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Autore: MaTiSsE    22/06/2011    9 recensioni
Londra, 1978.
Isabella Swan ha 17 anni. E' figlia di un diplomatico americano e di un' ex maestra d'asilo inglese, religiosa e moralista sino allo stremo. Frequenta con profitto una prestigiosa scuola privata ed i suoi amici fanno tutti parte di quella "Londra bene" che tanto piace a sua madre: eppure tollera poco l'etichetta dell'alta società cui appartiene e di nascosto ascolta i Sex Pistols.
La sua vita cambia il giorno in cui incontra Edward Cullen, un disadattato ragazzino della provincia inglese con un'unica passione: quella per la musica.
Perchè Edward, nonostante la vita burrascosa ed i mostri che si porta dietro, rappresenta tutto ciò che lei vorrebbe essere.
Rappresenta la ribellione, l'angoscia, quel desiderio di cambiare che si agita anche dentro di lei. E rappresenta quell'amore VERO che sta cercando da troppo tempo.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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edsid
Lo so, ho già due storie in corso...Ma la tentazione per questa terza fanfic è stata troppo grande, ed eccomi qui! Spero che possa piacervi...Il titolo è ripreso dalla canzone degli Skunk Anansie "My ugly boy"...Buona lettura, ci sentiamo alla fine del capitolo!


M
y Ugly Boy

Capitolo 1










"Ed ovviamente, dovremo decidere la facoltà che frequenterai, Isabella."

Alle otto del mattino mia madre era in grado di risultare più ciarliera ed impegnata che in tutto il resto della giornata.
La invidiavo enormemente, io che a malapena riuscivo a biascicare due parole al tavolo della colazione.
Di tanto in tanto immergevo il cucchiaio nella ciotola con i cornflakes, scavando delle piccole buche dove lasciavo scorrere il latte, ed imprecavo mentalmente sull'insolita notte in bianco appena trascorsa. Avrei evitato quel giorno di andare a scuola molto volentieri per recuperare il sonno perduto, ma tant'è: mia madre mi aveva buttata giù dal letto con il suo solito fare energico, quello che non ammetteva repliche.
C'era poco da fare, avrei dovuto obbedirle.


"Isabella? Mi stai ascoltando?"
"Uh?" - Sollevai gli occhi verso di lei, continuando a tenermi la testa con la mano  destra. Avevo davvero un gran sonno ed il capo mi ciondolava a mo' di marionetta.
"Bella! Mio Dio, datti una svegliata!"
"Lasciala in pace, Renèe..." - Mio padre emerse comicamente dal quotidiano che teneva piegato davanti a sè. Non pensavo si fosse davvero interessato delle nostre chiacchiere: almeno a colazione era sempre molto assorbito dalle sue letture. - "Non vedi che è stanca? Non tormentarla con questi dubbi inutili sul college. Quando sarà il momento ci penseremo!"
"Charlie! Non dovresti darle man forte così platealmente!" - Ovviamente mia madre detestava l'idea di essere contraddetta davanti alla prole: aveva le guance in fiamme mentre riproverava mio padre per la leggerezza mostrata nel mettere in discussione la su autorità genitoriale - " Bella dimentica troppo spesso i suoi doveri. Sai quanto sia importante la questione università ma nostra figlia non trova mai un minuto per discuterne con noi! Se non ne approfittiamo quando siamo riuniti tutti quanti per la colazione, dimmi tu quando!"
"...Quando Bella avrà un'aria più sveglia ed attenta, ovviamente. E cerca di essere meno ansiosa, Renèe: nostra figlia ha la testa sulle spalle...Non per nulla è una Swan!" - Mi strizzò l'occhio ed io sorrisi. Poi aggiunse, guardandomi:

"Che c'è, Bella? Non hai dormito?"

"Per niente, papà." - Spiegai - "Quel maledetto gatto di Tom Dawson non ha fatto altro che lamentarsi tutta la notte...Tenevo la finestra aperta per il gran caldo ed il suo miagolio mi ha esasperato per ore...Dannazione, credo sia in calore!"
"Bella! Che razza di termini usi?!" - Urlò mia madre profondamente imbarazzata. E turbata. Il mio linguaggio cominciava a diventare troppo audace per lei, donna di chiesa e dalla solida morale. Una vera figlia del Puritanesimo, suppongo.

"Che significa in calore?"

La vocina dolcissima di mia sorella mi indusse a voltarmi in direzione della porta d'ingresso.
La piccola Elisabeth se ne stava in piedi, scalza ed assonnata, stropicciandosi gli occhi e tenendo per un orecchio il suo orsacchiotto preferito. Le sorrisi prontamente e tesi le braccia alla seconda responsabile della mia notte in bianco.

"Non significa nulla, Beth. Assolutamente nulla. Ma devi giurarmi che non ripeterai mai questa frase davanti a nessuno!" - Mia madre corse a tapparle le orecchie ed io finii con l'alzare gli occhi al Cielo, esausta già di primo mattino.
"Mamma, per favore. Sei paranoica."
"Beth ripete tutto ciò che sente....Dovresti fare più attenzione! Ed usare un linguaggio appropriato!"
"Ok, ok. Scusami. Possiamo finirla qui adesso però? Per piacere..."

Mi guardò severa e tornò ad accomodarsi  lentamente al tavolo della colazione cercando di trascinare con sè Beth. Che di tutta risposta corse tra le mie braccia.
L'accoccolai sul mio petto, teneramente, e lei accomodò il bel faccino nell'incavo del mio collo.

"Ancora in pigiama, piccola?"
"Oggi non andrà a scuola, Charlie...Ha avuto la febbre stanotte." - Mormorò mia madre. - "Mi pare che adesso sia fresca ma è meglio lasciarla a casa. E, Beth...per piacere. Sei stai a piedi nudi ti raffredderai di più."
"La mamma ha ragione...stavolta!" - La sentii sorridere sulla mia spalla.
"Allora  è per questo che la nostra Bella non ha dormito!"
"Più o meno. Quando il gatto di Tom ha smesso con i suoi miagolii un'altra micetta è venuta a richiedere un po' di coccole nel mio letto. Aveva davvero un febbrone e mi sono occupata di lei fino a poche ore fa."

"Vorrei una ciambellina..." - Pigolò allora la mia piccola stringendo una ciocca dei miei capelli tra le sue mani. Mister Chuck, l'orsacchiotto, rovinò sul pavimento e Beth non si curò - misteriosamente - di salvarlo: la febbre l'aveva davvero depredata di qualsiasi energia.
"Beth, nessuna ciambellina. Hai bisogno di rimetterti in forze: uova e pancetta sono l'unico rimedio. Coraggio."

Mamma spinse il piatto fumante davanti al visetto inorridito della mia sorellina. Dubitavo che dopo una notte di febbre così alta ed insistente qualunque bambina avesse gradito dei piatti così pesante. Inoltre, Beth tollerava poco il salato: preferiva, di norma, dolci e cioccolato ossia quelle "porcherie" che mia madre disdegnava apertamente giacché le ricordavano troppo i pessimi gusti, in campo alimentare, che avevano gli americani, popolo dal quale traeva origine la mia famiglia paterna.
Mia madre pensava, in quanto inglese, di avere più "stile" sotto questo punto di vista.

"Mamma, credo si tratti di un pasto eccessivo per una bambina ammalata. Lasciale mangiare le ciambelline che le piacciono tanto: le ho preparate ieri, ce n'è ancora una gran quantità."
"Bella, io invece credo che sia davvero ora di pensare a te stessa ed andare a scuola. Farai tardi. Beth, coraggio: vieni in braccio da mamma e vediamo di mangiare queste benedette uova."

Sospirai lasciando la mia povera sorellina tra le braccia di mia madre: sapevo che sarebbe stato inutile insistere. Beth mi guardò con occhi supplichevoli ed immaginai volesse portare avanti a tutti i costi la sua compagna contro le uova del mattino. Ma anche in questo caso sapevo che non sarebbe servito a nulla: mamma gliele avrebbe fatto ingurgitare utilizzando qualsiasi voglia espediente. Con un cenno di diniego mi alzai dal tavolo guardando a mia volta papà che faceva spallucce accarezzando la piccola schiena di mia sorella.

"D'accordo. Ci vediamo nel pomeriggio, allora. Ciao Beth."

Lasciai un bacio sulla fronte morbida di mia sorella. Mi madre mi guardò un istante prima di lasciarmi andare via: "Mi raccomando per il compito di storia. E non credere che il nostro discorso sia finito, ne parleremo quando tornerai."

"Se sarò ancora viva.." - Mormorai tra me e me chiudendo nervosamente la porta alle mie spalle. Stirai la gonna della mia divisa con il palmo della mano e mi avviai verso scuola velocemente.

La Queen Elizabeth High School era una prestigiosa scuola superiore privata e sorgeva all'incrocio tra la Queen's Gate e la Cromwell Road, nel quartiere di Kensigton. Un quartiere ricco abitato soprattutto da medici di fama internazionale, avvocati importanti e diplomatici.
Mio padre rientrava in quest'ultima categoria, poichè prestava servizio stabilmente come dipendente dell'ambasciata americana a Londra.

E proprio a Londra si era conosciuti lui e mia madre, quasi vent'anni prima: approfittando di un momento libero dal lavoro in ambasciata, Charlie - mio padre - aveva deciso di fare una lunga e rilassante passeggiata ad Hyde Park, il parco più famoso della città. E qui si era imbattuto nella giovane Renèe Watson - il cognome la diceva lunga sulla sua discendenza inglese - che portava a spasso un cagnolino irrequieto.
Cagnolino che, con molta delicatezza, aveva deciso di far pipì proprio sui pantaloni buoni di papà. A nulla erano servite le scuse di un'imbarazzata Renèe e non perchè il danno fatto fosse stato giudicato irreparabile, tutt'altro: mio padre aveva già perdonato lei ed il suo cagnolino dispettoso prima ancora che mia madre avesse potuto aprir bocca, folgorato dalla bellezza disarmante e dagli occhioni grandi e verdi di quella ragazzina inglese
Era tutto merito di Ronny, quindi, se mia madre e mio padre si sono conosciuti. Se avevano deciso di sposarsi, prendere casa proprio di fronte ai cancelli di Hyde Park ed avere due bambine. O meglio, una bambina e mezza giacchè io avevo ormai passato da un pezzo il periodo dell'infanzia.
Avevo diciassette anni ormai, mi avviavo ai diciotto. E mi avviavo, inoltre, a conseguire con ottimi voti il diploma, preparandomi ad una brillante carriera universitaria, proprio come voleva la prassi per i figli dei borghesi più ricchi: nelle famiglie come le nostre anche le donne avevano diritto a studiare e farsi una posizione.

Davvero tutto questo era merito di Ronny. Già. Mamma ancora ne piangeva l'assenza: Ronny era morto cinque anni prima di vecchiaia e Renèe, a pensarci, ancora non se ne dava pace.



"Bella!! Ma che diamine fai, stai dormendo??"

Sobbalzai. Persa com'ero nei miei pensieri quell'irruzione vocale mi aveva fatto quasi prendere un colpo.
Mi voltai di scatto, fulminando con gli occhi la causa del mio mancato infarto.

"Angela!"

Angela Weber. La mia migliore amica, ovviamente.

Se ne stava a mezzo metro da me, la bella divisa verde tirata a lucido ed i capelli acconciati in un ordinato chignon sulla nuca.
Impeccabile come suo solito.

"Hai idea dello spavento che mi hai fatto prendere?!"
"T'ho chiamato almeno una decina di volte" - Mi accusò puntandomi l'indice addosso. - "Non mi hai filata manco di striscio. In compenso però l'intera Cromwell Road mi ha guardato con aria disgustata."

Me la immaginai gridare il mio nome lungo tutto il tragitto mentre i passanti la guardavano con aria severa: gli inglesi sono un popolo molto silenzioso ma Angela doveva essere l'eccezione che conferma la regola. Non smetteva mai di chiacchierare a voce alta. Se non fosse stata la figlia di un famoso notaio della zona credo che mamma l'avrebbe sbattuta volentieri fuori casa già da diverso tempo. Mi venne da ridere.

"Scusami. Ero sovrappensiero. Beth ha avuto la febbre alta stanotte e non ho chiuso occhio. E poi mia madre mi sta torturando con quella questione sul College. Comincia a diventare pesante."

Angela rise, affiancandomi. Riprendemmo il nostro tragitto: l'edificio scolastico, ormai, non era molto distante.

"Sai che novità, soprattutto questa storia del college. Tua madre è sempre stata pesante, Bells. Non capisco davvero come tuo padre, da buon americano, possa tollerarla così facilmente."
"Non è detto che ci riesca facilmente. E poi papà, ormai, è più inglese che americano." - Le strizzai l'occhio.
"E comunque dovresti smettere di fare da mamma a Beth. E' tua sorella non tua figlia. Lascia che se ne occupi tua madre e pensa a dormire. E ad ascoltare David Bowie, ovviamente...We can be Heroes, just for one day "  - Canticchiò a mezza voce. Non l'avrei mai recuperata dal suo amore smodato verso quell'uomo.

"Preferisco un altro genere di musica, non me ne avere a male. E comunque...Devo curarmi di Beth. Vuoi che la lasci da sola nelle grinfie di mia madre?"
"Grinfie...Quanto sei esagerata, tesoro! Dopotutto ha cresciuto anche te e mi pare tu sia venuta su abbastanza bene...E comunque...Un altro genere di musica....parli di quei drogati dei Sex Pistols? Dio Buono Bella, hai capito che di certo non esistono più?? Dopo quel che ha combinato il tuo amico Sid durante il tour americano penso che dovrai dire ciao ciao all'intero gruppo!"

Diedi un calcio leggere al polpaccio di Angela e con una smorfia le intimai di entrai a scuola. Le nostre baruffe in campo musicale erano all'ordine del giorno e le trovavo divertenti.
Se solo mia madre avesse saputo che ascoltavo un gruppo che incitava all'anarchia ed alla ribellione giovanile, un gruppo che disdegnava Sua Maestà la Regina e  nel quale il bassista era imbottito di eroina e praticava l'autolesionismo, mi avrebbe seppellita viva con le sue stesse mani. Per lei, gente come questa era il diavolo. Renèe era convinta che ascoltassi la musica classica e che il mio compositore prediletto fosse Mozart. Era felice ed orgogliosa dei miei gusti in campo musicale ed andava vantandosi in giro con le sue amiche puritane della figlia modello che aveva messo al mondo.

Non aveva neanche la minima idea che tenessi Nevermind the Bollocks sotto il letto: le sarebbe preso un colpo.

Ovviamente questo genere di cose non accadeva solo in casa Swan.
Non ero certo un caso unico, io: tutti i bravi e composti studenti della Queen Elizabeth High School, infatti, nascondevano con nonchalance una torbida vita segreta. E dietro la faccia da bravi ragazzi mostravano un animo da ribelli impenitenti.
Le dolci e composte studentesse degli ultimi anni uscivano ogni giorno di scuola e, sotto la severa divisa verde oliva dell'istituto, sfoggiavano minigonne e stivali alti sino al ginocchio: gli studenti in giacca e cravatta scompigliavano l'ordinata chioma ed andavano a far baldoria nei locali e nei pub di Camden Town fino all'ora di cena allorchè i genitori rincasavano dalla loro faticosa giornata di lavoro. Solo allora indossavano tutti nuovamente la maschera da bravi ragazzi di famiglia religiosa e tornavano a leggere Dickens nel salotto di casa sino al giorno successivo.

Davvero una grande generazione di attori, la nostra!

Angela mi diede un pizzicotto, guardandomi con aria nervosa: l'ultima campanella stava suonando e dovevo sbrigarmi. Se fossi arrivata in ritardo avrei cominciato la giornata con l'ennesima ramanzina, giacché la direttrice pretendeva che le regole della scuola fossero rispettate con puntualità ed attenzione. Cosìcchè avanzai più rapidamente.

Io ed Angela raggiungemmo quindi facilmente la nostra classe, e finalmente riuscimmo ad accomodarci al nostro banco comune, il primo sulla sinistra dal lato della grande finestra che dava sul giardino.
Fortunatamente Miss Winson non aveva ancora fatto il suo ingresso in aula per cui ci fu abbastanza tempo a nostra disposizione per riprendere fiato e dare un'occhiata veloce ai capelli: Angela portava sempre con sè uno specchietto e spesso ne usufruivo anche io.

"Ehy...siete fighe ragazze, smettetela di rimirarvi." - Ci punzecchiò Oliver, seduto a poca distanza dal nostro banco. Figlio di un medico chirurgo, il giovane Oliver Morris portava i capelli un po' lunghi, alla Paul McCartney e la cravatta a righe indossata alla bell'e meglio. Sua madre, amica intima di Renèe, non faceva altro che disperarsi per questi piccoli, insignificanti particolari e mia madre, molte volte, mi aveva intimato di tenermi lontana da lui. Pensava che frequentarlo mi avrebbe deviata.

"Fottiti, Ol.."
"Sempre carina tu, eh americana?"
"Devo ribadire il concetto?" - Sputai mentre Angela rideva. E tuttavia non potei proseguire giacché Miss Winson, insegnante di scienze, fece il suo ingresso in aula con aria impettita, rivolgendoci un "Buongiorno" tutt'altro che garbato, come al solito. Mal tollerava la sua nuova generazione di studenti, ovviamente, e non mancava mai occasione per ricordarcelo. Era dal 1968 che si disperava per la nuova, rivoluzionaria ed insopportabile gioventù con la quale era costretta a convivere nelle aule di quella scuola privata e mostrava continuamente il suo risentimento senza mai preoccuparsi di recarci noia o dispiacere. Specie durante le interrogazioni.

Sospirai, lanciando un'ultima, superba occhiata ad Oliver che rispose con un sorrisetto ed infine mi apprestai ad aprire il libro di testo.
Una gran rottura, per intenderci. Non avevo certo voglia di studiare: sognavo il mio letto, in quel momento, e non m'interessava certo di approfondire i metodi riproduttivi asessuati dei batteri.

Dopo mezz'ora dall'inizio della lezione  un foglietto ripiegato volò sulla pagina del mio libro.
Alzai gli occhi sorpresa e mi voltai nella direzione dalla quale era arrivata la piccola sorpresa: trovai un Oliver ammiccante che, sorridendo, m'invitava a leggere il suo messaggio.

"Certo che ci prova in tutti i modi, eh..." - Constatò Angela fingendo di ripetere l'ultima frase dell'insengnante tanto per dar prova di aver studiato.

Alzai le spalle aprendo la pagina che Oliver aveva strappato dal retro del suo quaderno.


"Oggi provo con il mio gruppo. Ti va di venire ad ascoltarci? Potremmo suonare anche God save the queen. Pensaci"

"Angela...?" - Bisbigliai sorpresa, voltandomi verso la mia amica - "Da quando Oliver ha un gruppo?"
"Ah, non lo sai? Pare che abbia una voce prodigiosa. Almeno è questo quel che si dice..."
"Sì, che sappia cantare questo lo so già. Da bambino faceva parte del coro della chiesa..."
"Ah, pensa te...che fortuna!"
"Smettila e rispondimi...! Da quando ha un gruppo?"
"Ma non lo so. Da un po'. Pare che suoni con quel disadattato del fratello di Alice Cullen."

La Winson ci passò accanto. Finsi di essere concentrata sulla spiegazione ed attesi che si allontanasse di qualche passo prima di ricominciare a parlare.

"Chi diamine è Alice Cullen, Angela?"
"Come chi è? Non te la ricordi? Fa parte di quel gruppetto di cinque - sei disperati che si accolla ogni anno il nostro liceo..."
"Quelli che stanno a semiconvitto?"
"Esatto! E' incredibile quanto l'intero collegio docenti ed il consiglio dei genitori ami prostrarsi in opere benefiche...Comunque sia Alice è quella carina, col caschetto nero anni '50...Molto demodè..In ogni caso sta in classe con Miss Carson. Hai presente?"

Alice. Caschetto nero. Poco alla moda. Molto carina.
Forse sì, forse avevo compreso di chi stesse parlando Angela.

"Quella bassa che viene ogni mattina da Brixton?"
"Visto che la conosci anche tu?"

Alice era una ragazza dall'aspetto modesto ma curato e l'espressione distaccata. Stava sempre per conto suo, ovviamente: nessuno, in quella scuola, avrebbe dato corda ad una che veniva da un così malfamato quartiere. E, a dirla tutta, temevo che anche lei non avesse troppe ragioni per desiderare di avere a che fare con un branco di ragazzi viziati della Londra bene, abituata com'era alla praticità - a dirla in maniera delicata - del luogo dove abitava.

Alice - e, come lei, altri cinque, sei studenti della Queen Elizabeth - era stata ammessa al nostro prestigioso liceo in seguito ad un'opera benefica messa in atto dal nostro istituto e volta a dare la possibilità, anche ai giovani più diseredati, di poter conseguire un diploma, assicurandosi un futuro migliore.
In particolare, la giovane Cullen, era stata scelta dopo la segnalazione pervenuta dal direttore della precedente scuola da lei frequentata nel quartiere di Brixton, dove si era distinta per gli ottimi voti e la creatività in campo artistico. Per quel che sapessi io era un'eccellente studentessa e quest'evidenza mandava su tutte le furie molti genitori i cui pargoli frequentavano la Queen Elizabeth con scarsi risultati. Ma ovviamente, questo non era il mio caso.

"Alice Cullen ha un fratello musicista?"
"Un disadattato fratello musicista, vorrai dire. Credo che fino ad un paio d'anni fa andasse ancora in giro a rapinare vecchiette con suo padre."
"Prego??"

Ero davvero sorpresa.

"Perchè, non lo sai? Il padre di Alice è morto durante una rapina. Un commerciante a cui stava sbancando la cassa ha tirato fuori la pistola e l'ha messo a terra. Pare che Edward partecipasse volentieri all'attività paterna. Edward è il fratello di Alice, ovviamente. Se l'è cavata soltanto perchè in quell'occasione non era presente."
"Ma che razza di famiglia..." - Sussurrai.
"Famiglia? Quale famiglia? Ci sono solo Alice e sua madre Esme che tira avanti la baracca lavorando come cameriera. Edward è un nullafacente, ovviamente. Tuttavia ha fama di essere davvero un bel ragazzo ed un dongiovanni. Comunque...non ricordi quanto scalpore suscitò l'ammissione di Alice, a suo tempo? Nessuno tra i membri del consiglio desiderava che un tale elemento frequentasse i bravi ragazzi della Queen Elizabeth. E tuttavia il buon cuore alla fine ha prevalso. Anche se quella poverina nessuno se la fila."

Cercai di figurarmi davanti ai miei occhi il bellissimo fratello di Alice Cullen ma davvero avevo ben pochi elementi a mia disposizione. Era bruno come sua sorella? O più chiaro? Alto? Di che colore erano i suoi occhi?
Difatti l'unico elemento a mia disposizione era che si trattava di un musicista. Maledetto, per giunta.

Perchè diamine mi veniva così facilmente in mente Sid Vicious?

La curiosità era troppa. Afferrai velocemente la matita dal mio astuccio e scarabocchiai, senza pensarci un minuto di più, una risposta sul foglietto lanciatomi da Oliver.

"Dimmi dove ed a che ora."

Approfittai di un momento di distrazione di Miss Winson e glielo lanciai; l'osservai mentre la sua espressione si tramutava ed un sorriso luminoso si dipingeva sulle sue labbra.

La risposta non tardò ad arrivare.

"Brixton Road. Alle cinque. Puoi venirci con me direttamente dopo scuola."


"Ma che fai?" - Si allarmò Angela leggendo la discussione sul foglio - "Andrai davvero con quello sfigato di Oliver?!"

Sorrisi a malapena, già troppo entusiasta del pomeriggio che mi attendeva.

"Sì, ci vado. E tu verrai con me."








*

Allora....Qualche nota per capirci meglio:

1)"Nevermid the Bollocks, here's the Sex Pistols" è il primo ed ultimo album in studio dei Sex Pistols...L'ho comprato proprio pochi giorni fa! :)
2)Quando Angela prende in giro Bella, ricordandole la "brutta fine" fatta dai Sex Pistols durante il tour americano fa riferimento agli avvenimenti di cui fu protagonista Sid Vicious, bassista del gruppo, allorchè durante il Febbraio del 1978 fu ricoverato a Menphis per droga. Successivamente, durante alcuni concerti, lo stesso Sid ebbe degli scontri fisici piuttosto violenti con diversi fans e Johnny Rotten, il cantante del gruppo, espresse il proprio disappunto e risentimento riguardo a tali episodi al termine di una delle date del tour. I Sex Pistols si sono sciolti sul finire del 1979.
3)Le strade che ho elencato in questo primo capitolo esistono davvero a Londra. A Queen's Gate c'è l'ostello dove ho alloggiato questa primavera! :) Si tratta di una zona molto chic dove, effettivamente, è presente un numero molto alto di ambasciate ma non quella americana che si trova ad Oxford Street.

Credo di avervi detto tutto. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto...Al prossimo aggiornamento!
Un bacio
Matisse.




   
 
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