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Autore: sonyx1992    28/06/2011    2 recensioni
"I cavalli mi avevano sempre terrorizzato.
Ma con lui era diverso, nuovo.
Tuttavia, la prima volta che lo vidi non potei fare a meno di pormi quella domanda che era rimasta sempre chiusa nella mia testa e che per qualche, inspiegabile, motivo, ne uscì solo in quel momento: come poteva un animale potente come lui lasciarsi cavalcare da un essere che ai suoi occhi doveva essere sicuramente il più bizzarro di tutti: senza pelo, in piedi solo su due zampe, ma soprattutto debole ed inerme?"
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"Era un essere ridicolo: basso, con degli strani peli neri che gli spuntavano in cima alla testa. Le orecchie erano ai lati del muso e la pelle nuda, senza neanche un pelo a scaldarla, era coperta invece da dei colorati tessuti; ma la cosa più strana è che continuava a stare in posizione d'attacco, eretto sulle due zampe posteriori."...
Piccola one-shot su due punti di vista diversi, quello di un uomo e quello di un cavallo e del legame che sentono nascere tra di loro.
Buona lettura! :)
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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AMICO
 
I cavalli mi avevano sempre terrorizzato.
Ma con lui era diverso, nuovo.
Tuttavia, la prima volta che lo vidi non potei fare a meno di pormi quella domanda che era rimasta sempre chiusa nella mia testa e che per qualche, inspiegabile, motivo, ne uscì solo in quel momento: come poteva un animale potente come lui lasciarsi cavalcare da un essere che ai suoi occhi doveva essere sicuramente il più bizzarro di tutti: senza pelo, in piedi solo su due zampe, ma soprattutto debole ed inerme?
Era una cosa senza senso e la conferma mi arrivò quando lui mi si avvicinò minaccioso, allungando il collo verso di me e schiacciando indietro le orecchie.
Ritrassi la mano intimorito, mentre lui invece continuò ad avvicinarsi a me con il muso, dilatando le narici per annusarmi, per identificarmi.
Restai con la mano sospesa in aria, ritratta indietro verso di me, insicuro su cosa fare. Presi coraggio ed allungai le dita verso di lui, verso il suo muso che superava la staccionata del recinto e verso quelle narici che continuavano a soffiare l'aria.
Come poteva l'uomo anche solo pensare di poter essere più forte di quell'animale, di poterlo controllare, di poterlo sottomettere?
Proprio non capivo.
Appoggiai le mie dita tremanti su l'estremità del suo muso, morbido, liscio e leggermente umido. Le tenni immobili, senza avere il coraggio di muoverle.
Lui non fece niente, se non continuare a soffiare fuori l'aria prepotente per annusarmi e fissarmi minaccioso, con le orecchie sempre schiacciate indietro.
Ma, ecco, proprio quando il tremolio della mia mano diminuiva piano, piano, lui con un movimento brusco, approfittò della mia distrazione e tolsi in tempo la mano prima di sentire lo schiocco dei suoi denti nel vuoto.
Mi ritrassi spaventato con tutto il corpo, mentre l'animale, innervosito, si allontanò a sua volta da me, movendo nervosamente la coda da una parte all'altra, facendola schioccare come una frusta sulla sua pelle.
Il mantello scuro riluceva sotto i raggi del sole, mentre lui percorreva il recinto a passo lento, dimenticandosi completamente di me, come se non esistessi.
Ai suoi occhi dovevo apparire davvero insignificante! Un insetto, forse, qualcosa di troppo piccolo ed invisibile da notare.
Mi feci coraggio e afferrata una cavezza, attraversai coraggiosamente la staccionata e mossi qualche passo incerto verso l'animale.
Lui alzò la testa verso di me, puntandomi addosso le sue orecchie, curioso di capire le mie intenzioni.
Nascosi la cavezza dietro la schiena e continuai ad avvicinarmi a lui, fingendomi tranquillo.
Quando fummo uno di fronte all'altro, distanziati solo da pochi metri, gli mostrai le redini che tenevo in una mano.
Le sue orecchie si ritrassero immediatamente indietro, schiacciandosi ancora una volta in segno di minaccia.
La paura si impossessò un'altra volta di me e mi fece tremare terrorizzato; presi un respiro e mossi ancora qualche piccolo, incerto passo verso di lui, che restò immobile a studiare le mie mosse.
Quasi senza rendermene conto mi ritrovai sotto di lui che imponeva su di me, distanziati da pochissimi ed insignificanti centimetri.
Mi sovrastava con la sua altezza e le narici tornarono a soffiare con forza sopra la mia testa.
Rimasi immobile, la cavezza stretta a forza in una mano, sbirciando di nascosto il muso del cavallo sopra di me.
Un altro suo sbuffo mi obbligò a chiudere gli occhi spaventato.
Quando qualcosa iniziò a tirarmi i capelli li riaprii e mi abbassai istintivamente col corpo, cercando di allontanarmi senza spaventarlo.
Sorrisi divertito alla scena che si stava svolgendo sopra di me. L'animale cercava di prendere con le labbra quei fili neri che partivano dalla mia testa, trovandoli probabilmente gustosi e di suo gradimento.
Riacquistando un poco di coraggio, alzai la mano che teneva la cavezza e, dopo averla preparata, indietreggiai di due passi per guardarlo direttamente.
Lui restò immobile e notai con sollievo che le orecchie erano tornate dritte a studiarmi.
Alzai la cavezza in aria e mi riavvicinai a lui.
L'animale, a mia sincera sorpresa, chinò leggermente la testa, lasciando che io gli facessi passare il laccio delle redini dietro le orecchie.
Come poteva un animale forte come lui lasciare che un animale ben più debole lo sottomettesse?
Bè, da quel giorno forse iniziai a capire perché con lui era diverso, era nuovo.
Appoggiai una mano sul suo muso, trovandomi in linea diretta con i suoi occhi, che mi fissavano sgranati e, a mio parere, meravigliati.
Mi ammirava e ancora oggi non capisco il perché.
Mi credeva un amico, forse. Un essere a cui dare fiducia assoluta, nonostante questo sembri molto più debole e piccolo di te.
E lo stesso valeva per me, poiché altro, lui, non sarebbe dovuto essere nei miei confronti: un amico.
 
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Era un essere ridicolo: basso, con degli strani peli neri che gli spuntavano in cima alla testa. Le orecchie erano ai lati del muso e la pelle nuda, senza neanche un pelo a scaldarla, era coperta invece da dei colorati tessuti; ma la cosa più strana è che continuava a stare in posizione d'attacco, eretto sulle due zampe posteriori.
Mi resi minaccioso per rispondere al suo segnale d'attacco, appiattendo le orecchie sulla testa ed avvicinandomi a lui titubante.
Ci toccammo.
Una sua zampa anteriore toccò per un istante il mio muso e ci impiegai un po’ a capire cosa significasse: mi stava colpendo!
Appena me ne resi conto ritrassi la testa indietro solo per prendere la giusta spinta per morderlo e contrattaccare.
Sentì lo schiocco dei miei denti perdersi nel vuoto.
Lo mancai per poco, peccato.
Nervoso ed agitato mi allontanai da lui, frustando la coda sulla mia pelle per cercare uno sfogo alla mia ira, per tranquillizzarmi.
Quando tornai a concentrarmi su di lui, rimasi interdetto nel vedere che si era già ripreso dallo shock del mio attacco e che entrato nel mio recinto, nel mio territorio, e si avvicinava a me sempre in posizione d'attacco, eretto sulle zampe posteriori.
Estrasse quelle anteriori che teneva nascoste dietro la schiena e mi mostrò ciò che riusciva a tenere stretto nelle sue zampe: un intreccio di corde con cui gli esseri simili a lui tentavano sempre di catturarmi.
Appiattii le orecchie per minacciarlo di non fare un altro passo verso di me con quella trappola: non mi piaceva essere prigioniero degli esseri come lui.
Ma lo strano animale, sempre eretto sulle zampe posteriori, continuò ad avvicinarsi a me, con passo più cauto.
All'improvviso me lo ritrovai quasi sotto al mio muso, distante solo di pochi centimetri. Terrorizzato da un suo possibile attacco al mio collo, abbassai il muso contro di lui per proteggermi e rispondere alla sua minaccia, ma mi bloccai: un profumo dolce di frutta entrò nelle mie narici e le pervase; iniziai ad annusare i fili neri che gli uscivano da sopra la testa: era da lì che proveniva quel dolce profumo. Probabilmente si era messo una di quelle sostanze che di solito si mettono i suoi simili per lavarsi.
Iniziai a mordicchiare quei fili neri, goloso e desideroso che quel profumo diventasse sapore e che mi pervadesse il palato.
Lui si chinò a terra e si ritrasse piano da me, iniziando a fare degli strani versi, come dei piccoli singhiozzi divertiti.
Lo fissai confuso e, allo stesso tempo, incuriosito dal suo insolito comportamento.
Mi resi conto che c'era qualcosa di diverso dal solito. Lui era diverso.
Continuava a stare in posizione d'attacco ma non ero più spaventato: ora, ero solo affascinato da quel bizzarro essere che a sua volta mi fissava.
Mi mostrò una seconda volta l'intreccio di corde tra le sue zampe.
Decisi di fidarmi. Non so perché, per quale strano motivo avevo dato fiducia a quell'animale, ma lo feci.
Chinai il muso per rendergli più facile il passaggio della corda dietro le mie orecchie.
Poi, mi attaccò una seconda volta: una delle sue zampe anteriori entrò di nuovo in contatto col mio muso.
Tuttavia, non mi fece male. Com'era possibile?
Improvvisamente mi resi conto di non essere mai stato sotto un suo attacco, ma che lui aveva avuto, fin dall'inizio, delle altre intenzioni verso di me.
I nostri sguardi si incrociarono, mentre la sua zampa continuava a stare appoggiata sul mio muso. Fu allora che, forse, capii, perché con lui era così diverso: non era un nemico, un animale dal quale dovevo proteggermi, ma un compagno, un membro del branco, uno che dovevo proteggere e di cui mi dovevo fidare.
Più semplicemente, un amico.
   
 
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