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Autore: loonaty    24/06/2011    3 recensioni
Cinque anni non sono troppi quando si insegue la persona che più ci sta a cuore.
"-Non montarti la testa piccola volpe- Le sfiora il dorso di una mano con la sua. Il cielo riflesso in quell’occhio che non vedrà mai più. Sente il respiro scivolargli via mentre il sorriso lentamente muore. –E comunque io non sono tuo amico – Commenta. "
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
- Questa storia fa parte della serie 'Cuori di plastica'
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                                        PICCOLA VOLPE ROSSA




La polvere le si appiccica sulla pelle sudata mentre corre. In bocca si fa sempre più presente il sapore di sangue. Non si ferma. Non ora. Potrebbe esploderle un polmone, sputare sangue, non si fermerà. Così come non l’aveva fatto suo padre. Non sarebbe rimasta ad aspettare.
Tutto si fa sfocato mentre aumenta la velocità. Non vede gli alberi, non vede le radici e poi la piana dura e i massi appuntiti che rendono insidioso il suo procedere. Davanti a lei lo ricorda sbuffare e roteare gli occhi. Le dava della cretina e poi gonfiava le guance nervoso. La prendeva in spalla dopo un allenamento sfiancante. Le tirava i codini. Le si parava davanti per difenderla dai kunai.

Le dava le spalle allontanandosi a testa alta , tra i suoi strilli e le ingiurie che gli lanciava.
Uno “Scusa” smozzicato nell’aria. Aveva avuto più gusto di suo padre nella scelta delle parole.

No. Non si sarebbe fermata, non ora che c’era quasi. Non ora che cominciava ad avvertire l’odore della battaglia appena consumata. Odore di bruciato, odore di sangue e sudore. – RAZZA DI TEME! DOVE SEI?!?- L’urlo squarcia il pacato silenzio che segue i duelli. Nient’altro che polvere e quella strana sensazione che stringe il petto. Spalle larghe, bianche e sfregiate di rosso e di nero. Una chioma color pece. Immobile nella nebbia con il mento calato sul petto. – Uchiha! Itachi! – Grida ancora raggiungendolo, allungando una mano verso di lui pronta a legarlo, imbavagliarlo, a rompergli anche ogni singolo osso che aveva in corpo pur di riportarlo a casa. A Konoha. A cosa serviva essere un’Uzumaki se no? Sembrava fosse diventato il loro mestiere trascinare a casa quei bambocci degli Uchiha. Non lo tocca. Si ferma prima perché nell’aria qualcosa non va. Guarda le rocce ai suoi piedi. Sangue. Molto sangue. Riconosce un’altra sagoma lì a terra e non può fare a meno di sgranare i suoi occhi azzurri come il cielo limpido delle calde giornate estive. –Itachi- Lo chiama stringendo i pugni. Senza muoversi. Non gli darebbe mai la soddisfazione di scappare via. Rimane lì immobile e stavolta gli afferra un gomito con decisione . Lui sembra come scottarsi e si ritrae, voltandosi però a fissarla. La polvere e la nebbia le impediscono di vedere, ma è sicura che la stia fissando. – Kyuubi, vai via- Pronuncia il suo nome con una punta di ironia. Come ha sempre fatto. In fondo è davvero, uno strano nome per la figlia dell’Hokage morto per colpa della volpe. Eppure Hinata non aveva voluto sentire ragioni. Mentre suo padre moriva, combattendo il demone dentro di se, lei veniva al mondo con il nome di Kyuubi e con il suo primo vagito il demone scompariva portandosi via un eroe.
Vai via le dice. Come se fosse una bambina che ha paura del sangue. Come se non avesse riconosciuto la chioma castana del Nara. Come se non sapesse che è stato lui. –Itachi, devo restare. Devo curare Asuma … - Mormora inginocchiandosi a terra e poggiando due dita sul collo del ragazzo svenuto. Il cuore batte ancora , ma comincia a diventare freddo. –Kyuubi. Vai via.- Una luce verde le illumina i palmi. Proprio ora che lo aveva trovato, dannazione a te Nara! Riesce a sorridere nonostante la concentrazione ed i denti stretti per la rabbia repressa. –Vedi di non sparire di nuovo razza di Teme – Ringhia mentre finisce di portare le prime cure al compagno. Sarebbe dovuta arrivare prima lei. Adesso chi glieli toglieva i sensi di colpa ad Itachi? Sempre che avesse ammesso di averli. Voltò il castano a pancia all’aria notando che il chidori aveva fatto meno danni del previsto. Scemo. Si alzò in piedi a fronteggiare l’Uchiha. Quello che in quei cinque anni aveva tormentato le sue notti. Quello che insieme a quel mostro che si faceva chiamare Kabuto aveva distrutto gran parte del villaggio per poi correre via inseguito dall’altro compagno. Lasciandola sola con le macerie del suo passato e i suoi fantasmi mai dissolti. –Tu non fuggirai più- dice e non è una domanda. Lo sente ridere, ma anche questa volta vi è qualcosa di distorto. Sbagliato. Lei però non ha paura. Dannazione, non ha paura di lui dal suo sesto compleanno quando, per ripagarlo di tutte le malefatte, lo fece finire con la faccia nella torta tra le risate generali. Gli aveva poi leccato via la panna dal naso. Dovevano avere la foto da qualche parte. L’aveva scattata sua madre. Sasuke aveva tentato di bruciarla, lei invece la trovava carina. Non l’avrebbe mai mostrata ad Itachi. Prova ad immaginarlo adesso. Con un ricciolo di panna montata sul naso e gli occhi verde acqua sgranati. Un ciuffo nero che continuava a scivolargli sul volto. Giusto. Non porta più il copri fronte da quel che sa.
-Cosa c’è che non va Itachi?-
-Anche se volessi non potrei fuggire ancora … -
Se ne accorge nel momento stesso in cui tossisce le ultime sillabe e si maledice per essere stata così cieca. Cosi indubbiamente cretina come avrebbe detto lui. Cade in ginocchio ancora prima che lei possa afferrarlo. Ancora prima che lei possa anche soltanto provare terrore. E’ il suo migliore amico. Il suo migliore amico non può finire così.
Si getta a terra accanto a lui. I lunghi codini neri che strusciano sulla pietra fredda. La maggior parte di quel sangue era dunque il suo?
-Kyuubi … Kabuto sarà qui presto … Vai via … O … -
-Che mi fai?-
Con poca cura gli strappa il kimono sul davanti scoprendo degli squarci che di sicuro non erano opera del controllo dell’ombra di Asuma. La rabbia le ribolle dentro mentre i suoi palmi premono a placare l’emorragia. Itachi geme.
-Se non me ne vado che mi fai?- Ringhia la ragazza. I graffi paralleli che le adornano le guance risaltano sul pallore tipico della casta Hyuga. Il chakra curativo arriva a pizzicarle le dita mentre sutura le ferite con abilità sorprendente. Lei, l’imbranata, quella che per rianimare un pesce impiegava giorni finché questo non marciva ed era inutilizzabile. Kyuubi, quella che tutti dicevano così simile a Naruto, ma non altrettanto forte. La Kyuubi che si era lasciata sfuggire il suo migliore amico per cinque anni.
-Cinque anni ti sono stata alle costole … - Ansima cercando i suoi lineamenti in modo febbrile e poi tendendosi sopra al suo volto. Gli occhi chiusi ed un rivolo di sangue che sgorga da sotto le palpebre abbassate. Le ciglia lunghe impastate. I capelli corti, delicati come farfalle, sparpagliati sulla roccia immersi in tutto quel sangue. Respira lentamente, chiuso nel suo sdegnoso silenzio con cui tanto gli era sempre piaciuto metterla in soggezione.  –Dopo cinque anni non posso certo lasciarti andar via così!-
Le sue labbra bianche si tendono in un ghigno color vermiglio. –Non vado da nessuna parte.-
Deficiente. –Trovi ancora il coraggio di scherzare- brontola voltandosi poi verso il castano che ha cominciato a muovere la testa. Leggermente. Segno che si è ripreso. Allora non era così grave. Con un sospiro torna ad occuparsi di Itachi. Ovviamente, nonostante continuasse a minacciarli di togliere loro la vita, non l’avrebbe mai fatto realmente. In tutto il villaggio era forse l’unica che se n’era resa conto.
-Vai via … Cretina. Se Kabuto … Ti trova io non starò certo …  A pregarlo di … Risparmiarti.-
Allora la ragazza sospira costringendolo a stare a terra. – Kabuto è morto. Tuo padre, tua madre e tuo fratello lo hanno steso.- Accenna un sorriso. Comincia a sentire qualcosa bagnarle le guance. Perché piange? Dannazione, perché? Si sistemerà tutto. Non è ancora finita. Arriverà Sakura e lo curerà, compirà quel miracolo che lei, da sola, non può fare. –Sono forti i tuoi- Il ragazzo inarca le sopracciglia. Il suo massimo come incredulità e stupore. –Morto?- Dice con voce flebile. Deve irritarlo a morte sentirsi così debole.
-Mentre tu e il Nara vi ammazzavate di botte- Conferma lei riprendendo a premere con più forza sulle ferite. Non vogliono saperne di sparire. E’ sporca di sangue fino ai gomiti. La tuta arancione disastrata. Gli occhi azzurri inondati dalle lacrime. Non singhiozza, non sarebbe da lei. Lei ha il pianto muto di chi è abituato a nascondersi. E’ sempre stato Itachi quello a lasciarsi andare ad urla isteriche. Doveva averlo imparato da sua madre per poi venir temprato dal padre.
-Come stai?- Gli domanda preoccupata. Sì, è preoccupata. Preoccupata e furiosa perché in mezzo a quella landa desolata non li troveranno mai. Il battito cardiaco del teme rallenta ancora un po’. Un gradino in più verso le tenebre. –Apri gli occhi Itachi … - Sussurra asciugandosi il naso con la spalla della tuta. Le mani sono impegnate. Le braccia imbrattate. Vede il verde delle iridi del ragazzo sporcato dal rosato dei capillari esplosi, per non dire proprio rosso. L’occhio destro è andato. Ha perso colore. E’ quasi completamente bianco. –Oh Kami, perché hai usato l’Amaterasu!? -  Perché non sono arrivata prima io. Se fossi stata più veloce non sarebbe accaduto.
-Perché ha detto … - La voce si spezza, il sangue sgorga a fiotti dalle sue labbra. Volta il capo di lato sdegnato. Adesso è Kyuubi a sentir rallentare il proprio battito. Il respiro si fa più lento. –Cosa ti ha detto?- (Chi te l’ha detto?)
Itachi scuote la testa. –Mi ha sfidato!- Sbotta impallidendo di colpo e richiudendo gli occhi mentre una goccia di sudore procede la sua caduta lungo la linea decisa del suo mento. –E perché ti ha sfidato ti sei fatto ridurre così? - Lo vede stringere le labbra. Arriccia il naso. Se avesse gli occhi aperti è sicura che sposterebbe lo sguardo a terra. Di una cosa è improvvisamente sicura. Non è il Nara quello che lo ha ridotto in queste condizioni. –Non puoi mentirmi!- Ringhia. Ok, se riescono a parlare così tranquillamente vuol dire che una speranza c’è, che le sue cure stanno funzionando. (O più semplicemente, sta morendo dissanguato perché a colpirlo non è stato Asuma, ma Kabuto. Perché Kabuto fa uso spropositato di veleni. Perché sta soffrendo e come al solito non te lo fa vedere.) Scuote la testa a scacciare quelle idee terrificanti. Deve farlo parlare. Più resta cosciente meglio è per tutti e due. –E’ stato Kabuto a colpirti! Vero?- Lo incalza, con lui le insinuazioni non hanno mai funzionato. Socchiude un occhio smeraldino, semplicemente resta a guardarla. Perché mi fai delle domanda a cui sai già rispondere? Le dice il suo sguardo.
Già, perché?
Invece ciò che sussurra prima di lasciare andare il capo di lato è un leggero –Perché mi hai seguito?- Che non sa come interpretare. Glielo aveva ripetuto fino alla nausea in quei cinque anni.
“Sei il mio migliore amico, qualunque cosa tu faccia. Quanta gente ti uccida, io ti riporterò indietro perché sei il mio migliore amico!”
Ti perdonerò tutto.
Hai massacrato e sparso sangue e tradimento.
Non mi importa perché sei il mio migliore amico.
Questo semplice concetto non aveva mai raggiunto il Nara. Forse perché sua sorella era rimasta priva di vita per colpa dell’Uchiha. Per questo sicuramente. Anche lei avrebbe fatto lo stesso.

Non è vero.

Sta mentendo.

Non desidererà mai vederlo morto.

Le guance si colorano di rosso mentre ancora una volta digrigna i denti per la rabbia di non riuscire a mantenerlo con sé. Sfiancata dalla battaglia e dalla corsa a perdifiato. Il chakra si fa sempre più debole insieme al battito nel suo petto che lentamente precipita. Si accascia, le braccia lungo i fianchi. Fissa il suo sangue sulla sua pelle. Si morde il labbro inferiore,distrutta. –Sei il mio migliore amico … - Mugola mentre le lacrime le chiudono la gola. I muscoli della mandibola si tendono i pugni si serrano. Un’occhiata verso il Nara disteso lì accanto. Sta bene.
Lei è una Uzumaki. Non può arrendersi. Suo padre è riuscito a riportare il suo migliore amico a casa. Sua madre a conquistato la fiducia di una casata che la sottovalutava. Se non lo salvasse sarebbe loro da meno. Lei è Kyuubi Uzumaki. Futuro Hokage. Non può permettere che una semplice morte intralci i suoi obbiettivi. C’è ancora tempo. Con un ultimo disperato tentativo accumola tutto il chakra che le rimane nei palmi per poi comprimerlo in quel corpo freddo sotto di lei. La pelle bianca ed i capelli neri. Mentre piange silenziosamente una forza a lei sconosciuta guida le sue dita martoriate a ripulire il sangue dal veleno.
La nebbia si squarcia mentre la luce del sole incendia i suoi capelli, i riflessi rossi che abbagliano. Gli occhi azzurri intensi e determinati. –Tu non morirai Uchiha-
Dopo cinque anni lo vede accennare ad un sorriso. Ora è lì, sotto le sue mani. Dopo quella che era sembrata un’era di toccata e fuga. Ora è lì.
-Non montarti la testa piccola volpe- Le  sfiora il dorso di una mano con la sua. Il cielo riflesso in quell’occhio che non vedrà mai più. Sente il respiro scivolargli via mentre il sorriso lentamente muore. –E comunque io non sono tuo amico – Commenta.
 
La ragazza immobile. In piedi sotto il sole.
La ragazza che scruta il cielo impassibile con fiotti di lacrime che le bagnano il viso senza che però emetta un solo suono. Dà le spalle al sangue. Alla morte. E solleva il volto.
“Io non sono tuo amico”.
Cosa sei per me stupido Uchiha?
Fa roteare un kunai in una mano macchiandolo di sangue non suo.
Cosa eri per me?
Sposta lo sguardo sull’arma vagamente attratta dal suo riflettere la luce.
 
Un bambino con un ricciolo di panna sul naso. Un ragazzino con le gote rosse. Forti mani calde che la sollevavano di peso. Un ghigno ironico. Un ragazzo che la chiamava “pelo rosso” e le dava della cretina in continuazione per poi tirarle le lunghe code che le proibiva di tagliare, perché a lui le ragazze piacevano con i capelli lunghi.
 
Crolla in ginocchio stremata da quella valanga di ricordi sepolti che la sfiancavano più delle stesse lotte. Copre il volto con una mano mentre con l’altra si punta la cuore l’arma.
 
Perché?
 
3 mesi dopo

Seduta sul davanzale la ragazza si rigira lo stelo di un fiore bianco tra le dita mentre il sole rende rossa la sua chioma corvina. Asuma è seduto davanti a lei, I lisci capelli castani tirati indietro, sciolti sulle spalle muscolose, con un ciuffo ribelle su uno degli occhi chiari.  La guarda in silenzio mentre lei scruta la folla che si agita per le strade ricostruendo la città. Era un nuovo mondo. Vi era un’allegria che non si respirava da tempo in quelle vie governate solo da caos e da dolore. Eppure la ragazza non si univa all’allegria popolare. Cosa che nemmeno lui poteva fare ovviamente. Il suo compagno non c’era più. Quello con cui aveva vissuto la metà dei suoi anni. Aveva desiderato tanto vederlo morire. Non l’aveva mai detto a Kyuubi ovviamente o si sarebbe ritrovato cementato in una parete. Eppure ora che tutto era giunto al termine restava solo una vuota voragine.
-Ha detto che non era mio amico- Sussurra facendolo sobbalzare. Non ne aveva mai parlato. Non aveva più pianto. Non davanti a lui. Nonostante ciò non può impedirsi di sorridere. In modo dolce, allungando una mano a stringerle una caviglia.  –Lo sapevo – Mormora. Lei si volta e finalmente riconosce quel barlume di furia che la pervade ogni qual volta non capisce qualcosa o gli eventi non seguono il corso che lei preferisce. Le dita sottili e letali stritolano i petali del fiore mentre un sorriso amaro si apre sul suo volto. –Ah, capisco- E’ certo che quello che lei vorrebbe produrre è un tono pieno di cattiveria e menefreghismo. Invece è solo un pigolio di delusione e dolore. Il Nara scuote la testa sporgendosi sulla strada, le gambe intrecciate a quelle di lei che preme la schiena contro la parete opposta alla sua. –No non capisci- Le dice serio. Come era ingenua. Questo, dai racconti dei grandi, doveva averlo preso da suo padre. Lei piega la testa di lato. I capelli corti che le adornano il capo. Li aveva recisi di netto. Aveva riaperto gli occhi e l’aveva trovata invischiata tra sangue e capelli che piangeva e fissava il vuoto. Sakura e Sasuke continuavano la loro vita in silenzio. Ancora troppo presto per dimenticare. Come il fratello minore del traditore.
–Allora spiegati brutto te … - Si blocca e si morde il labbro inferiore. Teme. Quell’insulto era riservato unicamente ad Itachi. Asuma sbuffa vagamente divertito. Un macigno nel cuore mentre si alza e si dirige verso la porta intrecciando le dita dietro il capo per poi voltarsi un’ultima volta verso l’amica che è tornata ad osservare la strada. –Era innamorato di te, comunque.- Butta lì prima di uscire e chiudersi la porta alle spalle. Era stata davvero cieca la ragazza. Forse più di suo padre. Per questo non era riuscita a lasciarlo andare. Sentiva un groppo in gola farsi sempre più pesante. Lo stomaco che si torceva mentre usciva e sorrideva e fingeva che tutto andasse bene. Che tutto fosse così, perfetto com’era. Ti aspetterò Uzumaki.
 
La ragazza rimase allibita per un attimo assimilando la cosa. Non riusciva a crederci. Lentamente voltò la testa verso il letto bianco nella sala d’ospedale. Sotto le coperte il corpo emaciato del ragazzo moro. Non gli avrebbe permesso di andarsene. Lo aveva riportato a Konoha.

Il bip continuo dei macchinari che andava avanti ininterrotto da ormai due mesi, ma che non pareva avere intenzione di fermarsi tanto presto. Accennò un sorriso, riportando al suo posto una ciocca nera. Ti aspetterò Uchiha.
 

Ti prego ritorna.
La volpe rossa avrebbe aspettato anche i millenni pur di rivedere quegli occhi verdi.
   
 
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