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Autore: loonaty    28/06/2011    0 recensioni
Le parole hanno un peso diverso dove tutto ciò che può venire immaginato prende forma.
Il Re e la Regina.
Una scacchiera.
I colori ancora tutti da decidere.
Il Vetro è fragile anche quando è Nero.
Il Caramello dolce nonostante sia bruciato.
–Ma che senso ha usare tutti gli altri pezzi se il re e la regina insieme possono battere tutti? Guarda i tuoi … - Indicò le due pedine nere ai lati opposti della scacchiera. –Sono così distanti tra loro, come fanno a salvare il regno senza aiutarsi a vicenda?-
Genere: Comico, Dark, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ci sarà molta sfortuna, cioccolata e nebbia rossa



Le molle del letto scricchiolano sotto di lei, mentre stando in piedi su di esso continua a leggere a mente quel brandello di poesia.
I calzini bianchi affondavano nelle coperte mentre con una mano si teneva a distanza dal soffitto continuando a molleggiare. Con l’altra teneva ferma sotto il naso la pagina.
Le era troppo familiare.
A tratti la sapeva a memoria.
Il letto mandò un ultimo disperato scricchiolio per poi cedere ed affossarsi dotto i suoi piedi. Sandy si lasciò cadere indietro cozzando con la testa contro la spalliera di legno. Con un mugugno si voltò di lato e cadde dal letto. Si mise seduta mezza arrotolata nelle lenzuola. Il foglio ancora in mano. Lo scrutò ancora una volta, roteò gli occhi al cielo e gattonò fino alla giacca che era planata a terra nell’istante stesso in cui l’appendi abiti si era suicidato con un carpiato dal muro a cui era stato affisso per una settimana. Tempo record. Frugò nelle tasche cercando il cellulare, drasticamente deceduto nell’istante stesso in cui compose il numero di Melissa. Il carica batterie doveva essere da qualche parte … L’ultima volta l’aveva poggiato sulla scrivania … Fissò con biasimo le macerie che campeggiavano sul suo tavolo da lavoro. Cominciò a scavare. L’ultimo oggetto, in fondo alla marea di roba che le sarebbe bastata spostare per trovarlo, era appunto il caricabatterie. Rotto. Il dente della spina si era piegato di lato in modo patetico. Ed era ormai l’una del mattino passata. Perché il taxi che aveva preso al ritorno si era perso. Ed il tassametro non era partito quindi il conducente aveva deciso di rifare daccapo la strada per constatare che, effettivamente, gli doveva davvero molto meno di quanto lui pretendesse.
Ci aveva messo ore se non anni a trovare le chiavi di casa. Non le era nemmeno passato per la testa il fatto di poterle aver dimenticate sotto il banco. La telefonata puntuale di Melissa l’aveva avvisata in tempo che stava venendo da lei per restituirgliele.
Vista l’ora non era proprio il caso di uscire per andare in negozio, dato che ovviamente sarebbe stato chiuso. Il giorno dopo era domenica … Bhè, avrebbe sempre potuto fare un salto da Melissa e magari restare a dormire da lei. Scrollò le spalle decidendo che probabilmente era quella l’idea giusta.
La sua giacchetta beige stretta in vita da una cintura bigotta ed altamente tamarra di una marca non meglio identificata di “Baci e abbracci” mai sentita in diciannove anni di vita, poteva effettivamente poco contro il diluvio universale con tanto di arca che le era precipitato sulla testa appena uscita. L’ombrello si era rotto tre giorni prima.
Il fondo era giugno. Un acquazzone a giugno è ridicolo. Tanto ridicolo che una volta giunta a destinazione avrebbe esultato se non si fosse trovata Nemo nelle mutande.

Con sollievo immenso si infilò sotto il portico della casa dell’amica dando per un istante le spalle alla porta. Guardò la strada allagata e la pioggia che scemava. Accartocciato in un palmo il foglio di carta che era misteriosamente scampato alla furia divina con tanto di tuoni da far tremare i morti nelle loro calde e comode tombe. Era sicura che Melissa fosse sveglia a quell’ora. Forse perché quella figlia dei fiori, strano anello di congiunzione tra una stilista esaltata e una Luna Lovegood particolarmente abbronzata, aveva il fuso orario di una civetta delle nevi. Per non parlare della sua innata capacità di dormire in piedi come un cavallo e con gli occhi aperti. Quest’ultima tattica era andata sviluppandosi negli anni di scuola serale. Posizionava sul banco libri e quaderni (che non amavano il bungi jumping come i suoi e che quindi non continuavano a saltare nel gran canion che distanziava la loro postazione dai compagni davanti quanto bastava perché questi potessero, almeno, respirare.) dopo questa accurata preparazione ed uno sguardo verde bottiglia che sicuramente significava “non svegliarmi, ma se il prof passa guai a te se mi lasci scoprire” Cercava un punto fisso: uno scarabocchio sul muro, la forfora sulla maglietta nera del ragazzo davanti … E dormiva. La cosa sorprendente e che annuiva anche quando il prof chiedeva “Avete capito?” Era sorprendente.
Come volevasi dimostrare il naso lentigginoso di quella donnaccia della sua migliore amica le apparì davanti. Non aveva visto la porta aprirsi.
Melissa sorrise e ricordò vagamente lo stregatto mentre aggiustava la frangia del caschetto arancione. –Sei venuta per un pigiama party?-
Se voleva terrorizzarla ci era riuscita. Prima che potesse fare dietro front e correre fino a casa, la punta di una scarpa da tennis finì sotto lo zerbino in un impeccabile effetto catapulta il quale fece accomodare il suo muso sulla moquette rosso bordeaux dell’ingresso caldo. Melissa se la rise. – Vabbè che non vedevi l’ora,ma potresti anche evitare di romperti anche l’altro dente correndo in casa mia!- Sandy passo la lingua con rammarico sul suo unico segno particolare, quell’incisivo spezzato, il frutto di un gioco imbecille di una bambina imbecille. No, non era volata dal motorino. No, non era caduta da un albero e nemmeno in bici, o sui pattini … Era inciampata mentre giocava a campana con le bambine a cui faceva da babysitter. Erano state traumatizzate dal sangue. Bisogna anche dire che venne licenziata?
Qualche minuto dopo si ritrovava accoccolata sul letto dell’amica con in dosso un accappatoio profumato, una maschera idratante ed i capelli avvolti in un turbante rosa pallido. Fra le mani stringeva la tazza bollente da cui si levava una nuvola di vapore che si divertiva a deviare con il suo respiro.
-Allora? Che ci fai così tard … Ehm, presto, a casa mia?- Domandò Melissa sprofondando nel letto accanto a lei.
Sandy sollevò il foglietto porgendoglielo. L’amica corrucciò la fronte e lo stese tra di loro come un prezioso cimelio. Dopo aver letto si esibì in un lungo fischio.
-Sembra una formula magica!- Si esaltò.
Sì, Melissa era anche un raro esponente della razza dei creduloni. Sulle sue mensole campeggiavano da tempi immemori raccolte di racconti fantasy, ed invece dei poster del cantante preferito aveva le pareti ricolme di stansil a forma di creaturine alate, il certificato della sua vittoria al torneo di Magic e qualche mezzo miliardo di disegni ricalcati da libri illustrati.
Cosa, cosa si sarebbe potuta aspettare da Melissa?
La vide scattare in piedi e posizionarsi al centro della stanza, sul tappeto peloso rigorosamente rosa che vi risiedeva. Si schiarì la voce e con un gesto maestosamente ridicolo si portò il foglio davanti al viso e proclamò convinta la “formula”.
Sandy sgranò gli occhi.
-Smettila!- Strillò con la voce che si assottigliava, pericolosamente acuta. Melissa arrivò fino alla fine poi sorrise felina alla ragazza ancora seduta con sguardo perso.
-Cosa c’è? Hai paura?-
-Secondo te? Io non credo in queste sciocchezze!- Fece una smorfia. –Nella magia, non credo nella magia-
Melissa fece il gesto di trafiggersi il cuore per poi cadere lunga distesa a terra.
Sandy sollevò un sopracciglio e siede un sorso alla sua cioccolata. Dopodiché si alzò, scavalcò l’amica e si diresse in bagno per lavarsi la faccia. Quando tornò nella stanza trovò la ragazza seduta a gambe incrociate sul pavimento con il foglio accanto.
-Bhè, che facevi?- Le domandò sbadigliando Sandy. L’altra si accigliò. –Ma non lo sai, razza di scettica eretica miscredente che ogni volta che qualche lingua biforcuta pronuncia codeste parole si rischia di creare un guaio cosmico lì nell’altro mondo?-
-No- Riacchiappò la sua tazza e la svuotò velocemente per poi arrampicarsi sulla brandina tirata fuori per l’occasione. –Non lo sapevo. ‘Notte.-
Sentì Melissa sibilare parole velenose e spegnere la luce. Poi sentì il calore del suo fiato su una guancia. –Se proprio non ci credi perché sei venuta qui da me stasera?-
-Mhnf! Dormi … -
Si appoggiò al suo fianco con entrambe le mani scuotendola. – Tu un po’ ci credi vero?-
-No – Yawnh – Sandy la spinse di lato verso il suo letto per poi rigirarsi con la testa sotto il cuscino.
- Se proprio non ci credi leggila! Leggila ad alta voce! Adesso!- Si gettò su di lei quasi facendo ribaltare il letto.
-Va bene! Basta! Se la leggo mi lasci in pace?!-
Melissa si rialzò dal pavimento su cui era stata graziosamente calciata durante lo scoppio d’ira della coetanea e riaccese la luce. Fece per porgerle poi il foglio ma Sandy scosse la testa.
-La so a memoria- Dichiarò non senza un filo di imbarazzo.- L’ altra prese un’espressione beffarda senza però commentare.
-Allora … -
Sandy prese fiato e chiuse gli occhi.


-A te, de l'essere
Principio immenso,
Materia e spirito,
Ragione e senso
Mentre ne' calici
Il vin scintilla
Sì come l'anima
Ne la pupilla;
Mentre sorridono
La terra e il sole
E si ricambiano
D'amor parole,
E corre un fremito
D'imene arcano
Da' monti e palpita
Fecondo il piano;
A te disfrenasi
Il verso ardito …
-
Sandy aprì gli occhi, le parole la chiamavano disegnando una nebbia scarlatta davanti ai suoi occhi spalancati. Melissa la fissava composta mordendosi l’interno di una guancia.

-Te invoco … -
Le labbra fruttate schioccarono mentre le parole venivano leccate dalla lingua morbida.
- … o He … Ma scusa chi è questo Helevorn?- Fu come un disco da cui veniva bruscamente sollevata la puntina.


   
 
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