Una nuova vita mi chiamava. Questa era finita.
- “Sempre..”
risposi con
un ultimo respiro e mi abbandonai al sogno. Le luci si affievolirono,
le voce
scomparvero pian piano, gli occhi stremati si chiusero e poi, il nulla.
- POV Robert
- 20 Gennaio 2015
- Vuoto dentro.
- Perché
respiro ancora?
Perché sono vivo? Perché io si e lei no?
- Non parlo. Non
mangio.
Non dormo. Non vivo.
- Morto. Sono
morto
dentro, insieme a lei. Ma perché sono ancora qui? Che ci
faccio qui? Non ho
motivo per vivere. La mia unica ragione di vita si è portato
tutto con sé, e
ora ho il vuoto dentro. Niente. Il nulla.
- Mi alzo e
percorro il
corridoio. Una stilettata al cuore.
- “Sono
a casa!” dissi appendendo la giacca.
- “Chiudi
gli occhi! chiudi gli occhi! chiudi gli occhi!” disse
correndomi incontro e saltandomi in braccio.
- “Hey,
cosa sono questi slanci? Devi stare attenta nelle tue
condizioni!” la ripresi accogliendola tra le braccia.
- “Amore,
sono incinta non malata..” disse ridendo. Non mi
diede il tempo di controbattere che le sue labbra furono sulle mie.
- “Mi
sei mancato..” sussurrò tra un bacio e un altro.
- “Lo so
amore. Anche tu..” risposi con altrettanta foga nel
bacio prima di staccarmi definitivamente. “Ma presto il disco
sarà finito e
starò qui tutto il tempo che vuoi” la rassicurai.
- Sorrise e
rispose con un altro bacio. “Ora chiudi gli occhi!”
disse sciogliendo le gambe intrecciate al mio torace e scendendo dal
mio corpo.
“Ho una sorpresa per te!”
- “Oh..wow..”
dissi chiudendo gli occhi. “Ok..dove si va?”.
- “Non
molto lontano” rise. “Non sbirciare”.
Disse prendendomi
per mano. Capii, dalla strada che avevamo fatto, che eravamo alla fine
del
corridoio.
- “Bene..
apri gli occhi”.
- Feci come mi
disse e sentii le ginocchia cedere per
l’emozione. La parete destra del corridoio era tappezzata di
quadri e foto e
date ,e sopra, con una bellissima grafia in corsivo la scritta
“…io e
te…” .
- Distolsi il mio
sguardo per incontrare il suo un momento. Gli
occhi le brillavano dalla gioia e saltellava leggermente sul posto per
l’eccitazione mordendosi le labbra per il nervosismo.
- Iniziai a
percorrere il corridoio. C’era tutto, dall’inizio
alla fine. La nostra prima foto su quel set che ci aveva fatto
incontrare, e un
collage con diverse foto di quel periodo, c’era il servizio
Vanity Fair di quel
lontano 2008, quel bacio che aveva fatto sospirare chiunque,
c’era la nostra
foto alla premiere di Twilight, quando guardandola negli occhi avevo
capito di
essermi innamorato di lei, c’era un altro collage con varie
foto del 2008 e di
inizio 2009, poi c’era la foto di quei lontanissimi MTV Movie
Awards, quel
dolcissimo bacio mancato, un altro collage con foto dalla premiere per
New
Moon, quando era ancora tutto nascosto e le nostre labbra a due
centimetri di
distanza o le nostre mani intrecciate facevano notizia per tutto il
paese.
C’erano foto sparse di tutti i nostri momenti insieme,
natale, capodanno,
ringraziamento, premiere di Eclipse e Breaking Dawn, foto di tutti i
tipi, fino
ad arrivare al matrimonio, il viaggio di nozze, noi due nella casa
nuova ancora
piena di scatoloni, e infine l’ultima foto che avevamo
scattato appena una
settimana prima, quando si iniziava a vedere il leggero rigonfio della
pancia.
- “Kris…è…”.
Non trovavo parole per esprimere le mie emozioni.
Ma come aveva fatto ad innamorarsi di me? Quanto ero stato fortunato.
- “Ti
piace?” chiese ansiosa di conoscere la risposta.
- “E’..stupendo!
tu..sei stupenda”.
- Vidi tutti i
momenti
della mia vita con lei passarmi sotto gli occhi e dovetti reggermi al
muro per
non cadere. Raggiunsi la camera da letto trascinando i piedi e mi ci
chiusi
dentro, evitando di gettare lo sguardo verso quella cameretta verde che
si
trovava accanto alla nostra.
- Lei era
lì, che
dormiva. Almeno questo credevo. O forse Jules l’aveva portata
a casa con sé.
Non ne avevo idea. Non avevo avuto più il coraggio di
guardarla in faccia da
una settimana. Non ce la facevo. Non sapevo nemmeno di che colore
fossero i
suoi occhi, di che colore fossero i suoi capelli, ammesso che ne
avesse, e non
volevo saperlo. Non mi importava.
- Non avevo il
controllo
del mio corpo e lasciai che le gambe mi trascinassero al balcone.
- Mi accasciai
disperato
sulla ringhiera, con la testa tra le braccia mentre cercavo di sfogare
il
dolore.
- “Dove
sei amore mio?
dove sei! Ti prego! Torna da me!”.
- Spinto da una
forza
involontaria alzai gli occhi al cielo e la vidi. Vidi il suo viso tra
le stelle
e la sua stella brillare più di tutte. “Per-donami
amore! N-on sto mantenendo
la promessa.. Ma non ce la faccio.. Mi manchi così
tanto..” scoppiai a piangere
fissando quel punto luminoso a milioni di km di distanza e piansi
finché non mi
addormentai sfinito.
- Mi ritrovai sul
letto,
ma non sapevo come ci fossi arrivato. Forse ero rientrato prima di
crollare.
Non lo sapevo e non mi importava. Era ancora notte. Guardai la sveglia.
Erano
le quattro. Avevo dormito appena un paio d’ore, le prima ore
di sonno da una
settimana, e non avevo intenzione di rimettermi a dormire in quel
letto,
sembrava così vuoto senza di lei. Vuoto quanto quello che mi
portavo dentro.
- Allungai un
braccio
per accendere la luce del comodino ma ritirandolo, la mano
colpì qualcosa che
cadde sul pavimento con un tonfo secco. Mi alzai e mi misi seduto sul
letto
fissando quel quaderno che era caduto per terra. Era più
doppio di un quaderno
e rivestito di cuoio. Sembrava un’agenda. Spinto da non so
quale forza, perché
ormai di volontà non ne avevo più, mi abbassai
per prenderlo e l’aprii.
- Un’altra
coltellata mi
colpì il cuore quando riconobbi la sua scrittura.
- Iniziai a
leggere.
- 13 Agosto 2014.
- Caro diario,
- ieri mi
è piombato il mondo addosso. Ho scoperto di essere
malata. Ho un tumore, un tumore al fegato. Chissà quale
grazia divina ha voluto
che per la prima volta Rob non fosse presente alla visita. Ancora non
mi sembra
vero e chissà se scriverlo mi aiuterà ad
accettare la cosa. Forse mi sveglierò
domani e scoprirò che è tutto un brutto sogno, ma
questa scusa non basta più.
Ieri credevo fosse tutto un incubo, ma oggi invece sono ancora qui, con
questa
cosa che mi mangia dentro pian piano mentre qualcos’altro fa
spazio per
crescere…
- 20 Agosto 2014.
- Caro diario,
- non
l’ho ancora detto a Rob. Ho deciso di non farlo. Non
capirebbe. E poi come potrei dargli una notizia simile? E al settimo
cielo in
questo periodo, tutto va per il verso giusto e la sua
felicità mi serve. È la
mia forza. Non posso dirglielo. Eppure mentire mi costa così
tanto. Ogni giorno
lo guardo negli occhi e gli dico che sto bene, quando invece dentro mi
sento
morire. Ma devo farmi forza, per il mio bambino…
- 4 Settembre 2014.
- Caro diario,
- oggi sono stata
dalla dottoressa. Avrò una bambina! Non è
fantastico?
Rob ha fatto i salti di gioia. Credevo avrebbe preferito un maschietto,
ma
invece è rimasto entusiasta.
- Ho pensato anche
a un nome. Dovevo scegliere un nome,
altrimenti come farò a pensare a lei, tutte le volte che
dovrò farmi forza?
Come si fa a pensare a qualcosa se non ha un nome?
- Comunque
l’ho detto a Rob e sembra che gli piaccia davvero.
- Ah,
quanto lo amo!
Credo non ne abbia idea di quello che significa per me…
- 12 Settembre
2014.
- Caro diario,
- oggi mi sento
proprio bene. È una settimana che non ho i
vomiti, e sembra che i dolori si stiano affievolendo.
Chissà, magari potrebbe
davvero andare tutto bene. Magari io…
- 17 Settembre
2014.
- Caro diario,
- a volte mi
sembra che sia tutto sbagliato. Cosa ho fatto di
male per meritarmi questo? Perché a me..?...
- 1 Ottobre 2014.
- Caro diario,
- è un
po’ che non scrivo, ma solo perché non ho molto da
dire.
I vomiti sono ritornati, però in compenso sono stata dalla
dottoressa e mi ha
assicurato che la bambina sta bene. Questa è
l’unica consolazione che mi spinge
a stringere i denti. Ce la farò!...
- 12 Ottobre 2014.
- Caro diario,
- a volte sento
che tutte le forze che sto cercando di
risparmiare mi abbandonano all’improvviso. Non riesco
più a prenderla con un
sorriso, non riesco più a ridere e scherzare, non riesco
più a fingere
naturalezza. Non so quanto ancora riuscirò a
resistere…
- 26 Ottobre 2014.
- Caro diario,
- sai che non ho
mai avuto un diario “segreto”? Non so
perché
ho iniziato a scrivere questo. Forse perché non posso
parlare con nessuno, non
l’ho detto nemmeno a mia madre. Inizierebbe a trattarmi in
modo diverso,
piangerebbe e non lo sopporterei. Quindi per il momento tocca a te
sopportare
tutti i miei monologhi. Certo se qualcuno leggesse queste parole
penserebbe che
la mia vita è stata solo sofferenza e dolore.
Chissà perché ho iniziato a
scrivere nel periodo più triste e felice della mia vita?
Forse perché dolore e
felicità vanno di pari passo, forse perché senza
sofferenza non si conoscerebbe
la felicità, forse perché solo nella vera
sofferenza si riesce a esprimere i
sentimenti, forse perché le storie tristi fanno sempre
più effetto…o
forse..perché voglio essere sicura di lasciare qualcosa di
mio…
- 5 Novembre 2014.
- Caro diario,
- ormai sto
diventando una mongolfiera e non posso esserne più
orgogliosa. Nonostante tutto, la gravidanza procede bene. La bambina
cresce
forte e sana, mentre il mio corpo si indebolisce sempre più.
Sta diventando
sempre più difficile mentire a Rob, non credo che ci
riuscirò ancora per molto.
Ho bisogno di lui e ha il diritto di sapere…
- 8 Novembre 2014.
- Caro diario,
- gliel’ho
detto, ieri, e vorrei tanto non averlo fatto. Credo
che ancora non abbia capito bene la situazione. Si è
barricato nello studio di
registrazione e non so quando tornerà a casa. Mi manca
così tanto. Accidenti!
Perché gliel’ho detto?...
- 15 novembre 2014.
- Caro diario,
- le cose non
vanno per niente bene. Rob continua a vivere in
una specie di vita parallela, continua a offrirmi falsi sorrisi a
fingere che
sia tutto apposto, ma credo stia negando la realtà delle
cose. Non riesce ad
accettarla. Ma io ho così tanto bisogno di lui…
da sola non ce la posso fare…
- 19 Novembre 2014.
- Caro diario,
- devo parlargli.
Non si può andare avanti così.
- 22 Novembre 2014.
- Caro diario,
- vorrei tanto
piangere. Oggi ho parlato con Rob. È stato
terribile. Ha definito nostra figlia “una cosa”. Mi
spaventa quando fa così. Ho
paura. Ho una tremenda paura. Non voglio lasciare mia figlia senza
genitori…
- 26 Dicembre 2014.
- Caro diario,
- è
più di un mese che non scrivo ma è
perché le cose stanno
finalmente andando per il verso giusto. Ieri è stato il
giorno più bello della
mia vita, degli ultimi mesi almeno. Sono riuscita a dimenticare tutto
per un giorno
intero, incredibile ma vero. E tutto questo lo devo a lui. Non posso
nemmeno
immaginare quanto gli sia costato regalarmi una giornata del genere..
è per
questo che lo amo più della mia stessa vita.
- 1 Gennaio 2014.
- Caro diario,
- un nuovo anno
è iniziato e devo ringraziare il cielo di
essere riuscita a superare anche questo.
- Chissà
quanto di questo anno vedrò, chissà cosa mi
riserverà.
- Ormai mancano
poco più di tre settimane e al solo pensiero mi
tremano le gambe.
- A volte mi sento
così stanca che ho paura di non farcela. E
se non dovessi farcela? Se non riuscissi a..
- Vorrei vederla,
vorrei vedere mia figlia almeno una volta…
- 5 Gennaio 2015.
- Caro diario,
- credo di sapere
quello che mi aspetta, ma cosa lascerò qui? A
cosa sarà valsa tutta questa forza se non potrò
vederne i frutti? A cosa sarà
valsa la mia morte se non potrò godere della vita che ne
è derivata?
- Mancano tre
settimane ormai, e non so cosa ne sarà di me.
Lascio il mio destino nella mani di qualcuno più grande di
me…
- Questa
è l’ultima volta che scrivo su questo diario.
Presto
non ne avrò più la forza.
- Ma prima di
andare…devo fare un’ultima cosa.
- Asciugai presto
le
lacrime prima che cadessero su quelle pagine. Non volevo che
rovinassero le
ultime cose che erano rimaste di lei. povero amore mio! quanto aveva
sofferto!
Quanto l’avevo fatta soffrire. Perdonami amore.
- Voltai pagina ma
non
c’era nulla, ne voltai ancora un’altra, ma sempre
nulla. Poi, alla terza
pagina, riprendeva.
- Amore mio,
- sai che non ti
permetterei mai di leggere il mio diario,
probabilmente anche perché non hai idea che ne ho iniziato
uno, ma comunque
sono sicura che anche se lo sapessi non ti azzarderesti a toccarlo. Mi
conosci
troppo bene, sai quale sarebbe la mia reazione. Perciò se lo
stai leggendo
adesso, vuol dire che io me ne sono andata.
- Perdonami amore
mio! Non avrei voluto che tu leggessi tutte
quelle parole, avrei voluto risparmiarti questa sofferenza, ma sono un
essere
umano e sono imperfetta.
- Sai, ci sono
così tante cose che vorrei dirti. Ma da dove
posso iniziare? La nostra vita, il nostro amore è
così complicato che non
basterebbe un libro per scrivere la nostra storia e allo stesso tempo
è tanto
semplice da poter essere riassunto in un unico sguardo. Quello che ci
scambiammo quella famosa sera del 21 Novembre 2008. Quello sguardo che
ha
segnato la mia vita e mi ha reso quella che sono oggi.
- Sai, a volte mi
trovo a pensare chissà cosa ne sarebbe stato
di me, di noi, se non ci fosse stato quel magico film che ci ha fatti
conoscere. Chissà se il destino ci avrebbe fatti incontrare
in qualche altro
modo, ma non lo sapremo mai. Quindi inutile starci a pensare. Per quel
che mi
riguarda,sono felice, e voglio che tu lo sappia. Devi sapere che io sto
bene e
sono felice.
- Per favore, per
favore! Non sentirti in colpa in nessun modo.
Stare con te mi ha tenuto in vita più a lungo ed
è per te che io sto facendo
tutto questo, per lasciarti qualcosa di mio.
- Non
rimproverarti niente. Sai quanto sono cocciuta, e sai che
non ci sarebbe stato verso di farmi cambiare idea.
- Perciò
ti prego, amore mio, ti chiedo una cosa, semplice.
Sappi che sono felice e sii felice per me. Perché saperti
felice è l’unica cosa
che mi farà lasciare questo mondo in pace.
- Prima di andare,
devo chiederti un ultimo grande favore.
Amore mio, so che probabilmente adesso non ce la fai, so che
è difficile, so
che vorresti solo chiuderti in te stesso e urlare di dolore, ma
mantieni la
promessa che mi hai fatto. Devi farlo. Questo è il mio
ultimo desiderio, non
chiedo altro. Caccia fuori la forza, la stessa che ho avuto io in
questi mesi e
prenditi cura della nostra bambina, altrimenti i miei sforzi saranno
stati
vani. Fallo, per me.
- Una volta mi hai
chiesto se mai mi fossi pentita di qualcosa
in vita mia. Oggi, nonostante tutto, posso risponderti con estrema
sincerità.
Io non mi sono pentita di niente! Assolutamente niente! E tu sei la
cosa più
bella che potesse capitarmi.
- Sappi che mi hai
cambiato la vita, e te ne sarò per sempre
riconoscente.
- Grazie amore mio,
- per sempre,
- Kristen
- Improvvisamente
le
lacrime si bloccarono e un sorriso apparve sul mio volto.
- Uno strano
calore mi
avvolse il petto e iniziai a sentire il cuore battere di nuovo. Guardai
fuori
dalla finestra e sorrisi a quella stella luminosa che brillava nel
cielo.
- Un suono nuovo
interruppe quel momento e mi riportò alla realtà,
finalmente.
- Mi alzai dal
letto.
Per la prima volta facevo qualcosa con volontà e mi diressi
verso la camera da
cui proveniva quel lamento. Entrai in punta di piedi per paura di far
rumore
nonostante il pianto invadesse la stanza.
- Mi avvicinai
lentamente alla fonte del suono e senza sforzi eccessivi, mi abbassai
per
vedere quella creatura ancora sconosciuta e come se fosse la cosa
più naturale
del mondo le mie mani seppero subito come muoversi e in un secondo fu
tra le
mie braccia.
- “Sssssh.
Non piangere.
Ora ci sono io”. Sussurravo cullandola. “Il tuo
papà è qui..ora è qui”
bisbigliavo a quella piccolissima creatura che si perdeva tra le mie
braccia.
“va tutto bene..” sussurrai ancora. Mi sentii
improvvisamente bene, come se
quella parte di me che si era frantumata si stesse ricucendo piano
piano.
Certo, non era la stessa cosa, il mio cuore non sarebbe mai ritornato
intero,
ma dovevo ricomporlo per fare spazio a quel fagottino che avevo tra le
braccia.
- Canticchiando una
ninna nanna vagavo per la stanza e solo quando mi fermai alla finestra
si
calmò. Lentamente aprì gli occhi e la luce
dell’alba riflesse quel verde che
conoscevo così bene. I miei occhi furono di nuovo nei suoi.
E capii. Non era
andata via. Sarebbe rimasta lì, accanto a me. Per sempre.