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Autore: Sanya    18/06/2011    8 recensioni
Bella è una ragazza comune, come tante altre. Frequenta l’università, ha delle amiche; non ha problemi particolari con la vita, tranne uno: il suo ex fidanzato. Odioso, possessivo e geloso, le impedisce di vivere la vita come davvero vorrebbe, anche se ormai è più di un anno che si sono lasciati ufficialmente. È per questo che Bella si ritrova a dover convincere il proprio migliore amico a mettersi in mezzo in questa complicata relazione, convincendolo a fingersi suo finto fidanzato. Ma Bella non sa che il suo migliore amico prova qualcosa in più di una semplice amicizia nei suo confronti…
[Per Alessia]
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Just Friends
 ~ Capitolo 1: Situazione complicata ~ 

BELLA

Guardai il display del cellulare illuminarsi, rischiarando il buio che aveva avvolto la mia stanza.
Jacob. Jacob. Jacob. Jacob.
Il suo nome continuava ad apparire e a sparire, facendomi sussultare ogni volta che lo vedevo.
Perché doveva continuare così, cavolo? Perché doveva continuare a essere il mio incubo peggiore?
Il cellulare ricadde morto sul comodino, segno che aveva lasciato perdere. Presi tra le mani l’apparecchio argenteo, digitando il numero della mia segreteria telefonica.
“12 messaggi non ascoltati”, comunicò la solita voce anonima.
«Bella, ho bisogno di parlarti. Ti prego, rispondimi: è importante», la voce di Jacob suonava dolce, ammaliante, ma non ci sarei cascata. Non più.
«Bella», tuonò invece qualche messaggio più avanti. «Cazzo, ti ho detto di rispondermi! Te lo sto chiedendo in ginocchio. Rispondi a quel cazzo di telefono, insomma!». Era incazzato, incazzato nero.
Sussultai, spegnendo il cellulare e abbandonandolo sul piumone. Rimasi a fissarlo per una manciata di minuti, poi mi lasciai andare al dolce odore di bucato, ritrovandomi in una nuvola compatta di coperte e lenzuola.
Ma che cosa voleva? Avevo anch’io la mia vita da vivere e non avrei mai permesso che quell’essere mi schiavizzasse in una nuova relazione amorosa. Il nostro amore aveva avuto l’opportunità di sbocciare, di crescere, di svilupparsi, ma era appassito, lasciandosi indietro una schiera di bei ricordi. Questo era stato per me la relazione con Jacob, uno dei tanti amori che una ventenne ha il diritto di provare. Basta. Punto. Storia chiusa. Avanti il prossimo.
Ma per Jacob non era così: Jacob esigeva che io stessi con lui, non desiderava altro. E, per questo, ovviamente, non mi dava pace. Non nel senso che mi minacciava, questo no, però mi esasperava con le sue telefonate piene di sofferenza, i suoi messaggi stracolmi di parole strappalacrime, i suoi mazzi di fiori abbandonati nel vialetto di casa mia. Era il colmo pensare che un uomo grande e grosso di venticinque anni si trovasse in una situazione così tragica, per colpa di un’avventura finita.
Quando provavo a parlarne con le mie amiche, Angela e Jessica, loro mi rispondevano: «Bella, sta tranquilla. È una reazione normale degli uomini che si sono trovati sbattuti fuori da una relazione che desideravano. Gli passerà, vedrai».
Ed io ribattevo: «Sì, ma è già passato un anno da quando ci siamo lasciati».
Loro alzavano le spalle e continuavano a chiacchierare dei fatti propri. Grazie tante, belle amiche.
Nascosi la testa sotto il cuscino, rimanendo nel buio più totale.
Non volevo più una cosa del genere, non volevo ritrovarmi a combattere contro la persona che avevo amato - anche se, adesso, di simile tra il ragazzo che aveva iniziato a perseguitarmi e quello dolce che mi faceva sentire perfetta c’era proprio poco.
No, basta, non poteva continuare così in eterno. Dovevo ribellarmi, cercare di togliermi quella sanguisuga di dosso. Assolutamente.
Ma cosa avrei potuto fare?
Parlargli a quattr’occhi? No, era escluso. Probabilmente non avrei risolto nulla, avrei solo peggiorato la situazione, riempiendolo di finte speranze.
Avrei potuto… commissionare qualcuno per riferirgli quello che non avevo il coraggio di dirgli in faccia? Nah, mi avrebbe creduta una codarda.
E se… mi fossi nascosta finché lui non si sarebbe stufato di correre dietro ad una latitante? E se avessi cambiato nome e mi fossi trasferita in un’altra città, protetta dal FBI? Oh, avanti Bella! Sii realista! Queste cose succedono soltanto nei telefilm!
Uhm, no, così non andava, avevo bisogno d’ispirazione. Mi tolsi il cuscino dalla faccia ed allungai il braccio per accendere la luce, rimanendo sdraiata sul letto a fissare il soffitto.
Avanti, Bella, pensa, ragiona: cosa potrebbe far perdere le speranze di una riconciliazione a Jacob? È ostinato, d’accordo, ma deve esserci un punto debole, deve pur avere un tallone d’Achille!
E pensare che Edward, il mio migliore amico, mi aveva sempre consigliato di stare lontana da quel tipo.
«Si vede lontano un chilometro che non è affidabile, Bella», diceva. «Sono sicuro che Jasper Whitlock, quel tipo tossico-dipendente, sia più capace di usare il cervello in confronto a Black».
Io ridacchiavo quando arrivava a quella parte, convinta che stesse scherzando, poiché aveva la capacità di rimanere perfettamente serio anche quando sparava una delle sue. Lui abbassava lo sguardo e cambiava discorso. Perché non gli avevo dato ascolto? Perché mi ero ostinata a fare di testa mia?
Feci rimbalzare la testa sul materasso. «Dovresti sbattere la faccia contro il muro di cemento, non contro il materasso», mi sussurrò la mia coscienza. Già, non posso darti torto, cara.
Qualcuno bussò alla porta.
«Entra pure, papà», esclamai.
Vidi mio padre far capolino nella stanza. «Hey», mi sorrise. Ricambiai in risposta.
«Allora, come va?», domandò, sedendosi accanto a me e poggiandomi una mano sul braccio.
«Benone», mentii.
Chissà se si accorse che notai la sua smorfia di dissenso. Non c’era che dire, mi conosceva piuttosto bene. Da quando mia madre se n’era andata, lasciando a mio padre la mia custodia, il nostro rapporto era diventato più qualcosa di conveniente per entrambi che non un amorevole padre-figlia.
Non mi sarei mai sognata di andare con lui a pescare la domenica mattina, né tantomeno guardare un film insieme - né ora, né quando di anni ne avevo dieci.
Si poteva dire che il nostro rapporto sembrava più simile a quello dei vari soci di un’azienda, ecco. Ognuno vive la sua vita, ma, quando c’è bisogno di qualcosa, si collabora per mantenere la tranquillità.
Nonostante tutto, però, aveva imparato a capire i miei segnali, come io avevo imparato i suoi. Ad esempio, quando buttava la giacca d’ordinanza sul divano, tirava brutta aria; al contrario, se per raggiungere camera mia sbattevo i piedi sui gradini della scala, lui sapeva che avevo la luna di traverso.
«Volevo solo dirti che ha chiamato Jacob», esclamò come se fosse costretto a riferire una notizia già sentita. «Un’altra volta. Bhe, ad essere onesti, una decina di volte».
«Uhm, bene», mormorai io. «Gli hai detto che ero in palestra?».
«Ovviamente», sorrise complice.
Un altro aspetto positivo di mio padre era che faceva quello che gli dicevi senza assillarti con le sue domande.
Si alzò dal letto e si diresse verso la porta. «Ah», si ricordò improvvisamente. «Ha chiamato anche Edward, poco fa, mentre eri ancora fuori. Mi ha detto di dirti che domani ti aspetta a pranzo al solito posto».
Annuii. «Grazie, papà».
Uscì dalla stanza, spegnendo la luce. Mi voltai verso la finestra aperta. Guardai le luci degli altri appartamenti brillare.
Avrei voluto lasciarmi andare completamente al sonno, abbandonarmi all’incoscienza, eppure, una parte di me rimaneva vigile, continuando a ragionare su come avrei potuto porre fine a quella situazione.
Probabilmente fu così che mi addormentai quella notte, pensando a come sarei riuscita a levarmi Jacob di torno.

__________

Lo so, lo so. Non ditelo nemmeno. Non parlatemene... Da quanto tempo non posto/non aggiorno & co.? A dire la verità, non so nemmeno esattamente io da quando, comunque tantissimo tempo.
Già, già, sono un totale disastro, lo sapevo già.
Ad ogni modo, adesso sono tornata =)  
Eh sì, con un altra storia! E' vero, ne ho tipo un millione e mezzo da completare e rivedere, eppure questa idea mi trapanava il cervello da un po' di tempo. E così, ecco così il primo capitolo.
Una storia un po' diversa da tutte quelle a cui mi ero sempre dedicata. Innanzi tutto, i personaggi sono tutti umani (possibilità a cui non avevo mai minimamente pensato, prima di qualche tempo fa, ma che devo dire mi sta piacendo mettere in pratica), e poi i caratteri dei personaggi saranno un tantino differenti da quelli ai quali Stephenie Meyer ci aveva abituato.
Spero che questo primo capitolo (o comunque, la storia in generale) non annoi, deluda, ecc. e che nonostante tutto qualcuno abbia intenzione di seguirmi (:
Che dire d'altro? Ah, sì, se avete domande, dubbi errori da segnalare, consigli, opinioni, fatemelo sapere, vi risponderò il prima possibile ;D
C'è qualche buon anima che mi lascerà una piccola recensione? Anche per dirmi di piantarla e di dedicarmi all'ippica. Sul serio, qualsiasi cosa questo primo capitolo della storia vi ha trasmesso, mi piacerebbe molto sapere cosa ne pensate davvero.
Ringrazio Elena, che mi ha aiutato a correggere e rivedere questo capitolo, e Alessia (questa storia è dedicata a te, non c'è bisogno che ti ripeta il perchè).
Ora mi defilo nel mio angolino, in attesa dei primi lanci di pomodori.
Buon pomeriggio!
S.

   
 
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