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Autore: Mattie Leland    25/06/2011    3 recensioni
[Looney Tunes]
< Sempre a fare giochetti. Vero, Silvestro? >
Quella vocetta... quella maledetta vocetta irritante! L'aveva sempre odiata, sembrava quella di una ragazzina. Eppure...
Il pubblico amava quella voce. La trovava graziosa e gioiosa, specialmente quando il suo possessore utilizzava la L al posto della R.
La prima volta che aveva tentato quell'improvvisata, Silvestro aveva temuto davvero per la carriera del piccoletto.
Solitamente i direttori non amano le improvvisate, specialmente da parte dei principianti
Lo avevano avvertito fin da subito i suoi colleghi. Aveva, quindi, sempre evitato di modificare anche solo superficialmente il proprio copione (non che ce ne fosse capace, in realtà) e aveva dato il medesimo consiglio anche al tipetto che era arrivato negli studi poco prima di lui, sfoggiando un'aria giovane ed ingenua. Chiunque, vedendolo, sarebbe stato preoccupato per lui. Pareva un angioletto, un bimbo alle prese col primo giorno di scuola che moriva dalla voglia di farsi tanti amici, ma aveva timore di non piacere o di passare inosservato.
< Non che tu sia diverso, Tweety.>

Seconda classificata al concorso Lo Slash Improbabile indetto da NonnaPapera!
Personaggi Gijinka, no Furry!
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: AU, Lime, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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RIPROVA

[ La FF si è classificata seconda al concorso "Lo Slash improbabile" indetto da Nonna Papera]
Autrice: Mattie Leland
Rating: Arancione
Genere: Commedia, Slice of life
Note: AU, Lime, Slash, One shot, Otheverse

Put the fucking R in place of the fucking L

 
Appallottolò il foglio con rabbia e iniziò distrattamente a passarselo da una mano all'altra. Era sempre così, sempre. Non passava un giorno senza che qualcuno lo trattasse come un povero idiota, come una pezza da piedi. Non era certo un mistero che lui fosse sfruttato fino all'osso, e nemmeno che il suo Q.I. stimato a meno di 90 (molto meno, a dire di un certo biondino) non facesse altro che aggravare la situazione. Aveva appreso, da tempo immemore, che spesso i suoi cari colleghi lo guardavano di soppiatto quando, per riuscire a prendere un oggetto posto molto in alto, impilava una fila di scatoloni in verticale e vi ci si arrampicava sopra. Era pronto a giurare che scommettessero. L'imbecille cadrà o no?
Eppure lui non era stupido. Era il biondastro a farlo apparire tale.
La palla di carta gli cadde di mano e lui la riafferrò con prontezza. Iniziò a giocarci più velocemente di prima, e con maggiore euforia.

< Sempre a fare giochetti. Vero, Silvestro? >

Quella vocetta... quella maledetta vocetta irritante! L'aveva sempre odiata, sembrava quella di una ragazzina. Eppure...
Il pubblico amava quella voce. La trovava graziosa e gioiosa, specialmente quando il suo possessore utilizzava la L al posto della R.
La prima volta che aveva tentato quell'improvvisata, Silvestro aveva temuto davvero per la carriera del piccoletto.
Solitamente i direttori non amano le improvvisate, specialmente da parte dei principianti
Lo avevano avvertito fin da subito i suoi colleghi. Aveva, quindi, sempre evitato di modificare anche solo superficialmente il proprio copione (non che ce ne fosse capace, in realtà) e aveva dato il medesimo consiglio anche al tipetto che era arrivato negli studi poco prima di lui, sfoggiando un'aria giovane ed ingenua. Chiunque, vedendolo, sarebbe stato preoccupato per lui. Pareva un angioletto, un bimbo alle prese col primo giorno di scuola che moriva dalla voglia di farsi tanti amici, ma aveva timore di non piacere o di passare inosservato.

< Non che tu sia diverso, Tweety.>

Oh oh, mi è sembLato di vedeLe un gatto.

Odiava doverlo ammettere, ma il mondo del doppiaggio era un mondo crudele. Non ci mettevano nulla a cambiare la tua voce col primo barbone di passaggio se non ti dimostravi adatto al tuo personaggio o non riuscivi a esprimere bene un'emozione, se la tua voce risuonava troppo bassa o troppo alta, se non riuscivi a pronunciare una determinata parola o se avevi un lieve difetto di pronuncia. Anche se, a dire il vero, la strana pronuncia di Silvestro era il motivo per cui aveva ottenuto il lavoro. A causa dei suoi denti ( o meglio, dei suoi canini particolarmente sporgenti ) aveva portato per anni l'apparecchio e la sua pronuncia della S e della C era stata irrimediabilmente compromessa.
Per anni aveva subito gli sfottò da parte di numerosi compagni di classe o anche semplici sconosciuti e ed erano stati tutti affrontati senza un minimo di diplomazia. La maggior parte erano stati mandati a fanculo, altri erano stati ignorati e poi rieducati con uno sgambetto improvviso nell'arco della giornata.
Silvestro si poteva definire in molti modi:
Sfortunato, goffo (eppure al contempo agile), irritabile, stizzoso, leggermente ruffiano, tenace, vigliacco... ma, sicuramente, non diplomatico.
Questo suo lato veniva a galla molto spesso. Da buon "animale domestico" qual'era, si ritrovava spesso costretto a sottostare ai voleri altrui. Ma la cosa non gli piaceva affatto. Sotto questo punto di vista si considerava un po’ un bimbo capriccioso che, se costretto a fare qualcosa di poco piacevole, metteva il muso per ore e si isolava.
Questo, però, poteva farlo con tutti meno che con una persona.
Si girò. Tweety stava dondolandosi su un'altalena che era stata messa, nel giardino dietro gli studios, apposta per lui.

< Stai sempre lì a dondolarti, mi fai venire la nausea. > Commentò con nota acida e sprezzante.

< E tu giochi con delle palline di carta dalla mattina alla sera. Non credere di fare un bell'effetto. >

La sua voce non cambiava mai tonalità, nemmeno quando diceva qualcosa di offensivo o particolarmente importante. Solo se c'era da leccare un po’ il culo... in quel caso il suo tono era mellifluo e dolce, con un alone lampante di civetteria e ruffianeria.
Forse era merito anche di quel suo bel faccino se ora aveva una frase fatta tutta sua (benché nel mondo del doppiaggio non servisse a un emerito cazzo avere una bella faccia).

Oh oh, mi è sembLato di vedeLe un gatto.

Quella stupida frase... quella dannata frase, che sarebbe dovuta essere detta solamente in un episodio, era diventata un tormentone, il marchio di Tweety. 
Era stata accolta con complimenti e standig ovation, pacche sulle spalle e strette di mano. E tutto questo perchè quello scricciolo di ragazzo aveva sostituito una semplice lettera, aveva pronunciato in modo diverso una frase già scritta. Persino quando doppiava altri personaggi, questa sua frase aveva un ruolo da cameo.
Forse non avrebbe dovuto dare troppa importanza a tutta quella faccenda... anzi, probabilmente se non si fosse trattato di Tweety non gli sarebbe importato un cazzo di niente.
Ma lo odiava. Lo odiava così tanto che avrebbe voluto tanto dargli un calcio in culo sufficientemente forte da farlo cadere da quel maledetto piedistallo su cui poggiava i piedi.
Peccato che Tweety sembrasse esserci incollato al cazzo di piedistallo.
Silvestro smise di giocare con la palla.  Considerò l'idea di alzarsi e andarla a buttare nel cestino a qualche metro da lui, ma un'occhiata fugace verso lo scricciolo gli fece cambiare idea.
Abbozzò un sorriso di sfida e lanciò la palla di carta con una movenza che fece pensare che sapeva quello che faceva.
Il fatto che mancò il cestino di almeno un metro fece denotare l'esatto opposto.
Silvestro avvertì alle sue spalle il risolino quasi sibilante di Tweety e strinse i pugni talmente forte da sbiancarsi le nocche.

< Davvero un bel tiro, Silvestro > disse il biondino fra le risate < forse, però, dovresti evitare di distrarti ogni volta che mi guardi. >

Silvestro avvertì un tono di malizia e cattiveria in quel commento. Dannato! Era sempre colpa sua.

< E' per via della tua voce. > Si giustificò incrociando le braccia e distogliendo lo sguardo.

< La mia voce? > Tweety si portò una mano al collo, come per indicare le corde vocali.

< Sì. Quella tua vocetta stridula e fastidiosa! E' come sentire mille unghie che graffiano su una lavagna! > Sperò di vedere almeno un poco di rabbia o fastidio, invece il ragazzo biondo si strinse nelle spalle e sbatté una paio di volte i grandi occhi azzurri.

< PeLchè mi dici così? Non mi dovLesti tLattaLe maLe, micione. >

Un brivido percosse la schiena di Silvestro. Odiava quando Tweety usava le battute dei dialoghi dei cartoni che doppiava. Ma sopratutto quando usava le battute del loro copione. Erano anni che prestavano le loro voci a un cartone animato che aveva per protagonisti un uccellino e un gatto, e Tweety si divertiva particolarmente a ripetere nella vita reale le battute del pennuto (a cui, per altro, somigliava in modo incredibile). Ma la cosa che aveva fatto rabbrividire Silvestro era stato quel micione. Dio... come potevano dire che non sembrava una ragazzina quando parlava a quel modo?

Ma forse questa mia idea dipende anche dal fatto che il pennuto è fottutamente gay.

< Io ti tratto come cazzo mi pare e piace. >

< No, tu non lo fai. > Silvestro si voltò di scatto. Tweety aveva iniziato a dondolarsi più velocemente e teneva lo sguardo fisso davanti a se.

< Cosa intendi dire? > Domandò inarcando un sopracciglio. Quell'affermazione gli era sembrata tanto una...

< Lo sai bene. >

... minaccia. Ecco cosa gli era sembrata. Non era una novità. Tweety era solito muovere minacce verso di lui quando un suo comportamento non gli andava a genio. Nessuno ci avrebbe mai creduto (visto il viso e i modi dolci che si ritrovava), ma il biondo era un vero stronzo. Viziato, capriccioso, indisponente, perfido e manipolatore. Questi erano gli aggettivi con cui Silvestro definiva mentalmente il ragazzo. Se avesse osato farlo in pubblico, sarebbe stato linciato.
Aveva timore in particolar modo di una persona... Granny. Un vecchietta costantemente armata di ombrello, nonché autrice delle avventure dell'uccellino e del gatto. Quella vecchina aveva una vera e propria adorazione per Tweety, quasi come fosse suo figlio o suo nipote. Certo, in realtà tutti adoravano Tweety, ma Granny era diversa. Se qualcuno le toccava il suo prezioso uccellino, diventava estremamente violenta.
Si massaggiò la testa con quel pensiero che vagava dentro di essa. Quante botte aveva ricevuto da quella donna? Ma chi ne avrebbe mai tenuto il conto? Una cosa era certa, facevano male.

< Hai quel visetto... ma sei un vero stronzo. >

< E tu hai quella faccia... infatti sei un idiota. >

Strinse i pugni e digrignò i denti (cosa che non gli faceva affatto bene). Quel dannato ragazzino alto un metro e un cazzo, riusciva sempre a tenergli testa, a sfotterlo con incredibile facilità e leggerezza. Tweety si passò una mano fra i capelli biondi, senza, tuttavia, scompigliarli minimamente. Il suo taglio a scodella magari era un po’ passato di moda, ma si adattava perfettamente a quella faccia da schiaffi che si ritrovava.

Quanto vorrei … fargli male!

Digrignò ancora i denti, e si fece male. Cercò di non darlo a vedere ma Tweety notò quell’espressione dolorante di chi si è improvvisamente morso la lingua. Sorrise. Silvestro distolse lo sguardo e poté notare un membro dello staff che gli arrivava alle spalle.
Teneva in mano un cordless.

 < Silvestro! Una chiamata per te. > Silvestro alzò un sopracciglio e guardò l’orologio. Era praticamente ora di pranzo.

 < A quest’ora? Chi è? >

 < E’ Silvestrino. >Il moro si sentì sobbalzare il cuore nel petto. Sia Tweety che l’altro uomo rimasero quasi interdetti dal sorriso radioso che si dipinse sul suo volto, un sorriso che metteva in bella mostra i suoi canini quasi animaleschi, ma che lo faceva sembrare molto più giovane di quanto non fosse.

 < Silvestrino! >

Strappò letteralmente di mano all’uomo il cordless e se lo portò all’orecchio.
Lo sguardo di Tweety si fece più insistente sulla sua figura, ma Silvestro non ci fece minimamente caso.
Stava parlando con suo figlio.
Il biondo socchiuse le palpebre, come per mettere meglio a fuoco il collega. Smise di dondolarsi.
Udì quasi involontariamente alcuni stralci di conversazione.

Come stai!?
Bene?
Certo che ho ancora il lavoro!
La scuola come va?
E la mamma?
Bene.

Quell’imbecille… soffriva forse di bipolarismo? L’attimo prima era sicuro che stesse per farsi a pezzi la mascella solo digrignando i denti, mentre ora parlava in toni molto allegri e sembrava avere una paralisi facciale, tanto sorrideva.
Strinse i pugni. Era una cosa che davvero non sopportava, il sorriso di quel tipo. Il solo vedere quei canini tremendamente poco umani gli faceva impressione. No, non solo impressione…  fastidio. Ma non era quella la parola a cui avrebbe fatto ricorso se fosse stato un po’ più sincero con se stesso.
Si voltò verso l’uomo che aveva portato il cordless e gli intimò di andarsene. Questo ubbidì senza la minima esitazione, anche se il tono del biondino era stato molto gentile (e molto, molto forzato).
Tweety si avvicinò velocemente a Silvestro, tenendo i pugni serrati.

 < Ma certo! Perché mai dovrei combinare qualcos…?!> Non finì la frase, poiché il telefono gli venne brutalmente sottratto da una figura che gli arrivava a mala pena alle spalle.

 < Ciao, Silvestrino! > Lo disse con un’intonazione talmente costruita che a Silvestro vennero i brividi. Era rimasto così basito da quel gesto inaspettato (e del tutto sgradito) che si era incantato a fissare il cordless che, fino a qualche secondo prima, teneva in mano lui.

 < Oh, noto che hai riconosciuto la mia voce. Che ragazzino arguto, e pensare che ci siamo visti solo un paio di volte.> Sorrise. Ovviamente sapeva che il piccolo avrebbe riconosciuto la sua voce all’istante. E non solo perché era intelligente. Tweety aveva avuto opportunità di constatare che il Silvestrino nutriva una grande ammirazione nei suoi confronti, sia a livello personale che professionale.

Tutti mi amano, non è una novità. I bambini in particolare.

Gli aveva confessato di preferire il personaggio che doppiava lui ( il canarino) a quello doppiato dal suo genitore. Ovviamente lo aveva anche pregato di tenerselo per sé, in modo da non ferire Silvestro.
Silvestro… oh! Che razza di padre!
Un esempio di inettitudine e incapacità unico, inutile e fastidioso, privo di ogni qual si voglia abilità e anche tremendamente lagnoso. A parere di Tweety, il genitore sarebbe dovuto essere Silvestrino, dal momento che i modi infantili di suo padre raggiungevano i livelli di un bambino dell’asilo.
Iniziò a gesticolare, come per far notare a Silvestro che era in preda ad un’animata conversazione con il suo interlocutore (cosa abbastanza vera, ma non ai livelli che dimostrava Tweety).
Gettò uno sguardo sul viso pallido del “collega” e vide dipinto su di esso un misto di rabbia, tristezza, amarezza e delusione.
Ebbe un fremito. Ciò che provava vedendo quell’espressione era tremendamente… appagante.
Soprattutto, non vedere quell’orribile sorriso era magnifico.

 < Adesso devo tornare al lavoro, piccolo. Ti ripasso tuo padre. Sicuramente avrete molte altre cose da dirvi. Ti saluto. >

Allungò il cordless verso Silvestro, che lo guardava con gli occhi sbarrati e furiosi.
Aveva immediatamente intuito (strano, visti i tempi di reazione del suo cervello) cosa voleva dire Tweety con la frase molte altre cose da dirvi, pronunciate con quel tono mirato a sottolineare una falsa ovvietà.
Appena ebbe ripreso in mano il telefono, udì la voce di suo figlio che lo salutava e che diceva che lo avrebbe presto richiamato. In sottofondo udì anche una voce femminile, che conosceva molto bene.
Si affrettò a dire a suo figlio che gli voleva bene, prima che la comunicazione potesse essere interrotta da fattori esterni. Cosa che avvenne.
Udì forte e chiara la donna dall’altro capo dell’apparecchio

Basta così

e poi il continuo tu-tu-tu che stava a indicare che la telefonata era finita.
Si morse il labbro, facendosi abbastanza male.
Premette la cornetta rossa e spostò lo sguardo sul biondino, che lo fissava con le braccia incrociate.

 < Figlio di puttana. >

 < Vacci piano, micione. Volevo solo chiacchierare un po’ con quel piccoletto. > Silvestro non parve udirlo. Il cordless gli cadde di mano.

 < Sai, mi adora. Credo gli faccia piacere parlare con me… > Non finì la frase, ma emise un gemito di sorpresa quando si sentì afferrare per il collo della camicia e tirare verso l’alto.

Ma che cazzo?!


Silvestro lo teneva quasi sollevato da terra.
Gli occhi neri assottigliati e i denti serrati gli conferirono un’aria minacciosa che Tweety non credeva potesse appartenere a uno come lui. Con quella faccia da idiota…

 < Bastardo! > Gli urlò in faccia il moro.

 < Mollami. Devi credermi se ti dico che questa situazione non ti gioverà. >

 < Tu lo sai… tu sai che cosa vuol dire per me una telefonata da parte sua! >

Sapeva. Accidenti se sapeva. Conosceva Silvestro da tanto di quel tempo che sarebbe stato impossibile non sapere. La situazione di Silvestro non era delle più piacevoli… tuttavia non riusciva a provare pena per lui.
Era pur sempre qualcosa su cui fare leva, in fondo.
Era grazie a varie leve che Tweety riusciva spesso ad averla vinta.
Il suo basso Q.I., era una leva.
La sua scarsa capacità d’improvvisazione, era una leva.
La sua pronuncia ridicola della S e della C, quella era una delle leve maggiori.
Quell’enorme e appagante soddisfazione che gli dava vedere Silvestro triste, arrabbiato e amareggiato… cavoli, era quasi come un orgasmo.
E forse Silvestro lo sapeva, per questo cercava sempre di trattenersi.
Era a conoscenza del fatto che aspettava costantemente un telefonata da parte del figlio, ed era anche consapevole del fatto che questa arrivava circa una volta al mese.
Il “merito” di ciò, era da attribuire alla madre del piccolo.
Non l’aveva mai realmente conosciuta, ma aveva assistito a una discussione fra i due genitori (una delle innumerevoli, a dire di Silvestro).
La donna non aveva fatto altro che urlare e sbraitare, e aveva più volte puntato il dito contro l’ex compagno, senza badare minimamente al fatto che Silvestrino era proprio lì, e stava assistendo a tutta la scena. E, forse, era proprio per lui che Silvestro se ne era stato zitto.
Più che una litigata, sembrava il rimprovero di una maestra al suo alunno peggiore.

 Che padre degenere. Invece di provare a farsi rispettare, se ne sta zitto e buono, facendo una pessima figura davanti a suo figlio.

 Ricordava di averlo odiato molto in quel momento. Ma non era un segreto. Lui odiava gli stupidi e gli smidollati e , per quanto lo riguardava, Silvestro era entrambe le cose.

 < E poi c’è lei. Sembra tenere il tempo con un cronometro ogni volta che tento di parlare con mio figlio! >

Tweety alzò un sopracciglio e poi sfoggiò il suo miglior sorriso. Silvestro ne fu quasi spaventato. Anche se l’espressione del più piccolo era gioviale, lui intuiva che, in realtà, intendeva essere tutt’altro.
Ne ebbe la conferma quando Tweety decise di parlare, utilizzando la voce che era tanto odiata dal moro, e tanto amata dal resto del mondo (o, almeno, dalla parte che possedeva una televisione).

 < E la biasimi? CaLo gattone, sei un padLe totalmente inetto e inutile. VoLLesti  insegnaLe qualcosa a tuo figlio, quando non sai nemmeno faLe il tuo lavoLo. Sei uno stupido coglione, che, a causa della sua Lidicola pLonuncia, è Liuscito ad otteneLe un posto. Ma, peL colpa del suo ceLvello dimezzato non riesce ad esseLe qualcosa di più di niente.
SaLebbe meglio peL tuo figlio non vedeLti ne sentiLti più.
Cledimi, caLo, gli faLesti solo un favoLe. >

Silvestro lo fissò incredulo e con la bocca semiaperta.

 < E oLa mollami, imbecille. >

 Il moro ubbidì.
 

*

 
Okay, forse non avrebbe dovuto farlo. Ma, al contempo, aveva fatto bene.
Se non lo avesse fatto, si sarebbe sentito una merda per il resto dei suoi giorni.
Perché un conto era sottostare professionalmente a un bravo doppiatore, l’altra era farsi trattare da schifo da un piccolo stronzo con la sabbia nel culo.
Silvestro riteneva che quello potesse essere il motivo di tanta cattiveria gratuita.
Se non avessi commesso quella bastardata (quella di rubargli di mano il cordless) e se non si fosse intromesso… se non avesse parlato del suo essere padre… non avrebbe mai reagito in quel modo. Certo, non lo aveva colpito (anche se era stato sul punto di farlo) ma era sicuro che Tweety gli avrebbe fatto pagare caro anche quel piccolo gesto di ribellione. Perché, in fondo, era quella la cosa che lui odiava di più. Che qualcuno si ribellasse alla sua semi-autorità, che mettesse in dubbio il suo essere superiore.
Finché Silvestro agiva solamente a parole, il piccoletto se ne stava abbastanza tranquillo, ma questa volta era passato alle mani…
Sono fottuto.
Si guardò allo specchio  e si passò una mano fra i capelli. Poté notare alcuni fili grigi farsi largo nella folta chioma corvina.
Quel piccolo bastardo mi sta facendo invecchiare precocemente.
Avere i primi segni di vecchiaia (almeno sulla testa) all’età di venticinque anni non era certo il massimo, e temeva che dopo quello che era successo, gli sarebbero anche spuntate le rughe.
Riteneva che nemmeno Ron Howard fosse invecchiato tanto velocemente (una volta che smetti con Happy Days, la giovinezza ti scivola dalle dita) ma almeno lui aveva la scusa di essere stato un uomo di spettacolo, lui invece doveva solo utilizzare le corde vocali.
Già… in realtà odiava anche la propria voce. Eppure, al contempo, la riteneva molto preziosa… era l’unico modo in cui poteva comunicare con suo figlio. Riteneva che se gli avesse scritto una lettera, sarebbe andata persa o distrutta.

 Lei mi odia.
E la biasimi?
Vaffanculo!

Come se fosse stata solo lei a soffrire. Lei era la ragazza madre e lui il patetico stronzo che l’aveva messa in cinta. Okay, avere un figlio a diciotto anni non era magari quello che ti saresti aspettata dalla vita, ma lui non l’aveva certo obbligata a fare sesso. Non era stato lui ad aprire le gambe come in una specie di sforbiciata. No, decisamente no.
E poi… aveva sempre riconosciuto Silvestrino. Come non avrebbe potuto farlo? Lo amava. Era suo figlio, e se gettarsi da un ponte fosse servito a renderlo felice, lui lo avrebbe fatto (ma avrebbe fatto felice anche lei, quindi era un po’ combattuto).

Sei un padLe totalmente inetto e inutile. VoLLesti  insegnaLe qualcosa a tuo figlio, quando non sai nemmeno faLe il tuo lavoLo

Lo era davvero? Non si era mai posto questa domanda. Le poche volte in cui poteva vedere Silvestrino, cercava sempre di insegnarli qualcosa e riteneva di essere piuttosto bravo… ma forse non lo era per niente. Ricordava bene quando, qualche mese prima, voleva insegnarli a giocare a basket. Qualcosa di molto semplice, una normale attività padre – figlio… e si rendeva conto solo adesso di avere miseramente fallito.

< Ecco, così! > Aveva preso la palla fra le mani e ne aveva sistemato il peso su entrambe per  poi lanciarla verso il canestro. Questa aveva rimbalzato sul cerchio metallico ed era ritornata al proprietario.

< Bè, non sempre funziona. Vuoi provare? > Il piccolo aveva annuito e aveva afferrato la palla. Silvestro aveva notato che sistemava il peso di essa sulla mano destra, mentre con la sinistra le dava lo slancio (aiutandosi anche con le gambe). La palla non aveva nemmeno toccato ferro, era andata a canestro perfettamente.

< Bravo! Ottimo lavoro! >

< Merito tuo, papà. >

Quel bambino, a soli sette anni, lo aveva già superato, sia a livello d’intelligenza, che di pratica. Quella volta… lo aveva accontentato. Suo figlio gli aveva dato un contentino.
Si passò una mano nei capelli e si sdraiò sul letto. Fece scivolare la mano sugli occhi, cercando di darsi un contegno, senza riuscirci. Si sentiva… un miserevole fallito.
Forse sono davvero uno stupido. La colpa non è del biondastro. O, almeno, non esclusivamente.
Morse istintivamente il cuscino, cercando di scaricare lo stress su di esso. Con un notevole sforzo, riuscì a non piangere nemmeno un po’.
 
Mentre il moro si crogiolava nella propria autocommiserazione, Tweety rifletteva sul da farsi, seduto davanti a una buona tazza di tè. L’idiota dagli orribili canini lo aveva insultato, inoltre gli aveva messo le mani addosso. Certo, lo aveva semplicemente afferrato per il colletto della camicia, ma tanto era bastato perché nel suo cervello scattasse la molla della rabbia.
Ora doveva solo decidere come gestire la situazione. Le alternative non erano moltissime. All’inizio aveva semplicemente pensato di raccontare tutto e farlo licenziare in tronco, ma aveva capito immediatamente che non sarebbe stato vantaggioso. Se fosse arrivato qualcun altro sulla piazza, ci sarebbero stati rischi troppo grossi sia per la sua carriera che per la sua giurisdizione. Silvestro era molto gestibile, bastava bastonarlo un poco perché capisse chi comandava (anche se questo non lo dissuadeva dal fare continuamente lo spavaldo, cercando di aumentare qualche punto della propria autostima) e Tweety era sicuro che con qualcun altro non sarebbe stato altrettanto facile… e neanche altrettanto piacevole.
Un’altra possibilità era quella di minacciarlo solamente, affinché fosse totalmente alla sua mercè.
Mio Dio, quello sì che sarebbe stato qualcosa di maledettamente orgasmico.
Allora perché stava ancora lì a riflettere?
Già, perché cazzo sono ancora qui? Perché non sono andato a casa sua a minacciarlo e a dimostrare la mia superiorità?
La verità era che non aveva molta voglia di fare ciò che aveva progettato. Batté il mignolo sulla tazza fumante e sospirò. Aveva usato una leva che, in fondo, aveva sperato di non dover mai usare o, almeno, di non provare gusto nel farlo.
Per la prima volta si sentiva leggermente… in colpa? Bè, era abbastanza normale. Anche se sapeva di essere un cinico e adorabile bastardo, riteneva che qualunque persona si sarebbe sentita male dopo aver sfruttato la conoscenza di situazioni familiari non troppo felici per recare danno a qualcuno.
E poi Silvestrino gli stava simpatico. Non gli era piaciuto molto, usarlo come “strumento di tortura” contro Silvestro.
In questo momento avrei un bisogno disperato del mio trespolo… altalena! Intendevo l’ altalena!
Dondolarsi lo rilassava da morire e lo metteva di buon umore. Un po’ lo preoccupava il fatto di aver usato (anche se solo nella sua mente) la parola – trespolo – ma lo mise in secondo piano.
Bevve un sorso di tè e si passò una mano fra i capelli. Forse il fatto che Silvestro avesse reagito alle sue provocazioni lo disorientava un po’. Ad essere onesti, un bel po’ di volte Silvestro aveva tentato di mettergli le mani addosso, colto da scatti di rabbia e follia improvvisi, ma era sempre stato bloccato da qualcosa o qualcuno. La maggior parte delle volte, era stata Granny a fermalo (anche con modi piuttosto bruschi) ma spesso era stato anche il fato avverso (almeno nei confronti di Silvestro).
Ricordava (non senza un certo divertimento) che una volta, dopo un ennesimo scontro dalla quale lui era uscito vincitore, Silvestro aveva tentato di afferrarlo alle spalle (Tweety riteneva che avesse l’intenzione di strozzarlo) ma proprio in quel momento era passato un addetto al suono che aveva urtato per sbaglio un microfono, facendolo cadere sulla testa del moro, che si era dovuto accucciare per sforzarsi di non imprecare o almeno di non farlo ad alta voce.
Tweety aveva capito di avere più culo di Micheal Clarke Duncan al suo arrivo ad Hollywood.
In verità non sapeva se il destino fosse a favore suo, o a sfavore di Silvestro.
Lasciò la tazza di tè ancora piena per metà sul tavolino.
Aveva voglia di andare a scroccare qualcosa.
Qualche istante dopo si ritrovò davanti alla porta d’ingresso con un cappellino azzurro con la visiera e delle converse rosa ai piedi.
Sì guardò allo specchio. Oh sì, davvero adorabile.
 
Dlin dlon.

E adesso chi cazzo era?
Staccò la faccia dal cuscino e si accorse di aver lasciato il segno dei denti.
Non aveva alcuna voglia di ricevere visite, il suo umore era nero come i suoi capelli ( i suoi capelli qualche mese fa, dal momento che ora lo stress lo aveva resto semi – brizzolato) e se avesse avuto una coda alla base della schiena, era sicuro che sarebbe stata ritta come un asta.
Si alzò a malavoglia e attraversò il corridoio fino alla porta d’ingresso.
Non guardò nemmeno attraverso lo spioncino, aprì la porta con un movimento brusco e si ritrovò a fissare una testa bionda coperta da un cappellino azzurro.

< Ehilà, micione! Non mi fai entrare? >

Rimase con gli occhi semiaperti e la bocca totalmente spalancata. La fonte di tutta la sua rabbia, di tutti i suoi problemi, aveva suonato il suo campanello e ora si presentava raggiante dinnanzi a lui come un vecchio amico venuto per una bevuta.
In quel suo modo di fare tanto gioviale e menefreghista gli ricordò, per un attimo… Gonzales. Scosse la testa, sentendosi stupido per aver pensato a una persona che non vedeva ne sentiva da una vita.
E poi… cosa poteva mai centrare Speedy Gonzales con Tweety Bird?
Nulla, non c’entra nulla.

 < Che vuoi? Che fai qui? >

 < Quanta scortesia, sono venuto per fare pace, no? > Silvestro alzò un sopracciglio.

 < Molto spiritoso, pennuto. Dì la verità, sei venuto a ricattarmi? > Tweety si poggiò un dito sul mento e poi scosse la testa.

 < No, mi è passata la voglia. >

Senza aggiungere altro, entrò spedito in casa di Silvestro. Era ancora più in disordine di come la ricordava. Quel tipo andava peggiorando di giorno in giorno.
Si tolse il capellino e lo poggiò sul mobile nell’ingresso. Doveva ammettere che in quella casa, nonostante tutto, si sentiva a suo agio. Era come se ne fosse lui il proprietario, e non Silvestro.

 < Ho voglia di una tazza di tè. >

 < Fattela. Sai dove si trova la roba. >

Tweety si strinse nelle spalle con un sorrisetto. Certo che poteva anche fare un piccolo sforzo. Ogni qual volta veniva in quella casa, Silvestro si dimostrava davvero pigro e inospitale. Un ospite costretto a servirsi da solo… che cosa inusuale a fastidiosa.
Prese una tazza dalla credenza e iniziò a prepararsi il tè. Era per questo che non aveva finito quello che stava bevendo a casa, il tè scroccato a Silvestro aveva un sapore migliore.
Gettò un occhiata al piccolo salotto e vide il padrone di casa seduto sul divano e braccia incrociate e con gli occhi assottigliati.
Per un attimo, Tweety sentì che, forse, non era del tutto consigliabile stare da solo con quell’idiota con gli occhi da maniaco. Stranamente, però, non aveva la minima intenzione di andarsene di lì.
Anzi, dopo essersi preparato il tè andò a sedersi proprio accanto a Silvestro, il quale sembrò quasi soffiargli contro.
Sentì un brivido lungo la schiena, che fece vacillare leggermente il suo sorriso.

 < Ribadisco: Quanta scortesia. >

 < Lasciami in pace. Ringrazia che sei entrato. >

 < Io riesco sempre a entrare dove voglio e a fare quello che voglio. E oggi avevo voglia di un tè, e avevo voglia di prenderlo a casa tua. >

Non era raro che accadesse tutto ciò. Silvestro si era reso conto di essere praticamente sottomesso alla presenza di Tweety. Non riusciva a impedire che gli fosse vicino, che lo provocasse e che la facesse sempre franca. Si era anche accorto di una cosa abbastanza strana. Tweety sembrava cercarlo.
Quando era fuori dagli studi per rilassarsi, lui gli spuntava alla spalle e iniziava a parlargli, per poi spostarsi sull’altalena e dondolarsi in modo quasi spasmodico, cercando di infastidirlo.
Durante le prove in sala di doppiaggio, non c’era volta in cui Tweety non evidenziasse errori futili (a volte anche del tutto inesistenti) da parte di Silvestro.
Persino durante la pausa pranzo… si sedeva sempre vicino a lui e, con estrema nonchalance, gli fregava qualcosa dal piatto e attaccava coi suoi discorsi da narcisista patentato e smorfioso arrogante.
E lui non poteva impedire tutto questo.
Lasciando da parte il fatto che Tweety era praticamente intoccabile, Silvestro non riusciva a immaginare di non essere costantemente avvicinato da lui.
La cosa lo infastidiva. E, in tutta onesta, lo inquietava anche un po’.
Forse tutto questo derivava dal fatto che aveva bisogno di almeno un minimo di contatto umano. E da almeno tre anni a quella parte, Tweety era l’unico a fornirglielo, anche se in maniera piuttosto sadica e indiretta.
Anche se la voglia di mettergli le mani addosso e strangolarlo non diminuiva, ne accennava a farlo.

 < E non fare quella faccia, tutto questo non è certo una novità, no? >

 < No, infatti. Tu vieni regolarmente a rompermi i coglioni. E’ per questo che ho questa faccia.>

 < E io che pensavo ci fossi nato. > Bevve un sorso di tè con un sorrisetto a fior di labbra. Bella battuta del cazzo.

Tweety si mise a fissare con una certa insistenza il telefono che stava di fronte a loro, su un tavolino di vetro. Poggiò la tazza di tè accanto ad esso e congiunse le mani sulle gambe accavallate.

 < Ti ha… ti ha chiamato di nuovo, per caso? >

Silvestro si voltò verso il biondo così velocemente che temette di spezzarsi il collo. Il suo stupore non derivava tanto dal fatto che Tweety sembrava preoccuparsi, ma soprattutto dal fatto che forse pensava di poter fare la figura dell’amico gentile e affidabile proprio con lui. Dopo la bastardata, credeva davvero che l’avrebbe scampata così facilmente? Ma, poi, perché avrebbe voluto? In fondo il fatto che Silvestro avesse perso le staffe, andava a suo vantaggio, quindi perché cercare di rimediare?

 < No. > Disse semplicemente.

Tweety lo vide schiacciarsi contro il bracciolo del divano, come per cercare di distanziarlo. La cosa non gli piacque per niente, soprattutto perché non doveva essere Silvestro a decidere di stargli lontano. L’unico caso in cui fosse stato autorizzato a farlo, sarebbe stato sotto suo ordine, come quella mattina.
Si mise la mani sui fianchi e gli rivolse un sorriso smagliante, che Silvestro, però, riconobbe come altamente ruffiano.

 < Su, non mettere il broncio. Cosa sei, un bambino o un animale domestico? > L’altro non rispose. Gli gettò un’occhiata piena di odio e disprezzo, che Tweety colse quasi con gioia.

 < Sai cosa ti manca, micione? Un po’ di diplomazia. Se ne fossi dotato, avresti molte meno grane. > Silvestro cercò di mostrarsi indifferente, distogliendo lo sguardo dal biondo.

Dovette per forza ricominciare a guardarlo quando questo gli afferrò il mento fra il pollice e l’indice e lo voltò bruscamente verso di se.

 < Non fare il bimbo capriccioso, sai che con me non funziona. >

Già, lo sapeva. Tweety era l’unico a non lasciarlo perdere quando cadeva in questo tipo di atteggiamento. Probabilmente perché la maggiora parte delle persone pensava  “Ha le palle girate, lasciamolo perdere” mentre Tweety pensava  “Ha le palle girate, stuzzichiamolo un po’”.

 < Si può sapere che cazzo vuoi? >

 < Siamo molto irritati, vedo. Ti dirò, mi divertirei di più se tu urlassi e imprecassi, piuttosto che vederti fare la donnicciola maltrattata. Se vuoi posso ritirare fuori il discorso di oggi.>

Silvestro sbarrò gli occhi e ( dentro di sé, in un certo senso) lo fece anche Tweety. Perché lo aveva detto? Esaminando a fondo la faccenda si era detto dispiaciuto per ciò che era successo, non voleva doverlo ripetere. Ma il fatto che Silvestro lo ignorasse facendo l’offeso non gli piaceva affatto.
Se essere preso e sollevato in aria lo aveva fatto arrabbiare, essere ignorato lo faceva sentire… frustrato.
E preferiva di gran lungo la rabbia alla frustrazione.

< Ma sì, parliamone un po’. Hai riflettuto su ciò che ti ho detto? Spero tu lo abbia fatto, perché non mi piace ripetermi… >

< Sei venuto qui solo per rincarare la dose? >

< … ignorarmi e incazzarti non farà di te un padre migliore, sai? Credo che tu sia così giù di morale perché hai semplicemente capito che avevo ragione. Già, altamente probabil… >

Si bloccò quando avvertì la mano di Silvestro sul suo collo. Non stringeva, tremava, così come tremavano le iridi nere di Silvestro, fisse su di lui, che sembravano volerlo bruciare, trasmettendogli tutto l’odio che il moro provava in quel momento.
Oltre a sentirsi un grande stronzo, Tweety si sentì altamente compiaciuto.
Sorrise in modo angelico, socchiudendo anche leggermente gli occhi.

< Fottuto bastardo. > Sibilò tra i denti. Alla loro vista, Tweety fu percosso da un brivido. Li odiava, li odiava davvero.

< R-rilassati. > Si avvicinò leggermente al viso dell’altro, con la mano che ancora gli serrava la gola.

Lo guardò negli occhi, senza smettere di sorridere.
Non sapeva bene il perché, ma quella situazione non gli dispiaceva affatto. Doveva anche ammettere di avere leggermente paura. Di Silvestro, della sua mano che gli stringeva la gola, dei suoi occhi brucianti di furia… e dei suoi canini.
Riuscendo a far forza sul braccio di Silvestro, si avvicinò ancora un poco.
Il senso di frustrazione era del tutto sparito. In quel momento, lui era praticamente il centro dei pensieri del moro (ance se in senso negativo) e la cosa gli piaceva da matti.

< Facciamo la pace, vuoi? > gli afferrò il collo della maglia e lo tirò leggermente verso di sé.

< Dai, bel micino, non me lo dai un bacino? >

Forse Silvestro nemmeno si era accorto di tutto quello che stava accadendo. Sentendo quella frase da copione, la rabbia gli montò ancora di più in corpo e gli fece venire voglia di stringere ancor più la presa sul collo del biondino. Quando sentì la bocca di Tweety stampata a ventosa sulla sua, però, realizzò che ciò che stava succedendo non era esattamente quello che si era aspettato fin dall’inizio, ovvero una lite con tentato omicidio.
Senza accorgersene, allentò la stretta, mentre Tweety gli circondava il collo con le braccia ed approfondiva il bacio. Il fatto che fosse un maschio a baciarlo, non lo toccava più di tanto, anzi, era la cosa più normale di tutte in quel momento.  Era Tweety a non essere normale. Forse perché lo conosceva da tantissimi anni, o forse perché lo odiava a morte… molto più probabilmente, per entrambe le cose.
Che baciasse tanto bene… non lo stupiva per niente. Aveva sempre pensato a lui come a una checca libertina, quindi constatare che era bravo in quel tipo di cose, non era così straordinario.
Dopo qualche secondo (magari, più di “qualche”)lo allontanò da se con un certa lentezza, sfruttando il fatto di avere ancora la mano attorno alla sua gola.
Tweety teneva ancora le labbra socchiuse, come gli occhi, ma il suo sorrisetto non era sparito, anzi, non era proprio mutato di una virgola.

< Sgualdrina. > Fu la prima cosa che gli venne in mente.

< Ti spiace mollare la presa? > Chiese con candore, indicando la mano di Silvestro.

Quest’ultimo ubbidì, anche se con riluttanza.

< Ah, e non chiamarmi più “sgualdrina”. E’ davvero poco carino. >

Scese dal divano e si sistemò il colletto della camicia celeste. Non riusciva a smettere di sorridere. Non solo perché baciare gli piaceva, ma soprattutto perché Silvestro non aveva opposto la minima resistenza.
Aveva tentato di ucciderlo, mentre lo baciava, ma non lo aveva spinto via, ne aveva serrato le labbra per evitare l’approfondimento del loro “approccio”.
Si toccò il collo. Forse sarebbe spuntato un segno, anche se leggero.
Mentre lo baciava, Silvestro aveva iniziato a stringere piuttosto forte.
Lo vide mettersi le mani nei capelli. Quasi gli dispiacque di non averlo fatto lui pochi secondi prima.

< Allora, io vado. Grazie per il tè. >

Forse avrebbe fatto più effetto sul suo umore, essere liquidato a quel modo. In fondo Tweety desiderava poterlo vedere come un lacchè. Anzi, per quanto lo riguardava, giunti a quel punto, Silvestro lo era già.
Appena finito di formulare questo pensiero, si sentì afferrare per la camicia, per poi essere bruscamente tirato indietro.
Gli uscì di bocca un verso stridulo ed effeminato, per nulla simile a quelli che si udivano in televisione nel momento clou di un film, quando l’attore veniva preso alle spalle ( e questa espressione poteva riferirsi sia a un film horror/thriller, che a un porno).
Fu l’unico momento in cui perse del tutto la sua compostezza e la sua faccia tosta, forse perché fu la prima volta in cui realizzò che Silvestro (idiota o meno) era molto simile ad un animale per quanto riguardava le reazioni e le relazioni umane, molto più di chiunque altro lui avesse mai conosciuto.
Un’altra cosa che lo scioccò parecchio, fu quella di ritrovarsi seduto in grembo a Silvestro, praticamente intrappolato dalle sue braccia che gli cingevano la vita.

< Ma che diavolo fai!? > Era la prima volta che Silvestro lo vedeva del tutto privo del controllo della situazione, anche se era stato proprio lui ad averla creata.

< Credi di potertene andare così? > Era una cosa stupida da dire, ma fu l’unica che gli venne in mente in quel momento. Era una specialità di Tweety lanciare il sasso e nascondere la mano (specialmente in pubblico) ma questa volta non glielo avrebbe lasciato fare. Tweety abbozzò un sorriso sbilenco e si girò verso di lui, guardandolo con un sopracciglio alzato.

< Cosa credi ti dia il diritto di avermi? >

Non pareva un tranello o una presa in giro, ma una domanda vera e propria. Anche per uno poco sveglio come Silvestro, non fu difficile realizzare che anche il biondo cercava una sorta di pretesto per rimanere. L’unica differenza rispetto allo stupore iniziale, era che in quel momento stava prendendo tutto sotto la sua ala. Stava cominciando a gestire il gioco ancora prima che iniziasse.
Silvestro pensò per qualche secondo. Cosa gli dava il diritto di averlo?
Il fatto che quel biondino lo aveva tormentato per anni senza nemmeno dargli un attimo di tregua, forse. Oppure il fatto che riuscisse sempre a farla franca senza la minima ripercussione. In verità di motivi ce n’erano parecchi. Se ne avesse fatto un elenco, sarebbe risultato più lungo della sceneggiatura di Via col vento.
In vece non disse nulla di tutto ciò. Disse solo…

< Ti ho preso. >

Ti ho preso. Era un caso che avesse pronunciato quelle parole con un tono di voce leggermente diverso dal solito, guarda caso, lo stesso tono che utilizzava quando doppiava il gatto del cartone animato? Tweety ritenne che non fosse un caso.
Sorrise e si rilassò, abbandonando la schiena contro il petto si Silvestro e la testa sulla sua spalla.
Quel ragazzo era un idiota. Ciononostante, lo aveva preso e ne faceva anche una fonte di diritto inderogabile. Come se il fatto di trovarselo lì, alla sua mercé, dopo anni e anni, lo autorizzasse ad averlo.
E, forse, non era sbagliato.
Non mentì a se stesso. Una volta recuperato il controllo, la situazione aveva iniziato a piacergli, anche se avrebbe preferito lasciare Silvestro con un palmo di naso per poi tornare con “qualcos’altro” più avanti, in modo da tenerlo sulle spine.
Doveva ammettere, però, che anche sentire la mano del moro che si infilava nei suoi pantaloni, non era male.

< Che vuoi faLe, gattone? > Ancora quel sorriso infantile. Silvestro intravide un rossore sulla faccia del biondo. La cosa, non seppe bene perché, lo eccitò non poco.
Quasi senza rendersene conto, rispose con un sorriso a trentadue denti, mettendo bene in mostra i canini e facendo rabbrividire Tweety.

< Mettiamola in questo modo… >

Tweety si sentì toccare con davvero poca delicatezza. Non lo stupì affatto, Silvestro era un tipo rozzo, lo aveva sempre detto. Voleva comunque evitare di fare la scenata da “checca isterica”. Normalmente sarebbe anche stata vista come una cosa carina e divertente, ma Silvestro lo conosceva e sapeva che questa cosa non si adattava per niente al suo modo di essere.
Era pronto a scommettere che la maggior parte delle persone pensava che lui a letto fosse una sorta di ragazzina degli hentai, sottomesso, timido e lamentoso.
Se avessero saputo come realmente si comportava in situazioni del genere… bè, riteneva che ne sarebbero rimasti abbastanza sconvolti.
Quando sentì la mano di Silvestro che lo “afferrava” inarcò la schiena, poggiando del tutto la testa sulla spalla del moro ed emise un flebile mugolio.
Mise una mano sulla gamba di Silvestro, come per reggersi, e si strofinò (non del tutto involontariamente) contro la patta dei pantaloni di quest’ultimo.
Lo sentì emettere un verso roco, ma non rallentare ciò che stava facendo. Anzi, poco dopo una sua mano si andò a posare sul petto esile e magro di Tweety, tirandolo ancor più verso di lui, come se volesse schiacciarlo.
Ipotesi non del tutto scartabile pensò il biondo.

< Ah! >

Si mise una mano sulla bocca, come per cancellare il suono che aveva emesso. Non perché fosse imbarazzato, ma perché aveva ceduto a mostrarsi con troppa facilità e questo lo faceva infuriare.
Ancora di più lo fece infuriare il gesto di superiorità che fece Silvestro. Si leccò il palmo della mano, come una felino che si pulisce del sangue della sua preda.
Tweety lo trovò un gesto abbastanza irritante, ma al contempo eccitante.
D’altronde era chiaro… ciò che stavano facendo derivava dall’odio che provavano l’uno per l’altro, un odio che rendeva tutto più divertente ed eccitante, anche se il loro rapporto era diventato, in questo modo, frustrante per uno e assuefacente per l’altro.

< Dicevo: Mettiamola in questo modo. Tu sei la mia cena, stupido pennuto. >

Frasi da copione. Di solito non erano una sua prerogativa. Anzi, era convinto che Silvestro odiasse non solo sentirle, ma anche utilizzarle.
Ma in quel momento era un po’ diverso dal solito. Forse cercava di emulare la spavalderia di Tweety, e (per Dio!) ci stava anche riuscendo.
Mise entrambe le mani sulle ginocchia di Silvestro e mosse il corpo avanti e indietro.
Sentì chiaramente (anche se attraverso i pantaloni) l’erezione sotto di lui e se ne compiacque.
Alla fine dei conti, tutte le variazioni nell’umore di Silvestro, dipendevano da lui, Tweety. Dipendevano da ciò che diceva e da ciò che faceva. In sostanza, aveva il controllo della vita di Silvestro per un buon 90%. La percentuale restante, era sotto il controllo di Silvestrino (anche se il piccolo ne era del tutto inconsapevole).

< Quindi… vuoi mangiarmi? >

< Il tuo sapore è buono. >

< Già, non faccio fatica a crederlo. > Cambiò posizione, in modo da essere faccia a faccia, pur restando a cavalcioni su di lui. Voleva baciarlo di nuovo, ma si bloccò quando Silvestro, invece di prepararsi, sfoggiò un sorriso.

< L’ho notato, sai? > Disse d'un tratto il moro. Tweety provò a sorridere con serenità, ma la cosa non gli riuscì molto bene.

< C-che cosa avresti notato? >

Si sentì afferrare il viso da entrambe le mani dell’altro. Non cambiò espressione, ma temette seriamente per la sua incolumità. O meglio, per l’incolumità del suo orgoglio.

< I miei denti… > gli fece girare leggermente il viso e si avvicinò al suo orecchio < … ti fanno paura. Vero? >

Come aveva fatto a capirlo? Quell'imbecille, come ci era arrivato? Eppure aveva cercato con tutto se stesso di nascondere quella sua piccola debolezza.
Finita la frase, Silvestro gli morsicò leggermente il lobo dell’orecchio e sentì il corpo di Tweety rabbrividire sopra il suo. Il biondo tentò di allontanarsi ma Silvestro spostò una mano dal viso alla vita di Tweety, tenendolo praticamente ancorato a sé. Non aveva intenzione di fare la parte del maniaco, ma aveva trovato il punto debole della persona che, per anni, non aveva fatto altro che stuzzicare i suoi di punti deboli.
Era un grande soddisfazione, e non solo morale. Vederlo comportarsi in quel modo inquieto e indifeso… era piacevole. Forse Tweety lo stava contagiando col suo sadismo, ma molto più probabilmente Silvestro si stava solo gustando una specie di vendetta nei confronti del più piccolo, e praticamente chiunque si sarebbe sentito appagato.

< Smettila, bastardo! >

La sua voce suonò acuta, anche se affatto priva della sua solita sicurezza. Invece di ascoltarlo, Silvestro gli morse leggermente anche il collo.
Tweety rabbrividì.
Non gli stava facendo male, affatto. Ma lui detestava quei canini da sempre. Gli facevano impressione (anche se Silvestro aveva utilizzato l’espressione più azzeccata, ovvero “paura”) e sentirsi sfiorare da essi dava davvero la sensazione di stare per essere feriti da un animale selvatico.
Per sua pura fortuna, Silvestro era un animale domestico.
Senza troppi sforzi riuscì ad afferrargli il viso e a baciarlo, spingendolo indietro, in modo da poterlo guardare dall’alto in basso una volta terminato il contatto.

< O mi porti di là, o me ne vado sul serio. >

< Impaziente? >

< Non sono il solo. > Gettò uno sguardo malizioso ai pantaloni rigonfi del moro.

Senza bisogno di aggiungere altro, venne trasportato da Silvestro dalla sala alla camera da letto. In fondo lui aveva detto che Tweety era la sua cena. E le cene non camminano. Vengono servite
Non si stupì di venire gettato sul letto, anziché posato.
Quando Silvestro si mise sopra di lui, bloccandogli i polsi, sorrise divertito.

< Non hai ancora capito, eh? > Gli disse con una voce che suonava molto saccente, e che a Silvestro non piacque nemmeno un pò

 < Di che parli? >

 < Lo scoprirai presto. > Si limitò a dire.

Non lo sorprese che Silvestro non avesse ancora capito. Eccitante o meno, era un idiota.

*


Lo aveva realizzato solo la mattina dopo, quando, aprendo gli occhi, aveva visto i capelli biondi di Tweety sparsi sul cuscino accanto al suo, quello che il più piccolo aveva cercato di fargli capire.
Avevano fatto sesso (e questo lo sapeva benissimo) e non per una sola volta. Avevano passato praticamente tutta la notte a scopare, entrambi si erano come sfogati utilizzando il sesso. E sfogarsi utilizzando la propria fonte di problemi, per Silvestro, era stata la cosa migliore del mondo.
Ciò che aveva realizzato era stato questo:
Non sarebbe mai riuscito a sottomettere Tweety, in nessun caso. Questo aveva voluto fargli capire il biondo.
Ogni singola volta che avevano fatto sesso quella notte, Tweety teneva le redini. Preferiva stare sopra, ma Silvestro non aveva voluto concederglielo durante ogni amplesso. Nonostante ciò, Tweety era stato in grado di comandarlo e manipolarlo senza che lui se ne accorgesse.
Anche quando si era ritrovato la sua testolina gialla in mezzo alle gambe... anche in quel momento era stato del tutto assoggettato da Tweety Bird.
Era strano... essere stato sottomesso da un passivo.
Non che potesse parlare da esperto, dal momento che l'unica altra relazione omosessuale che aveva avuto, riguardava Speedy Gonzales.
E con lui era stato totalmente diverso. Un tira e molla durato tre anni.
Quel piccolo bastardo messicano, non aveva fatto altro che andare da un capo all'altro del mondo non appena le cose iniziavano ad andare storte. Amava fare la bellavita, dormire, mangiare e ballare. Aveva dovuto trovarsi un lavoro per un breve periodo, e Silvestro era riuscito a fargli avere una piccola parte come doppiatore negli stessi studi dove aveva lavorato lui per un pò. Speedy aveva quella cadenza spagnola che piaceva tanto alle ragazze, e non aveva avuto difficoltà a doppiare un personaggio di un cartone animato ( un topo con un sombrero, per la precisione) e a riscuotere un discreto successo.
Ma Speedy era fatto a modo suo. Fino a che faceva qualcosa per necessità o per piacere, non aveva problemi. I suoi erano doppiaggi occasionali (Silvestro doveva ammettere che anche a lui quell'accento straniero piaceva non poco), fondamentalmente era un hobby, non un lavoro.
Quando era stato in procinto di diventare tale, Speedy aveva mollato.

Ma perchè?! Cazzo, hai idea di quanto sia difficile ricevere una proposta del genere?

Cálmate, hombre. Yo simplemente no van.
(Calmati, amico. Semplicemente non mi va.)

E parla la mia lingua! Non tentare di confondermi.

No es necesario parlare spagnolo para confonderti, Silvestro.

Perchè non hai accettato?
Finchè... finchè posso decidere io va bien. Ma non voglio orari, ne buste da firmare, ne contratti da rispettare, entender?
No. Scusa, e quando avrai un lavoro vero? Cosa pensi di fare? Mollarlo?
...forse. Me gusta vivere come voglio. Lo sai, no?
...
Voy hacer una carrera acquì, una de las... no me gusta impegnarmi. Ya sabes. (Voglio fare una corsetta di qui, una di la... non mi piace impegnarmi. Lo sai.)

E forse non intendeva "impegnarsi" solo in ambito lavorativo. Riteneva che, probabilmente, Speedy pensava anche di essere troppo vicino a lui.
Forse era per questo che da un giorno all'altro aveva cambiato indirizzo, e lo aveva avvertito per telefono che si sarebbe trasferito in Messico per un pò. E che poi sarebbe passato a Cuba, poi ancora in America, e poi chissà dove.
Non voleva fare la parte della fidanzata sedotta e abbandonata (anche perchè non era mai stato innamorato di Speedy, e avevano fatto sesso solo un paio di volte) ma era essere preso per il culo in quel modo che non gli era piaciuto. Speedy diceva di adorare la bella vita e il riposo, eppure non voleva lavorare e non faceva altro che correre da un capo all'altro del mondo. Incoerente.
A volerla dire tutta, era anche più infantile di Tweety. Quantomeno (in presenza di Silvestro) il biondino ammetteva le sue colpe e i suoi difetti (anche se lui non li considerava tali), Speedy invece prendeva tutto con molta leggerezza e con uno spavaldo menefreghismo. Sarebbe morto di fame? Fa nulla! L'importante era la siesta, la vida del soltero, y basura diversos! ( siesta, vita dello scapolo, e cazzate varie).

< Che fai? >

Si girò e vide due occhi azzurri e dalle lunghe ciglia bionde che lo fissavano.

< Pensavo. >

< Eh? Sul serio? >

< Non cominciamo con le prese per il culo già di prima mattina, maledetto! >

< E chi ha detto niente? Che ore sono? >

Silvestro gli passò il cordless che teneva sul comodino, sospirando.

< Controlla sul display. >

< Ma, hai un telefono in ogni stanza? >

< Sì. > Si limitò a rispondere.

Tweety guardò l'ora sul telefono. Le undici e un quarto. Fortunatamente si sarebbero dovuti presentare al lavoro alle due quel giorno, dato che avevano già finito la revisione dei copioni.
Ridiede il cordless a Silvestro e si risistemò sul cuscino.
Di solito era abituato ad alzarsi presto, ma quella mattina si sentiva esausto, e non c'era nemmeno da chiedersi il perchè.
Strisciò verso il lato del letto di Silvestro e si sistemò al suo fianco, strusciando la testa contro al suo petto e cingendogli i fianchi in una sorta di abbraccio.
Silvestro alzò un sopracciglio e lo guardò con sospetto.

< Micioneeee... >

< Che vuoi? >

<... mi fai il caffè? >

Ruffiano. Ruffiano, ruffiano, ruffiano! Che lo facesse persino con lui gli dava la nausea. Se c'era qualcosa che odiava più del Tweety autentico, era la maschera che quest'ultimo usava indossare con costanza.

< Non te lo puoi fare da solo? >

< Oggi farò fatica persino a sedermi. Qualcosa mi devi, non ti pare? >

Silvestro sospirò.
Non che fosse d'accordo con Tweety, ma era inutile ribattere su quel tipo di argomenti con lui, per di più appena svegli.
Fortunatamente per il biondo, in sala doppiaggio di stava in piedi.
Si sciolse dall'abbraccio di Tweety in modo piuttosto brusco, afferrandogli le braccia e spostandole. Il più piccolo emise un piccolo sbuffo e incrociò le braccia sotto al mento, rimanendo sdraiato in una posizione che faceva pensare a una ragazzina che rifletteva sulla sua giornata.
Silvestro intuì che gli aveva dato piuttosto fastidio essere allontanato in quel modo, ma a Tweety piaceva anche fare scena. Lo divertiva, anche se Silvestro non riusciva a comprenderlo.
Si infilò dei boxer presi a caso dal cassetto e uscì dalla camera.
Nel caffè di Tweety non mise lo zucchero.

Granny aveva voluto vederlo. A quanto pare, volevano rimettere in circolazione alcuni episodi di un non troppo recente cartone animato, e quindi avevano avuto bisogno di un altro doppiatore. Non era nuovo del mestiere, ma Tweety avrebbe dovuto aiutarlo coi copioni, dal momento che quel tipo non capiva un'acca di queste cose.
Il biondo aveva accettato "volentieri" ed aveva sorriso gentilmente verso la vecchietta.
La verità era che non poteva credere che prendessero a lavorare al suo stesso livello, uno che non sapeva nemmeno organizzarsi con le battute.
Non sarebbe stato troppo difficile aiutarlo, ma lo scocciava ugualmente. Il fatto che fosse il migliore lì dentro (e anche il più carino) a quanto pare era un'arma a doppio taglio, poiché doveva badare ad ogni singolo imbecille che gli capitava davanti (okay, "badare" a uno di loro era stato piuttosto divertente, ma era una caso isolato).
La sua opinione sul nuovo arrivato (Tweety era un tipo piuttosto prevenuto) venne confermata quando lo vide.
Capelli neri e totalmente spettinati, carnagione scura, abiti da poveraccio ed espressione trasognata e stupida.
Già lo odio.
Non potè fare a meno di domandarsi cosa avrebbe dovuto avere di speciale la voce di un tipo del genere. A vederlo sembrava mezzo addormentato, e di solito le persone con una faccia del genere possedevano un tono biascicato e spento.

< Buongiorno. Sei il ragazzo che deve doppiare il cartone ripescato, vero? > Assunse un tono amichevole e sfoggiò un sorriso piuttosto accattivante.

< Sì, sono io. Encantado de conocerte, hombre! >
Oh, no. Uno straniero. Ecco perchè lo avevano preso. Accento spagnolo, voce sicura e sprezzante... sarebbe potuto essere la versione più piccola e fastidiosa di Antonio Banderas.
Con riluttanza interiore, gli strinse la mano. Ci mancò poco che quello straniero non gliela stritolasse.
Pensò che, se non lo avesse mollato subito, gli avrebbe dato un calcio nelle palle.

< Mi hanno incaricato di aiutarti nella revisione dei copioni. So che non è la prima volta che lavori come doppiatore. >

< ¡Sí!  Qualche anno fa ho lavorato para unos pocos episodios. Poi mi sono ritirato, pero porque necesitaba dinero e gli studios hanno avuto quest'idea di rimettere in carreggiata il cartone...  estoy aquí! >

Si mise le mani dietro la schiena e si mise in testa qualcosa che... o mio Dio, un sombrero! Quel ragazzo era l'insieme dei più grandi stereotipi sui messicani.
Poteva essere un cartone animato da solo, era praticamente una caricatura... e aveva anche l'aria di uno senza voglia di lavorare, e questa era una cosa che Tweety sopportava molto poco.
Marciava sopra a un mucchio di cose, ma prendeva seriamente il proprio lavoro, e si era fatto il culo (no, non in "quel" senso) per arrivare dov'era ora, contrariamente a quanto pensava qualcuno.
Il fatto che quello straccione fosse messo sul suo stesso piano... no! Non lo poteva accettare! Sul piedistallo ci doveva stare unicamente lui, lo aveva sempre ribadito in maniera indiretta.
Sorrise e trentadue denti e si vide rispondere nello stesso modo. Ne fu quasi inquietato, poiché quel ragazzo sembrava perfettamente a suo agio.

< Comunque, mi presento! Io so chi sei tu, Tweety Bird, pero tu no sabe quién soy! Mi nombre es Speedy Gonzales! >

Solo dopo venne a sapere che Gonzales e Silvestro si conoscevano. A quanto pareva, la loro passata relazione non era un segreto.
Silvestro non era molto riservato, tanto che tutti i colleghi erano a conoscenza della sua situazione familiare. Lui e il messicano erano stati insieme per circa tre anni, con quel tipo che andava e veniva dagli studios a suo piacimento, senza la minima organizzazione. Non lo sorprendeva che Silvestro avesse avuto un'altra relazione con un maschio (troppo disinibito durante il sesso, anche solo per immaginarlo) ma non si sarebbe mai aspettato un tipo del genere.
Quando aveva rivisto Silvestro, era stato come se si fossero incrociati per strada. Hola. Solo questo gli aveva detto e Silvestro non lo aveva nemmeno calcolato.
Gli era apparsa un espressione stanca e annoiata sul viso, una cosa abbastanza strana per uno che aveva costantemente degli sbalzi d'umore.
Tutt'altra cosa erano gli sguardi rivolti a lui. Quando lo guardava, era come un drogato che fissava una dose già pagata e impacchettata su un tavolo. Uno sguardo da pazzo, sostanzialmente, ma a cui Tweety non diede troppa importanza. Forse doveva ancora realizzare di aver fatto sesso con lui. D'altro canto era stato a letto con la persona che odiava di più al mondo... forse quel suo cervellino grande come una noce non aveva retto al trauma, e si assicurava che Tweety fosse reale facendo posare costantemente lo sguardo del suo proprietario su di lui.
Forse, da quel punto di vista, Silvestro e Speedy potevano anche essere affini. Nemmeno quel messicano sembrava molto intelligente.

< Scusami...¿Qué significa esto? > Tweety prese il foglio e lo girò verso di sè. Sulla riga indicata da Speedy c'era la battuta  To grab some shut-eye. Probabilmente non capiva il significato complessivo della frase.

< E' slang. Vuol dire "schiacciare un pisolino" >

< Una ¿
siesta? > Tweety ebbe l'impulso di buttarlo giù dalla sedia. Cominciava a non sopportare più quelle parole in spagnolo, e non perchè non le capiva. Era semplicemente... irritante.

< Sì... una siesta. > Strinse i denti e abbozzò un sorriso. L'altro lo ricambiò con spontaneità.

< Il doppiaggio es dificil, no es como la televisión. Allì posso regolarmi meglio. > Televisione? Tweety si bloccò e volse lo sguardo su Speedy, allibito.

< Televisione?... tu hai fatto... televisione? >

< Sì! Ho fatto... ¿cómo se dice? Piccole parti. Robetta. >

Quindi... il messicano non solo sgambettava da un capo all'altro del mondo facendo lavoretti saltuari e permettendosi pure di fare una vita decente... ma oltre a questo era stato preso sia per doppiare un cartone che per recitare in televisione!? E sminuiva anche ciò che aveva fatto.
Con quella faccia, poi. Sembrava sempre sul punto di addormentarsi o (di rimando) schizzare per aria.

< Oh... che bello. Ti sarai divertito, immagino. Sono molto contento per te., in questo modo avrai acquisito una certa notorietà. > Congiunse le mani nella speranza che non si notasse il loro lieve tremore. Morivano dalla voglia di strozzare Gonzales, e Tweety non era molto restio a concederglielo.

< Divertito, seguro! > D'improvviso spostò lo sguardo dal copione al viso di Tweety e per poco (il biondo era stato veloce) non aveva scorto il suo sguardo omicida. Tweety rimase per un attimo stupito e si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

< Che c'è? > Come mai quello sguardo insistente? Sembrava persino intelligente.

< Eres muy lindo (sei molto carino). Potresti facilmente lavorare para la televisión. >

Tweety si sentì come rinvigorito. Non solo per il complimento sul suo aspetto fisico, ma anche perchè Gonzales aveva ipotizzato un suo possibile futuro sul piccolo schermo o (perchè no?) sul grande schermo.
Oh, sia ben chiaro: Non avrebbe mai smesso di fare il doppiatore. Nonostante la poca notorietà al di fuori degli studi di doppiaggio, amava il suo lavoro. Non aveva doppiato solo il canarino che ora era tanto popolare, ma tantissimi personaggi, anche se tutti appartenenti alla stessa casa di produzione.
Non era un lavoro facile (su questo Gonzales ci aveva preso) e saperlo fare così bene lo rendeva fiero di se stesso.
Ma lavorare nel cinema o nella televisione... vedere la propria faccia su tutti gli schermi... bè, sarebbe stato inebriante.

< Già. Potrei, è vero. > A Speedy non sfuggì la sua espressione trasognata. Nonostante gli fosse sembrato un tipo un po' freddo, forse aveva trovato il punto caldo del suo cuore. La popolarità.

< Escuchar... Tengo un amigo que potrebbe aiutarti, se la cosa ti interessa. > Per un attimo gli parve di sentire una sorta di elettricità nell'aria. Notò che Tweety aveva iniziato a dondolarsi sulla sedia e a fissarlo sorridendo.

< Dimmi puLe, caLo. >

*

Ci aveva messo un po' a realizzarlo e, quando lo aveva fatto, non era riuscito a crederci ugualmente.
Forse il fato si era finalmente stufato di ridurre costantemente il suo stato d'animo a un colabrodo, e aveva deciso di collaborare. Aveva quasi ringraziato il cielo per il ritorno di Speedy, ma poi ci aveva ripensato. Non gli era mancato per niente e non avrebbe mai voluto ritrovarselo davanti un'altra volta. Avevano anche discusso... più o meno.

Certo che non cambi mai. Fai sempre quel cazzo che ti pare...

...


... devi ritenerti fortunato a possedere una bella presenza e un accento straniero, perchè...


...


... lavorato in televisione e non sei riuscito nemmeno a...


...


... ma mi stai ascoltando!?


Erano passati due minuti prima che si rendesse conto di stare esibendosi in un monologo.
Non che gli importasse di lui, ma odiava essere ignorato a quel modo. Credeva che Speedy non lo facesse nemmeno apposta.
Ma era grazie al suo ritorno ( che probabilmente sarebbe durato poco ) che era riuscito ad ottenere quella grande opportunità. Una sit-com. Mai, in vita sua, aveva mai pensato di poter apparire in televisione... e mai avrebbe pensato di lavorare con Tweety anche in quell'ambito. A dire del produttore, sarebbe stato una sorta di esperimento, per vedere se la gente avrebbe gradito questa loro improvvisata, far recitare doppiatori senza alcuna esperienza. In effetti... alla fine dei conti, era tutto basato sulle loro voci così particolari e così riconoscibili.
Era sicuro che tutti si sarebbero immaginati il gatto e il canarino, vedendoli sul piccolo schermo.
Lavorare con Tweety non gli dispiaceva. Continuavano a fare sesso, continuavano a usarsi reciprocamente come valvola di sfogo e soddisfazione, quindi il loro rapporto era stabile.
Stabile... non era la parola più corretta.
Si era accorto di una cosa. Stava cominciando ad essere praticamente ossessionato dal biondino. Cioè, lo era sempre stato, in fondo, ma questa volta anche a livello fisico. Si sentiva come un drogato, alla continua ricerca (anche solo visiva) della sua dose.
Tweety gli aveva detto che si comportava come un maniaco sessuale, e forse aveva ragione.
Fatto sta che era quasi sempre il più piccolo a iniziare i giochi e a finirli. Quella "relazione" era tutta nelle sue mani, e forse questo fattore contribuire a fare di Silvestro il semi-drogato che era.
In particolare, ricordava il giorno in cui Tweety era rientrato da lui con uno scatolone pieno di gadget inerenti al suo personaggio, il canarino.
C'erano magliette rosa, borsette, scarpe, peluche e simili... tutti rigorosamente...

< Rosa! Perchè è tutto rosa? Perchè è tutta roba per femmine? >.


< Forse perchè il pennuto è come te: Fottutamente gay. >


< Spiritoso, guarda un pò quì. >


Aveva tirato fuori una tappetino. Rappresentava il canarino sdraiato su un cuscino a forma di cuore, che reggeva in mano una cornice della stessa forma. E all'interno della cornice c'era la faccia del...


< Gatto! Anche il gatto è fottutamente gay? Rispondi, spiritosone. >


Non c'era molto altro da dire. Avevano battibeccato per circa un minuto e poi si erano ritrovati in camera da letto.
Silvestro aveva il sentore che Tweety innescasse le litigate solo per poter fare "sesso arrabbiato". Si addiceva, a quel piccolo sadico.

Nonostante tutto, Tweety non avrebbe mai staccato i piedi dal piedistallo. Si era un poco ammorbidito, questo lo riconosceva. A volte era persino... gentile. Per circa dieci secondi, poi iniziava a prenderlo per il culo col suo sorriso allegro e costruito, così come il suo tono.
Era con lui quando Silvestrino era finalmente venuto a trovarlo per un paio di giorni. Andavano d'accordo, anche se non riusciva a capirne il motivo.
Ignorava che il motivo di tale intesa, fosse la consapevolezza della propria superiorità mentale rispetto a Sylvester J. Pussycat Senior. Se lo avesse intuito, probabilmente avrebbe tentato di nuovo di strozzare Tweety.

Al termine della giornata, Tweety gli aveva detto una cosa strana, che mai si sarebbe aspettato. Silvestrino dormiva sul divano letto, arrotolato in una coperta azzurra a mò di bozzolo.
Il biondo aveva guardato il piccolo e poi il telefono che gli stava di fronte. Questo per un pò. Aveva continuato a spostare lo sguardo da uno all'altro e poi aveva detto:

Credo di aver capito perchè hai tanti telefoni in casa.
Non sarai un granché come padre... ma ci tieni.

per poi aggiungere

fatti un cellulaLe, pezzente.

Lo aveva lasciato di stucco (e non per via dell'aggettivo "pezzente"),
Aveva capito? Che cosa? Non poteva realmente aver capito il motivo per cui teneva un telefono in ogni stanza... ci aveva messo un po' di tempo a capirlo persino lui.
Questo perchè agiva d'istinto, in modo inconscio.
Si era chinato vicino a suo figlio e gli aveva massaggiato i capelli neri. Lo aveva guardato in viso... così simile al suo
Era così ovvio? Il fatto che lui avesse voluto un telefono in ogni stanza per poter essere sicuro di rispondere quando riceveva una chiamata di Silvestrino?
Evidentemente sì. O forse era Tweety ad essere particolarmente intuitivo.

< Ho riflettuto... com'è venuto fuori l'argomento con Speedy? >

< Della sit-com, dici? Pura casualità. Ha lodato il mio visetto angelico e mi ha fatto notare che sarei potuto benissimo diventare un attore. > Si passò una mano fra i capelli, come per evidenziare la propria bellezza. Silvestro, in realtà, non aveva mai pensato che Tweety fosse bello o carino. Lo trovava semplicemente... attraente. Per natura.

< Sì, ma... io? > Tweety lo guardò con sufficienza.

< Cosa vuoi che ti dica? Ti ha fatto un favore. In fondo siete stati insieme... credo non ci sia nessun'altro modo con cui uno come te possa finire in televisione. >

Silvestro incrociò le braccia e distolse lo sguardo. Il loro rapporto non si era evoluto (a dire la verità, non sapeva nemmeno se una cose del genere fosse possibile) al lavoro la situazione era sempre la stessa. L'unica differenza (oltre al sesso) stava nel fatto che la loro intesa era maggiore, e quindi i doppiaggi venivano più naturali. Era stato persino lodato, per questo; ma ovviamente il 90% dei meriti era stato attribuito a Tweety, e tutti si chiedevano come avesse fatto a insegnare, a un imbecille come lui, il modo corretto di lavorare.
Silvestro avrebbe voluto fargli un disegnino di ciò che gli aveva "insegnato" Tweety. Era sicuro che si sarebbe divertito parecchio. L'unico motivo per la quale non diceva nulla della loro relazione, era la paura di subire qualche percossa fisica e lavorativa.
Tweety, invece, non diceva nulla per semplice orgoglio.
Il mitico biondino che se la fa con l'idiota dalla C e S "particolari". Era sicuro che il più piccolo avrebbe volentieri evitato di ammettere che Silvestro era bravo a fare una cosa tanto quanto lui.

Alla fine credo non gliene freghi poi molto. Meglio così, altrimenti sarei rovinato. Se a Tweety importasse realmente di me, sarei condannato a una vita di litigate e sottomissione.
Bevve un sorso di caffè, percosso da un brivido di terrore ed eccitazione.

*

< Silvestro? Che c'entra lui ? > Gonzales era stupito, si notava subito. Non si aspettava certo che Tweety tirasse fuori il collega nel bel mezzo di una conversazione su una possibile carriera televisiva del biondo.

< Trova qualcosa anche a lui. > Aveva detto semplicemente, mettendosi le mani dietro la testa mentre si dondolava sulla sedia.


< No es muy bueno... non come te. Chiedere a qualcuno di prendere un attore sotto suggerimento di un amigo, è come chiedere dinero senza garanzie. Entender? > Non era preoccupato o chissà che, voleva essere chiaro. Tweety voleva che Silvestro lavorasse con lui. Ma Silvestro non aveva una gran presenza scenica e non era molto sicuro sulle sue capacità di attore. Tweety, al contrario, era un attore ottimo.

Con lui aveva fatto riferimento unicamente al suo aspetto fisico, ma si era accorto di come il biondino cambiava personalità a seconda della situazione.
Non poteva ingannare un uomo di mondo come lui, uno che ne aveva viste di cotte e di crude, saltellando da uno stato all'altro.
Tweety credeva di sapere tutto, ma aveva solo ventitre anni e una vita passata con il culo costantemente parato. Speedy lo aveva inquadrato subito. Ma non gli era dispiaciuto, nonostante tutto.
Per un attimo se lo era immaginato bene accanto a Silvestro. Quel ragazzino avrebbe dato al semi-brizzolato il pepe al culo che gli serviva da anni.
Ma... a quanto gli era stato detto... i due si odiavano.

< Gonzales... vieni un attimo qui. > Lo aveva invitato ad avvicinarsi e aveva puntato il dito contro la vetrata. Da lì si vedeva tutto. Speedy vide Silvestro di spalle, che parlava con il fonico.


< Vedi quell'idiota? > Speedy aveva annuito con un sorrisetto. Tweety aveva ricambiato il sorriso, ma in maniera molto poco amichevole.


< Quello... è il
mio idiota. Il mio anti-stress, il mio... amichetto. Capisci, caLo amico messicano? > Speedy era rimasto allibito per qualche secondo, con la bocca semiaperta e occhi spalancati. Poi era scoppiato in una sonora risata che aveva fatto irritare Tweety. Gli aveva battuto un paio di volte sulla spalla. Il biondo lo aveva lasciato fare, trattenendo un tic nervoso.

< Yo entiendo! Entiendo, amigo! >


Forse si stava rammollendo sul serio. Forse Silvestro non era l'unico ad essere affetto da una sorta di dipendenza.

FINE.

Il titolo vuol dire: Metti la fottuta R al posto della fottuta L. Ovviamente riferito alla pronuncia di Tweety

Molti sono i riferimenti all'essere predatore o preda, all'essere mangiati o al comportamento animalescho di Silvestro. Credo sia superfluo dire che sono semplici riferimenti al cartone animato

Silvestrino: E' un personaggio apparso in alcuni episodi, figlio di Silvestro. Non si conosce la madre, per questo ho preferito non darle un'identità.

Granny: E' la nonnina che, nella serie animata, è la padrona di Tweety e, a volte, anche di Silvestro.

Micheal Clarke Duncan è un attore famoso sopratutto per aver interpretato John Coffey ne Il Miglio Verde. Arrivò ad Hollywood con 20$ in tasca senza conoscere nessuno e riuscì a diventare, prima guardia del corpo di Will Smith, e poi attore caratterista. Se questo non è culo...

... più lunga della sceneggiatura di Via col vento: Per chi non lo sapesse, Via col vento dura circa 4 ore.

Il pennuto è fottutamente gay: Questo concetto espresso da Silvestro, riflette il mio. Poiché ho pensato, fino a circa 7/8 anni, che Tweety fosse femmina, per poi scoprire il contrario. Lunghe ciglia, voce di donna (in italia ) e atteggiamenti ruffiani nei confronti del gatto non lo hanno certo aiutato.

Rosa! Perchè è tutto rosa? Perchè è tutta roba per femmine?
: Nonostante sia un maschio, Tweety è raffigurato unicamente su gadget e abiti femminili (in qualche raro caso, su abiti per bambini unisex) e quasi sempre in rosa.

Speedy Gonzales: Presumo lo conosciate. Ad ogni modo è stato una "spalla" di Silvestro per poi essere affiancato da Daffy Duck. Il topo più veloce del Messico.

Sylvester J. Pussycat Senior: Nome completo di Silvestro.

Antonio Banderas: Famoso attore, regista, doppiatore e produttore spagnolo.

Oh, sia ben chiaro: Non avrebbe mai smesso di fare il doppiatore. Nonostante la poca notorietà al di fuori degli studi di doppiaggio, amava il suo lavoro. Non aveva doppiato solo il canarino che ora era tanto popolare, ma tantissimi personaggi, anche se tutti appartenenti alla stessa casa di produzione.: Piccolo omaggio a Mel Blanc, voce originale di Tweety e di molti altri personaggi della Warner. Era detto L'uomo dalle mille voci, ha doppiato praticamente ogni personaggio dei Looney Tunes.

La "dipendenza" di Silvestro da Tweety, non è casuale. Spesso, nel cartone, si nota come il gatto sia così ossessionato dal canarino, da avere le allucinazioni.

p.s. Il carattere di Tweety, a parer mio, non è troppo stravolto. Tweety può sembrare dolce e innocente, ma in realtà (potete anche controllare su Wikipedia) il suo carattere è molto dispettoso e vendicativo. Essendo nella mia FF un umano, ho cercato di evidenziare questi aspetti.

Baci  Mattie

 

  
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