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Autore: Ivy94    24/06/2011    3 recensioni
Avete presente quando ritornate dopo tanto tempo nei luoghi che hanno caratterizzato la vostra infanzia e qualunque cosa vi si para davanti suscita in voi un ricordo strappalacrime…. No? Beh, meglio, perché non è assolutamente così…” O almeno, questo è quello che pensa Evelyn Daniels, una sedicienne londinese trasferitasi improvvisamente a Tokyo. Una volta superati i traumi iniziali, la sua grandissima passione per la danza e l'incontro con un bizzarro club di amici riusciranno a cambiarle la vita e a farle capire che, forse, al mondo non si è poi così soli.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kyoya Ohtori, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO PRIMO: nuova casa, nuovi amici, nuova vita

Avete presente quando ritornate dopo tanto tempo nei luoghi che hanno caratterizzato la vostra infanzia e qualunque cosa vi si para davanti suscita in voi un ricordo strappalacrime….                                                                                                                                                                                                         
 No? Beh, meglio, perché non è assolutamente così.  Evelyn non provò mai più tanta angoscia come appena arrivata all’aeroporto di Tokyo, così carica di bagagli da sembrare un mulo da soma, con il passaporto tenuto saldamente tra i denti insieme alla carta d’identità, dato che le sue braccia erano occupate da un bagaglio a mano piuttosto ingombrante, una lattina di coca-cola vuota e il suo inseparabile giubbetto di pelle. A tutto ciò, come se già non bastasse, si aggiungeva la fatica di trasportare un trolley rosa shocking nuovo di zecca che rimaneva chiuso solo grazie ad un’ignota legge fisica. 
Così equipaggiata si diresse verso la sua attuale abitazione e, tralasciando gli ovvi problemi con i taxi, entrò in casa, convinta di trovare finalmente un po’ di pace.                                                                                          
Era un piccolo bilocale situato al primo piano di una palazzina, per sua fortuna già provvisto di tutti i mobili necessari, e arredato secondo i suoi gusti. 
Essere la nipote del proprietario di un’azienda di articoli per la casa inglese ha i suoi vantaggi, specie se si è costretti a lasciare improvvisamente casa, famiglia e nazione per trasferirsi all’altro capo del mondo solo per frequentare una scuola giapponese gestita da ricconi per i figli dei ricconi, il tutto sulla base di una lettera di raccomandazioni scritta dalla madre all’istituto quindici anni prima. Davvero rassicurante!  
Dopo aver finalmente posato a terra le valige e aver fatto i dovuti esercizi di stretching per ripristinare le braccia, la giovane viaggiatrice stava giusto per mettersi comoda sul divano e magari guardare un po’ di televisione quando suonarono alla porta.                                                                                        
Con una certa sorpresa, dopotutto erano le nove di sera, e una padella in mano per scongiurare incontri molesti, andò ad aprire, non senza cautela, la porta.                                                                
Si ritrovò davanti una figura dall’aspetto veramente inquietante, con abiti e movenze femminili, ma con un timbro di voce e una peluria inequivocabilmente maschili. Non è quindi difficile immaginare come la sua arma si sia mossa da sola, assestando al malcapitato/a un colpo dritto in fronte che gli avrebbe lasciato per giorni un livido visibile anche sotto quintali di fondotinta.                                                                         
Quando si rese conto di quello che aveva combinato, alla povera e sconvolta Evelyn non restò altro da fare se non trascinare pesantemente la sua vittima in casa e trovare qualcosa con cui fargli riprendere conoscenza.                                                                                                                                        
Fortuna volle che la figlia, sentito il fracasso prodotto dalla padella della ragazza sulla scatola cranica del padre, venisse a vedere che cosa era successo e poi, accettate le dovute scuse, le desse una mano a far rinvenire il genitore.                                 
La ragazza, che si chiamava Haruhi Fujioka ed era sua coetanea, le spiegò con un sorriso il motivo dello strano, e aggiungerei anche agghiacciante, abbigliamento del padre, che lavorava in un locale per travestiti, e della sua visita inaspettata.    
Erano infatti i suoi nuovi vicini di casa e, vedendo che Evelyn era appena arrivata, Ranka-san, all’anagrafe Ryoji Fujioka, aveva pensato che fosse stanca ed era venuto a chiederle se voleva cenare con loro, almeno per risparmiarmi la fatica di mettermi al fornelli, cosa, peraltro, a lei sconosciuta.    
La loro chiacchierata fu interrotta da un grugnito, proveniente dal povero signor (o in questo caso signora) Fujioka, che si guardò attorno un po’ stranito, prima di salutare calorosamente la sua attentatrice  con un: “ciao! Tu devi essere la nuova vicina, Evelyn Daniels, se non ricordo male, giusto? Scusa per lo spavento, mi ero dimenticato che agli occhi degli estranei questo abbigliamento può risultare un po’ strano…..sei davvero molto carina, lo sai?”, aggiunse con un sorriso, che la ragazza, un po’ mortificata per l’accaduto, ricambiò. Dopo di ché, accettò il loro invito a cena e passò la serata a raccontare le sue prodezze all’aeroporto, che comprendevano tra le altre il rovesciamento di una lattina di tè alla pesca addosso ad una hostess e un litigio con una mendicante perché non si decideva a lasciarle qualche monetina.  Ad un certo punto Haruhi, forse per liberarla dall’imbarazzo, le chiese di parlarle di Londra, la città dove aveva vissuto per sedici anni, e allora Evelyn si dilungò per più di un’ora a descrivere ai suoi nuovi amici giapponesi il Big Ben, il Tower Bridge, la torre di Londra, gli autobus a due piani e tutte le altre cose che contribuiscono a fare di Londra una delle città più belle d’Europa e del mondo.                  
“cambiando argomento, Ranka-san”, disse ad un tratto, mentre gustava dell’ottimo gelato al cocco ( Evelyn va matta per il cocco!), “conosci per caso qualche posto dove possa trovare un lavoro? Vedi, io sarei iscritta all’Ouran High school, grazie ad una lettera di mia madre, ma non ho neanche i soldi per pagare l’affitto, figuriamoci la retta scolastica, quindi è ovvio che mi serve uno stipendio..”.  
 Lui sembrò rifletterci su, ma poi disse che ne avrebbe parlato con la direttrice di un locale poco distante dal suo, che sapeva essere in cerca di una ragazza. “una delle sue ballerine si è trasferita a Osaka con il suo fidanzato e c’è un posto libero, anche se a dire la verità preferirei che tu….”, Evelyn non gli lasciò neanche il tempo di finire la frase e lo abbracciò forte. Non solo non se l’era presa per la storia della stoviglia, ma era anche riuscito a trovarle un impiego! Come ballerina poi, non chiedeva di meglio. “ mia madre era Kumiko Yanagawa” disse, come per togliersi anche quest’ultimo peso, “ e mi ha dato lezioni di danza fin da quando avevo 4 anni, quindi, direi che questo non può che essere il lavoro perfetto, non credete?”.    
La sua ultima rivelazione aveva fatto calare il silenzio sulla stanza, da una parte c’era la nuova arrivata, che un po’ imbarazzata osservava le espressioni sbigottite dipinte sulla faccia dei suoi interlocutori, dall’altra padre e figlia Fujioka, che probabilmente cercavano di individuare qualche somiglianza tra la ragazza e sua madre guardandola nello stesso modo in cui uno scienziato ammira il risultato del suo ultimo esperimento, almeno finchè Ranka-san non sembrò avere l’illuminazione.  
Con una faccia da spiritato corse in camera da letto e ne uscì poco dopo con un poster che ritraeva una bellissima ballerina intenta a eseguire un complicato arabesque. I lunghi capelli scuri raccolti in uno chignon e i dolci occhi a mandorla non lasciavano dubbi: quella era la madre di Evelyn.                            
Ranka le si avvicinò tenendo saldamente il poster tra le mani e lo accostò al suo viso, il tutto senza dire nemmeno una parola, ma  continuando a fissarla con sguardo quasi adorante.  Poi, dopo essersi scambiato un paio di cenni d’assenso e occhiate con la figlia, le spiegò: “scusaci per il nostro strano comportamento di prima, ma tu somigli così tanto a tua madre e lei era l’idolo di mia moglie, perciò abbiamo questo e molti altri suoi poster in casa. Quello che sicuramente non ci aspettavamo è vedere sua figlia qui, nel nostro salotto, che mangia alla nostra tavola e ride con noi. L’unica cosa che mi chiedo è cosa ci faccia tu qui a Tokyo.”   
Nonostante la giovane londinese sapesse che questo momento sarebbe arrivato, solamente il ricordare quanto era successo quella notte fu sufficiente perché le si spezzasse la voce e le si inumidissero gli occhi, ma pensò che tenere tutto dentro non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione, così trasse un respiro profondo e cominciò: “ la mia mamma è morta quando avevo sei anni, in un orribile incidente che si portò via anche mio papà e mia zia. Da allora ho vissuto con i miei nonni, i proprietari di un’azienda di prodotti domestici, ma qualche mese fa abbiamo ritrovato nel cassetto della camera dei miei la risposta ad una lettera di raccomandazioni scritta da mia mamma al dirigente dell’Ouran. Dato che la lettera era positiva, mio nonno ha deciso di mandarmi qui, se non altro per garantirmi un diploma sufficientemente elevato da permettermi di studiare poi danza a New York, esattamente come ha fatto la mia povera mamma.  
È lei che mi ha trasmesso questa passione e voglio portarla avanti sia per me che per lei. Ballare è sempre stato il mio modo di sentirla più vicina e non ci rinuncerei per nulla al mondo, ecco perché voglio questo lavoro, per continuare a ballare anche frequentando l’Ouran.”  Mentre parlò una lacrima solitaria scese a rigarle la guancia, solo una, perché ne aveva già versate troppe. 
Haruhi mi sorrise comprensiva:” capisco perfettamente come ti senti, perché a me è successa la stessa cosa”, mi rivelò con una nota di malinconia nella voce, “e se ti serve qualcosa, qualunque cosa, non esitare a chiedere, d’accordo?”. Ranka-san si limitò ad annuire, mentre la ragazza a poco a poco si lasciò andare in uno dei suoi soliti contagiosi sorrisi, che infatti riuscì a coinvolgere anche i suoi due ospiti, dissolvendo quell’aura di tristezza che si era creata. Improvvisamente Ranka-san si alzò in piedi: “yosh! D’accordo Evelyn, mi hai convinto, domani sera ti porterò al Black Swan e vedremo cosa  fare. Se sai davvero ballare come tua madre non vedo perché non dovrebbero prenderti, no? Forza ora, tutti a nanna! Domani Haruhi ti farà fare un giro della città, non è vero cara?”, aggiunse con il migliore dei suoi sorrisi. La ragazza annuì contenta e Evelyn non potè fare a meno di stringerli entrambi in un altro forte abbraccio ringraziando la provvidenza e, perché no, il nonno, per averle fatto incontrare delle così brave persone.
 

  
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