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Autore: apefrizzola_    29/06/2011    3 recensioni
Analisi di una famiglia,caratterizzata da sentimenti di odio, gelosia e invidia, ma anche da grandi affeti. La storia di due cugini legati da un "amore" fraterno, che saranno costretti a dover risolvere un mistero durante una vacanza pasquale del tutto insolita:)
Genere: Comico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stazione di Como, 28 Aprile

Giancarlo, Carolina e i bambini erano arrivati alla stazione di Como e, come da programma, i nonni paterni di Alessia, Paolo e Maria, erano andati a prenderli. Non c’era infatti una linea ferroviaria che arrivasse a Menaggio e i due anziani non volevano che i piccoli viaggiassero sul pullman fino al paesino. “C’è della brutta gente al giorno d’oggi” – dicevano – “ e visto che sono ancora bambini, meritano di essere trattati con tutte le comodità. Ci sono tanti turisti che visitano Menaggio. I nostri nipotini non possono di certo fare il viaggio in pullman in piedi!”. Avevano pronunciato queste esatte parole durante una cena di famiglia. Alessia era rimasta stupita e intenerita da quel gesto d’affetto, dal momento che, quando era piccola lei, non l’avevano mai fatto, anzi nemmeno proposto; però era felice che di quell’amore potesse godere qualcun altro. “Che abbiano un cuore?”, aveva pensato ironicamente, dal momento che si era posta una domanda retorica, sicuramente con risposta negativa, almeno per lei. Giacomo, dopo aver ascoltato il racconto della cugina sull’accaduto, aveva sbarrato gli occhi, inarcando i sopraccigli e facendo una smorfia. “Affetto, eh?” aveva detto, ridendo, condividendo gli stessi dubbi di Ale. “Se Paolo e Maria sono capaci di provare amore verso qualcuno o qualcosa, a parte loro stessi e il denaro, cambio facoltà e vado a studiare filosofia, promesso!”. E dal momento che Momo odiava, o meglio disgustava profondamente quella materia, doveva proprio essere sicuro di quello che stava dicendo. “Ma come siete cattivi, ragazzi!”, aveva detto Delia, la mamma del ragazzo, con un tono di finto rimprovero.  “Cattivi,eh?”- rispose Momo, mantenendo il tono ironico- “voglio vedere se cambierai idea dopo che ci avranno spediti a dormire nella stalla e avvelenati!”. E la discussione si era conclusa con una sonora risata.

Milano, appartamento sul naviglio grande, 28 Aprile

In un baleno, Alberto era piombato sulla soglia della casa di Giacomo. Il ragazzo non fece in tempo a fargli segno di accomodarsi, che l’uomo era già entrato  e si era accasciato sulla poltrona del soggiorno, ansimando. “Giacomo per favore chiudi la porta, in fretta!”, lo pregò sottovoce. Il ragazzo non se lo fece ripetere e offrì un bicchiere d’acqua ad Alberto, aspettando che si calmasse. “Scusate … lo so che vi sembro matto …. non volevo ….”, ma si interruppe, il viso coperto dalle mani. “Tranquillo Alby, rilassati … forza, dicci che cosa sta succedendo”, disse Edoardo, mettendo il suo braccio intorno alle spalle dell’amico. “Qualcuno mi perseguita. Mi hanno trovato …. hanno scoperto ….”, ma non riuscì ad aggiungere altro, la sua voce fu spezzata dalle lacrime. “Chi ti ha trovato? Chi ti perseguita?” chiese insistentemente Edoardo con l’intento di far parlare l’amico. Dopo pochi minuti Alberto riprese il discorso; ora sembrava lucido e tranquillo, la voce ferma e sicura. Si alzò in piedi e pronunciò le sue parole mentre con passi veloci, che rivelavano il suo reale stato d’animo e d’inquietudine, nonostante l’uomo si fosse imposto di controllarsi, percorreva il perimetro del salotto di Momo. “Due anni fa, come sapete, mio padre è mancato. I medici sostengono che si tratti di morte naturale, infarto, ma onestamente non ci credo. Non ha mai sofferto di cuore, è sempre stato un uomo che scoppiava di salute. In più il caso ha voluto, che dopo la sua morte, l’azienda che dirigeva sia completamente entrata in crisi, abbia  dichiarato il fallimento e questo ha permesso ad una nuova compagnia di ricomprarla a basso prezzo … non una compagnia qualunque … ma quella che faceva maggior concorrenza a quella di mio padre, la “Blue Marine”. Pur facendo un lavoro completamente diverso, ho pensato di interessarmi di nascosto alla vicenda e, grazie ad alcune mie conoscenze, sono riuscito a scoprire che la “Blue Marine” non aveva denaro sufficiente per acquistarla e non ha chiesto un  prestito ad una banca… ma un’altra associazione l’ha comprata e ceduta alla concorrenza. Ho deciso di arrivare al nome dell’associazione, avevo già un valido motivo, ma sono diventato ancora più deciso nel mio proposito quando…”, qui si interruppe per un momento e arrossì leggermente, poi riprese “fino a quando ho incontrato Angelica. E’ successo tutto per caso. E’… o forse dovrei dire era …”- fece una breve pausa, come se cercasse di chiarire bene la cosa a se stesso, prima di rivelarla agli altri- “va beh continuiamo… è un’amica di mia moglie, frequentano gli stessi corsi in palestra. Un giorno è venuta a pranzo, io ero appena tornato dal cimitero, non sapevo che ci fosse. Non ero molto allegro, mi manca molto mio padre e ogni volta che vado a “fargli visita” rimango ancora molto turbato e scosso. Angelica si è subito preoccupata e mi ha chiesto come mai ero così triste. E così dopo veloci presentazioni, le ho raccontato brevemente la mia storia…ovviamente ho omesso i particolari. Mi sono limitato a dirle che ero distrutto per la morte di mio padre ed ero amareggiato per il fatto che la “Blue Marine” fosse riuscita ad acquistare l’azienda. Il giorno seguente è venuta nel mio ufficio e mi ha raccontato che suo padre lavorava nella stessa azienda del mio e aveva talmente sofferto per il crollo della compagnia e il suo conseguente licenziamento, che era morto dal dolore, il suo cuore non aveva retto. Sono  rimasto particolarmente colpito dalla vicenda, Angelica era distrutta. Ricordare il recente passato non le aveva fatto bene, aveva appoggiato il capo sulle sue braccia, quasi per voler nascondere le lacrime che le rigavano il viso, pronunciava parole intrise di dolore e rabbia. Voleva vendetta. Ho deciso di raccontarle quello che sapevo …. Oh quanto me ne pento ora!! Le ho detto che avevo intenzione di andare fino in fondo alla storia e che avrei trovato il modo di denunciare e incastrare i membri di quell’associazione e Angelica si è offerta di aiutarmi. Grazie al suo aiuto sono riuscito a entrare nella “Blue Marine” e ho investigato. Ho trovato dei file e dei documenti che mettono chiaramente in evidenza il fatto che l’azienda sia spalleggiata da un’altra associazione, illegale direi; si è spacciata con il nome di “West Coast”, ma ho provato a ottenere informazioni e non  ho ottenuto nessun risultato. Oltre al computer, ho deciso di dare un’occhiata in tutto l’ufficio del capo e ho trovato una busta, era stata aperta e riposta con cura, riportava un messaggio breve, ma freddo e preciso: “Domani riceverai nuove informazioni. West Coast”. Sono tornato a casa e ho raccontato tutto ad Angelica il giorno seguente, accennandole il fatto che vi avrei chiesto aiuto in caso avessi ottenuto prove più sicure. Era evidentemente molto preoccupata per me, sembrava spaventata, mi ha pregato di desistere dall’impresa perché non era un gioco avere a che fare con un’associazione di quel tipo, potevo essere in pericolo. Ma non è riuscita a convincermi e quello stesso giorno sono ritornato alla “Blue Marine”. L’orario era lo stesso della volta precedente e, sperando di avere fortuna, ho cercato la nuova busta nel posto in cui avevo trovato la precedente. Doveva essere un’abitudine dell’amministratore riporre i messaggi nello stesso luogo: infatti la lettera era là, dove mi aspettavo di trovarla. Anche questa volta era già stata aperta. L’ho letta: “Perletti(cognome di Alberto) sta investigando, vuole scoprire tutto. Sta diventando pericoloso. Non è solo, un’altra persona lo sta aiutando. Trovala ed eliminala. A lui penseremo dopo.”.  Ho chiamato subito Angelica, dicendole che sarei corso da voi per chiedere aiuto,perché la situazione sta peggiorando, perché ha ragione lei, questo non è un gioco, perché ora è in pericolo, per colpa mia, e non potrei mai permettere che le accada qualcosa di male. Non le ho rivelato le esatte parole della lettera, non ne ho avuto la forza, le ho solo detto che deve rimanere fuori da questa storia e che non voglio più nemmeno il suo sostegno, perché voglio portare a termine la questione da solo. Sono venuto da voi appena ho potuto, ma devo scappare ora; ho tenuto mia moglie all’oscuro di tutto, non voglio che cominci a sospettare qualcosa. Vi prego aiutatemi. Lo so che vi chiedo moltissimo, ma andare alla polizia non serve a niente. Aiutatemi a investigare. Per favore, vi imploro. Sono disperato. Dobbiamo prenderli prima che la trovino. Dovete aiutarla. Non so quanto servirà non vederla più. Per fortuna non la conoscono, non sanno dove abita, non sanno dove si trova ora. Ma se la trovassero? Aiutatemi. Mi ha detto che in questi giorni soggiornerà a Menaggio, con la sua famiglia, perché è il luogo d’origine di suo papà e festeggiare in quel luogo la Pasqua è come se la sua famiglia fosse ancora tutta riunita insieme, come faceva una volta. Edoardo, Delia, Giacomo, so che vi chiedo l’impossibile, ma siete le uniche persone di cui mi fido veramente. Aiutatela, o la uccideranno”.

  

  
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