Libri > Sherlock Holmes
Ricorda la storia  |      
Autore: lunatica91    24/06/2011    3 recensioni
«Come mai questo interesse verso la botanica, Holmes?»
«Nulla di importante, amico mio, solo una piccola curiosità.»
Prima classificata Concorso "Di fiori e paesaggi" di My Pride
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Salve a tutti! Non vedevo l'ora di postare questa storia che ho scritto tempo fa per un concorso. Adesso che è terminato posso postarla, e lo faccio anche con il cuoricino pieno di gioia^^
Spero vi piaccia!

NOTE: Voglio solo precisare che Holmes e Watson stanno già insieme da tempo e condividono l'appartamento in Baker Street.






“Afrodisiaco e vecchi merletti”




Sherlock Holmes era annoiato. Non era mai un buon segno quando questo capitava, il che era un problema dato che non era affatto uno stato d'animo raro nella sua persona. Ovviamente il motivo della sua noia era, come sempre, la placida calma di un tiepido pomeriggio primaverile, che nella sua mente si traduceva come l'intollerabile inettitudine della classe criminale. Ciò che però faceva preoccupare Watson, soprattutto negli ultimi tempi, erano i suoi metodi contro la noia: oltre a quel maledetto astuccio di marocchino, che ogni tanto il dottore nascondeva per puro dispetto, c'erano quei suoi astrusi esperimenti. Si badi bene, non quelli dove semplicemente Holmes si metteva al tavolo nel suo studio per scagionare o incolpare qualche d'uno con una piccola reazione chimica; a quelli Watson assisteva con piacere, perché non implicavano lui come cavia. Ebbene sì: oramai il povero dottore era diventato talmente un'abitudine per Holmes da diventarne il soggetto preferito per verificare qualche sua teoria. Bisogna precisare che alcuni di quegli esperimenti finivano per risultare piuttosto... piacevoli; alla fine di questi era sempre Watson ad insegnare qualcosa ad Holmes, ribaltando per poco i loro soliti ruoli, ma erano un numero talmente esiguo al confronto delle polveri pruriginose che aveva trovato negli asciugamani per “studiare le reazioni allergiche” o il tabacco misto a qualche pianta allucinogena, sempre per amore della scienza, sia chiaro.

Fu per questi motivi che quel giorno, quando Holmes cominciò a mostrare i primi segnali di noia, Watson si mantenne a debita distanza, uscendo anche a fare una passeggiata, con la speranza che quando fosse rincasato avrebbe trovato il coinquilino di umore migliore.
Quando Watson tornò nel tardo pomeriggio, trovò Holmes sdraiato sul divano, immerso nella lettura di un libro. La cosa che però colpì il dottore fu il pungente odore di papaveri che gli solleticò il naso: in effetti l'intero salotto era pieno di mazzi di fiori rossi, accuratamente posti in qualche vaso o semplicemente adagiati in modo artistico sui mobili. Naturalmente il suo pensiero andò, oltre al romantico significato di noia ed incostanza che aleggiava su quel fiore - e Holmes ancora si ostinava a dire di non essere un sentimentale! - , all'uso che gente come il suo amico ne avrebbe potuto fare. Riflettendo poi sulle sue conoscenze di chimico, i dubbi diventavano certezze.

«Come mai questo interesse verso la botanica, Holmes?»

L'occhiata maliziosa che ricevette in risposta non pareva vacua, ma neanche totalmente lucida. Watson si pentì subito di averlo lasciato a casa da solo.

«Nulla di importante, amico mio, solo una piccola curiosità.» rispose l'altro agitando con noia una mano.

«Ed ha trovato la risposta?» chiese il dottore sedendosi e stendendo la gamba; quel giorno doleva più del solito.

«Quasi. Watson, ma le duole la ferita. Vuole che le porti la sua pomata?»

«Oh no, non si preoccupi, è solo un male passeggero. Però era proprio necessario riempire il salotto di tutti questi papaveri? Preferirei sentire l'aria fresca anziché l'odore soffocante di questi fiori.»

«Perché? Non le piacciono?»

«Oh no Holmes, non è questo il punto. Penso che lei sappia meglio di me il significato e, soprattutto, il dubbio utilizzo che viene fatto di questo fiore.»

«Oh! Mio caro.» fece Holmes prendendo in mano un papavero e portandoselo vicino al viso, scrutandolo con aria sognante «Non bisogna mai ascoltare i fiori, basta guardarli e annusarli.»

«Appunto...»

Holmes si lasciò andare ad una delle sue basse risate.

«Watson, il suo perbenismo mi stupisce ogni giorno di più. Comunque non credo sia possibile esaudire la sua richiesta: se adesso mandassi via quest'odore non potrei portare a termine il mio esperimento.»

«Di che esperimento si tratta?»

«Semplice curiosità riguardo a un metodo di impollinazione.»

Watson non obiettò, felice che la mente dell'amico fosse occupata da qualcosa che non fosse lui.
Holmes si alzò dal divano per sedersi vicino al compagno e appoggiò la mano sul ginocchio dolorante, massaggiandolo piano.

«È sicuro di non volere nulla? Si faccia almeno portare dalla signora Hudson un tè caldo.»

«Non mi dispiacerebbe, in effetti.»

Holmes gli sorrise rapido per poi andare sul pianerottolo a gridare l'ordine all'anziana donna.
La signora Hudson, stranamente, arrivò quasi subito con le bevande, ma la cosa fece solo enormemente piacere al dottore, che tentò di alzarsi per andare al tavolo. Holmes, però, lo trattenne.

«Oh no, mio caro, rimanga pure seduto. Le porto io il tè.»

«Davvero, non c'è bisogno...»

«Insisto.» e con un rapido gesto gli mise la tazza in mano.

I due, comodamente seduti sulle rispettive poltrone, gustarono in silenzio la bevanda calda; il dottore si sentì subito più rilassato, il dolore alla gamba che scemava lentamente lasciando il posto ad un piacevole tepore. Quel giorno la signora Hudson si era proprio superata: quel tè era davvero squisito, con un forte retrogusto esotico. Glielo avrebbe chiesto più spesso.

Watson appoggiò la tazza vuota sopra un tavolino vicino e si sistemò meglio sulla poltrona. Diede una rapida occhiata ad Holmes scoprendo di essere fissato con uno strano sorrisetto sapiente. Solitamente sarebbe stato turbato da un tale comportamento, ma non in quell'occasione: si sentiva troppo bene, tanto rilassato da non preoccuparsi di nulla. L'unica pecca era quel calore che aveva preso a salire per tutto il corpo. In effetti quel pomeriggio si erano alzate le temperature e il loro salotto era rimasto ermeticamente chiuso per tutto il giorno rendendo l'aria oltremodo viziata, per non parlare del pesante profumo dei papaveri.

«Holmes, non è che potrebbe aprire la finestra per cinque minuti?»

L'uomo parve non sentire la domanda, continuando a sorseggiare tranquillamente.

«Holmes, mi ha sentito?»

«Mi dispiace, Watson» rispose, appoggiando a terra la tazza vuota «ma non è proprio possibile, gliel'ho già detto. Il mio esperimento ne sarebbe inevitabilmente compromesso.»

Watson sbuffò stizzito, allargandosi il colletto con due dita.

«Holmes, per favore! Davvero, quest'aria è irrespirabile...»

Il caldo stava diventando opprimente e quell'odore soffocante gli annebbiava sempre più la mente: se in quel momento fosse stato più lucido, si sarebbe sicuramente accorto del sorrisino soddisfatto che aleggiava sul volto del compagno.
Con un sonoro sbuffo, Watson si alzò con l'intenzione di aprire quella dannata finestra, ma Holmes non glielo permise: si sentì ributtare bruscamente sulla poltrona, le braccia bloccate sui braccioli dalle forti mani dell'altro. Alzò il volto incrociando uno sguardo penetrante e divertito, il sorriso sempre più aperto, e finalmente capì: quelle amorevoli attenzioni, la presenza di quel particolare fiore, quel retrogusto dolciastro nel tè, ma soprattutto capì di essere stato un perfetto idiota, perché si doveva essere proprio stupidi a non capire tali intenzioni persino quando venivano sbattute in faccia in modo così vergognoso!

«Holmes, che diamine ha messo nel mio tè?»

La testa aveva preso a girare e l'odore pungente dell'amico mischiato a tutti gli altri non faceva che aumentare il calore e peggiorare la situazione.

«Secondo lei, “dottore”?» alitò Holmes nel suo orecchio, calcando con particolare sarcasmo sull'ultima parola.

Watson tentò di scansarlo, con scarsissimo successo: la forza maggiore del suo amico e la grande debolezza del suo corpo non gli permisero neanche una minima colluttazione.

«Holmes, potrei avere una reazione allergica!»

«Poh, poh! Non ho mica intenzione di avvelenarla.»

«Quindi ammette di avermi drogato.»

«Assolutamente no!»

«E questo come lo chiama?»

«Assuefazione da afrodisiaco.»

Watson si lasciò uscire un verso strozzato, sconvolto dalla scoperta. Annaspò l'aria disperato, in cerca di ossigeno, ma la cosa si rivelò particolarmente ardua dato che Holmes proprio in quel momento decise di assaltare le sue labbra, sicuramente nel timore che potesse uscire qualche rimprovero. E ne sarebbero usciti, oh se ne sarebbero usciti!

«Holmes, lo ammetta, lei non è normale!» gracchiò Watson appena Holmes si staccò da lui.

«Non ho mai avuto la presunzione di esserlo.»

Le labbra si spostarono più in giù, sul collo, lasciando una fresca scia a lenire quell'insopportabile calore che gli imporporava le guance e si condensava in zone poco appropriate.

«Holmes... si fermi...»

«Perché dovrei? Mi dica, ho mai lasciato a metà un mio esperimento?»

«E che razza di esperimento dovrebbe essere questo?!»

«Usi un po' di immaginazione.»

E le labbra scesero ancora, sul panciotto, in attesa che le mani facessero spazio.

«Holmes... la prego!»

«Sa che questa frase contiene un'infinita varietà di interpretazioni?»

Un tonfo sordo e infine le dita affusolate di Holmes sui suoi pantaloni. Watson tentò in extremis di sottrarsi, ma l'altro gli si posizionò tra le gambe, non permettendogli più un solo movimento che non avesse deciso lui. Il dottore lasciò quindi sfuggire un sospiro rassegnato, che fece nascere un sorriso soddisfatto sul volto del compagno.

«Sapevo che alla fine non si sarebbe tirato indietro.»

Sì, certo, come se avesse potuto scegliere!

«Almeno chiuda la porta. Se la signora Hudson ci vedesse...»

«... avrebbe le risposte ai suoi molteplici dubbi riguardo noi due. Oh, non mi guardi così, era ovvio che se ne sarebbe accorta.»

Inutile dire che la situazione risultasse piuttosto comica: Watson sbuffava seccato fissando accigliato Holmes, che a sua volta fissava con intensa curiosità il piacere del dottore che premeva sotto la stoffa dei pantaloni. Watson molto spesso trovava ancora imbarazzo nell'approcciarsi in modo intimo con Holmes: il più delle volte il coinquilino, nei momenti più disparati durante l'atto, si fermava all'improvviso per studiare attentamente ogni singolo dettaglio per lui interessante, facendo quindi perdere voglia e libidine al povero dottore. Forse era anche per questo che Watson, quando Holmes prendeva l'iniziativa, il che era solitamente raro, lasciava fare pazientemente: almeno in quelle occasioni sapeva che la cosa si sarebbe conclusa.
Le mani di Holmes slacciarono con velocità e precisione i bottoni dei pantaloni, iniziando a massaggiare con estrema calma la virilità del compagno.
La stanza, già poco stabile, si dissolse completamente a quel tocco deciso direttamente sulla sua carne. Reclinò la testa all'indietro sospirando forte, il corpo in preda ai fremiti del piacere, ma per quanto piacevole potesse risultare quel trattamento, Watson continuò a sentirsi tremendamente a disagio nell'osservare quanto poco riusciva a controllarsi. Questo suo pensiero trovò altrettanta conferma quando Holmes sostituì la bocca alle dita, facendolo quasi urlare.

«Spero che quest'assurdo esperimento finisca presto, Holmes...»

L'uomo sghignazzò divertito tra le sue gambe.

«Non sta parlando sul serio, solo la sua parte morale, forse.»

Una lunga e lenta lappata seguì l'ennesima battuta.

«Se almeno si decidesse a chiudere quella dannata porta riuscirei ad essere un po' più tranquillo!»

Con suo grande stupore, Holmes si fermò, alzandosi da terra.

«Vedo che è riuscito a chiamare i guai, dottore.» sbuffò stizzito, lanciando una coperta al compagno «Le consiglio di coprirsi.»

Watson non fece in tempo ad immagazzinare quelle parole, che avvertì il suono di passi affrettati salire le scale. Un secondo dopo l'ispettore Lestrade apparve sulla porta, il fiato corto e lo sguardo preoccupato.

«Caro Lestrade! Qual buon vento la porta qui?» chiese tranquillamente Holmes con un sorriso, anche se non si riusciva a capire se fosse davvero contento di quella visita inaspettata.

Watson, d'altro canto, non poteva essere più nervoso e imbarazzato: aveva nascosto il corpo del reato con la velocità della disperazione ed ora sperava soltanto che l'ispettore se ne andasse presto.
Ovviamente Holmes non era dello stesso parere, dato che si fece raccontare minimo due volte tutti gli elementi dell'odierno problema che riteneva interessanti, anche se una parte di Watson era convinta che lo stesse facendo per puro e semplice dispetto verso la sua persona.

Quando finalmente Lestrade lasciò la stanza -e, per chissà quale potere divino, senza praticamente accorgersi della sua presenza-, Watson tirò un profondo sospiro di sollievo, disfandosi della coperta.

«C'è mancato poco, vero ragazzo mio?» ridacchiò Holmes indossando velocemente il cappotto.

Watson lo fissò confuso.

«Dove sta andando?»

«A Scotland Yard, ovvio!» rispose aggiustandosi la sciarpa, seccato dall'inutilità della domanda «Non ha ascoltato ciò che ha detto Lestrade? Devo dire che si tratta di un caso di notevole interesse, voglio proprio vedere come si svilupperà... E la smetta di fissarmi in quel modo, Watson! Piuttosto, si sbrighi: la attendo in carrozza tra cinque minuti, il tempo di ricomporsi. Non abbiamo un minuto da perdere!»




***************************************
Decidete voi come si vendicherà il caro Watson XP
   
 
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Sherlock Holmes / Vai alla pagina dell'autore: lunatica91