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Autore: reilin    24/06/2011    3 recensioni
«Maestro, non riesco a dormire», si lamentò Koryu, chiamando a sé il suo adorato precettore, «Mi raccontate una storia?», gli chiese infine con una vocina tremolante che proveniva da sotto le coperte, dove aveva nascosto il viso, vergognandosi.
Breve one-shot che racconta del ritrovamento del neonato Koryu da parte di Komyo Sanzo sulla base del capitolo 9 dello Xi You Ji.
» Seconda Classificata e Premio Giuria nel Contest "Di Fiori e Paesaggi" indetto da MyPride sul forum di EFP.
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genjo Sanzo Hoshi, Komyo Sanzo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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kodomo no monogatari Autore: reilin
Titolo della storia:
Kodomo no Monogatari

Rating: Verde
Genere: Malinconico, Sentimentale, Fluff
Tipologia scelta: One-shot
Avvertimenti: Missing Moments, One-shot
Introduzione: «Maestro, non riesco a dormire», si lamentò Koryu, chiamando a sé il suo adorato precettore, «Mi raccontate una storia?», gli chiese infine con una vocina tremolante che proveniva da sotto le coperte, dove aveva nascosto il viso, vergognandosi.
Citazione&Oggetto&Fiore: Citazione n.5:   Il fiore che sboccia nelle avversità è il più raro e il più bello di tutti. [Mulan] ; Oggetto: libro; Fiore: Magnolia
Immagine: immagine n.3
Wordcount: 1831 (contatore di Word)
Note dell'autore: 1. Ho sempre desiderato scrivere una fan fiction che raccontasse la prima infanzia del piccolo Koryu e del suo rapporto con Komyo Sanzo: è un tema troppo poco trattato dagli scrittori del fandom. Ho quindi approfittato dell’occasione presentatasi con questo Contest per raccontare uno dei “Missing Moments” a me più cari: il ritrovamento del neonato Koryu da parte del Venerabile Komyo Sanzo. Ho lavorato di fantasia, integrando i pochi elementi forniti dalla Minekura nel manga con quanto narrato nel capitolo 9 dello “Xi You Ji” di Wu Cheng En (si tratta, per chi abbia un po’ di confidenza con la storia del libro, del famoso e controverso capitolo che parla dell’origine del monaco Tripitaka e che alcuni sinologi non attribuiscono all’autore Cheng En). Il risultato di questo lavoro è questa fan fiction, che mi ha fatto penare non poco nella sua stesura (maledetto blocco dello scrittore!) e, benché non mi soddisfi in pieno, ha ormai deciso in autonomia di essere giunta alla sua forma definitiva.
2. Questa storia ha partecipato al Contest “Di Fiori e Paesaggi” indetto da MyPride sul forum di EFP classificandosi al secondo posto e ricevendo il Premio Giuria(... come attestano questi meravigliosi bannerini ♥♥♥).
3. Partecipante al The One Hundred Prompt Project con il prompt 031.Sole.


Kodomo no Monogatari

La notte era scesa sul Kinzanji1 , la luce del plenilunio illuminava il giardino del tempio mentre una lieve brezza muoveva le fronde degli alberi. Komyo Sanzo guardava distrattamente fuori dalla finestra, perso in chissà quali pensieri, quando una vocina proveniente dal lato opposto della stanza richiamò la sua attenzione. Il monaco si avvicinò al piccolo letto nel quale giaceva un bimbo di appena cinque anni, gli occhi color ametista lucidi e la pelle d’alabastro arrossata a causa della febbre alta. Gli accarezzò la testa, spostando delle ciocche di capelli dorati dalla fronte per poi saggiargli la temperatura con un bacio.
«Come ti senti, Koryu?», gli domandò dolcemente il bonzo. Il bambino, nonostante respirasse affannosamente, non mancò di rivolgere al suo maestro un sorriso: «Ho tanto freddo, Venerabile Sanzo».
Il monaco dai lunghi capelli biondi gli rimboccò le coperte del letto e rassicurò il suo protetto: «Vedrai che presto starai meglio, ora cerca di riposare». Così dicendo Komyo Sanzo tornò accanto alla finestra, ad ammirare come i candidi raggi della luna rilucessero sulle foglie lucide e sui carnosi e nivei fiori dell’antico albero di magnolia che si trovava proprio di fronte a lui, i cui boccioli emettevano una fragranza dolce ed ipnotica, in grado di rapire i sensi del bonzo, che si perdeva in estatica contemplazione di quel paesaggio notturno.
«Maestro, non riesco a dormire», si lamentò Koryu, chiamando a sé il suo adorato precettore, «Mi raccontate una storia?», gli chiese infine con una vocina tremolante che proveniva da sotto le coperte, dove aveva nascosto il viso, vergognandosi.
 L’uomo tornò accanto al capezzale del bambino e con un sorriso indulgente gli chiese:«Vuoi che ti legga di nuovo la storia di Sargon di Akkad?».
Il bambino annuì felice, facendo capolino da sotto le coltri del letto, rassicurato dalla gentilezza dei modi del suo maestro,  mettendosi più comodo possibile per ascoltare quel racconto che gli piaceva tanto. Komyo si avvicinò alla libreria in legno chiaro che occupava un angolo di quella piccola stanza e prese da essa un libro dalla lucida copertina in pelle color cremisi, ornata con fregi e lettere dorate. Quel tomo gli era stato portato in dono da quel suo amico tanto bizzarro quanto geniale, quell’Ukoku, ed in esso si narravano le più sorprendenti leggende delle civiltà dell’Ovest, molte delle quali erano del tutto sconosciute ai più. Il bonzo si sedette sul letto accanto al suo pupillo, sfogliò le pagine del libro fino a raggiungere l’inizio della storia, poi iniziò a raccontare con la sua voce pacata:
« Nel tempo in cui la Mesopotamia era una terra fertile e ricca, una bellissima sacerdotessa ebbe un figlio altrettanto bello, che chiamò Sargon. Non potendolo tenere con sé, la madre pensò di affidarlo al fiume, così lo pose dolcemente in un canestro di vimini che spinse lontano dalla riva sperando che il suo piccolo fosse trovato e cresciuto da buone persone. Così fu. Un portatore di brocche trovò il cesto incagliato tra le canne e portò il bambino nella sua dimora dove crebbe forte e sano. In seguito, divenuto adulto divenne un importante consigliere di Ur-Zababa, re di Kish…»
«Venerabile Sanzo…», la voce esitante del piccolo malato interruppe il racconto del bonzo , «… anche io sono stato abbandonato sul fiume come Sargon, vero?».
Un sorriso dolceamaro si dipinse sul volto di Komyo Sanzo: aveva ormai compreso che il motivo per il quale a Koryu interessava tanto quella storia era perché gli ricordava la sua situazione di trovatello abbandonato alla nascita alle acque del fiume.
«Maestro, mi raccontereste ancora una volta di quando mi avete trovato e preso con voi?», chiese con tono di supplica il bimbo biondo.
Il monaco gli rivolse un grande sorriso e, scompigliandogli i capelli d’oro con una mano, capitolò infine alla richiesta del suo protetto: «E va bene, piccola peste, stammi a sentire…».
Mentre narrava al piccolo Koryu la storia del loro incontro, le parole riportarono alla mente di Komyo Sanzo le vivide immagini di quel giorno di alcuni anni prima.
Era un giorno di autunno inoltrato ed il bonzo si era recato in visita allo Shidereyanaji[2] , un tempio posto a valle rispetto a quello di Kinzan; dopo aver trascorso buona parte della giornata a recitare sutra e ad impartire lezioni sulla via del Buddha, al calare del sole, Komyo ed il suo seguito si erano rispettosamente congedati dal soujou[3] del tempio ed erano ripartiti alla volta del Tempio della Montagna d’Oro. I due monasteri erano collegati da un sistema di canali che aveva il suo fulcro nel grande fiume Yosuko, così, come al solito, il venerabile Sanzo ed il suo assistente, l’abile monaco Shuei, che stava iniziando il suo tirocinio come esorcista, salirono nuovamente sulla piccola barca a remi che li avrebbe condotti a Kinzan. Mentre la barca iniziava a muoversi lentamente fra le placide acque del fiume,  Komyo osservava in silenzio contemplativo il disco solare tramontare dietro le verdi montagne che circondavano la valle, mentre i suoi ultimi raggi aranciati disegnavano misteriosi arabeschi sul tetto della pagoda occidentale del tempio, sulle fronde degli alberi e sul filo dell’acqua , che si  increspava al passaggio dell’imbarcazione. I due monaci proseguivano il loro viaggio di ritorno verso il monastero immersi in questa atmosfera sospesa nel tempo, ognuno perso nei propri pensieri, nelle proprie  occupazioni e preoccupazioni.
La barca procedeva spedita lungo il corso del maestoso fiume, sospinta dalle vigorose remate di Shuei ed accompagnata da una lieve brezza, troppo tiepida per appartenere davvero ad una giornata di fine novembre.
Ad un tratto qualcosa attirò l’attenzione del monaco biondo, un rumore, sembrava un lamento…
«Shuei, lo senti anche tu questo strano suono?», chiese all’altro bonzo, che dopo essere rimasto per un attimo in silenzio ed essersi guardato attorno, scuotendo la testa , gli rispose: «Mi dispiace, Venerabile Sanzo, io non sento proprio niente…»
«Sarà stata la mia immaginazione», commentò allora l’altro sorridendo, «forse ho solo bisogno di un po’ di riposo».
La piccola imbarcazione proseguiva il proprio percorso verso la Montagna Dorata nel più assoluto silenzio: Komyo cercava di non pensare a quel misterioso suono, ma per qualche strano motivo non riusciva a distogliere la sua mente da esso  e così divenne preda di un’inspiegabile agitazione.
I due monaci giunsero infine in vista del maestoso tempio di Kinzan: fu in quel momento che quel suono divenne più forte nella mente del bonzo dai lunghi capelli biondi, crebbe d’intensità fino a diventare una voce implorante che si rivolgeva proprio a lui, a Komyo Sanzo, e chiedeva un disperato aiuto. Si guardò attorno, in preda ad una crescente inquietudine, poi tornò a domandare al suo compagno di viaggio: «Adesso la senti anche tu questa  voce, vero?». Shuei gli rivolse uno sguardo carico di preoccupazione e gli ripeté ancora una volta che non sentiva nessuna voce, davvero. Questa volta però l’abate di Kinzan non si lasciò convincere che si trattasse di un brutto scherzo dettato dalla stanchezza,  anche perché quella voce nella sua testa diventava sempre più forte, esprimendo senza parole un’inequivocabile richiesta di salvezza impellente, un sommo bisogno di protezione che divennero infine  percepibili alle sue orecchie sotto forma di un disperato pianto di un neonato. Come in preda ad uno stato di trance, Komyo prese i remi dalle mani di Shuei ed iniziò a vogare energicamente fino a dirigere la barca nei pressi dell’argine del fiume, dove, con grande stupore di entrambi, si trovarono di fronte a ciò che mai avrebbero creduto potessero vedere. Incagliata  all’argine del fiume vi era una tavola sulla quale era  legato con una cintura di un kimono da donna niente meno che un neonato che piangeva disperatamente con tutta l’energia che aveva in corpo. Il monaco biondo tirò in secca la tavola e prese il bimbo fra le braccia, osservandolo con attenzione: era davvero piccolissimo - poteva avere al massimo un paio di giorni -, sulla sua testolina spuntavano dei finissimi capelli del colore dell’oro, attorno al collo aveva un juzu[4] dai grani scarlatti, ed il suo piccolo corpicino era avvolto in una candida camicia di seta di pregevole fattura, segno questo che colei che l’aveva abbandonato alle acque del fiume Yosuko doveva essere di nobile famiglia.
Avvinto da una tenerezza indicibile, Komyo cullando dolcemente il neonato, gli disse sorridendo: «Allora eri tu che mi chiamavi, eh?».  La voce dolce e profonda del bonzo attirò l’attenzione del bimbo che spalancò i suoi profondi occhi color ametista, rivolgendogli uno sguardo che lo colpì dritto al cuore, cambiando in un solo istante la sua concezione di ciò che era giusto o sbagliato, di quello che rendeva la vita degna di essere vissuta…
«Venerabile Sanzo, ed ora cosa ne farete di questo bambino?», gli domandò il giovane esorcista.
«Questo neonato mi ha chiamato con un’insistenza tale che non posso far altro che prenderlo con me… il suo nome da oggi sarà Koryu della Corrente del Fiume», replicò serenamente l’abate di Kinzan, giocherellando con una manina del bimbo.
«E così ti presi con me senza chiedere il permesso a nessuno», disse Komyo al piccolo Koryu che lo ascoltava con attenzione da sotto le coperte, «ed ogni volta che ti guardo non posso fare a meno di pensare quanto sia vero quel proverbio che dice:  “Il fiore che sboccia nelle avversità è il più raro e il più bello di tutti”. Sì, le dure prove che hai dovuto affrontare fin dalla tua nascita hanno fatto e faranno di te una persona speciale, che mi renderà sempre fiero, qualunque sia la strada che tu scelga di intraprendere».
Gli occhi color ametista del bimbo scrutarono ammaliati la figura del bonzo: le sue parole  erano state talmente intense, così pregne di recondite aspettative e di un tale incondizionato affetto, che il piccolo discepolo non era riuscito ancora a coglierne in pieno la reale portata, sentiva solo dentro di sé un’estrema urgenza di esprimere al suo maestro tutta la sua gratitudine per averlo salvato, per averlo preso con sé, per amarlo così tanto.
«Venerabile Sanzo, tutto quello che io sono lo devo a voi: come potrò mai ringraziarvi?», esclamò con le lacrime agli occhi.
Komyo Sanzo si avvicinò al suo protetto e lo abbracciò forte: «Non ringraziarmi, Koryu, non avrei potuto fare diversamente, davvero. Mi hai chiamato con una voce che non era una vera voce, ma che indubbiamente era rivolta a me: il tuo è stato un appello a cui non potevo non rispondere, e che mi ha cambiato la vita…», gli rispose con una voce che non riusciva a mascherare l’emozione.
“… per questo, se necessario, non esiterò un solo istante a dare la mia vita per te…”,  si disse il bonzo fra sé e sé, consapevole che sarebbe giunto il giorno in cui, da buon padre, avrebbe dovuto sacrificare ogni cosa, compresa la sua stessa esistenza, per lui.






[1]
La traduzione di Kinzanji in italiano è : “Tempio (Ji)  della Montagna d’Oro (Kin- Zan)”.
[2] Nome di fantasia inventato da me, in italiano significa “Tempio (Ji) dei Salici Piangenti (Shiderayana)”.
[3] Il soujou è l’abate più importante di un tempio buddista.
[4] Il juzu è un  rosario buddista formato da 108 grani, utilizzato nella recitazione dei sutra e dei mantra.
Note a fine storia:


1. La leggenda di Sargon di Akkad: ci sono molte leggende  che narrano di bambini abbandonati alla corrente del fiume, poi diventati personaggi importantissimi: Mosè, Romolo e Remo, Sargon di Akkad, ecc… Io ho scelto quest’ultimo in quanto mi è sembrata essere la storia che più “plausibilmente” avrebbe potuto essere conosciuta da Komyo Sanzo (è la più antica e la più “orientale”).
2. Ukoku Sanzo aka Professor Nii: la Sensei Minekura nel Burial ci racconta che Komyo Sanzo ed Ukoku Sanzo , pur così diversi, sono grandi amici. Vista la genialità e l’”apertura mentale” di quest’ultimo, chi meglio di lui avrebbe potuto regalare al bonzo biondo un libro sulle leggende occidentali?
3. Shuei aka Rikudo: questo personaggio così importante nella vita di Sanzo, a cui lui regalerà il suo rosario buddista: l’unico oggetto che aveva quando è stato trovato sul fiume. Ho per questo  voluto che fosse presente anche lui nel momento in cui Komyo Sanzo trae in salvo e prende con sé il piccolo Koryu.
4. Il ritrovamento di Koryu sul fiume Yosuko: in cinese fiume Hung. Secondo il capitolo 9 dello “Xi You Ji” l’abate Fa’Ming (in giapponese Komyo Sanzo) ritrova il bimbo mentre è intento a meditare. In questa fan fiction, per poter usare l’immagine n.3 della sfida, ho immaginato che invece il ritrovamento avvenisse mentre il monaco è di ritorno da un viaggio sul fiume Yosuko.

Contest "Di Fiori e Paesaggi" | Premio Giuria 
Premio Giuria


Questa storia partecipa al The One Hundred Prompt Project con il prompt 031.Sole.
The One Hundred Prompt Project Rei no Niwa Writer



   
 
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