Capitolo
1
Gli Uruk-hai stavano accelerando il
passo:
li avevano fiutati.
Jill imprecò fra
sè,
sistemandosi meglio la sacca da viaggio sulla schiena; ogni parte del
suo corpo
implorava una sosta. Erano ormai tre giorni e tre notti che inseguivano
il
drappello senza fermarsi: l’ansia per la sorte degli Hobbit
metteva loro le ali
ai piedi.
Un ruzzolone seguito da
un tonfo alle sue spalle le ricordò che c’era chi
accusava più di lei le
fatiche di quella caccia: i Nani, si sa, non potevano vantare gambe da
corridori.
-
Sono sprecato per la corsa
campestre! – si lamentò Gimli – Noi Nani
siamo scattisti nati, pericolosissimi sulle brevi distanze! –
La Corsara rise tra sé,
ma si affrettò a seguire
Legolas e Aragorn, che guidava la spedizione dei quattro componenti
rimasti della
Compagnia.
“ Cinque” si
corresse subito, proiettando il suo
pensiero fino al Lupo.
Grazie alla sua sviluppata
muscolatura, il
possente animale li aveva preceduti, mettendosi alle calcagna degli
Orchi,
sebbene a debita distanza per non farsi scoprire.
“ Huan!” lo
chiamò lei, il fiato corto per la
corsa ininterrotta attraverso il terreno irregolare “Ti
prego, dimmi che gli
Uruk-hai sono allo stremo delle forze e presto si fermeranno!”
“ Vorrei poterti dare
questa speranza, sorella”
le rispose lui “Ma non sembrano intenzionati a desistere.
È come se potessero
attingere a una misteriosa riserva di energia.”
Persino Huan cominciava ad accusare
i segni della
stanchezza e la Corsara era certa che più di un Orco era
uscito ferito dallo
scontro con la Compagnia dell’Anello. Solo una spiegazione le
veniva in mente e
Jill strinse i pugni, frustrata.
“
Magia…”
Doveva però riconoscere
che in tutto questo c’era
un lato positivo: se Saruman si adoperava tanto affinché le
sue milizie
tornassero al più presto a Isengard, doveva essere convinto
che questi avessero
catturato il vero Portatore dell’Anello. E se ne era convinto
lui…
Le tornò alla mente il
Palantir e ciò che vi
aveva visto. Rabbrividì al ricordo della voce che
l’aveva incatenata, tentando
di trascinarla in quel abisso di fiamme e malvagità. Non
l’aveva solo sondata,
l’aveva violata
dall’interno, sbucciando
uno strato dopo l’altro della sua anima come fosse una
cipolla. Cercava qualcosa dentro di
lei… Non aveva la benché
minima idea di cosa si trattasse, ma sperò di non venirlo
mai a scoprire,
conscia che non avrebbe potuto negare
qualcosa a quella voce imperiosa e carica di forza.
Si chiese come Frodo potesse
contrastarne
l’oscura potenza. Gandalf le aveva spiegato che il contatto
con Sauron avveniva
solo in caso lui s’infilasse l’Anello al dito, ma
anche che quel maledetto gioiello
diventava un fardello sempre più pesante man mano che si
avvicinava al suo
legittimo proprietario. Rivide nella sua mente il sorriso ingenuo e gli
occhi
fiduciosi dell’Hobbit. E sentì il cuore stringersi
in una morsa che ormai ben
conosceva: rimorso.
“ Huan…
secondo te ho sbagliato a lasciarlo
andare da solo?”
“ Non è solo,
c’è l’altro Hobbit con lui.”
Jill storse la bocca in una
smorfia: una guardia
del corpo delle dimensioni di un bambino, bell’aiuto!
“ Abbi fiducia in
loro.”
“ Ma sono
così…”
“ Piccoli?”
sentì quello che più assomigliava a
un sorriso farsi largo nella mente del Lupo “ Dal mio punto
di vista tu sei
poco più grande di loro, sorella.”
“ Ma
loro…”
“ Non è con le
armi che vincerete questa guerra”
la interruppe lui “La tua spada, per quanto affilata, non
può fendere le mura
di Mordor e gli eserciti di queste terre, per quanto organizzati, non
potranno
mai schiacciare le orde di Orchi di Sauron. Gli Hobbit sono coraggiosi
e
possono compensare le loro scarse dimensioni con l’ingegno.
Troveranno il modo
di farsi largo tra le file nemiche, abbi fede.”
Jill si chiese con una nota di
ironia da quando
Huan e la Signora di Lorien avessero cominciato a condividere
disquisizioni
filosofiche.
“ Mi sento
inutile…” si lamentò la rossa,
frustrata “ Avevo giurato di proteggere Frodo e
l’unica cosa che posso fare per
aiutarlo è allontanarmi da lui!”
Stava ancora attendendo la risposta
di Huan,
quando si accorse di essere rimasta indietro. Allungò il
passo e sorpassò
Gimli, riportandosi alle spalle di Legolas.
“
C’è molto altro che puoi
fare…”
Ma il pensiero del Lupo si dissolse
come un’eco
senza che la Corsara potesse carpirlo.
All’imbrunire il
drappello di Orchi non era molto
lontano dalla Foresta di Fangorn, dove, secondo Huan, si sarebbero
accampati
per riposare.
Jill riferì il messaggio
e Aragorn consigliò che
il Lupo si appostasse ai margini della boscaglia. Contenta di potersi
godere un
po’ di meritato riposo, la bestia accettò di buon
grado.
Calata la notte, il cielo era
sgombro di nubi e
impreziosito di stelle.
Legolas balzò agile su
un rilievo roccioso e
aguzzò la vista: un poco più a valle un nastro
argentato riluceva nella notte.
Aggrottò la fronte,
indeciso se era il caso di
rallentare o meno il passo. Gli Elfi erano meno soggetti delle altre
razze a
stanchezza, fame e sete. Aragorn era abituato a lunghi viaggi
estenuanti e
senza cibo. Gimli per quanto andasse avanti a borbottare improperi
contro ogni
sporgenza rocciosa era dotato di una buona resistenza, grazie al suo
fisico
massiccio. Mentre Jill…
Non ebbe il tempo di girarsi che
una figura dai
capelli rossi l’oltrepassò, fiondandosi
giù per il pendio a rotta di collo.
Sconvolto, la vide ruzzolare per
terra, facendo
una strana capriola per poi rialzarsi e riprendere la corsa, le mani e
le
ginocchia sporche, i capelli arruffati.
A seguire una frana di barba e
asce, che rovinò
lungo in declivio scosceso con ancor meno decoro della Corsara.
Il Principe di Bosco Atro scosse il
capo,
rassegnato.
“ Come non
detto.”
Aragorn gli si affiancò,
guardando sorridente i
due compagni che si precipitavano verso il rivo come i beduini verso
un’oasi
nel deserto.
-
Li raggiungiamo? Anche io sento la
gola riarsa. –
Detto ciò il futuro re
di Gondor seguì l’esempio
dei due compagni, senza capitomboli ma con la stessa malagrazia.
L’Elfo trasse un sospiro
sconfitto e scivolò
lungo la discesa con eleganza.
A causa dello slancio, Jill si
arrestò solo una
volta che i suoi piedi affondarono nell’acqua limpida del
ruscello. Ma non se
ne curò e si chinò, immergendo le mani per bere
avidamente il liquido fresco. Era
proprio vero che quando la sete era bruciante l’acqua aveva
un sapore
delizioso.
Inspirò a pieni polmoni,
appagata, chiudendo gli
occhi e facendosi cullare dal dolce mormorio del fiume.
“…ill…”
Un eco lontano catturò
la sua attenzione.
“…ill…”
Una voce melodiosa e profonda.
Accompagnata da un
brontolio che ben conosceva.
“…Jill…”
Sgranò gli occhi. Si
trovava in mezzo ai flutti
dell’oceano.
Una volta giunto a valle, Legolas
vide Gimli che si
abbeverava come un animale, la barba immersa completamente
nell’acqua e le mani
affondate nel suolo sabbioso.
Aragorn riempì la
borraccia e si rinfrescò il viso
con l’acqua limpida.
Lo sguardo del Principe di Bosco
Atro si soffermò
sulla ragazza che era immersa nell’acqua fino alla cintola,
le spalle volte ai
compagni a riva.
-
Esci – le si
avvicinò l’Elfo, sorridendo divertito –
altrimenti ti
prenderai nuovamente un malanno! –
Ma lei non colse la provocazione.
Anziché
rispondergli a tono, restò immobile.
Perplesso, Legolas entrò
in acqua, avanzando
rapido fino a trovarsi di fronte a lei.
“ Tutto bene?”
La rossa non rispose, lo sguardo
perso in un punto
indefinito. Sembrava ipnotizzata.
Preoccupato, l’Elfo
raccolse le mani di lei nelle
sue: se le aspettava fredde, vista la bassa temperatura della stagione.
Invece
erano piacevolmente calde.
Gimli lanciò
un’occhiata alla coppia che sostava
immobile nel ruscello sotto il cielo stellato e diede di gomito a
Aragorn.
-
Orecchie a Punta si dà
da fare! – sghignazzò a bassa voce – Mi
gioco
la barba che Jill gli rifila un cazzotto! –
Aragorn gli sorrise, gli occhi
chiari e saggi che
brillavano alla luce argentea.
-
Forse per questa volta è
meglio non scommettere, Mastro Gimli. –
Il Nano bofonchiò un
“fifone”, ma capì l’antifona
e si allontanò insieme al Ramingo.
La sua mente era annebbiata,
pervasa da un suono
che sovrastava ogni altro rumore, conscia solo del contatto
dell’acqua con la
sua pelle e di quella voce profonda che pareva chiamarla dagli abissi.
“…Jill…”
Il mare era tutto attorno a lei e dentro di lei. Poteva udire il gorgoglio
dei flutti, lo scroscio delle onde sugli scogli, l’ululato
del vento impregnato
di salsedine che le sferzava il volto, cantando di mondi sconosciuti in
una
lingua fatta di acqua salmastra. Ah, quanto le era mancato quel soffio
salmastro!
Eppure una parte di sé
sapeva di trovarsi sulla
sponda di un ruscello d’entroterra anziché in
mezzo all’oceano.
Legolas guardò le mani
di lei e s’accorse che
stavano lentamente mutando. Il colorito roseo lasciava spazio a una
sfumatura
bluastra, mentre minuscole scaglie argentee simili a cristalli andavano
formandosi sul dorso delle mani.
Sgranò gli occhi e
rafforzò la presa, senza
smettere di chiamarla dolcemente, accarezzandole delicatamente le mani.
“
Resta…” quasi la scongiurò, sentendola
scivolare via come l’acqua tra le dita “Ti prego,
Jill… resta qui…”
“
Legolas…”
Attraverso la nebbia del ruggito
dell’oceano e
delle nubi tempestose che andavano formandosi nella sua mente,
riuscì a vedere
il suo sguardo dapprima preoccupato, poi sollevato nel sentirla.
“
Legolas…”
“Sono qui. Sono qui con
te.”
“ M-mi sta
chiamando…”
“ Chi, Jill? Chi ti
chiama?”
“ L’oceano…”
L’Elfo
aggrottò la fronte, perplesso: che voleva
dire? Si chiese se la sua mente fosse stata nuovamente da qualche
essere
oscuro, magari da una creatura che dimorava nel fiume. In tal caso
forse poteva
entrare nei suoi pensieri e aiutarla a scacciare quel mostro.
Tentò. Proiettando la
sua coscienza verso di lei,
s’insinuò lentamente nella sua mente, sperando che
la barriera protettiva della
ragazza lo lasciasse passare. Ma non fu contro questa che si
scontrò: dinanzi a
sé trovò un’inespugnabile muraglia di
onde che s’impennavano sotto un cielo
tempestoso. E in cima a quelle altissime creste torreggiava una
misteriosa
figura dai tratti indistinti.
La chiamò per nome, ma
anziché la fanciulla fu il
ruggito dell’oceano a rispondergli, potente quanto il rombo
del tuono e
perentorio come la parola di un sovrano.
Sconvolto, si ritirò
rapidamente.
“
No…” pensò incredulo tra sé
e sé, la schiena
percorsa da un brivido d’inquietudine “Non
può essere…”
Non ebbe il tempo di terminare il
pensiero che
Jill svenne tra le sue braccia.
Huan avrebbe forse percepito quanto
accaduto alla
fanciulla, se non fosse stato distratto da quanto stava succedendo nel
gruppo
degli Uruk-hai. O meglio, tra Uruk-hai e Orchetti.
Gli Uruk-hai erano non solo
più possenti e
muscolosi, ma anche più ordinati e ligi al dovere, delle
macchine da guerra
create per obbedire ciecamente il loro padrone. Gli Orchetti erano
invece più
irrequieti e più indeboliti dalla luce del sole e dalla
stanchezza, sebbene
Huan fosse convinto che lo stregone avesse formulato un incantesimo per
agevolare il loro ritorno a Isengard.
“ Probabilmente lo
stregone è convinto che uno
dei due Hobbit sia il Portatore dell’Anello” aveva
ragionato.
Quella notte il drappello aveva
deciso di fare
una sosta e Huan aveva seguito il consiglio di Aragorn, appostandosi al
limitare della foresta per non perdere di vista i due Hobbit.
Tuttavia c’era qualcosa
che non quadrava, avvertiva
una certa tensione nell’aria. Tese le orecchie, cercando di
carpire frammenti
di conversazione.
Sorrise maligno: a quanto pareva
non era l’unico
a sentire i morsi della fame allo stomaco. Ma il suo divertimento
finì nel
momento in cui si accorse di cosa, o meglio di chi fosse
l’oggetto di quella
discussione sempre più accesa.
Tese i muscoli, pronto a balzare in
avanti nel
caso in cui uno di quei luridi Orchetti avesse tentato di mettere in
pratica il
proposito di cenare con le gambe dei due Hobbit. Ma gli Uruk-hai non
erano
disposti a trasgredire agli ordini del loro signore: i Mezzi Uomini
dovevano
esser portati sino a lui vivi. Un Orchetto tentò
un’offensiva, ma un Uruk-hai
gli tagliò la testa di netto e le creature ringhianti si
gettarono sul cadavere
del ex compagno decapitato, ignorando i due piccoli prigionieri. Huan
vide gli
Hobbit strisciare a terra, le mani legate, tentando di allontanarsi da
quel
macabro banchetto. Tuttavia non erano riusciti a passare del tutto
inosservati,
poiché un Orchetto afferrò Pipino, pronto a farlo
a fettine.
Un attimo dopo, tutto era
precipitato nel caos. Una
squadra di soldati a cavallo erano sbucati improvvisamente dalle ombre,
cogliendo il drappello impreparato e cominciando a far strage degli
Orchi.
Lance e frecce volavano in letali parabole e le spade fendevano
l’aria e le
carni.
Huan cercò con lo
sguardo i due Hobbit, senza
però riuscire a individuarli in quella marea di gambe,
braccia e zampe.
Ringhiando di frustrazione si
costrinse ad
arretrare cautamente verso gli albero per evitare di esser scorto dai
cavalieri.
Fu mentre retrocedeva verso il
folto della
boscaglia che intercettò l’odore degli Hobbit.
Senza più esitare, il
Lupo balzò in avanti,
seguendo la scia: Merry e Pipino erano inseguiti da un Orchetto. A
giudicare
dall’odore doveva essere ferito, ma gli Hobbit erano
disarmati e quindi vulnerabili.
Imitò una delle tecniche
che aveva visto usare a
Jill e spinse la sua mente in avanti, a sondare la foresta: erano
vicini.
Ancora un poco e…
S’arrestò.
Nessun odore gli aveva
preannunciato quella
vista, nemmeno la sua mente l’aveva percepito. Ma non se ne
stupì.
“
Magia…” gli sfuggì un ringhio.
Ancora quella dannata magia. Ancora
quei dannati
stregoni.
La notte era trascorsa, quando
Legolas si voltò
verso il sole nascente.
-
Sorge un sole rosso –
annunciò quasi tra sé – stanotte
è stato versato
del sangue. –
Jill lo seguì con lo
sguardo ma lui evitò
accuratamente di incrociare i suoi occhi. Per l’ennesima
volta.
Si mordicchiò il labbro,
frustrata. Non era
difficile intuire che il motivo di quella ritrosia fosse lo strano
episodio
della notte precedente, eppure non ricordava di aver fatto o detto
nulla di biasimevole.
Aggrottò la fronte. Per
quanto si sforzasse,
riusciva a ricordare solo l’oceano e una voce misteriosa che
la chiamava dalle
sue profondità. Non era riuscita a comprendere quella
visione; per quanto ne
sapeva lei, poteva essere stata una premonizione così come
l’incubo di una
notte di burrasca passata in mare. Si era interrogata a lungo anche su
quel
richiamo, ma aveva finito per concludere che si fosse trattato del
prodotto
della sua immaginazione: tra gli uomini di mare circolavano diverse
storie di
fantasmi che infestano le acque, pronti a trarre in inganno i marinai
incauti e
trascinarli nelle profondità più nere.
In ogni caso non aveva reso nessuno
partecipe
delle sue assurde elucubrazioni, dunque l’Elfo avrebbe dovuto
supporre che il
mancamento fosse dovuto alla stanchezza e alla fame. A meno
che…
“ A meno che non si sia
infiltrato nella mia
mente e abbia visto qualcosa…”
Un moto di rabbia le
salì su per la gola ed ebbe
l’istinto di aprire bocca e dar voce alla frustrazione per la
mancanza di
rispetto della sua intimità. Ma quando schiuse le labbra ne
uscì appena un
soffio indistinto.
Serrò la mascella e
strinse con forza i pugni.
Sentendosi osservata, la rossa
lanciò un’occhiata
avanti a sé, giusto in tempo per intercettare due enigmatici
occhi blu. Fu poco
più di un istante, poi saettarono lontani da lei.
Per tutta la mattina Legolas non
fece che
rimuginare su quanto accaduto. Aveva pochi dubbi
sull’identità della figura che
aveva scorto. Ma cosa poteva avere a che fare con Jill? E soprattutto,
lei
aveva idea di cosa tutto ciò potesse significare?
Studiandola di nascosto aveva come
l’impressione
che lei non se ne ricordasse nemmeno. Eppure era sicuro che la Corsara
avesse
visto e udito più di quanto lui potesse immaginare.
Per un attimo la sua mente
volò di nuovo a quelle
onde, alla potenza della voce tonante e
all’immensità dell’oceano al di
là di
quella barriera. Il suo cuore venne stretto in una morsa.
Da tempo immemorabile gli Elfi
avevano lasciato
lo splendore di Valinor per trasferirsi nella Terra di Mezzo, eppure la
magnificenza di quei luoghi ancora si specchiava negli occhi di coloro
che vi
avevano vissuto e veniva tramandata a chi che non ne avevano avuto il
privilegio.
Legolas era nato e cresciuto nella Terra di Mezzo, tuttavia la stessa
malinconia che albergava nel cuore dei più antichi della sua
stirpe pareva
essersi estesa anche al suo animo.
Per la prima volta si
ritrovò a invidiare lo
spirito della Corsara, che non conosceva né obblighi
né ostacoli. Quello che
per lui era un confine invalicabile per lei rappresentava la chiave
della
libertà, un luogo selvaggio in cui poteva essere sovrana di
se stessa senza
dover rendere conto a nessuno.
Lanciò
un’occhiata alle sue spalle per sbirciare
la sua espressione. Come volevasi dimostrare: era di nuovo arrabbiata.
Stranamente, l’Elfo
sorrise, attento a non farsi
notare da nessuno. Non riusciva ancora a capire come quella fanciulla
riuscisse
a condizionare tanto i suoi stati d’animo, facendolo passare
dalla
preoccupazione, alla frustrazione, alla tenerezza.
“ Prima o poi mi
farà impazzire.”
Tuttavia quel pensiero non gli
cancellò il
sorriso dalle labbra. Forse perché l’idea non gli
dispiaceva poi così tanto:
fino a quel momento aveva condotto un’esistenza placida e
priva di tormenti,
mentre Jill era una costante fonte di guai e di preoccupazioni.
“ In questo senso,
potrebbe fare concorrenza a
Merry e Pipino!”
Al pensiero di quanto
l’avrebbe indispettita con
queste parole, quasi gli venne da ridere.
Fu Aragorn a metterli in guardia
poco prima
dell’arrivo del drappello di soldati a cavallo e la Compagnia
si nascose.
Questi li superarono rapidi senza vederli.
Jill trasse un sospiro di sollievo:
tra Rohan e i
Corsari di Umbar non correva buon sangue e l’idea di dare
battaglia a un intero
squadrone di cavalieri ben armati non la entusiasmava per niente, tanto
più che
l’inseguimento degli Uruk-hai aveva bruciato molte delle sue
energie.
Quasi a prendersi gioco dei suoi
pensieri, il
Ramingo li richiamò a sé.
-
Cavalieri di Rohan! Quali notizie
dal Mark? –
Jill si voltò sbigottita
verso la loro guida:
aveva deciso di farli finire infilzati come spiedini solo per essere
aggiornato
sulle novità di quelle terre?
Subito il soldato in testa al
gruppo sollevò la lancia
e li fece tornare indietro. La Compagnia si ritrovò
circondata da decine di
lance. Un cavaliere emerse dal gruppo per apostrofarli. Jill suppose si
trattasse di uno dei tre marescialli di Rohan, a giudicare dalla
candida coda
di cavallo che adornava il suo copricapo. Portava un’armatura
leggera, adatta a
lunghe cavalcate, e un elmo decorato da un drago bronzeo, che scendeva
sul suo
viso per proteggergli il setto nasale. Non riusciva a vederlo bene in
volto, ma
venne scottata dai suoi occhi scuri: trasmettevano la forza e la
sicurezza di
un condottiero. Abbassò un poco lo sguardo, leggermente
turbata da quei dardi
marroni, e qualcosa sulla sua armatura attirò il suo
sguardo: sangue.
-
Cosa ci fanno un Elfo, un Uomo, un
Nano e… - si soffermò un attimo a
guardarla – una Corsara
nelle terre
del Mark? –
Jill raddrizzò la
schiena impettita: sebbene il
tono del cavaliere non l’avesse sicuramente lasciato
intendere come un
complimento, era soddisfatta per non esser stata catalogata
semplicemente come
una donna.
-
Parlate in fretta! –
aggiunse.
-
Dimmi il tuo nome, signore dei
cavalli, e io ti dirò il mio. -
La Corsara sorrise divertita al
Nano, che non
intendeva far calpestare il proprio orgoglio.
Il cavaliere corrugò la
fronte e smontò dal
proprio destriero. Con passo deciso di avvicinò a Gimli, che
sollevò il mento
con aria di sfida, sotto lo sguardo preoccupato di Aragorn.
-
Ti taglierei la testa, Nano
– caricò di disprezzo l’ultima parola
– se solo si levasse più in alto da
terra. –
Un istante dopo Jill aveva estratto
la spada e
Legolas aveva inforcato una freccia nel suo arco.
-
Moriresti prima di vibrare il colpo
– lo minacciò l’Elfo.
I cavalieri furono rapidi nel
levare anche loro
le armi. Ma Aragorn si frappose tra i suoi compagni e il maresciallo,
placando
gli animi e presentando i membri della Compagnia.
-
Siamo amici di Rohan e di Theoden,
vostro re. – concluse il Ramingo.
Jill piegò la bocca in
una smorfia: non aveva
idea del tipo di rapporto che i suoi compagni avevano con il sovrano di
Rohan,
ma di certo i Corsari non potevano essere considerati suoi amici.
Più disteso, il
cavaliere sfilò l’elmo, rivelando
un volto fiero scolpito dalle battaglie. Il suo sguardo però
s’era velato di
tristezza e delusione. Jill pensò che il giovane guerriero
pareva più vecchio
di quanto dimostrassero i tratti del suo viso, come se un pesante
fardello
l’avesse fatto invecchiare precocemente.
-
Theoden non sa più
riconoscere gli amici dai nemici – sospirò
–
Nemmeno la propria stirpe. -
I cavalieri attorno a loro
abbassarono le lance.
-
Saruman – riprese il
maresciallo – ha avvelenato la mente del re e
stabilito il dominio su queste terre. –
Un brivido percorse la schiena di
Jill. Il suo antico
maestro era sempre stato bravo nell’uso delle parole, ma da
lì a manipolare la
mente di un re…
Strinse i pugni, frustrata e
arrabbiata. Per lungo
tempo ai suoi occhi Saruman era parso un luminare dall’animo
nobile, tanto
generoso da istruire e accogliere nella sua magnifica dimora una
superstite
senza casa né famiglia, proveniente da una città
straniera di cui non restavano
che macerie e cadaveri. Eppure giorno dopo giorno apprendeva sempre
più quanto
quel periodo trascorso nella torre di Isengard a leccarsi le ferite e
poi a
godersi un po’ di ritrovata serenità fosse stato
una mera messinscena: Saruman non
era mai stato intenzionato a darle un futuro, bensì voleva
certamente servirsi
dell’allieva per assoggettare i popoli di quelle terre.
-
La mia compagnia è di
quelle fedeli a Rohan – continuò il cavaliere
–
e per questo veniamo banditi. –
Improvvisamente quel ufficiale le
parve molto
simile a lei: costretto a lasciare la sua casa senza potervi fare
ritorno,
tradito dalla persona che rispettava e cui aveva dato la sua
fedeltà.
-
Lo Stregone Bianco è
astuto – sibilò il cavaliere avvicinandosi ai
viaggiatori – Vaga qua e là, dicono, come un
vecchio con mantello e cappuccio.
E ovunque le sue spie – indirizzò il suo sguardo
verso Jill – sfuggono alle
nostre reti. –
La Corsara sollevò un
sopracciglio di fronte a quell’insinuazione
poco velata, ma fu di nuovo Aragorn a prendere la parola.
-
Noi non siamo spie –
spiegò in tono calmo e conciso – stiamo
inseguendo un gruppo di Uruk-hai diretti a ovest. Hanno fatto
prigionieri due
nostri amici. –
Lo sguardo del cavaliere
s’incupì.
-
Gli Uruk sono distrutti, li abbiamo
trucidati questa notte. –
-
Ma c’erano due Hobbit!
–
intervenne Gimli – Hai visto due Hobbit con loro? –
-
Sono piccoli –
precisò il Ramingo – dei bambini ai vostri occhi.
–
Il maresciallo si prese un attimo
per rispondere.
-
Non ci sono vivi. Abbiamo ammassato
le carcasse e dato fuoco. –
concluse, indicando la colonna di fumo che s’innalzava
più avanti nella
vallata.
Jill sentì il cuore
perdere un battito.
Gandalf.
Boromir.
Merry e Pipino.
Il sacrificio del guerriero di
Gondor era stato
vano?
“ No, non è
possibile…”
Proiettò la sua mente
verso il punto indicato dal
cavaliere, passando poi a tappeto la zona in cerca di un qualsiasi
segno.
“Huan!”
chiamò “Huan! Huan, fratello mio, dove
sei?”
Nulla.
Una sensazione agghiacciante
s’impadronì di lei.
Huan non poteva essere morto, altrimenti avrebbe certamente percepito
il suo
trapasso. Ma allora perché non le rispondeva? I battiti del
suo cuore accelerarono,
riempiendo le sue orecchie col loro martellante tamburellare.
“Jill”
percepì il leggero tocco mentale di
Legolas “che ti succede?”
Lo ignorò.
Quasi non si accorse dei due
cavalli che il
maresciallo aveva fatto avvicinare e delle parole da lui pronunciate.
-
Non fidate nella speranza.
– si congedò l’uomo montando in sella
– Ha
abbandonato queste terre. –
Continua…
N.d.a:
Innanzitutto
rivolgo un ringraziamento speciale a OrangeMask, che mi ha restituito
la voglia
di scrivere.
Mi scuso
con tutti coloro che avevano cominciato a leggere questa storia e non
hanno
potuto leggerne la prosecuzione. Ma dopo aver finito La Corsara mi
è venuto una
specie di “blocco dello scrittore” e anche se le
idee erano tutte pronte nella
mia testa, non riuscivo a esprimerle in forma scritta.
Infine
auguro buona lettura a tutti quanti, sperando che questa seconda parte
vi
appassioni almeno quanto la prima. Spero di poter leggere i vostri
commenti,
sono ben accette sia le critiche positive che quelle negative!
A presto,
Monalisasmile