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Autore: devilrose1982    22/06/2011    4 recensioni
"Poco importava se era rimasto completamente solo, se nessuno gli dava retta e tutti lo credevano solo un vecchio novantenne rimbambito.
Lui era stato una grande rockstar."
La storia deve il titolo alla canzone "No Memory" degli Stone Temple Pilots
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Weiland” urlò l’infermiera cercando di attirare l’attenzione del vecchietto, lo guardò con una punta di compassione, Weiland era rimasto solo, tutti sapevano o avevano sentito dire che aveva dei figli , ma nessuno era mai andato a trovarlo, era un vecchio strambo e scorbutico ma tutto sommato innocuo.
La cosa che lo faceva più soffrire era essere stato dimenticato da tutti, trattato come un rifiuto umano da un tempo in cui, schiavo dell’alcool e della droga era finito in miseria vivendo come un barbone  vicino a una discarica alla periferia di Los Angeles.
Lì, anni prima, alcuni volontari lo avevano trovato a vivere di stenti, in balia di se stesso, drogato e malandato.
“Weiland, è l’ora delle pillole” gli ricordò la ragazza, l’ometto era completamente sordo, a poco serviva l’apparecchio acustico, lei dovette urlare più forte avvicinandosi al suo orecchio “E’ l’ora delle medicine” urlò sventolandogli di fronte il bicchiere pieno di pillole colorate.
La ragazza era una giovane studentessa di scienze sociali che al pomeriggio lavorava come infermiera in quella casa di riposo per anziani, aveva preso in simpatia da subito quel vecchietto rinsecchito e dai tristi occhi verdi.
Passava le giornate seduto su una poltrona a guardare i piccioni fuori dalla finestra, in giardino, di tanto in tanto intonava qualche buffa canzoncina, tutto sommato, nonostante gli acciacchi aveva ancora voglia di cantare, unico suo sfogo.
Per il resto gli unici contatti che aveva col mondo si limitavano agli strampalati racconti con cui era solito importunare le infermiere all’ora di pranzo.
Raccontava spesso di un tempo lontano, un tempo in cui era stato, a suo dire, una grande rockstar, aveva calcato i palchi di tutto il mondo per quasi vent’anni, anche se tutti dentro a quel triste ospizio stentavano a crederlo da tanto era ridotto male, erano convinti che si trattasse del solito delirio di vecchiaia di un poveraccio rinchiuso in una casa di riposo nella California del sud.
Il vecchio Scott aveva perso le speranze di essere creduto da quei poveri repressi di infermieri che si credevano chissà chi solo perché ora quei vecchietti dipendevano totalmente da loro.
Poco importava se per lui ora non c’erano più groupie, ma solo qualche infermiera carina che si dimostrava più delicata di altre a cambiargli il catetere o più sveglia nel passargli sottobanco qualche antidolorifico extra.
“Su, nonno, andiamo a farci un giretto?” la ragazza richiamò la sua attenzione mettendosi di fronte a lui, il vecchio Weiland fissò incuriosito la ragazza, indossava un paio di pantaloni argentati aderenti, sembravano usciti da un videoclip musicale
“Che guardi? Ti piacciono questi?” domandò sorridendogli dolcemente.
Scott sfiorò delicatamente la gamba della ragazza con le sue mani grinzose per lisciare la stoffa dei pantaloni, da anni non ne vedeva in giro di simili, dovevano essere tornati di moda pensò nostalgico, ricordandosi di quando ammaliatore con le sue movenze sensuali ne indossava un paio simili in quel video di cui non ricordava nemmeno più il nome, quanti anni erano passati, cinquanta, sessanta, ormai non lo ricordava nemmeno più.
La ragazza non protestò a quel contatto, sapeva che non c’era malizia nel vecchio Weiland, avrebbe tranquillamente potuto essere suo nonno.
Spinse dolcemente la sua sedia a rotelle fino in fondo al corridoio, nel salone principale dell’ospizio, la sala della ricreazione  era gremita di persone quel mercoledì pomeriggio, c’era la finale del torneo di burraco contro gli ospiti dell’ospizio vicino, qualche volontaria più giovane aveva deciso di tenere accesa la televisione, su un canale satellitare andava in onda uno speciale sulla musica degli anni 90, era passato più di mezzo secolo.
Dal megaschermo al plasma un ragazzo sui trent’anni sorrideva beffardo a un pubblico infinito, completamente rapito da lui, aveva un fisico filiforme e lo sguardo malizioso, indossava solamente un paio di pantaloni neri aderenti, il busto nudo imperlato di sudore e il trucco colato incorniciava gli occhi, rendendoli se possibile ancora più profondi, ammaliatori, megafono alla mano, dimenandosi in piedi sulla transenna poco sotto al palco incitava il pubblico a cantare con lui
“Sono io, quello sono io” urlò all’improvviso il vecchio Scott destandosi dal suo stato catatonico, fissava lo schermo con una strana luce negli occhi, un lampo di vita che sembrava ormai non provare più da molto tempo, nessuno degli ospiti però gli prestò attenzione, sapevano tutti che Weiland aveva non poche rotelle fuori posto, due infermieri osservando la scena si diedero di gomito 
”Si, è lui, e io sono Superman! Pover’uomo, a urlare contro il televisore, come si è ridotto…”
“Quello è completamente andato” disse l’altro
“Guardalo com’è, non riuscirebbe neanche a reggerlo il megafono” rise prendendolo in giro.
Un velo di amarezza passò per un attimo negli occhi del vecchio Scott prima che questi tornasse mesto e silenzioso nel suo angolino a guardare i piccioni in giardino.
Poco importava se era rimasto completamente solo, se nessuno gli dava retta e tutti lo credevano solo un vecchio novantenne rimbambito.
Lui era stato una grande rockstar.
   
 
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