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Autore: Werewolf1991    26/06/2011    2 recensioni
Ormai viviamo in un modo dove Digiword è conosciuto da molti e basta un semplice portatile per poter accedere a questo fantastico mondo.
Tutto sembra procedere per il verso giusto... ma le cose stanno per cambiare.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Prologo: La Punizione

 
 
Sulla vetta della montagna Spirale, negli oscuri meandri di un sinistro maniero, circondato da nubi nere, immerso nell’oscurità più totale, in una delle regioni più oscure e temute da qualsiasi Digimon, si udì un urlo di rabbia, seguito da un urlo di dolore, paura e disperazione. Il primo apparteneva al più misterioso , ambiguo e potente dei Digimon conosciuti a tutti come i Padroni delle Tenebre, l’Onnipotente Piedmon. Il secondo invece, apparteneva a colei che era stata la guardia del corpo personale di Piedmon, l’affascinante quanto letale LadyDevimon, la quale sembrava però in preda a una profonda sofferenza . Cosa poteva aver spinto Piedmon a reagire così violentemente, contro la sua più fedele servitrice? Per capirlo bisogna tornare al momento in cui LadyDevimon stava per essere cancellata da Angewomon:
 
“La partita è chiusa LadyDevimon!” Aveva esclamato Angewomon, avvolta da una sfavillante luce rosa, che aveva costretto la sua avversaria a coprirsi gli occhi, e che sembrava essere il preludio di un attacco dalla potenza devastante.
 
“No! Mai!” Era stata la decisa risposta della sua avversaria, che si preparava a sferrare il suo attacco ancora una volta, trasformando la sua mano sinistra nella sua “Lancia Malefica”. Ma non ne ebbe il tempo poiché Angewomon aveva rapidamente portato le braccia davanti a sé e muovendole di lato, gridando:
 
”CERCHIO CELESTIALE!” Aveva emanato dei fasci di energia che avevano colpito violentemente l’angelo oscuro.
 
LadyDevimon, disperata, e sul punto di  disintegrarsi, aveva  gridato, ”PADRONE!” prima di soccombere al dolore e perdere conoscenza.
 
Dopo quella che sembrò essere un eternità, LadyDevimon aprì gli occhi e fu sorpresa nel constatare di essere ancora viva. Di fronte a lei, con espressione fortemente contrariata e compiaciuta allo stesso tempo, stava il suo padrone, il potente Piedmon. 
 
LadyDevimon   non riusciva a crederci. Lui l’aveva salvata! Fece per inginocchiarsi di fronte a lui, ma scoprì con sorpresa di non riuscire a muoversi. Tentò più volte di farlo e nel frattempo notò che l’espressione sul volto del suo padrone era cambiata, dapprima era comparso un piccolo ghigno, che si era esteso fino a diventare un sorriso malefico, via via che la Digimon aveva tentato di muoversi. Lei inizialmente non capì la reazione del suo signore, finché non vide qualcosa che la fece impallidire. Scoprì con orrore di essere incatenata al tavolo su cui era sdraiata, e che quelle che la costringevano in quella posizione erano le sue stesse catene. Lanciò un’occhiata interrogativa a Piedmon,  alla quale egli rispose con un ambiguo sorriso che sembrava voler dire: “Non è ovvio?”.

Questo non fece altro che aumentare la confusione dell’angelo caduto. Si fece coraggio e aprì la bocca per parlare quando lui la zittì con un
gesto della mano.

“ Mia serva devota.” Iniziò con un tono pacato.” Devo dire che mi hai profondamente deluso.” Affermò.

” Ma io…” Iniziò lei, solo per essere interrotta nuovamente.

” Vedi, mia cara,” Proseguì lievemente irritato Piedmon” Come mia serva più fedele e mia guardia del corpo personale, mi aspettavo molto di
più da te.” Concluse, addolcendo il tono di voce verso la fine. La Digimon vi avvertì una punta di amarezza mista a delusione.” Invece” Riprese lui.” Ti sei lasciata battere da quella sciocca banda di bambini e da quella ancor più sciocca Angewomon. Se io non fossi intervenuto sarebbe stata la fine per te. Questo tuo fallimento mi addolora moltissimo, mia cara LadyDevimon! ” Dichiarò fissandola dritta negli occhi.
 Lei dovette abbassare lo sguardo, vergognandosi profondamente.
Lui si voltò e lei  con tono incerto e voce lievemente stridula balbettò: ” P-Padrone…” Ma non ebbe il tempo di continuare poiché egli riprese a parlare:

 “ No, mia cara, non dire nulla. Non rendere tutto più difficile!” Abbassando il tono della voce fino ridurlo ad un sussurro. Di solito era più distaccato, ma si accorse che, pronunciando quelle parole, una strana fitta di dolore lo aveva colto. Non riuscì a spiegarsene il motivo. Sperò che lei non se ne rendesse conto.

  LadyDevimon sentì un ondata di panico invaderla allora. Conosceva quel tono di voce. Era quello che preannunciava orrendi tormenti per il malcapitato di turno. Lei stessa l’aveva sentito innumerevoli volte, e aveva assistito, talvolta partecipando direttamente, alle indicibili torture inflitte dal suo padrone a tutti coloro i quali lo l’avevano deluso. Il suo padrone era esigente e non perdonava il più infimo degli errori. E soprattutto non sopportava quelli  che perdevano la dignità, arrivando a supplicare di essere risparmiati fino all’ultimo istante. Con loro era anche più crudele. Era  spietato e non aveva mai dimostrato un qualsiasi accenno di attaccamento ai suoi servi. Ricordava anche di come usava sedersi sulle ginocchia del suo padrone ghignando malignamente mentre Piedmon le massaggiava la schiena e talvolta le gambe, nel frattempo continuando a torturare i suoi servitori falliti. Ora però era lei a trovarsi in quella situazione. Oltre al panico, anche un estremo senso di inutilità la pervase, insieme a qualcosa che non riusciva bene a comprendere. Abbassò gli occhi, lottando per combattere un nodo alla gola che minacciava di farla scoppiare in lacrime di fronte al suo signore. Si vergognava di se stessa. Lei aveva fallito! Aveva deluso il suo Signore! Colui che aveva la massima fiducia in lei! Colui che l’aveva accolta quando tutti sembravano averle voltato le spalle. Tentò inutilmente di scacciare i ricordi, ma dovette arrendersi.
 

“Heilà! Guarda chi si vede! Ciao bel micetto!”

  Queste parole, pronunciate da una voce cavernosa erano rivolte ad un essere simile ad un gatto, che giaceva a terra ferito ed ansimante, ma il cui sguardo fiero e combattivo faceva intuire che non era ancora sconfitto” Fatti avanti!” Sibilò con voce femminile, all’altro essere, che assomigliava ad un ogre, dalla pelle color del ghiaccio, e dalla bocca irta di zanne e perennemente spalancata. La  pioggia battente colpiva i due avversari, che si sfidavano con lo sguardo, quello dell’ogre  sicuro e beffardo, quello della gatta fiero e ribelle. L’ogre levò la mazza che usava come arma ed esclamò :

”é la tua fine, micetta!”

E lei tentò di rialzarsi, ma le forze l’abbandonarono e cadde. Tentò di resistere all’improvvisa stanchezza ma si accorse di non riuscirci. Realizzò di essere perduta. Fissò lo sguardo sul suo avversario e si preparò a ricevere il colpo finale. L’ogre aveva quasi sferrato il suo attacco, quando si sentì una voce gridare:

”SORTILEGIO DEMONIACO!”

 L’urlo blocco l’ogre che si voltò per poi essere avvolto da un lenzuolo. Di fronte agli occhi della stupefatta gatta nera si presentò uno spettacolo sorprendente: l’ogre che fino a pochi istanti prima stava per distruggerla era diventato un portachiavi! Ancora incredula voltò la testa in direzione del misterioso essere che l’aveva salvata. Questi dall’aspetto ricordava un sinistro clown, con quattro spade dietro la schiena. La gatta temette il peggio e cercò di soffiargli contro, ma egli emise una breve risata, poi si avvicinò di qualche passo, s’inginocchiò di fronte a lei e le disse, con voce suadente e tonò divertito:

"No, non temere.  Io sono Piedmon. E tu come ti chiami?” E dicendo questo allungò una mano verso di lei La gatta dapprima esitante fissò prima la mano, poi gli occhi del suo interlocutore. Non appena li vide tutte le sue paure, incertezze e tutti i suoi dubbi sembrarono dissolversi.

Appoggiò una zampa sulla sua mano e con voce titubante rispose” Mi…mi chiamo BlackGatomon!”.

Lui la fissò con aria pensosa, poi sembrò riprendersi e replicò: “ Lieto di conoscerti, BlackGatomon!” Baciandole galantemente la zampa. Lei arrossì. Egli riprese a parlare” Sto cercando un Digimon disposto a farmi da guardia del corpo, qualcuno che sappia il fatto suo e qualcuno su cui possa fare il massimo affidamento. Sono rimasto colpito dal tuo sguardo!” Continuò, facendo arrossire ancora di più BlackGatomon.” È lo sguardo di una vera guerriera!” Proseguì eccitato. BlackGatomon iniziò a capire dove volesse arrivare” BlackGatomon…” Chiese lui con tono solenne” Vuoi essere tu quel Digimon?”

 Lei lo fissò negli occhi e raccogliendo le sue forze s’inginocchiò di fronte a lui: “Si!” Rispose convinta
.
 
 LadyDevimon non poté fare a meno di ripensare a quanto quell’ incontro avesse significato per lei. Da quel giorno il suo padrone  si era preso cura di lei e in cambio lei lo aveva difeso contro tutti. Ricordò la gioia provata al momento della sua digievoluzione nella sua forma evoluta, che sarebbe poi diventata la sua forma permanente. Fu la voce del suo signore a riportarla alla realtà, svegliandola dallo stato di trance in cui era caduta.

“Mia LadyDevimon!” Iniziò in tono solenne” Mi hai servito fedelmente e mi sei stata vicina più di chiunque altro. Hai condiviso con me gioie e dolori e hai affrontato rischi terribili per me. Ma purtroppo il giorno che più temevo è giunto. Puoi credermi se ti dico che questo farà più male a me che a te. “ Fece una pausa e si fermò a contemplare il corpo della donna incatenata di fronte a lui. Salì con lo sguardo fino al viso e notò che l’espressione fiera era svanita dagli occhi della sua serva e compagna. La donna appariva ora come nient’altro che l’ombra di se stessa. Ciò addolorò profondamente Piedmon e lo fece quasi ritornare sui suoi passi. Ma si riscosse, e riprese a parlare cercando con lo sguardo gli occhi di LadyDevimon. Me essi rifiutavano di incontrarlo.” Tu devi essere punita, LadyDevimon.” Sentenziò, tentando di mantenere la voce ferma. Era veramente frustrato e non riusciva a spiegarsene il motivo.

Poi fece qualche passo in direzione di un oggetto coperto da un telo. Tolse il telo rivelando una gemma, dalla quale si sprigionò una forte luce, che causò un urlo di dolore proveniente da LadyDevimon. Lui si nascose nell’ombra e osservo il viso della donna contorcersi in un espressione di dolorosa agonia. A quel punto si sentì quasi sul punto di scoppiare, ma si trattenne, costatando che la sua agitazione era aumentata, ancora inspiegabile all’apparenza. Osservo ogni istante di quella tortura contando mentalmente i secondi che passavano, mentre pensieri di una parte sconosciuta di lui gli affioravano alla mente.” Salvala!" Sembravano dire, ma lui non poteva ascoltare, non voleva, troppo orgoglioso per rimangiarsi la parola, anche solo per una volta, anche solo per lei. E scoprì di non riuscire a reggere quella situazione ancora a lungo.

 LadyDevimon  nel frattempo era in prenda ad un dolore profondo e incessante. Il suo corpo si contorceva in un vano tentativo di liberarsi e sfuggire alla luce che l’abbagliava, bruciandolo dall’interno. E lei urlava, senza riuscire a smettere, mentre sangue sgorgava dai suoi polsi e dalle sue caviglie, per lo sforzo di liberarsi. Le vene sul viso si erano fatte più evidenti e lei sentendo avvicinarsi la sua ora pensò” Addio Piedmon: perdonami se ho fallito, se ti ho deluso, se non sono stata all’altezza. Addio”.  Con le poche forze che le restavano tentò di sollevare la testa  per poter vedere un ultima volta il viso del suo salvatore e padrone.
 
Ma egli si allontanò , lasciò la stanza sbattendo la porta dietro di se non potendone più. Era la prima volta che non rimaneva ad assistere alla fine di un suo servitore fallito. Di solito questi spettacoli gli provocavano un grande piacere. Questa volta, però non fu così. Perché? Si chiedeva lui. Com’era possibile che ciò stesse avvenendo? L’unica spiegazione era che forse c’era qualcosa di diverso quella volta. Ma che cosa? Lei non era forse soltanto uno strumento come tutti gli altri? Si, avrebbe voluto dirsi, ma non ci riuscì. Dunque era diversa. Ma per quale ragione? Non lo sapeva. Ma di certo non poteva essere per paura di restare solo. Allora forse poteva trattarsi di qualcosa di più profondo? Lei era speciale, certo, ma valeva la pena tormentarsi così tanto per questo? Poteva essere che temesse non la solitudine ma il fatto che uccidendola non l’avrebbe più avuta al suo fianco? Che non avrebbe più potuto ascoltare la sua voce, minacciosa e dolce allo stesso tempo, che non avrebbe più potuto vederla volteggiare per il castello, indaffarata a eseguire un suo ordine? Ma soprattutto che non avrebbe più potuto perdersi nei suoi occhi., quei suoi meravigliosi occhi, rosso sangue, pieni di vita e di passione? E soprattutto, possibile che il solo pensiero di non trovarla accanto a lui il giorno dopo lo lasciasse senza fiato, tremante come un cucciolo indifeso, e sull’orlo delle lacrime? Era possibile che ciò lo facesse soffrire così? Era possibile che lui.. si fosse…Innamorato della sua Lady? Accelerò il passo tentando di scacciare questo pensiero.  

Ella ascoltò disperata il rumore dei suoi passi che si allontanavano. Non poté fare a meno di chiedersene il motivo. Perché se ne era andato così? Non la riteneva più degna di meritare la sua presenza nel momento della sua morte? Lo aveva deluso a tal punto? E perché, mano a mano che lui si allontanava, quella strana sensazione a lei sconosciuta s’era fatta più forte? Sentiva come se una strana creatura strisciante le si fosse lentamente avvolta intorno al corpo, lasciandole dentro un vuoto ed un freddo addosso mai provati prima. Perché provava ciò? Era forse perché aveva deluso il suo padrone? O era perché lui se ne era andato, senza neanche dirle addio, facendola sentire inutile e indegna di esistere? Forse era perché, involontariamente, aveva tradito l’unico essere che le fosse stato vicino, e questi, ferito nel profondo, aveva voluto punirla, abbandonandola nel momento della sua morte. Con  questa consapevolezza in testa, lei non poté fare a meno di pensare di esserselo meritato. Capì  di essere un fallimento, e desiderò di non essere mai venuta al mondo. Ora stava per lasciarlo e non si sentiva pronta. Ma se ne sarebbe andata comunque. Si sentiva debole e avrebbe voluto che il dolore cessasse. Avrebbe voluto un’altra possibilità.

 S’immaginò allora che Piedmon tornasse all’improvviso nella stanza, liberandola e dicendole che era stata perdonata. Poi lei lo avrebbe ringraziato e tutto sarebbe tornato a posto. Si diede della stupida. Sapeva benissimo che lui non l’avrebbe mai fatto, si convinse ancora di più che era meglio così, era meglio che lui non la vedesse ridotta in quel modo. Perché un essere debole come lei non si meritava un padrone come lui. Ne era semplicemente indegna e incapace di apprezzarne l’importanza. Eppure nonostante la consapevolezza di non meritarlo … avrebbe davvero voluto che lui fosse rimasto. Con lui si sarebbe sentita più forte.
 La luce brillò più intensamente.  A quel punto non ce la fece più. Le forze l’abbandonarono, il corpo s’irrigidì in maniera innaturale, ed ella lanciò un lungo, straziante grido di dolore e disperazione. Poi chiuse gli occhi. A quel punto la pietra smise di brillare e calò il buio nella stanza che ora si era fatta silenziosa.

Nello stesso istante un urlo di rabbia squarciò il silenzio, seguito da un rumore di passi lungo il corridoio. Piedmon entrò come una furia dalla porta dalla quale poco prima era uscito. Ansimante osservò ciò che rimaneva della sua compagna. Il corpo era irrigidito dalla morte, e si poteva notare lo sforzo che aveva fatto per tentare di liberarsi. Attorno ai polsi e alle caviglie della donna erano presenti dei rivoli di sangue, ormai annerito. Il volto appariva sereno, ma la sua espressione esprimeva una profonda tristezza. Piedmon si avvicinò al corpo della sua Lady e le sfiorò una guancia. Poi le sollevò le palpebre ed osservo i suoi occhi ormai spenti, vuoti e privi della scintilla della vita, della sua scintilla. Li richiuse, per poi posare un bacio sulla fronte di lei, avendo rimosso il suo cappuccio prima.

“ Mi dispiace!” Mormorò profondamente addolorato prendendo il suo corpo senza vita fra le braccia. “ Non temere, avrai un'altra possibilità!” Aggiunse con voce dolce, appoggiando la testa della Digimon sul suo petto.

Rimase lì per quella che sembrò un’eternità, osservando il corpo di lei frammentarsi in milioni di dati fino a scomparire. Poi lasciò il suo castello, per dirigersi da qualcuno al quale mai avrebbe pensato di doversi  rivolgere.
 La persona in questione fu sorpresa e si mise immediatamente in piedi, pronta a difendersi. Ma Piedmon non si scompose. “Ne è passato di tempo, vero, Gennai?” Chiese.

Lui lo squadrò con aria ostile poi sbottò:” Che cosa vuoi da me?”

“Vedo che non sei cambiato.” Replicò Piedmon, poi aggiunse :” Sono qui per chiederti un favore.”
il vecchietto si stupì di questa richiesta e con aria sospettosa lo fissò e chiese:” E perché dovrei aiutare uno come te?”

 Piedmon rispose:” Lo so che io sono l’ultimo essere sulla faccia di Digiworld al quale tu daresti una mano. Ma ti prego di considerarlo come l’ultimo desiderio di un condannato a morte” Fissando Gennai in maniera seria.
 Gennai  lo squadrò nuovamente, sorpreso, poi replicò “ Di che cosa vai farfugliando? Se è un trucco sappi che non ci casco!”
 
Piedmon scosse la testa e rispose con tono leggermente scoraggiato:” Nessun trucco. Io fra poco affronterò i bambini prescelti e  perirò nello scontro. Ma vorrei che tu esaudissi una mia richiesta!” Finì, con tono quasi supplichevole.
 
Gennai, colpito dalle parole del Digimon, decise di mettere da parte i suoi pregiudizi nei suoi confronti e di ascoltare la sua richiesta.” Parla, ti ascolto!” Affermò. Piedmon , al sentire quelle parole sembrò illuminarsi.
 
Raccontò brevemente ciò che era accaduto a LadyDevimon poi fece la sua richiesta:” Gennai, io vorrei che tu facessi rinascere LadyDevimon e che l’affidassi alle cure di un essere umana!”.
 
Gennai rimase stupito da questa richiesta e se ne chiese il motivo. Poi cominciò ad affiorare in lui un dubbio. E se avesse sbagliato a giudicarlo? Se, tutto sommato, Piedmon  non fosse così cattivo come pensava? E se anche lui avesse un cuore? Decise di rischiare e acconsentì. Avrebbe fatto in modo che LadyDevimon non ricordasse nulla di  Piedmon, come da lui richiesto.
 
 Il Digimon ringraziò il vecchio, dopodiché partì alla volta dei bambini prescelti. Poco dopo essi lo sconfissero, e, battuto Apokarymon, la pace tornò a regnare. Tempo dopo Gennai mantenne la sua promessa.
 
Quando ciò avvenne, lo spirito di Piedmon  si rallegrò di questo. Guardando la sua Lady tornare in vita egli disse: “Mia cara, perdonami se ti ho eliminata. Non ho avuto altra scelta. Ora hai un’altra possibilità. Goditela. Te lo meriti. E chissà, forse un giorno ci incontreremo ancora. Addio mia guerriera indomabile.”
 
Detto ciò si dissolse, attendendo il giorno in cui le loro strade si sarebbero incrociate di nuovo. Lei non avrebbe ricordato nulla e lui avrebbe potuto ricominciare nel modo giusto. Forse.
 
     
  
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