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Autore: NoeBun    25/06/2011    4 recensioni
‹‹ FF| NyoAustria/NyoPrussia. ›› — …Damerina, tu sorridi mai? — Posa il piattino, e si pulisce la bocca con un dito, ignorando completamente il tovagliolo che la padrona di casa le aveva gentilmente messo a disposizione. — Che domande sono? E’ ovvio che io sorrida. —
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Austria/Roderich Edelstein, Prussia/Gilbert Beilschmidt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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‹‹ FF| NyoAustria/NyoPrussia. ››

‹‹ Quando la noia chiama. ››

 . . .
 

Noia. Una noia mortale assaliva la prussiana che, quel giorno, di starsene a casa sua a torturare i propri fratelli e sorelle non ne voleva proprio sapere.
Pure suo fratello Gilbert quel giorno le aveva dato buca.
— Ahh, oggi non ho voglia, sono stanco. — Le aveva detto, con voce piuttosto sbuffante.
— Stanco?! Non vuoi guardarmi perché sei stanco? — Aveva ribadito lei, allibita quasi da quel suo comportamento.
— Non ho detto che non voglio guardarti. Ma ho bisogno di riposare per rimanere così figo. Quindi lasciamelo fare, uhm. — E con un gesto della mano le aveva palesemente fatto capire di andarsene, affondando poi la testa nel cuscino ricoperto da una fodera con sopra disegnati una miriade di pulcini gialli.
Per un lungo momento, una faccia sconcertata si era dipinta sul suo volto. Che gusto c’è a torturare Germania senza di lui? Ma non poteva certo starsene con le mani in mano.
“Non posso di certo sprecare un giorno della mia Magnifica esistenza in questo modo!” S’era detta allora, sbuffando rumorosamente e dirigendosi fuori di casa, non prima di non essersi data una sistemata.
I lunghi capelli argentei le oscillavano continuamente lungo la schiena, mentre con grandi passi vagava per strada. Non una meta, non un preciso scopo; solamente una gran smorfia sulla faccia e la voglia di fare, di trovare qualcosa per scacciare via quel senso di apatia che la circonda.
Ma neppure sulle strade nessuno che si diverta. Che ore saranno? Le tre e mezza forse. I bambini vengono tenuti al sicuro, e le coppiette non escono fino a sera. Figuriamoci le persone che sono da sole quanto lei, sicuramente preferiscono poltrire in casa piuttosto che prendersi il sole di Giugno. I negozi hanno appena aperto, e Prussia non vuole assolutamente fermarsi. E’ uscita per muoversi infondo, no?
Piano a piano però si stava rassegnando ad ogni idea possibile di incontrare qualcuno, anche un cane o un gatto, con cui perdere un pomeriggio.

Come detto si stava rassegnando, ma non lo fa vedendo una lunga chioma mora uscire da una pasticceria. Inizialmente non riesce troppo a crederci, magari sta sbagliando persona. Guardando bene però vede Mariazell, e quei lunghi vestiti e il profumo di Sacher sono inconfondibili.
Un ghigno, sodisfatto, quasi perfetto si dipinge sulle labbra dell’albina.
Austria. La sua vittima preferita. Capita sempre nei momenti più opportuni, vero? Nel posto giusto, nel momento più adatto.
Non ci pensa due volte, non vuole che se ne vada dalla traiettoria della sua vista, e le corre incontro, più veloce che mai. Per poco non le salta addosso e presa dalla felicità di aver appena trovato come spendere il suo tempo, la stringe forte in quella che potrebbe benissimo presentarsi come una presa da wrestling.
— Kesese~ Ma guarda chi c’è, la damerina! — Esclama, chiamandola con quel nomignolo che la mora odia tanto.
Quella mora che nel frattempo s’era adoperata per non far cadere la povera torta al cioccolato che a quell’attacco a sorpresa aveva cominciato a barcollare fra le sue mani. Fra vari tentativi, e una buona dose di equilibrio, era riuscita a tenerla in salvo. Cosa che non si può dire della prussiana.
L’austrica si era girata, fulminandola con quelle fessure color ametista.
— Prussia. Toglimi quelle mani di dosso…— Aveva inutilmente provato a pronunciare tenendo un tono calmo, che in verità sembrava quasi un ringhio. — …E non t’azzardare più a saltarmi addosso in questo modo pericoloso! —
—- Pff~ Pericoloso! Sei la solita nobildonna esagerata. — Le risponde sfacciatamente, continuando comunque a starle appiccicata. Ora che ha chi torturare chi se la smolla più di dosso? — Non sei felice che la Magnifica me t’abbia trovato? Chissà quanto ti annoiavi tutta sola in quella pasticceria. —
Austria, che nel frattempo s’era liberata una mano per cercare di scrollarsela di dosso, volta la testa cercando di non incappare in una piccola risata sarcastica. Lei non si annoia tanto facilmente.
— Non mi stavo affatto annoiando, Prussia. — Comincia a dirle, il solito tono da maestrina che calca ancora di più non appena pronuncia il nome dell’ex-nazione. — Ho appena comprato una torta, nient’altro. Tu invece? Strano che non sia in compagnia di tuo fratello a dare fastidio a Germania. —
Come suo solito, c’azzecca in pieno. Le sopracciglia dell’albina d’un tratto s’inclinano in una strana forma a V, innervosita da quell’intuito che ha sempre contraddistinto l’altra.
— Lo trovi strano, dici? Non ho bisogno dell’assidua presenza di altri, mia cara maestrina. — E detto questo, le da una piccola ma potente palpata ai seni, quasi fosse una soddisfazione in più, un antistress. A quel punto, è la faccia dell’austriaca a prendere una smorfia infastidita, quasi disgustata. Questi suoi modi di fare, il prendersi troppa confidenza, l’hanno sempre mandata in bestia, e come sempre cerca di calmarsi e di non risponderle in modo troppo poco adeguato per i suoi gusti. Sbuffa quindi un’altra volta, raddrizzando la schiena e dandole appena le spalle, dimenticatosi per ora di quel tocco. Che sicuramente non è il primo e non sarà l’ultimo. Purtroppo.
— Se lo dici tu, mia cara Prussia. Allora ci vediamo. — Quel ‘mia cara’ non è stato affatto sincero, ma poco male, l’austriaca se ne stava già andando per la sua strada, verso casa, pregustandosi la Sacher ancora salda tra le mani.
L’albina era rimasta interdetta. Aveva fatto un piccolo passo falso, per accaparrarsi la compagnia dell’eterna rivale quel pomeriggio.
“La compagnia? Ma che vado a pensare! Voglio solo divertirmi nel torturarla!” L’ennesimo pensiero contrastante. Forse non le dispiaceva neppure stare solo intorno alla donna, ma non l’avrebbe ammesso neanche sotto tortura, figuriamoci in quello stato. Ora deve però pensare al modo di fermarla, o si annoierà e continuerà a vagare ancora per ore da sola.
— A-aspetta! — Porta avanti una mano di scatto, rimanendo con la bocca aperta non sapendo bene che dire, e muovendo gli occhi in uno strano ritmo, cercando di inventarsi qualcosa. —…Anche se non ti stai annoiando, non puoi di certo mangiare tuu~tta quella torta da sola. O diventerai una palla, e addio alla tua bella collezione di corpetti. —
— …Io non ho una collezion-. — L’austriaca si blocca nel parlare, rigirandosi verso la prussiana e fissandolo con aria di chi non vuole ammettere un fatto ovvio. E’ possibile che abbia quella collezione, ma anche lei segreti che non svelerebbe a nessuno. — Va bene, non ti posso dare torto. Ma cosa vuoi intendere? —
Un ghigno lungo quasi quello di prima sulle labbra sottili di Prussia.
“Perfetto” si dice “Ora posso finalmente divertirmi.”


————


— E’ buona davvero. — La bocca piena e le guance allo stesso modo, fanno parlare l’albina in modo veramente strano, e l’austriaca spera vivamente che nessuno di quegli schizzi di torta le finiscano sulla faccia.
Esattamente. S’erano ritrovate a casa di Austria, a mangiare una Sacher. Per la donna dagli occhi viola questo era l’unico mezzo per cui sperava che l’albina poi se ne andasse. Il problema era che ormai la povera torta al cioccolato se l’era quasi finita l’altra, e la sua teoria sul fatto che la mora potesse ingrassare stava svanendo completamente. Come poteva farlo se veniva privata dei suoi dolci?
Intanto si limitava a fissarla, il suo piattino vuoto da un pezzo e la mano che teneva la guancia alzata, creando una smorfia molto strana sul suo volto.
— Lo so che è buona. Altrimenti non l’avrei mai comprata. — Risponde in modo piuttosto apatico, come le si addice solitamente. Non riusciva a prendere altro tono se non quello quando stava con la prussiana, forse per contrastare quella sua vitalità fin troppo espressa.
— Allora ammetto che hai buon gusti, felice? — Ribatte l’albina quasi con tono di sfida. Già dire un qualcosa del genere all’altra è tanto per lei, non ammetterebbe mai un solo pregio dell’austriaca. Ma questo, si dice, è un complimento alla torta, non a colei che ha dinanzi.
Mentre finisce la terza, forse la quarta fetta di Sacher, osserva per bene quella smorfia sul delicato viso della mora. Ha sempre la stessa espressione di sempre, e questo la infastidisce a dir poco. Come fa una persona ad essere così inespressiva?
— …Damerina, tu sorridi mai? — Posa il piattino, e si pulisce la bocca con un dito, ignorando completamente il tovagliolo che la padrona di casa le aveva gentilmente messo a disposizione.
— Che domande sono? E’ ovvio che io sorrida. — La nobile si alza e prende le sue posate e quelle dell’altra, in modo da impedirle di mangiarle altra torta, che segretamente custodirà per le sue pause pomeridiane. E’ rimasta piuttosto sorpresa da questa sua domanda, chiedendosi perché le fosse saltato in testa di chiederglielo.
— …E quando? — Insistente, come da copione quasi, ma veramente incuriosita. Da quello che ricorda l’ultima volta che l’ha vista con un’espressione beata sul volto risale a quand’erano delle bambine, e lei era fin troppo debole per difendersi da sola.
Le cose sono ovviamente cambiate.
Austria si gira, chiudendo i suoi occhi violacei, distendendo i nervi e cercando di risponderle in modo appropriato.
— Sorrido quando suono il pianoforte per esempio. Quando mi rilasso e leggo un libro, o sto in giardino a guardare l’orizzonte. — Cerca di dire, ma si sente pure lei non troppo sincera. Si, queste sono cose che le piace fare, ma quand’è che sorride realmente felice? E’ questo che la prussiana vuole sentirsi dire. Apre gli occhi, di poco, fissandola di sottecchi.
— …Quando sento che il mio popolo sta bene, quando c’è pace fra tutti, se sono con la mia famiglia. Sorrido quando sto con le persone che amo. — Conclude, calcando un poco in più quell’ultima frase. Finalmente ha espresso ciò che voleva dire realmente e si sente quasi libera.
Prussia è quasi spiazzata, con la bocca aperta. Era già pronta a interromperla alle prime parole, a darle della ‘solita nobildonna asociale’, ma non l’ha fatto. Ha sentito il discorso completo e un velo di imbarazzo aveva velato le sue gote di un roseo pallore.
Perché infondo potevano dire di essere parte della stessa famiglia, giusto? Hanno lo stesso sangue pur non ammettendolo. E questo l’austriaca l’aveva nominato apertamente.
Tossisce, a schiarirsi la voce, e sfodera uno dei suoi soliti ghignetti. Per alleviare quello strano silenzio che s’era fatto subito dopo.
— E dimmi maestrina, sorridi quando sei con me? — Si alza, e le si avvicina, smuovendo i lunghi fili argentei che le cascano dalla testa.
— …Non lo vedi da te, questo? — La mora rialza lo sguardo, una sottospecie di sbuffo a vederla diminuire le distanze.
— Giusto. …E riuscirò mai, a farti sorridere? — Un lieve sussurro, quella frase da parte della prussiana e un solo piccolo accenno da parte dell’austriaca. Non era un sorriso quello, più un gesto di sfida, come ad invitarla a provarci.
— Si vedrà Prussia, si vedrà. —





●Le ovvie note:
Questa  fic  mi è  sfuggita  un po’ di mano. In realtà non so neppure io perché sia finita a quel modo, ma pazienza. ♥
Spero comunque che sia di vostro gradimento, e grazie per aver letto fino a qui. ♥
  
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