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Autore: echo kiriky    26/06/2011    0 recensioni
“Tra dieci anni, qui!” dice ad un certo punto Kim. “Cosa?” domanda David. “Tra dieci anni, incontriamoci nuovamente qui, in questo stesso giorno e vediamo cosa ci ha riservato il futuro!”, spostando lo sguardo dalle pietre megalitiche al viso del ragazzo che annuisce.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Solstizio d’Estate




Primo Capitolo.

E’ un tardo pomeriggio di Novembre e Kim, una ragazza di diciassette anni, guarda fuori dalla finestra della su piccola stanza, il vento che con una forza impetuosa, si abbatte sugli alberi facendo spostare i loro rami e quelle rade foglie che sono resistite alla stagione autunnale.
Si stringe di più nel suo pile mentre un brivido, causatole da uno spiffero proveniente da una piccola fessura della finestra , la fa sussultare sul posto.
Lentamente la luce del sole, che in quella giornata era coperto da uno spesso stato di nuvole grigie, comincia a diradarsi mentre la notte avanza e l’apparire della prima stella avvisa la notte imminente.
Guarda per un’ ultima volta il paesaggio fuori dalla finestra, per poi alzarsi dal davanzale sul quale era seduta fino a qualche minuto prima.
Uscita dalla sua stanza scende al piano di sotto, stringendo tra le mani un libro dalla copertina blu, scolorita, e dai contorni leggermente sgualciti; decide di allungarsi sul divano in salotto e di passare il tempo leggendo, nell’attesa che la madre ed il fratello facciano ritorno dalla vicina Cardiff dove sono andati, qualche ora prima, per fare spesa.
Sfoglia svogliatamente il libro per un po’, fino a quando, il cigolare della porta d’ingresso la fa alzare, nello stesso momento in cui la testa rossa cosparsa di lentiggini, del fratello, appare sullo stipite della porta salutando sorridente con un “Siamo tornati e mamma ha chiesto di andare a prendere la spesa rimasta in macchina”
Davanti alla porta d’ingresso, prende il suo giaccone lasciato sull’ appendiabiti, dopo che è rientrata da scuola quel pomeriggio, ed esce per aiutare mentre il rumore delle pentole in cucina l’avvisa che la madre ha già cominciato ad armeggiare con i fornelli per preparare la cena.
Varcata la soglia, si stringe maggiormente, per ripararsi da una folata di vento particolarmente forte e gelata.
Una volta rientrata ed aver rimesso la giacca al proprio posto, va nella cucina per sistemare la spesa, mentre dal salotto proviene il rumore della televisione, segno che il fratello si messo a giocare alla playstation.
“Kim, questo Natale non lo passeremo al cottage” le dice la madre finendo di impilare delle scatole di pomodoro e chiudendo poi l’anta del mobile e controllando la cottura di alcune pietanze sul fuoco.
“Bello, finalmente un Natale diverso!”esclama contenta la ragazza continuando ad indisturbata a smistare la spesa “ E dove andiamo?” domanda sempre ilare.
“In Germania”.
Un barattolo di mais cade a terra, sfuggendo alla presa salda di Kim e rotola lungo il pavimento fino ad arrestarsi scontrandosi contro la gamba di una sedia.
Kim si gira lentamente verso la madre. “Dove andiamo?” domanda, leggermente scossa, mentre il fratello, forse attirato del rumore del barattolo caduto o dalla voce di un tono più alto della sorella, appare, prima facendo capolino con la testa e, poi, completamente, nella stanza.
La madre sospira profondamente. “Andiamo in Germania” ripete.
Dopo un momento di esitazione e con una voce poco sicura “Io… io, non… non posso venire. C’è… il ballo e, devo assolutamente andarci e …”.
“Kim, lo so che a quel ballo non ci vuoi andare quindi, non prendere scuse che non esistono. A Natale andremo in Germania, ho già avvisato i nonni. Partiremo tra una settimana. La rimprovera la madre, alzando di poco il tono della voce.
Kim scuote il capo sconvolta. “No, io non vengo”.
“Tu verrai e passeremo tutti e tre una bella vacanza fuori da questo cottage”
Vorrebbe urlare e gridare che lei non accetta questa imposizione ma, conosce sua madre e sa che non può opporsi tanto meno le riuscirà di convincerla a non partire, comportandosi da bambina; per cui, annuisce solamente con il capo prima di uscire dalla cucina e salire nella sua stanza, chiudendo con violenza la porta alle spalle, facendone risuonare il rumore per il cottage.
Tim, sempre dallo stipite della porta, osserva la madre riprendere a cucinare.
“Te lo avevo detto che non l’avrebbe presa bene” le fa presente. “Però, vedrai che presto si abituerà all’idea e si divertirà un volta arrivati in Germania” aggiunge poco dopo.
“Lo spero Tim, lo spero veramente”.
Chiusa nella sua stanza e ripresa l su postazione preferita, sul davanzale della finestra, pensa al notizia da poco ricevuta.
Non può credere che la madre abbi accettato un viaggio di quel tipo; non perché abbia qualche cosa contro la nazione ma, per il semplice fatto che lì ci sono troppi ricordi che non vuole rivivere nuovamente.
Un leggero toc toc alla porta non la fa girare in direzione della porta, ben sapendo che è la madre, l’unica che in quella casa bussa tute le volte ce entra in una stanza mentre il fratello è più da entro e basta.
Si gira giusto in tempo per vedere la chioma riccia e rossa della madre fare capolino sullo stipite della porta “Posso entrare?” annuisce con il capo prima di spostare lo sguardo fuori, anche se oramai non si riesce più a vedere niente per quanto è scuro.
“Kim… so come ti senti e, credimi, prima di accettare la proposta dei nonni ci ho pensato parecchio e alla fine ho deciso che si può fare.” Comincia il discorso la madre, ma non finisce di parlare che Kim, comincia a parlare. “Se credi di aver preso la giusta decisione ok, sai che intanto verrò a Kiel, anche se sono parecchio restia.”le dice, spostandosi una ciocca di capelli castani da davanti al viso mentre la madre le accarezza dolcemente la testa sorridendole.
“La cena è quasi pronta” si alza ed esce dalla stanza, lasciando la porta leggermente aperta che, poco dopo, permette a Tim di entrare e di sedersi sul letto utilizzato per gli ospiti.
Si tolgono quattro anni anche se, vista l’altezza ed il viso dai tratti simili, vengono spesso scambiati per gemelli, e sono veramente molto legati anche solo per essere fratello e sorella.
Kim gli sorride, appena.
“Vedrai che ci divertiremo” le dice e lei riesce solamente ad annuire poco prima di alzarsi e seguire i fratello in cui per poter cenare.
A cena non si accenna neanche di sfuggita al viaggio e alla Germania e discutono della giornata scolastica.
Tim del fatto che a Barry Island, dove abitano, la scuola lasci a dir poco a desiderare come edificio e del fatto che la sua professoressa di inglese, secondo lui, ce l’abbia nei suoi confronti.
Mentre Kim racconta della corsa sua e della sua mica Vivien per prendere l’autobus per poter tornare a casa da Cardiff e, di come, per poco non era ruzzolata rincorrendo il mezzo che non si era fermato neanche vedendole. Solamente alla fermata successiva, erano riuscite a salire e a prendere posto, facendosi largo con gli zaini ingombranti.
“Se non avessimo avuto il prossimo autobus solamente quattro ore dopo, avremo potuto anche lasciarlo andare via senza rincorrerlo come pazze. E sentivamo Sebastian ridere senza sosta. Vivien aveva intenzione di fare dietro-front e conciarlo per le feste, solamente il fatto che la corriera stava prendendo velocità le ha fatto cambiare idea”
Finita la cena, Tim sparecchia la tavola mentre Kim si occupa di mettere i piatti e le posate in lavastoviglie poi, subito a dormire, dopo aver preparato le loro divise scolastiche, per il giorno dopo.
La mattina dopo, quando Kim esce di casa per prendere l’autobus, è costretta a rincasare per recuperare un ombrello per ripararsi dall’acqua che con un movimento scrosciante, scende giù.
Arrivata alla pensilina, attende per qualche minuto, richiudendo l’ombrello. Sale sul mezzo, per poi sedersi su uno dei primi posti, d sola, conscia che quel giorno la sua migliore amica non prenderà l’autobus perché ha trovato un altro passaggio.
Arrivato all’edificio scolastico, una delle nuove costruzioni nella città di Cardiff, si dirige a passo spedito verso il suo armadietto, nell’ala est.
Dopo aver recuperato i libri che le servono per le prime tre ore e lasciato lo zaino con i restanti, Kim, chiede il suo armadietto con maggiore forza del solito, creando un notevole rumore, facendolo sbattere.
Una ragazza, poco più bassa di Kim, le si avvicina facendo ondeggiare la lunga chioma bionda, legata in un treccia che si muove a tempo con la sua andatura.
“Svegliata male?” le domanda divertita.
“Meglio che non parli” risponde stizzita mentre si avvia per il corridoio, con i libri sotto braccio.
Vivine, la migliore amica di Kim dall’età di appena tre ani, quando avevano cominciato a giocare insieme alla scuola materna. Capelli biondi come il grano nel mese di giugno, quando è pronto per la mietitura ed occhi verdi, vispi.
Allegria e pazzia d vendere, come la forza di battersi contro chi non le va a genio.
Bella e discretamente corteggiata dagli alunni della scuola che entrambe frequentano, anche se lei afferma il contrario. E, particolare da non trascurare, fidanzata da sette mesi con Sebastian.
“ E dai, cos’è questo muso lungo?” ed altra qualità per cui non passa inosservata è proprio il suo ottimismo con il quale influenza tutti coloro che le stanno accanto.
“Vivien… a Natale parto!” continuano a camminare dirigendosi verso l’aula di storia, per seguire la prima
lezione della giornata.
“Allora: vitalità! Hai sempre desiderato passare le vacanze lontano da casa e Cardiff, non vedo perché devi avere questo muso…”
“Andiamo in Germania!” le dice all’improvviso, fermando il fiume di parole dell’amica.
-Ah!...- riesce solamente a dire dopo un po’ di silenzio, entrando in classe e prendendo posto su due banchi vicini ed in penultima fila.
-Già!-
Il professore entra, arrestando la confusione venutasi a creare nell’aula in mancanza della sua presenza e così anche Kim e Vivien terminano per il momento la loro conversazione.
Durante tutta la durata della lezione, Vivien, non presenta alcuna attenzione, addirittura, senza capire neanche l’argomento di studio del momento; perché, intenta ad analizzare tutta la situazione presentatale dall’ amica.
Riesce a capire come Kim abbia potuto ricevere una notizia di quel genere, ricorda ancora quando una sera l’amica si era presentata sotto casa, in lacrime e con le trecce sfatta, incurante della tempesta che c’era quella notte. Non può fare a meno di ricordare anche quel periodo in cui Kim, Tim e la madre, qualche anno prima, erano andati a stare da loro, in mancanza di una casa, dopo che avevano dovuto vendere la loro piccola abitazione.
Il suono della campanella la fa ritornare al presente e, ancora scossa, segue Kim che, camminando per i corridoi sistema i vari fogli in cui ha preso gli appunti della lezione appena terminato.
“Ehm, non è che me li potresti prestare?” le domanda Vivien.
Alza lo sguardo dagli appunti, per poi annuire, porgendogli quei quattro, cinque fogli in cui è riassunta la lezione.
“Grazie. Li copio e poi te li ridò prestissimo. Uffi, non so cosa farei senza di te!” dice Vivien, sistemandoli accuratamente in una piccola cartellina che porta con se, mentre insieme si dirigono verso le aule di lingue.
“Me lo chiedo anche io!” risponde sorridendo divertita.
“Spiritosa.” Le fa un linguaccia, sorridendo. “Senti, ho comprato il vestito per il ballo scolastico di Natale, vieni questo pomeriggio a vederlo? Così mi dici se secondo te può andare, sai, non mi sento proprio a mio agio con un abito di qualsiasi tipo e per questo motivo evito accuratamente tutte le feste scolastiche ma, Sebastian quest’anno mi ha costretto!” sospira tristemente.
“Certo che passo a vederlo, intanto questo pomeriggio ho solamente un impegno con le valigie per la partenza.”
“Ops, scusa. Forse era meglio se non nominavo il ballo” le dice sinceramente dispiaciuta Vivien.
“Tranquilla. Intanto, come ben sai, non sarei mai venuta. Anche se, ad essere sincera, avrei fatto molto volentieri un cambio: no Germania e sì al ballo!” le risponde sorridendo, fermandosi davanti all’aula di tedesco. “Ora devo andare a lezione, ci sentiamo dopo pranzo, nella mensa.”
“Ancora non capisco per quale motivo hai deciso di prendere tedesco, che conosci correttamente la lingua!” dice la bionda, osservando la scritta sopra la porta. “Ora vado anche io in classe. A dopo.” E così si avvia affrettando il passo verso l’aula di Francese
Kim è seduta ad un tavolino con un piccolo vassoio con il suo pranzo, quando Vivien le si siede davanti, leggermente arrabbiata in volto. Non fa domande, perché conosce l’amica e sa che deve essere lei a raccontare altrimenti riceverà come risposta solamente un Niente.
Riprende a mangiare il suo rost-beef, quando in mensa entra Sebastian, un ragazzo dell’ultimo anno alto all’incirca un metro e ottanta, gel per capelli per tenere leggermente dritti i capelli scuri, jeans strappati in più punti ed una maglia a maniche corte, anche se la temperatura non è l’ideale per questo abbigliamento.
Vedendola, le fa un cenno di saluto a cui ricambia, mentre si avvicina affrettando un po’ il passo.
“Vivien!” le si siede accanto. “Ti porto a casa io, ok?”
“Viene anche Kim con noi.” Le dice Vivien “dobbiamo vedere il vestito per il ballo” gli spiega.
“Bene, allora alla fine delle lezioni ci vediamo nel parcheggio. Ora, scusatemi, ma ci sono Marcus e Jasper che mi aspettano.” Un bacio veloce a Vivien ed un saluto con la mano a Kim e poi scappa via.
Le due amiche, poco dopo, si alzano con poca voglia e si dirigono verso la loro classe per seguire lezione di letteratura inglese, l’ultima di quel giorno.
La classe, a causa delle parole soporifere, del professore, è quasi completamente addormentata e, anche quando suona la campanella, ci vuole del tempo perché tutti gli studenti si sveglino.
Kim e Vivien sono ancora intenti a sbadigliare senza sosta, quando arrivano nel parcheggio e trovano Sebastian ad aspettarle con il motore della macchina acceso.
Arrivate a casa di Vivien e salutato Sebastian, corrono subito nella stanza della ragazza e recuperano il vestito: arancione, lungo fino ai piedi con delle bretelline fini ed uno scialle bianco abbinato.
“Bello, mi piace.” Afferma sicura Kim “Sicura però, che non sia un po’ troppo estivo per portarlo a dicembre?”
“Tranquilla che, va benissimo” le sorride.
“Se lo dici tu!”

   
 
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