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Autore: monalisasmile    29/06/2011    3 recensioni
Seconda parte della trilogia Eär Lindë (Il Canto del Mare).
Continua il viaggio di Jill alla ricerca di risposte, ma mentre la guerra s'avvicina le domande paiono moltiplicarsi. Qualcosa dentro di lei preme con sempre maggior insistenza: forse la chiave del suo passato o, forse, il flagello che porrà fine a ogni cosa. Che legame ha il dono di Dama Galadriel con tutto ciò?
Ma Jill non è l'unica ad essere tormentata dai dubbi: Legolas ha scorto qualcosa di ciò che si nasconde nell'animo della Corsara e teme di perderla. Vorrebbe poterla legare a sè, ma sa che il suo spirito libero non si lascerebbe mai incatenare. Probabilmente nemmeno dai suoi sentimenti.
Mentre le ombre si addensano e gli ostacoli si fanno insormontabili, alcuni dovranno fare delle scelte, altri superare i propri limiti. E qualcuno dovrà fare un doloroso sacrificio.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Legolas, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1

Gli Uruk-hai stavano accelerando il passo: li avevano fiutati.

Jill imprecò fra sè, sistemandosi meglio la sacca da viaggio sulla schiena; ogni parte del suo corpo implorava una sosta. Erano ormai tre giorni e tre notti che inseguivano il drappello senza fermarsi: l’ansia per la sorte degli Hobbit metteva loro le ali ai piedi.

Un ruzzolone seguito da un tonfo alle sue spalle le ricordò che c’era chi accusava più di lei le fatiche di quella caccia: i Nani, si sa, non potevano vantare gambe da corridori.

-      Sono sprecato per la corsa campestre! – si lamentò Gimli – Noi Nani siamo scattisti nati, pericolosissimi sulle brevi distanze! –

La Corsara rise tra sé, ma si affrettò a seguire Legolas e Aragorn, che guidava la spedizione dei quattro componenti rimasti della Compagnia.

“ Cinque” si corresse subito, proiettando il suo pensiero fino al Lupo.

Grazie alla sua sviluppata muscolatura, il possente animale li aveva preceduti, mettendosi alle calcagna degli Orchi, sebbene a debita distanza per non farsi scoprire.

“ Huan!” lo chiamò lei, il fiato corto per la corsa ininterrotta attraverso il terreno irregolare “Ti prego, dimmi che gli Uruk-hai sono allo stremo delle forze e presto si fermeranno!”

“ Vorrei poterti dare questa speranza, sorella” le rispose lui “Ma non sembrano intenzionati a desistere. È come se potessero attingere a una misteriosa riserva di energia.”

Persino Huan cominciava ad accusare i segni della stanchezza e la Corsara era certa che più di un Orco era uscito ferito dallo scontro con la Compagnia dell’Anello. Solo una spiegazione le veniva in mente e Jill strinse i pugni, frustrata.

“ Magia…”

Doveva però riconoscere che in tutto questo c’era un lato positivo: se Saruman si adoperava tanto affinché le sue milizie tornassero al più presto a Isengard, doveva essere convinto che questi avessero catturato il vero Portatore dell’Anello. E se ne era convinto lui…

Le tornò alla mente il Palantir e ciò che vi aveva visto. Rabbrividì al ricordo della voce che l’aveva incatenata, tentando di trascinarla in quel abisso di fiamme e malvagità. Non l’aveva solo sondata, l’aveva violata dall’interno, sbucciando uno strato dopo l’altro della sua anima come fosse una cipolla. Cercava qualcosa dentro di lei… Non aveva la benché minima idea di cosa si trattasse, ma sperò di non venirlo mai a scoprire, conscia che non avrebbe potuto negare qualcosa a quella voce imperiosa e carica di forza.

Si chiese come Frodo potesse contrastarne l’oscura potenza. Gandalf le aveva spiegato che il contatto con Sauron avveniva solo in caso lui s’infilasse l’Anello al dito, ma anche che quel maledetto gioiello diventava un fardello sempre più pesante man mano che si avvicinava al suo legittimo proprietario. Rivide nella sua mente il sorriso ingenuo e gli occhi fiduciosi dell’Hobbit. E sentì il cuore stringersi in una morsa che ormai ben conosceva: rimorso.

“ Huan… secondo te ho sbagliato a lasciarlo andare da solo?”

“ Non è solo, c’è l’altro Hobbit con lui.”

Jill storse la bocca in una smorfia: una guardia del corpo delle dimensioni di un bambino, bell’aiuto!

“ Abbi fiducia in loro.”

“ Ma sono così…”

“ Piccoli?” sentì quello che più assomigliava a un sorriso farsi largo nella mente del Lupo “ Dal mio punto di vista tu sei poco più grande di loro, sorella.”

“ Ma loro…”

“ Non è con le armi che vincerete questa guerra” la interruppe lui “La tua spada, per quanto affilata, non può fendere le mura di Mordor e gli eserciti di queste terre, per quanto organizzati, non potranno mai schiacciare le orde di Orchi di Sauron. Gli Hobbit sono coraggiosi e possono compensare le loro scarse dimensioni con l’ingegno. Troveranno il modo di farsi largo tra le file nemiche, abbi fede.”

Jill si chiese con una nota di ironia da quando Huan e la Signora di Lorien avessero cominciato a condividere disquisizioni filosofiche.

“ Mi sento inutile…” si lamentò la rossa, frustrata “ Avevo giurato di proteggere Frodo e l’unica cosa che posso fare per aiutarlo è allontanarmi da lui!”

Stava ancora attendendo la risposta di Huan, quando si accorse di essere rimasta indietro. Allungò il passo e sorpassò Gimli, riportandosi alle spalle di Legolas.

“ C’è molto altro che puoi fare…”

Ma il pensiero del Lupo si dissolse come un’eco senza che la Corsara potesse carpirlo.

 

All’imbrunire il drappello di Orchi non era molto lontano dalla Foresta di Fangorn, dove, secondo Huan, si sarebbero accampati per riposare.

Jill riferì il messaggio e Aragorn consigliò che il Lupo si appostasse ai margini della boscaglia. Contenta di potersi godere un po’ di meritato riposo, la bestia accettò di buon grado.

 

Calata la notte, il cielo era sgombro di nubi e impreziosito di stelle.

Legolas balzò agile su un rilievo roccioso e aguzzò la vista: un poco più a valle un nastro argentato riluceva nella notte.

Aggrottò la fronte, indeciso se era il caso di rallentare o meno il passo. Gli Elfi erano meno soggetti delle altre razze a stanchezza, fame e sete. Aragorn era abituato a lunghi viaggi estenuanti e senza cibo. Gimli per quanto andasse avanti a borbottare improperi contro ogni sporgenza rocciosa era dotato di una buona resistenza, grazie al suo fisico massiccio. Mentre Jill…

Non ebbe il tempo di girarsi che una figura dai capelli rossi l’oltrepassò, fiondandosi giù per il pendio a rotta di collo.

Sconvolto, la vide ruzzolare per terra, facendo una strana capriola per poi rialzarsi e riprendere la corsa, le mani e le ginocchia sporche, i capelli arruffati.

A seguire una frana di barba e asce, che rovinò lungo in declivio scosceso con ancor meno decoro della Corsara.

Il Principe di Bosco Atro scosse il capo, rassegnato.

“ Come non detto.”

Aragorn gli si affiancò, guardando sorridente i due compagni che si precipitavano verso il rivo come i beduini verso un’oasi nel deserto.

-      Li raggiungiamo? Anche io sento la gola riarsa. –

Detto ciò il futuro re di Gondor seguì l’esempio dei due compagni, senza capitomboli ma con la stessa malagrazia.

L’Elfo trasse un sospiro sconfitto e scivolò lungo la discesa con eleganza.

 

A causa dello slancio, Jill si arrestò solo una volta che i suoi piedi affondarono nell’acqua limpida del ruscello. Ma non se ne curò e si chinò, immergendo le mani per bere avidamente il liquido fresco. Era proprio vero che quando la sete era bruciante l’acqua aveva un sapore delizioso.

Inspirò a pieni polmoni, appagata, chiudendo gli occhi e facendosi cullare dal dolce mormorio del fiume.

“…ill…”

Un eco lontano catturò la sua attenzione.

“…ill…”

Una voce melodiosa e profonda. Accompagnata da un brontolio che ben conosceva.

“…Jill…”

Sgranò gli occhi. Si trovava in mezzo ai flutti dell’oceano.

 

Una volta giunto a valle, Legolas vide Gimli che si abbeverava come un animale, la barba immersa completamente nell’acqua e le mani affondate nel suolo sabbioso.

Aragorn riempì la borraccia e si rinfrescò il viso con l’acqua limpida.

Lo sguardo del Principe di Bosco Atro si soffermò sulla ragazza che era immersa nell’acqua fino alla cintola, le spalle volte ai compagni a riva.

-      Esci – le si avvicinò l’Elfo, sorridendo divertito – altrimenti ti prenderai nuovamente un malanno! –

Ma lei non colse la provocazione. Anziché rispondergli a tono, restò immobile.

Perplesso, Legolas entrò in acqua, avanzando rapido fino a trovarsi di fronte a lei.

“ Tutto bene?”

La rossa non rispose, lo sguardo perso in un punto indefinito. Sembrava ipnotizzata.

Preoccupato, l’Elfo raccolse le mani di lei nelle sue: se le aspettava fredde, vista la bassa temperatura della stagione. Invece erano piacevolmente calde.

 

Gimli lanciò un’occhiata alla coppia che sostava immobile nel ruscello sotto il cielo stellato e diede di gomito a Aragorn.

-      Orecchie a Punta si dà da fare! – sghignazzò a bassa voce – Mi gioco la barba che Jill gli rifila un cazzotto! –

Aragorn gli sorrise, gli occhi chiari e saggi che brillavano alla luce argentea.

-      Forse per questa volta è meglio non scommettere, Mastro Gimli. –

Il Nano bofonchiò un “fifone”, ma capì l’antifona e si allontanò insieme al Ramingo.

 

La sua mente era annebbiata, pervasa da un suono che sovrastava ogni altro rumore, conscia solo del contatto dell’acqua con la sua pelle e di quella voce profonda che pareva chiamarla dagli abissi.

“…Jill…”

Il mare era tutto attorno a lei e dentro di lei. Poteva udire il gorgoglio dei flutti, lo scroscio delle onde sugli scogli, l’ululato del vento impregnato di salsedine che le sferzava il volto, cantando di mondi sconosciuti in una lingua fatta di acqua salmastra. Ah, quanto le era mancato quel soffio salmastro!

Eppure una parte di sé sapeva di trovarsi sulla sponda di un ruscello d’entroterra anziché in mezzo all’oceano.

 

Legolas guardò le mani di lei e s’accorse che stavano lentamente mutando. Il colorito roseo lasciava spazio a una sfumatura bluastra, mentre minuscole scaglie argentee simili a cristalli andavano formandosi sul dorso delle mani.

Sgranò gli occhi e rafforzò la presa, senza smettere di chiamarla dolcemente, accarezzandole delicatamente le mani.

“ Resta…” quasi la scongiurò, sentendola scivolare via come l’acqua tra le dita “Ti prego, Jill… resta qui…”

 

“ Legolas…”

Attraverso la nebbia del ruggito dell’oceano e delle nubi tempestose che andavano formandosi nella sua mente, riuscì a vedere il suo sguardo dapprima preoccupato, poi sollevato nel sentirla.

“ Legolas…”

“Sono qui. Sono qui con te.”

“ M-mi sta chiamando…”

“ Chi, Jill? Chi ti chiama?”

“ L’oceano…”

L’Elfo aggrottò la fronte, perplesso: che voleva dire? Si chiese se la sua mente fosse stata nuovamente da qualche essere oscuro, magari da una creatura che dimorava nel fiume. In tal caso forse poteva entrare nei suoi pensieri e aiutarla a scacciare quel mostro.

Tentò. Proiettando la sua coscienza verso di lei, s’insinuò lentamente nella sua mente, sperando che la barriera protettiva della ragazza lo lasciasse passare. Ma non fu contro questa che si scontrò: dinanzi a sé trovò un’inespugnabile muraglia di onde che s’impennavano sotto un cielo tempestoso. E in cima a quelle altissime creste torreggiava una misteriosa figura dai tratti indistinti.

La chiamò per nome, ma anziché la fanciulla fu il ruggito dell’oceano a rispondergli, potente quanto il rombo del tuono e perentorio come la parola di un sovrano.

Sconvolto, si ritirò rapidamente.

“ No…” pensò incredulo tra sé e sé, la schiena percorsa da un brivido d’inquietudine “Non può essere…”

Non ebbe il tempo di terminare il pensiero che Jill svenne tra le sue braccia.

 

Huan avrebbe forse percepito quanto accaduto alla fanciulla, se non fosse stato distratto da quanto stava succedendo nel gruppo degli Uruk-hai. O meglio, tra Uruk-hai e Orchetti.

Gli Uruk-hai erano non solo più possenti e muscolosi, ma anche più ordinati e ligi al dovere, delle macchine da guerra create per obbedire ciecamente il loro padrone. Gli Orchetti erano invece più irrequieti e più indeboliti dalla luce del sole e dalla stanchezza, sebbene Huan fosse convinto che lo stregone avesse formulato un incantesimo per agevolare il loro ritorno a Isengard.

“ Probabilmente lo stregone è convinto che uno dei due Hobbit sia il Portatore dell’Anello” aveva ragionato.

Quella notte il drappello aveva deciso di fare una sosta e Huan aveva seguito il consiglio di Aragorn, appostandosi al limitare della foresta per non perdere di vista i due Hobbit.

Tuttavia c’era qualcosa che non quadrava, avvertiva una certa tensione nell’aria. Tese le orecchie, cercando di carpire frammenti di conversazione.

Sorrise maligno: a quanto pareva non era l’unico a sentire i morsi della fame allo stomaco. Ma il suo divertimento finì nel momento in cui si accorse di cosa, o meglio di chi fosse l’oggetto di quella discussione sempre più accesa.

Tese i muscoli, pronto a balzare in avanti nel caso in cui uno di quei luridi Orchetti avesse tentato di mettere in pratica il proposito di cenare con le gambe dei due Hobbit. Ma gli Uruk-hai non erano disposti a trasgredire agli ordini del loro signore: i Mezzi Uomini dovevano esser portati sino a lui vivi. Un Orchetto tentò un’offensiva, ma un Uruk-hai gli tagliò la testa di netto e le creature ringhianti si gettarono sul cadavere del ex compagno decapitato, ignorando i due piccoli prigionieri. Huan vide gli Hobbit strisciare a terra, le mani legate, tentando di allontanarsi da quel macabro banchetto. Tuttavia non erano riusciti a passare del tutto inosservati, poiché un Orchetto afferrò Pipino, pronto a farlo a fettine.

Un attimo dopo, tutto era precipitato nel caos. Una squadra di soldati a cavallo erano sbucati improvvisamente dalle ombre, cogliendo il drappello impreparato e cominciando a far strage degli Orchi. Lance e frecce volavano in letali parabole e le spade fendevano l’aria e le carni.

Huan cercò con lo sguardo i due Hobbit, senza però riuscire a individuarli in quella marea di gambe, braccia e zampe.

Ringhiando di frustrazione si costrinse ad arretrare cautamente verso gli albero per evitare di esser scorto dai cavalieri.

Fu mentre retrocedeva verso il folto della boscaglia che intercettò l’odore degli Hobbit.

Senza più esitare, il Lupo balzò in avanti, seguendo la scia: Merry e Pipino erano inseguiti da un Orchetto. A giudicare dall’odore doveva essere ferito, ma gli Hobbit erano disarmati e quindi vulnerabili.

Imitò una delle tecniche che aveva visto usare a Jill e spinse la sua mente in avanti, a sondare la foresta: erano vicini. Ancora un poco e…

S’arrestò.

Nessun odore gli aveva preannunciato quella vista, nemmeno la sua mente l’aveva percepito. Ma non se ne stupì.

“ Magia…” gli sfuggì un ringhio.

Ancora quella dannata magia. Ancora quei dannati stregoni.

 

La notte era trascorsa, quando Legolas si voltò verso il sole nascente.

-      Sorge un sole rosso – annunciò quasi tra sé – stanotte è stato versato del sangue. –

Jill lo seguì con lo sguardo ma lui evitò accuratamente di incrociare i suoi occhi. Per l’ennesima volta.

Si mordicchiò il labbro, frustrata. Non era difficile intuire che il motivo di quella ritrosia fosse lo strano episodio della notte precedente, eppure non ricordava di aver fatto o detto nulla di biasimevole.

Aggrottò la fronte. Per quanto si sforzasse, riusciva a ricordare solo l’oceano e una voce misteriosa che la chiamava dalle sue profondità. Non era riuscita a comprendere quella visione; per quanto ne sapeva lei, poteva essere stata una premonizione così come l’incubo di una notte di burrasca passata in mare. Si era interrogata a lungo anche su quel richiamo, ma aveva finito per concludere che si fosse trattato del prodotto della sua immaginazione: tra gli uomini di mare circolavano diverse storie di fantasmi che infestano le acque, pronti a trarre in inganno i marinai incauti e trascinarli nelle profondità più nere.

In ogni caso non aveva reso nessuno partecipe delle sue assurde elucubrazioni, dunque l’Elfo avrebbe dovuto supporre che il mancamento fosse dovuto alla stanchezza e alla fame. A meno che…

“ A meno che non si sia infiltrato nella mia mente e abbia visto qualcosa…”

Un moto di rabbia le salì su per la gola ed ebbe l’istinto di aprire bocca e dar voce alla frustrazione per la mancanza di rispetto della sua intimità. Ma quando schiuse le labbra ne uscì appena un soffio indistinto.

Serrò la mascella e strinse con forza i pugni.

Sentendosi osservata, la rossa lanciò un’occhiata avanti a sé, giusto in tempo per intercettare due enigmatici occhi blu. Fu poco più di un istante, poi saettarono lontani da lei.

 

Per tutta la mattina Legolas non fece che rimuginare su quanto accaduto. Aveva pochi dubbi sull’identità della figura che aveva scorto. Ma cosa poteva avere a che fare con Jill? E soprattutto, lei aveva idea di cosa tutto ciò potesse significare?

Studiandola di nascosto aveva come l’impressione che lei non se ne ricordasse nemmeno. Eppure era sicuro che la Corsara avesse visto e udito più di quanto lui potesse immaginare.

Per un attimo la sua mente volò di nuovo a quelle onde, alla potenza della voce tonante e all’immensità dell’oceano al di là di quella barriera. Il suo cuore venne stretto in una morsa.

Da tempo immemorabile gli Elfi avevano lasciato lo splendore di Valinor per trasferirsi nella Terra di Mezzo, eppure la magnificenza di quei luoghi ancora si specchiava negli occhi di coloro che vi avevano vissuto e veniva tramandata a chi che non ne avevano avuto il privilegio. Legolas era nato e cresciuto nella Terra di Mezzo, tuttavia la stessa malinconia che albergava nel cuore dei più antichi della sua stirpe pareva essersi estesa anche al suo animo.

Per la prima volta si ritrovò a invidiare lo spirito della Corsara, che non conosceva né obblighi né ostacoli. Quello che per lui era un confine invalicabile per lei rappresentava la chiave della libertà, un luogo selvaggio in cui poteva essere sovrana di se stessa senza dover rendere conto a nessuno.

Lanciò un’occhiata alle sue spalle per sbirciare la sua espressione. Come volevasi dimostrare: era di nuovo arrabbiata.

Stranamente, l’Elfo sorrise, attento a non farsi notare da nessuno. Non riusciva ancora a capire come quella fanciulla riuscisse a condizionare tanto i suoi stati d’animo, facendolo passare dalla preoccupazione, alla frustrazione, alla tenerezza.

“ Prima o poi mi farà impazzire.”

Tuttavia quel pensiero non gli cancellò il sorriso dalle labbra. Forse perché l’idea non gli dispiaceva poi così tanto: fino a quel momento aveva condotto un’esistenza placida e priva di tormenti, mentre Jill era una costante fonte di guai e di preoccupazioni.

“ In questo senso, potrebbe fare concorrenza a Merry e Pipino!”

Al pensiero di quanto l’avrebbe indispettita con queste parole, quasi gli venne da ridere.

 

Fu Aragorn a metterli in guardia poco prima dell’arrivo del drappello di soldati a cavallo e la Compagnia si nascose. Questi li superarono rapidi senza vederli.

Jill trasse un sospiro di sollievo: tra Rohan e i Corsari di Umbar non correva buon sangue e l’idea di dare battaglia a un intero squadrone di cavalieri ben armati non la entusiasmava per niente, tanto più che l’inseguimento degli Uruk-hai aveva bruciato molte delle sue energie.

Quasi a prendersi gioco dei suoi pensieri, il Ramingo li richiamò a sé.

-      Cavalieri di Rohan! Quali notizie dal Mark? –

Jill si voltò sbigottita verso la loro guida: aveva deciso di farli finire infilzati come spiedini solo per essere aggiornato sulle novità di quelle terre?

Subito il soldato in testa al gruppo sollevò la lancia e li fece tornare indietro. La Compagnia si ritrovò circondata da decine di lance. Un cavaliere emerse dal gruppo per apostrofarli. Jill suppose si trattasse di uno dei tre marescialli di Rohan, a giudicare dalla candida coda di cavallo che adornava il suo copricapo. Portava un’armatura leggera, adatta a lunghe cavalcate, e un elmo decorato da un drago bronzeo, che scendeva sul suo viso per proteggergli il setto nasale. Non riusciva a vederlo bene in volto, ma venne scottata dai suoi occhi scuri: trasmettevano la forza e la sicurezza di un condottiero. Abbassò un poco lo sguardo, leggermente turbata da quei dardi marroni, e qualcosa sulla sua armatura attirò il suo sguardo: sangue.

-      Cosa ci fanno un Elfo, un Uomo, un Nano e… - si soffermò un attimo a guardarla – una Corsara nelle terre del Mark? –

Jill raddrizzò la schiena impettita: sebbene il tono del cavaliere non l’avesse sicuramente lasciato intendere come un complimento, era soddisfatta per non esser stata catalogata semplicemente come una donna.

-      Parlate in fretta! – aggiunse.

-      Dimmi il tuo nome, signore dei cavalli, e io ti dirò il mio. -

La Corsara sorrise divertita al Nano, che non intendeva far calpestare il proprio orgoglio.

Il cavaliere corrugò la fronte e smontò dal proprio destriero. Con passo deciso di avvicinò a Gimli, che sollevò il mento con aria di sfida, sotto lo sguardo preoccupato di Aragorn.

-      Ti taglierei la testa, Nano – caricò di disprezzo l’ultima parola – se solo si levasse più in alto da terra. –

Un istante dopo Jill aveva estratto la spada e Legolas aveva inforcato una freccia nel suo arco.

-      Moriresti prima di vibrare il colpo – lo minacciò l’Elfo.

I cavalieri furono rapidi nel levare anche loro le armi. Ma Aragorn si frappose tra i suoi compagni e il maresciallo, placando gli animi e presentando i membri della Compagnia.

-      Siamo amici di Rohan e di Theoden, vostro re. – concluse il Ramingo.

Jill piegò la bocca in una smorfia: non aveva idea del tipo di rapporto che i suoi compagni avevano con il sovrano di Rohan, ma di certo i Corsari non potevano essere considerati suoi amici.

Più disteso, il cavaliere sfilò l’elmo, rivelando un volto fiero scolpito dalle battaglie. Il suo sguardo però s’era velato di tristezza e delusione. Jill pensò che il giovane guerriero pareva più vecchio di quanto dimostrassero i tratti del suo viso, come se un pesante fardello l’avesse fatto invecchiare precocemente.

-      Theoden non sa più riconoscere gli amici dai nemici – sospirò – Nemmeno la propria stirpe. -

I cavalieri attorno a loro abbassarono le lance.

-      Saruman – riprese il maresciallo – ha avvelenato la mente del re e stabilito il dominio su queste terre. –

Un brivido percorse la schiena di Jill. Il suo antico maestro era sempre stato bravo nell’uso delle parole, ma da lì a manipolare la mente di un re…

Strinse i pugni, frustrata e arrabbiata. Per lungo tempo ai suoi occhi Saruman era parso un luminare dall’animo nobile, tanto generoso da istruire e accogliere nella sua magnifica dimora una superstite senza casa né famiglia, proveniente da una città straniera di cui non restavano che macerie e cadaveri. Eppure giorno dopo giorno apprendeva sempre più quanto quel periodo trascorso nella torre di Isengard a leccarsi le ferite e poi a godersi un po’ di ritrovata serenità fosse stato una mera messinscena: Saruman non era mai stato intenzionato a darle un futuro, bensì voleva certamente servirsi dell’allieva per assoggettare i popoli di quelle terre.

-      La mia compagnia è di quelle fedeli a Rohan – continuò il cavaliere – e per questo veniamo banditi. –

Improvvisamente quel ufficiale le parve molto simile a lei: costretto a lasciare la sua casa senza potervi fare ritorno, tradito dalla persona che rispettava e cui aveva dato la sua fedeltà.

-      Lo Stregone Bianco è astuto – sibilò il cavaliere avvicinandosi ai viaggiatori – Vaga qua e là, dicono, come un vecchio con mantello e cappuccio. E ovunque le sue spie – indirizzò il suo sguardo verso Jill – sfuggono alle nostre reti. –

La Corsara sollevò un sopracciglio di fronte a quell’insinuazione poco velata, ma fu di nuovo Aragorn a prendere la parola.

-      Noi non siamo spie – spiegò in tono calmo e conciso – stiamo inseguendo un gruppo di Uruk-hai diretti a ovest. Hanno fatto prigionieri due nostri amici. –

Lo sguardo del cavaliere s’incupì.

-      Gli Uruk sono distrutti, li abbiamo trucidati questa notte. –

-      Ma c’erano due Hobbit! – intervenne Gimli – Hai visto due Hobbit con loro? –

-      Sono piccoli – precisò il Ramingo – dei bambini ai vostri occhi. –

Il maresciallo si prese un attimo per rispondere.

-      Non ci sono vivi. Abbiamo ammassato le carcasse e dato fuoco. – concluse, indicando la colonna di fumo che s’innalzava più avanti nella vallata.

Jill sentì il cuore perdere un battito.

Gandalf.

Boromir.

Merry e Pipino.

Il sacrificio del guerriero di Gondor era stato vano?

“ No, non è possibile…”

Proiettò la sua mente verso il punto indicato dal cavaliere, passando poi a tappeto la zona in cerca di un qualsiasi segno.

“Huan!” chiamò “Huan! Huan, fratello mio, dove sei?”

Nulla.

Una sensazione agghiacciante s’impadronì di lei. Huan non poteva essere morto, altrimenti avrebbe certamente percepito il suo trapasso. Ma allora perché non le rispondeva? I battiti del suo cuore accelerarono, riempiendo le sue orecchie col loro martellante tamburellare.

“Jill” percepì il leggero tocco mentale di Legolas “che ti succede?”

Lo ignorò.

Quasi non si accorse dei due cavalli che il maresciallo aveva fatto avvicinare e delle parole da lui pronunciate.

-      Non fidate nella speranza. – si congedò l’uomo montando in sella – Ha abbandonato queste terre. –

 

 

Continua…

 

 

N.d.a: 

Innanzitutto rivolgo un ringraziamento speciale a OrangeMask, che mi ha restituito la voglia di scrivere.

Mi scuso con tutti coloro che avevano cominciato a leggere questa storia e non hanno potuto leggerne la prosecuzione. Ma dopo aver finito La Corsara mi è venuto una specie di “blocco dello scrittore” e anche se le idee erano tutte pronte nella mia testa, non riuscivo a esprimerle in forma scritta.

Infine auguro buona lettura a tutti quanti, sperando che questa seconda parte vi appassioni almeno quanto la prima. Spero di poter leggere i vostri commenti, sono ben accette sia le critiche positive che quelle negative!

 

A presto,

 

Monalisasmile

  
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