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Autore: Perseverance    30/06/2011    1 recensioni
Molti traumi lasciano scie che non si cancellano nel tempo.
Terribili storie, nascono dalle traiettorie distorte di alcune vite.
Il cranio, non è mai stato un contenitore tanto scottante.
Genere: Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E’ bello il sudore sulle labbra. Il suo sapore ha un che di glorioso. Ma adesso devo cercare di mantenere la calma.

Io ci provo ma non è colpa mia se non ci riesco, accidenti! Questa volta è stata colpa sua! E’ colpa di quella maledetta! Mi parlava di compassione, sentimenti e lacrime. Non credo di aver pianto neanche quando mia madre, quel giorno, in quella maledetta sala parto, mi condannò a vivere. Non ho mai desiderato alcuna compassione, ne quando avevo bisogno di una semplice carezza, ne quando ero orribilmente solo. Me lo volete dire ancora? Sì, ho perso la calma. E allora? Chi è colui che non la perde mai? Posso pure raccontarvi ciò che è successo, se volete.

Ero a casa sua, dopo un’intensa giornata di lavoro. Avevo accettato subito il suo invito, perché in fondo cosa c’era di male? Era una gran bella sventola, con due belle cosce e una lunga cascata di capelli biondi. Non che mi andasse a genio per davvero: avevo solo bisogno di una nottata di sesso. Era troppo sdolcinata e troppo romantica perché potesse esserci qualcosa di più. Insomma, era una di quelle puttanelle che ti ingannano con il fascino per poi ingabbiarti e farti fare ciò che vogliono, come uno schiavetto. Carezze, regali e poi chissà cosa.

Arrivammo a casa sua e accese le luci. Corse rapidamente in cucina indicandomi prima un attaccapanni dove mettere il mio cappotto e subito dopo iniziò a preparare la cena. In pochi minuti si propagò dappertutto un odore delizioso. Almeno in cucina doveva esser brava.

Tre quarti d’ora dopo iniziammo a mangiare. Parlammo un po’e andò tutto bene fin quando non iniziò a parlarmi dei suoi problemi: problemi di cuore, dilemmi esistenziali e poi pianti, pianti e pianti a non finire.

Ascoltai seccato le sue parole. Anche io avevo i miei problemi, perché dovevo sorbirmi pure i suoi? Mi ricordo bene di quanta solitudine ho patito in passato e di come ero trattato da tutti: con l’importanza di uno sputo fresco. Eppure non ho mai avuto il bisogno di sbattere i miei problemi in faccia a nessuno.

Non avvertivo emozione alcuna mentre parlava. Mi sentivo come un muro. Impassibile. Le cose però cambiarono rapidamente quando iniziò a piangere: rapidamente quelle che erano quattro lacrime si trasformarono in un pianto a dirotto. Iniziai a sentirmi strano e mi misi le mani nei capelli. All’improvviso iniziarono a bruciarmi le cervella come se quel frignare mi stesse trapanando il cranio da parte a parte. Quel dolore lancinante fu come la goccia che fece traboccare il vaso. Aveva la pretesa di piangere come me, che non ho mai potuto. E’stata tutta colpa sua!

Avevo ormai un mal di testa orribile. Iniziai a lamentarmi e a scuotermi sbattendo le mani sul tavolo. Nella mia mente il dolore si acutizzò in fretta. Mi alzai avvicinandomi fulmineo. Lei mi guardò strano per pochi secondi. La afferrai per i capelli e le sbattei la testa contro lo spigolo del tavolo per almeno tre volte. Dopo la gettai a terra come fosse uno straccio vecchio. Iniziò a gridare come una folle e io mi infuriai ancora di più. Allora le diedi due calci nel basso ventre e poi presi il coltello dal tavolo. Subito dopo mi gettai contro di lei. Le ricordo ancora tutte: diciassette coltellate e una dopo l’altra mi sentivo sempre peggio perché urlava sempre di più. Ma poi giunse il colpo di lama che, dopo il suo ultimo sordo gemito, mi regalò il silenzio. Mi gettai con la schiena per terra vicino al suo corpo. Finalmente c’era pace e il mio mal di testa andava affievolendosi. Mi addormentai lì.

L’indomani, dopo essermi svegliato presi la salma e decisi di buttarla nella discarica poco fuori dalla città.

Successivamente vidi che le mie mani erano ancora sporche di sangue. Mi leccai un dito come per pulirlo e fu lì che lo risentii, signor commissario. Quel sapore divino e glorioso ma, allo stesso tempo, doloroso, come quando il mio padrigno mi prendeva frustava col cuoio della cinghia e io, nel leccarmi le ferite, lo sentivo: quel sapore di sudore e sangue.

  
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