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Autore: Ixia    30/06/2011    8 recensioni
Qualsiasi giorno puo’ essere IL giorno. Quello in cui cambia tutto, quello in cui la vita prende e non torna mai piu’ la stessa. Il giorno in cui tocca partire, per conquistarsi il futuro.
Qui si parla di quel giorno, e di una ragazza; di un genio pigro dal cuore ormai arido; di un nemico assetato di vendetta e chissa’, forse di tanto altro. Di una Konhoa che firma lo sfondo come la discesa di una stella cadente che, chissa’ perche’, sale verso il cielo.
Questa e’ la nostra storia.
Genere: Avventura, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio, Shikamaru Nara, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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Shikamaru cadde a terra, in una pozza di sangue.
Poi i suoi occhi, stanchi, si chiusero sul mondo.
Un sorriso sulle labbra, il viso rilassato… Era riuscito a salvarla, e questo era tutto.


~Epilogo~





Ad un certo punto, non si sa quando, né come, né perché, Shikamaru si svegliò.
Prese coscienza di se stesso, rendendosi conto di essere ancora in grado di pensare.
Incredibile.
Attese per alcuni istanti, con gli occhi serrati.
Era così curioso riscoprirsi cosciente da sembrare quasi irreale.
Si crogiolò ancora un po’ in quella dolce sensazione di benessere, spaventato dall’idea di affrontare il mondo esterno.
Prese un lungo respiro, ricordandosi in quell’esatto istante di avere dei polmoni. L’aria che gli penetrò nelle narici fu tiepida, inodore… Senza alcuna caratteristica.
Strano, pensò. Un’aria senza odore.
Era giunto il momento di aprire gli occhi. Dischiuse le palpebre, giusto il tempo necessario per dare una sbirciatina al mondo circostante, poi le richiuse di scatto.
Ecco, c’era tanta, tanta luce là fuori. Bianca, abbagliante, da ferire gli occhi.
Provò di nuovo, senza riuscire a tenerle aperte più di un secondo. C’era troppa luce. Non valeva la pena aprirle.
Si costrinse a farlo, imprecando mentalmente contro tutto quel bianco.
Dannazione, ma dove era finito?
Shikamaru aprì gli occhi, e si guardò intorno.
Era sdraiato sul nulla, nel bel mezzo del niente.
Imprecò, mentre il suo cervello giungeva a una conclusione logica.
Circondato da bianco, senza ferite…
Cacchio, era morto.
-Merda.- bofonchiò, lanciando uno sguardo più lontano, alla ricerca di qualcosa che smentisse la sua tesi.
Era sano, integro, solo. Circondato da un infinito rincorrersi di nebbiolina nivea che sembrava non conoscere dimensione.
In un posto inodore, incolore e totalmente avvolto dal silenzio.
Si, era proprio morto.
Si alzò barcollante, notando con suo sommo stupore di avere dei vestiti puliti, anch’essi bianchi. Camminò un po’ in quel nulla senza fine, aggirandosi con i sensi all’erta fra la foschia opalescente che lo circondava.
Ok, era sicuro di non essere vivo. Ma dove si trovava? E soprattutto, perché l’aldilà era tutto così dannatamente seccante?
Sbuffò, irritato da tutto quel niente.
Bene, se il programma che gli si prospettava per la prossima eternità era quello di vagare senza meta in una landa lattiginosa, beh, allora avrebbe preferito tornare in vita per poi farsi trafiggere dalla spada spirituale di Sasuke. Lì dentro almeno avrebbe trovato compagnia.
Vagò ancora per alcuni minuti, o almeno quelli che a lui parvero tali, fino a quando vide delinearsi in mezzo alla foschia una massa informe.
Era bassa, tozza, e si sviluppava in orizzontale. Shikamaru quasi ci rimase di sasso quando, una volta arrivato davanti al misterioso oggetto, scoprì che si trattava di un tavolo da gioco, con tanto di scacchiera pronta per una partita.
Inarcò il sopracciglio. La situazione si stava facendo sempre più bizzarra.
Una scacchiera?
Cos’era, uno scherzo del creatore per torturarlo per l’eternità?
Non c’era nessuno con cui giocare in quel posto.
Nonostante questo, Shikamaru si sedette comunque a terra, cominciando a posizionare le varie pedine sulle caselle.
Il re, il cavallo, l’alfiere, la torre, il generale oro… Non sapeva nemmeno perché lo stesse facendo.
Per la noia, si rispose. Si, probabilmente per quello. O forse perché, ma non lo avrebbe mai ammesso, aveva l’inspiegabile presentimento che qualcuno sarebbe arrivato da un momento all’altro.
Si diede dello stupido, lanciando un’occhiata al vuoto infinito che lo circondava.
Chi sarebbe mai potuto venire?
Improvvisamente, quasi come se fosse stato chiamato, vide qualcosa avanzare in mezzo alla nebbiolina. Qualcosa di alto e lungo.
Passarono un paio di secondi prima che si accorgesse che quel qualcosa, strano ma vero, era una persona.
Si alzò, ancora sul chi vive.
Per prima cosa portò la mano alla gamba, alla ricerca di uno shuriken, ma con suo sommo dispiacere si accorse di essere stato privato delle sue armi.
Maledetto aldilà…, pensò scocciato. Pure le sue armi si era preso.
Tese i muscoli, preparandosi a scagliarsi contro il nemico sfruttando il favore della nebbia.
Ma la figura continuava ad avanzare tranquilla, con un incedere cadenzato. Non sembrava proprio avere l’aria di un aggressore.
Quindi decise di tentare un approccio più diplomatico.
-Chi sei?- domandò perentorio, sfoggiando il suo tono più autoritario. –Mostrati!-
La figura avanzò ancora di alcuni passi, poi parlò.
-Cavolo Shika-kun, come sei diventato nervosetto… Non è che la vecchiaia ti ha reso più acido?-
Il Nara spalancò la bocca per lo stupore, abbandonando le braccia lungo il corpo.
Conosceva quella voce.
-Ino?- sussurrò.
-Oh ma bravo. Allora l’altzeimer ancora non ti ha colpito…-
La nebbia improvvisamente si diradò, lasciando spazio alla figura sorridente della Yamanaka.
-Ciao Shika… Finalmente.-


-I-Ino?- balbettò ancora una volta Shikamaru, con la bocca spalancata. Il suo cervello taceva davanti a quell’immagine, troppo sconvolto.
La donna gli rivolse un sorriso malizioso, uno dei suoi. Inconfondibile.
Cristo santo, era davvero lei.
-Come stai Shika?- mormorò, senza smettere di abbagliarlo. La donna sostenne il suo sguardo, senza però nascondere un po’ di imbarazzo. –È da un po’ che non ci si vede…-
Un po’?, rispose una vocina dentro il cervello del Nara. Erano diciassette fottutissimi anni.
Il Nara mosse automaticamente un passo in avanti, avvicinandosi verso la donna come una falena verso il fuoco.
Capelli biondi, viso da bambina, occhi incredibilmente chiari… Cosa stava succedendo?
Ino gli rivolse uno sguardo comprensivo, conscia che all’interno del Nara in quel momento si stava combattendo una lotta senza precedenti. Il freddo raziocinio di Shikamaru era duro a morire, soprattutto davanti ad un evento come quello. La donna vedeva nei suoi occhi le ombre della battaglia, e non riuscì a trattenere un pallido risolino.
-È inutile che ti scervelli Nara. Sono qui davvero.-
Detto questo gli dette le spalle, e si andò a sedere di fronte al tavolo da gioco. Estrasse con cura le sue pedine, e senza degnare l’uomo di un solo sguardo comincio a posizionarle sulla scacchiera.
Per alcuni lunghi minuti l’unico suono udibile per centinaia di chilometri fu il ticchettare dei pezzettini di legno sul tavolo. Producevano dei suoni lievi, quasi dei piccoli passi, ma nelle orecchie di Shikamaru erano sassi che infrangevano vetrate, così forti da ferirgli i pensieri.
Scosse il capo, per rimescolare un po’ quel rimestarsi di idee. Cosa doveva fare? Doveva crederci?
Il Nara si voltò, in cerca di una risposta.
E la vide. Fanculo il raziocinio. Ino era di nuovo lì con lui. Non avrebbe rovinato di nuovo un’altra occasione per le sue stupide congetture da genio.
La donna nascose un sorriso quando vide Shikamaru sedersi davanti con un’espressione irritata. Le venne da ridere.
Allora un po’ era cresciuto in tutti quegli anni.
Evitò di parlare, leggendo sul viso di Shikamaru un “non infierire” scritto a caratteri cubitali. Si limitò a passargli l’ultima delle sue pedine con espressione compiaciuta.
-Allora Ino…- mormorò Shikamaru tentando di mantenere il suo massimo tono serio. –Cosa diavolo ci facciamo qui?-
Nel bel mezzo nel niente e attorniati dal nulla, di nuovo insieme come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Lei alzò le spalle. Non era ovvio? –Beh, per giocare naturalmente.-
Poco ci mancò che Shikamaru le tirasse dietro tutto il tavolo. Lo stava prendendo in giro?
-E da quando tu sai giocare a shoji?- chiese con il suo peggior tono sarcastico.
Lei gli rivolse l’ennesimo sorriso da infarto, dispettosa. Il suo sguardo non presagiva nulla di buono. –Hmmm, me l’ha insegnato Asuma-sensei.-
La mascella di Shikamaru cadde a terra, mentre i suoi neuroni scoppiarono in rivolta. Eh no, quello non potevano accettarlo!
Ino rise, deliziata dall’espressione dell’amico. –Shika-kun, stai attento o ti ritroverai una lussazione alla bocca.-
Lui riprese un minimo di controllo, arrossendo. –Cosa? Tu… il sensei… shoji… l’hai incontrato?-
Ino rise ancora, trovando il Nara ancora più buffo di un tempo. Poverino, per un genio come lui era tutto troppo strano. Era quasi adorabile in quella situazione.
Scosse il capo, muovendo il primo pezzo. –Eh no Shika-kun, non ti posso dire nulla. Ordini dall’alto.- indicò il cielo [bianco] con espressione professionale –“Non bisogna dare ai vivi informazioni su questo mondo”.-
Shikamaru inizialmente non sentì una parola di quello che Ino gli aveva detto. Era troppo occupato a gestire la tachicardia che quel viso gli provocava.
Erano passati diciassette anni… Ma lui sembrava ancora un adolescente in preda ad una crisi ormonale.
Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso.
Poi però, all’improvviso, un campanello di allarme si accese nel fondo del suo cervello. Suonò per una buona manciata di minuti prima che il Nara decidesse di dargli retta, distogliendo la sua attenzione dagli occhi azzurri della donna davanti a lui.
Ehi… Ino aveva detto “non dire ai vivi”? Questo significava che…
-Non sono morto?- sussurrò, lasciando che Ino gli mangiasse una pedina.
Lei alzò lo sguardo, sbuffando. –Ma certo che no! Altrimenti perché pensi che ti avrei incontrato qui?-
Il Nara scosse il capo –Ma allora come faccio a vederti? Devo per forza essere morto… Altrimenti tu non saresti qui.-
Pronunciò le ultime parole con un soffio, con la paura che si realizzassero. Non poteva perderla di nuovo.
Ino riconobbe il suo tono, regalandogli un sorriso caldo e rassicurante. Girò intorno al tavolo, sedendosi di fronte all’uomo dei suoi sogni.
-Ehi Shika, io sono davvero qui. E anche tu sei qui, ma per mio volere. Sono stata io a chiedere di vederti… di poterti parlare, ancora una volta.-
La donna alzò la mano, avvicinandola al viso dell’uomo con lentezza.
Gli occhi negli occhi, lo osservava con lo stesso sentimento che aveva consumato entrambi in tutto quel tempo.
Quello stesso sentimento che adesso li faceva tremare, in attesa di quel contatto che non avvenne. La mano di Ino, opalescente come un ricordo, si infranse contro il viso di Shikamaru. Gli passò attraverso, regalando all’uomo la sensazione di essere sfiorati dalla brezza primaverile.
-M-ma?- balbettò l’uomo, avvicinando la sua mano a quella della donna. Lei abbassò lo sguardo, un po’ intristita.
-Sei vivo Shika, credimi.-
I due rialzarono lo sguardo, fissandosi per alcuni secondi. Ancora una volta erano troppo distanti.
-Ino, davvero, perché sono qui?- chiese l’uomo senza alzare il capo, sentendo quella presenza così leggere al suo fianco.
Lei rimase un attimo in silenzio, in cerca delle parole giuste.
-Perché io… ti dovevo parlare.- il Nara fece per interromperla, ma le lo zittì con un’occhiata.
-Non è quello che pensi Shika. Non siamo qui per parlare del passato… ma del tuo futuro. Delle decisioni sbagliate che intendi prendere.-
Lui la osservò con gli occhi sgranati, incredulo. Possibile che sapesse della sua scelta? Eppure non l’aveva mai detto a nessuno, nemmeno a Choji. L’aveva capito durante la battaglia con Hidan che quella sarebbe stata l’unica soluzione definitiva ai suoi problemi… L’unica possibilità.
Aveva sempre fatto del male alle persone che si era trovato intorno… Ino, Choji, Asuma, Temari, i suoi genitori e adesso anche Ise.
L’unico modo per non farli soffrire più era quello di allontanarsi da loro. Di fuggire per sempre dal villaggio.
-Come fai a saperlo?- chiese in un soffio.
Lei gli rivolse un sorriso malinconico. Allora i suoi sospetti erano fondati. –Ti ho visto combattere contro Hidan. E ho visto il tuo sguardo. Ti conosco Shika… Non hai segreti per me.-
Lui abbassò il capo. Sì, lei lo conosceva fin troppo bene. Però quali erano le sue intenzioni, adesso? Cosa voleva fare?
Lo conosceva abbastanza per capire che quella era una decisione irrevocabile.
-Io non cambierò idea Ino. Se non sono morto, appena mi sarà possibile lascerò Konoha. Per sempre.-
La donna scosse il capo, fra l’irritato e il dispiaciuto. Sarebbe stato davvero difficile fargli cambiare idea… Non era più tanto sicura di riuscirci.
-Shika, ascoltami. Smettila per un attimo di usare la testa, la ragione e il raziocinio. Sei un grande ninja, ma non hai mai capito quando è meglio smettere di esserlo. Con le persone, con i sentimenti, con la vita vera in generale tu sbagli approccio. Non tutto si decide qui- gli toccò la fronte –ma anche qui.-
La mano della donna gli sfiorò il petto, provocandogli un brivido.
-Nella tua vita però, - il tono di Ino si fece malinconico –non hai mai smesso di pensare. Pensare, pensare, pensare… Non hai fatto altro. Non sei mai andato incontro a una scelta azzardata, non hai mai voluto rischiare senza un piano perfetto. E questo, nella vita vera, ti ha tagliato le ali. Sia a te… che a chi ti stava intorno.-
Ino abbassò il capo, nascondendosi dietro la sua lunga frangia dorata. Non voleva che lui vedesse quanto le fosse difficile fare un discorso simile.
-Ma adesso, hai la possibilità di avere una nuova occasione. Un’occasione irripetibile, a cui tu vuoi rinunciare perché pensi troppo. Shika, non puoi abbandonare Konoha. Ripeteresti gli stessi stupidi errori che hai fatto in passato.-
Il Nara chiuse gli occhi, palesemente colpito. Non voleva cedere alle parole di Ino, non poteva darle ragione.
-No Ino, non sto facendo un errore. Anzi, penso che questa decisione sia la migliore che io abbia mai preso in tutta la mia vita.-
Si avvicinò di più alla donna, e la costrinse a guardarlo negli occhi. Aveva bisogno di vedere quell’azzurro.
-Ino, io sono cattivo. Sono uno stronzo, un egoista, un bastardo. Ho fatto del male a tutte le persone che mi sono state vicine, anche quelle che amavo di più.- fece una pausa, vedendo quell’azzurro tremare.
-Non ho saputo difendere un solo legame, ho messo a repentaglio la vita di chi mi stava intorno e alla fine, qualcuno è morto davvero- nella sua voce c’era una rabbia crescente. –Tutto questo per i miei stupidi difetti, la mia pigrizia, la mia inerzia. Sono troppo vecchio per cambiare, Ino. Non ce la posso fare. Eh sì, tu hai ragione, ora ho ricevuto una seconda possibilità. Ma non la sfrutterò. Perché se lo facessi, distruggerei anche la vita di mia figlia. E non voglio farlo.-
Ino scosse il capo violentemente, mentre i suoi occhi si facevano lucidi. –Lo stai facendo, lo stai facendo di nuovo! Non ti rendi conto con quella testaccia di ciò che le tue azioni faranno veramente a tua figlia. La stai abbandonando Shika, la stai illudendo. Le hai regalato il calore di un padre per poi sottrarglielo all’improvviso! E perché Shika? Perché “sei troppo vecchio per cambiare”?!-
I tremiti di Ino lo colpirono con violenza, andando a mirare nel profondo. Davanti a quello sguardo rassegnato, una piccola crepa si disegnò nell’indistruttibile corazza di Shikamaru Nara.
Crack crak crak.
Le parole di Ino si insinuarono nel profondo come un’edera velenosa. Ma lui non voleva arrendersi.
-Si Ino, io non posso cambiare! Ci ho provato in questi mesi, ma non ci sono riuscito! Non è servito a nulla ascoltare i sentimenti… Hidan l’ha quasi uccisa! E Cristo santo, aveva ragione in ogni parola che ha detto. Ino, io non ci posso fare niente. Sono un egoista. Le farò del male, la farò soffrire e lei se ne andrà come hai fatto tu. E se la prossima volta un altro pazzo assetato di sangue decidesse di avere un conto in sospeso con me e l’andasse a cercare? Tu sei fuggita Ino, non eri a Konoha. Nessuno è venuto ad aiutarti in quel paese disperso fra le montagne ed è per questo che ora se qui. Io non voglio che Ise faccia la tua stessa fine. Voglio che rimanga al villaggio della foglia, vicino a persone che le vogliono bene e che sapranno difenderla in caso di pericolo. Voglio che lei stia con persone diverse da me.-
-Shika, Hidan era un pazzo! Un pazzo che aveva intuito il fragile legame che ti univa a tua figlia e aveva deciso di rivoltartelo contro per farti perdere la testa! Come puoi credere alle sue parole? Come puoi abbandonare così un legame simile!- la donna scosse il capo, consapevole che quel discorso avrebbe dovuto farglielo molto tempo fa. –Shika, lo sai perché è difficile per un ninja avere dei legami? Perché oltre alla fatica di doverli creare, uno deve avere anche la forza di difenderli. E tu questa forza ancora non l’hai trovata. Cazzo Shika, stai per abbandonare di nuovo tua figlia.-
L’edera si avvolse ancora più forte intorno a quella corazza, mentre le crepe continuavano ad allungarsi su tutta la sua superficie.
Crack crack crack.
C’era un mondo di rimpianti mai espressi sotto quella coltre impenetrabile.
-No Ino, io la sto salvando!-
-Ma da cosa! Da te stesso! Da questa tua mania di ragionare, di scegliere quale possibilità abbia la percentuale più alta di riuscita senza chiedere nulla agli altri! Cazzo Shika, questo non è amare! Non è avere dei legami! È solamente chiudersi dentro il tuo Q.I. per la paura di sbagliare!- lei gli si avvicinò, esasperata. Shikamaru aveva gli occhi sgranati, la mente confusa.
Crack crack crack.
I ricordi piano piano venivano alla luce.
L’edera velenosa lo stava soffocando.
-Ti sei mai chiesto come mi sono sentita la prima volta che ci siamo baciati? Che abbiamo fatto l’amore? Tutte le volte in cui tu sei fuggito per salvarmi, per nascondere agli altri il nostro segreto? Io lo so Shika, tu lo hai fatto per me. Lo hai fatto perché non avresti mai voluto che io diventassi la chiacchiera del villaggio, non avresti mai voluto ferirmi. Tu hai davvero creduto che quella di fingere fosse la scelta migliore.-
-Era l’unica possibile…- sussurrò lui, con una profonda amarezza.
Ino fece uno scatto, si portò davanti al suo viso, gli sfiorò il collo nonostante le sue dita vi affondassero. I suoi occhi lanciavano fulmini.
-No Shika! No! È qui che ti sbagli! Noi avevamo una scelta! IO ero la tua scelta!-
Tentava di farglielo capire, di entrargli dentro il cuore…
Crack crack crack
Il cielo stava entrando.
-Ma tu non l’hai mai presa in considerazione! La tua mente non l’avrebbe mai fatto! Sicuro, era troppo rischioso... Ma sarebbe stata quella la scelta giusta! Difficile, improbabile, forse anche inverosimile ma forse – gli occhi di Ino tremarono –ce l’avremmo fatta.-
Crack crack crack
Le difese di Shikamaru crollarono, i suoi pensieri caddero a terra come stelle spente.
Dalle crepe diffuse poteva già intravedere l’azzurro del cielo.
-Shika, ora sei nella stessa situazione. Non fare lo stesso errore, non fingere. Combatti per quel forse.-
Crack crack…CRASH.
La corazza si infranse, sbriciolandosi a terra in uno scintillio di polvere chiara.
Collassò, mentre le angosce segrete del grande Nara fuggivano leste, senza più nessuno a trattenerle.
C’era solo cielo, un cielo infinito. Grande, azzurro, con un diffuso profumo di casa.
Erano gli occhi di Ino, gli occhi di Ise, il volto d’amore.
Una realtà immensa a lui sconosciuta piena di cielo, ma senza nuvole.
Non aveva più corazza, più rimpianti, più dolore. Ero solo in mezzo a quella distesa di azzurro incontaminato.
Shikamaru in quell’istante si sentì incredibilmente piccolo. Piccolo e stupido.
Poi, alzando lo sguardo e incrociando il sorriso luminoso di Ino, piccolo sole splendente, si rese conto che no, non era solo piccolo e stupido.
Era anche libero.
Ino lo capì, e non poté fare a meno di gioire per lui. Si alzò in piedi, conscia di essere arrivata al termine della sua ultima missione.
Era difficile dirgli addio, ancora. Ma stavolta sapeva di aver fatto la cosa giusta, di aver assicurato a quello scemo e a sua figlia un futuro felice.
Non doveva piangere.
Shikamaru la vide alzarsi, e istintivamente strinse le dita attorno al suo polso. Afferrò il vuoto, ancora scombussolato.
All’improvviso, sentì un terribile torpore invadergli il corpo. Un sonno antico, vecchio di millenni, che lo attaccò con forza trascinandolo verso il basso.
Cosa stava succedendo?
Si alzò a forza. –Ino?- sussurrò, aveva un brutto presentimento. Lei gli sorrise.
-Vai Shika, finiremo un’altra volta questa partita. Devi tornare a casa.-
Lui si avvicinò, lottando contro quel sonno che lo stava prendendo. Lei gli rivolse un’occhiata confusa. –Cosa…?-
Ma non ebbe il tempo di finire la frase, perché Shikamaru la avvolse lentamente con le sue braccia, stando bene attento a non passarle attraverso.
Strinse il vento. Un vento che piangeva.
-Ti amo Ino.- gli sussurrò mentre quell’odioso sonno lo portava via. Sentì l’eco della sua risata, poi le sue ultime parole, urlate.
-Ti amo anche io, Shika. Ora vai, nostra figlia ha bisogno di te.-
E poi, con il sorriso sulle labbra, fu buio.




Nel posto in cui si ritrovò c’era tantissima luce. Ma non era comodo e silenzioso come quel posto, c’era un insopportabile bip che tornava a ritmi continui.
Bah, che seccatura.
Rimase un attimo con gli occhi chiusi, mentre le parole di Ino continuavano a echeggiare nei suoi pensieri.
Sì, la seccatura aveva ragione. C’era qualcuno lì a casa che aveva bisogno di lui.
Aprì gli occhi, stavolta con più fatica. Al contrario dell’aldilà, nel mondo reale si sentiva uno schifo. Era intorpidito, dolorante e con una spessa fasciatura a bloccargli la spalla. Sembrava un rottame... Ma nonostante quello, fu contento di essere vivo ancora per un po’.
Lasciò che i suoi occhi si abituassero alla luce, riconoscendo l’interno di una stanza d’ospedale. Che seccatura, pensò osservando il soffitto bianco.
Lui detestava fare il malato.
Improvvisamente sentì qualcosa muoversi al bordo del suo letto. Mosse con infinita lentezza il capo verso destra, trovandosi davanti ad uno spettacolo che gli sciolse il cuore. Sua figlia Ise, incerottata ed esausta, che dormiva con la testa appoggiata al materasso.
Un sorriso pieno d’amore si disegnò sul volto stanco del Nara, libero dalle sue angosce dopo tanto tempo.
Mosse la mano e stando bene attento a non svegliare il piccolo angelo che lo aveva vegliato tutta la notte, le accarezzò la nuca dorata.
La ragazza sorrise nel sonno, avvicinandosi istintivamente alla figura del padre. Shikamaru chiuse gli occhi, finalmente in pace.
Ino aveva ragione. Lui amava quella ragazzina, e aveva bisogno di lei molto più di quanto avesse mai voluto ammettere.
Era sua figlia, ed era riuscita a fare di lui un uomo migliore. Una persona capace di amare.
E questo, era tutto dire.
Rimase alcuni minuti con lo sguardo puntato sul viso di sua figlia, per poi guardarsi intorno, incuriosito.
Il braccio destro di Ise giaceva abbandonato sul lettino adiacente, dove un ragazzo dalla zazzera castana riposava con una gamba vistosamente ingessata.
Si sorprese quando vide che le dita bendate del suo allievo erano intrecciate a quelle di sua figlia, in un contatto anche troppo confidenziale.
Notò una pesante asta di ferro nascosta in un angolo, e si chiese quanto chakra avrebbe dovuto utilizzare per riuscire a spostarla con la sua ombra.
Stava quasi per mettersi all’opera, quando l’espressione irritata di Ino gli apparve davanti agli occhi. Diceva “guai a te”.
Il Nara sbuffò, brontolando qualche monosillabo sconclusionato. Quell’idiota doveva ringraziare il suo temporaneo buonumore, altrimenti un bel trauma cranico non gliel’avrebbe tolto nessuno.
Stava quasi per ripensarci, quando sentì un tocco leggero sfiorargli il braccio. Volse il capo, annegando negli occhi ancora lucidi di sonno di sua figlia.
Lei gli sorrise radiosa, con l’espressione ancora impastata.
-Bentornato a casa, papà.-




Un mese dopo.




-SHIKAAAAAAAA!-
Il grido femminile riecheggiò per la casa, al limite dell’esasperazione. Il Nara lanciò il quindicesimo sbuffo della giornata, facendo finta di non aver sentito quello strillo apocalittico che lo aveva riscosso dal suo sonnellino pomeridiano.
-È UNA CATASTROFE!-
L’uomo non mosse un muscolo, rabbrividendo al solo pensiero di cosa avrebbe comportato quella improvvisa disgrazia che aveva appena colpito la casa.
Beh, la prima vittima era stata il suo povero russare pomeridiano.
-Ise?- azzardò, sentendo la furia di sua figlia scatenarsi al piano di sopra. Deglutì con una smorfia, accingendosi a salire, con passi tardi e lenti, le scale di legno.
Maledetta progenie.
Quando giunse al secondo piano l’apocalissi lo colpì in tutta la sua grandezza.
Vestiti sparsi per tutto il salotto, scarpe [con o senza tacchi] che facevano da fioriere a calze dei colori più disparati mentre tutto l’arredamento sembrava essere scampato a un bombardamento nucleare.
Nel bel mezzo di tutta quella distruzione stava sua figlia Ise, bella come una ninfa, con indosso un kimono rosa pastello dai disegni floreali. Si agitava ansiosa davanti allo specchio e dalla sua espressione sembrava che un pericoloso nukenin avesse minacciato di radere al suolo Konoha.
Shikamaru trasse un lungo respiro, avvicinandosi alla figura isterica della ragazza. Poi, fece la fatidica domanda.
-Ise, cosa è successo?-
Si appoggiò allo stipite della parete, tanto per essere più comodo quando sua figlia lo avrebbe investito con la gravità del suo problema, e attese che la risposta arrivasse.
Lei chinò il capo, coprendosi di vergogna. Indicò in silenzio il vestito, perfetto a parer di suo padre, poi sospirò sconsolata.
-Questo vestito mi sta stretto.-
Il Nara dovette trattenere un risolino, mantenendo la sua espressione granitica. –E che problema c’è? Mettine un altro.-
L’espressione di sua figlia virò all’improvviso.
Uh-oh… Risposta sbagliata.
-La fai facile! Questo è l’unico vestito che posso mettermi, perché è l’unico che ho! Me lo ha dovuto prestare Sakura, visto che io non ne ho nemmeno uno! E ora mi sta stretto e sembro un insaccato… Sono ridicola!- ringhiò, aggressiva. Suo padre scansò l’idea di lasciarla sola in quel marasma, ripetendosi la promessa che aveva fatto ad Ino. Doveva prendersi cura di lei.
Quindi pazientò. –Non sembri un insaccato.-
Ise digrignò i denti, mostrando la generosa porzione di seno che quel vestito, effettivamente molto stretto, lasciava intravedere. –Sembro una prostituta. Anzi, una grassa prostituta. Sono un tricheco.-
SBOM, eccolo il tasto dolente. Shikamaru gemette, riconoscendo di essere giunto al punto di non ritorno. Da quel momento in poi l’avanzata sarebbe stata un campo minato.
Mendekouse.
-Non sei grassa.- dichiarò, fermamente convinto. Maledì quell’anoressica di Sakura che aveva messo in testa a sua figlia quelle idee malsane. –Sei perfetta.-
La ragazza sembrò calmarsi, deponendo l’ascia di guerra. Si limitò a sedersi sconsolata sul copriletto, fissandosi la punta dei piedi.
-È che oggi sarebbe stata la mia prima festa a Konoha. Mi sarebbe piaciuto fare bella figura.- mormorò, afflitta. –Poi, oggi è anche il compleanno di Itachi.-
Shikamaru davanti a quel tono mesto non riuscì a trattenersi. Rimase per un attimo in silenzio, poi scomparve oltre lo stipite della porta.
Ise tentò di seguirlo con lo sguardo, confusa. Cosa diamine stava facendo?
Passarono alcuni secondi, e dalla camera di suo padre si sentirono provenire degli strani rumori. Sembrava che Shikamaru avesse deciso di cambiare la disposizione dei mobili in quel preciso istante, strusciando sedie e cassettiere.
La ragazza non disse nulla, aspettando con curiosità crescente che suo padre riapparisse sulla soglia. Quando lo fece, fra le sue mani portava una lunga scatola rettangolare, pesantemente impolverata. Sembrava che non fosse stata toccata da più di venti anni.
Shikamaru gliela posò in grembo, e con lo sguardo stranamente sfuggente uscì dalla camera senza emettere un fiato.
L’uomo scese le scale, riconoscendo il rumore di un coperchio che cadeva e il frusciare della carta velina.
Poi ci fu un grido.
Ise pensò di avere un’allucinazione quando sotto le sue mani vide comparire un certo kimono rosso e bianco decorato da tralci di vite.
Lo sfiorò con le dita, sentendo un passato nemmeno così lontano riprendere vita. Lanciò uno sguardo alla foto sul suo comodino, con gli occhi lucidi di lacrime.
Non avrebbe mai desiderato di ricevere regalo migliore.


Shikamaru aveva comprato quel vestito [più di venti anni prima] nel momento esatto in cui Ino era uscita da quel negozio.
Avrebbe voluto chiederle scusa, farsi perdonare e proporle di mandare Sai a quel paese per venire alla festa con lui, ma purtroppo quella volta il suo piano era fallito. Ino aveva passato tutta la serata fra le braccia di un altro, e lui era rimasto con una scatola inutilizzabile.
Ogni volta che il suo sguardo si era posato su quel rettangolo bianco, Shikamaru era sempre stato assalito dai rimpianti. Ma quel giorno, davanti alla figura radiosa di sua figlia, il Nara ringraziò quella disastrosa giornata di shopping.
Nonostante tutto, gli aveva regalato quello spettacolo magnifico.
Ise era luminosa, splendeva come il sole di maggio. Correva nel vialetto della casa, andando incontro a una persona in particolare, come il fantasma di una storia che non voleva ripetersi.
Era bella, forse più di sua madre, ma soprattutto era felice.
Abbracciò di slancio il giovane Sarutobi, ridendo allegra. Shikamaru in quel momento ricordò le parole di Ino, osservando il lieto fine che loro erano stati così stupidi da abbandonare. Era quello il forse dimenticato, la vera fine della storia.
E se inizialmente aveva avuto paura per il futuro di sua figlia, in quel momento Shikamaru non ebbe più dubbi.
La sua storia sarebbe stata diversa dalla loro. Lei avrebbe sempre avuto la forza di combattere, di aggrapparsi a una speranza e farla vera.
La vide scambiarsi un bacio leggero con Tora, che nello stesso momento le stringeva la vita in un abbraccio.
Shikamaru sorrise. Quello non era un abbraccio al vento. Tora la teneva salda, ben stretta, anche lui pronto a difendere quella piccola speranza.
No, quei due ragazzi non avrebbero mai fatto la sua stessa fine. Erano pronti a combattere.
Vedi Ino, nostra figlia è stata più in gamba di noi, rifletté lui scendendo le scale. Lei ha avuto la forza di essere felice.
Aprì la porta, uscendo in giardino. I due ragazzi si allontanarono, e il giovane Sarutobi istintivamente mosse un paio di passi indietro.
Il Nara non poté fare a meno di ridacchiare.
-Shika, noi stiamo andando da Sakura! Vieni anche tu?- chiese sua figlia, troppo piena di gioia per poterla nascondere.
-Hmmm, non lo so.- biascicò lui, con il suo solito tono annoiato. –Mi sa che rimarrò qui.-
-Dai, ti prego!- gli occhi di sua figlia lo implorarono –Oggi è anche il compleanno di Itachi!-
-Ah, allora…- commentò palesemente sarcastico. Una bella riunione di famiglia con Sasuke-corvo-Uchiha era tutto quello che desiderava.
Peccato che il viso di sua figlia fosse troppo bello e trepidante per permettergli di risponderle con un NO secco. La sua espressione di addolcì, mentre un smorfia molto simile ad un sorriso gli apparve sul volto. –Ok ok. Verrò. Ma voi andate avanti, io arriverò dopo, seccatura.-
Fece un cenno con la mano, poi si girò per rientrare verso casa. Sentì dei passi affrettati su per il vialetto, poi, qualcosa di biondo e di profumato gli volò fra le braccia, stringendolo forte.
-Grazie..- sussurrò sua figlia, affondando il viso nel petto del padre. Lui dopo quell’attimo di stupore iniziale, sorrise felice, abbracciandola di rimando.
-E di che, seccatura?-
Lei alzò lo sguardo azzurro, con il viso leggermente arrossato. –Di tutto. Del vestito, della festa… e di essere qui, con me, ora.-
Prese un attimo di respiro, nascondendo il viso un po’ imbarazzato sul suo petto. Strinse un po’ più forte.
-Ti voglio bene… papà.-
La luce esplose, calda, a rischiarargli il petto. Lo avvolse completamente, dando al suo cielo azzurro un sole splendente.
Se il cielo era stato la sua libertà, allora quel sole che gli brillava nel petto doveva per forza essere qualcosa di più bello, di più grande, di dimenticato.
Shikamaru azzardò un’ipotesi, riconoscendo la felicità rischiarare i suoi pensieri.
Strinse più forte sua figlia, scoprendo improvvisamente cosa dovesse significare abbracciare il sole.
Chiuse gli occhi, mentre le braccia un po’ gli tremavano.
-Ti voglio bene anche io…- mormorò.
Rimasero per alcuni istanti immobili, godendo di quel contatto così raro e prezioso. Si staccarono con le guance arrossate, e persino il famoso genio pigro non poteva fare a meno di sorridere senza sosta. Lo aveva appena imparato, ma già non riusciva a smettere.
Ise scese i gradini del porticato, senza smettere di guardare il padre. Raggiunse Tora ancora con lo sguardo incatenato a quello grato di Shikamaru.
-Ehi, Shika!- lo chiamò, con tono divertito. Lui le rivolse piena attenzione. –Non ti addormentare sul divano adesso! Ti aspettiamo alla festa!-
-Bah, secondo me lo farà di certo…- rise Tora, passando un braccio intorno alla vita della ragazza. –Il vecchietto ha bisogno di dormire!-
Il Nara rivolse ai due ragazzi uno sguardo di sfida, sfoderando un’espressione strafottente. –Ise, non ti preoccupare, ci vedremo alla festa.- fece una pausa appoggiandosi allo stipite della porta con la sua migliore aria da duro. –Mentre Tora, non ti preoccupare… Noi ci vedremo lunedì mattina al campo di allenamento. Abbiamo un sacco di cose di cui discutere.-
Il ragazzo sbiancò, mentre Ise scoppiò in una sonora risata. Lo trascinò via per il vialetto, mentre il ragazzo continuava a balbettare frasi, intimorito.
Lei rise ancora, schioccandogli un sonoro bacio su una guancia. Sentì i lamenti del ragazzo volare via, presi dal vento.
Shikamaru sorrise, seguendo con gli occhi finalmente quieti il suo sole che si allontanava.
Una brezza leggera gli accarezzò il viso, giocando distratta con i capelli raccolti in una coda.
-Si Ino, lo devo ammettere. Avevi ragione su tutto.-
Rientrò in casa, e si chiuse la porta alle spalle.
Il vento si alzò, correndo gioioso in mezzo alle fronde degli alberi, spazzando il pacifico villaggio della foglia di nuovo in festa.
Un passante distratto alzò lo sguardo, un po’ sorpreso. Scosse il capo, dandosi dello stupido. Certe cose non potevano succedere.
Si incamminò verso casa, ancora confuso.
Per un solo istante gli era sembrato che il vento avesse cominciato a ridere.








~The End~







Ixia’s____________________
Eccoci qua, finalmente alla fine.
La fine di questa storia e anche la fine del mio “essere autrice”, purtroppo. Si, questo capitolo sarà il mio addio a EFP, il mio ultimo atto.
Non che io non voglia scrivere, ma sto per partire per una grande avventura che mi impedirà di trovare un po’ di tempo per inserire tre parole una dietro l’altra. Parto per l’Australia, per uno scambio interculturale… Perciò vi saluto, caro popolo di EFP.
Ci rivedremo fra 6 mesi… O forse anche di più. Forse ci sarà una mia pubblicazione a settembre con la storia che adesso partecipa al concorso “In memoriam”, ma non posso assicurarvi nulla. Voi prendetela come una lunghissima pausa di riflessione.

Ora però torniamo alla storia. Questo capitolo mi ha fatto dannare. È stato il più difficile da scrivere, soprattutto perché la mia testa ormai non è più in questa storia. L’ho cominciata più di 4 mesi fa, e per me che sono una grande incostante è stato davvero un miracolo riuscire a finirla.
Ho voluto incentrare l’ultimo capitolo sul rapporto Shika-Ise, perché per chi non l’avesse capito, questa storia si sviluppava sul rapporto “padre-figlia”. Quindi mi è sembrato d’obbligo terminare con questo tema.
Per l’apparizione di Ino, beh, prendetela come più vi piace. Può essere un personaggio sovrannaturale, un’allucinazione di Shikamaru o forse entrambe, chissà.
Avevo bisogno di lei… E soprattutto ne aveva bisogno Shika. ^^
Spero di non aver deluso nessuno, di aver dato una degna fine a questa storia che –personalmente- mi rimarrà nel cuore.

Rubo ancora un po’ di spazio per i ringraziamenti.
Primo, a tutti coloro che hanno recensito, sia occasionalmente che abitualmente. Mi avete dato la fiducia necessaria per continuare.
Secondo, a tutti quelli che hanno inserito la storia fra le preferite/seguite. M avete davvero fatto contenta.
Terzo, a chi mi ha seguito fino ad adesso solo leggendo. Siete i più numerosi, ma che ci posso fare… Io scrivo soprattutto per voi.

So che la storia non è delle migliori, io sinceramente mi ero immaginata qualcosa di diverso. Però, visto che siamo arrivati alla fine, mi farebbe davvero piacere ricevere i pareri di chi non ha mai commentato, per sapere quale motivo vi ha spinto a seguire questa storia fino a qui.
Dopo di questo vi saluto, sto diventando troppo logorroica.

Un grande abbraccio a tutti voi, gente.
Ci rivediamo fra sei mesi… [Meglio per voi. xD]



~



-Tanti auguri a teeee, tanti auguri a teee, tanti auguri a Itachi… Tanti auguri a te!-
Le candeline vennero spente, e nella sala esplosero una cascata di applausi.
-Auguri Itachi!-
Le luci si accesero e una Sakura in kimono avanzò con una mannaia di proporzioni gigantesche, pronta al famoso “taglio della torta”.
Gli invitati nel mentre continuavano a far chiasso, soprattutto un certo Hokage a cui qualcuno aveva accidentalmente dato una trombetta.
-NARUTO!- strillò la padrona di casa, brandendo il coltello da dolce. Il rumore molesto sparì di botto.
Itachi Uchiha rise forte, contento di quell’atmosfera gioiosa che accompagnava il suo ottavo compleanno. Gli piacevano tanto le feste… Ma quella era di sicuro la migliore che avesse mai avuto. C’erano tutti: Naruto e Hinata-sama, Ise e Tora, Kushina, e persino Shikamaru-sama che parlottava annoiato accanto al suo amico appena tornato dall’ospedale.
C’era un gran chiasso, tantissimi colori, e il bambino sentiva che l’ansia della battaglia si era finalmente dissolta. Per un solo attimo il suo pensiero volò alla katana posta accanto al suo letto, e un groppo pesante gli si strinse attorno alla gola.
-Itachi!- lo chiamò sua madre. Il bambino si riscosse. –Vieni, stiamo per tagliare la torta!-
Il bambino corse verso il tavolo, e si arrampicò in piedi sulla sedia. Rubò dalle mani di sua madre il lungo coltello e lo affondò personalmente in quel mare di panna e cioccolato.
Altre urla di giubilo esplosero, mentre Naruto-sama ricominciò a strombazzare come un pazzo, beccandosi un pugno in testa da un simpatico invitato.
Sakura fece cenno a Itachi di avvicinarsi, poi gli mise in mano un piattino con un pezzo di torta sopra.
-Portala a tuo padre…- gli disse. Il ragazzino deglutì vistosamente, scuotendo il capo in segno di diniego.
Suo padre era l’unico a non aver ancora dimenticato la sua piccola “bravata”. Non gli parlava da un mese.
-No mamma…- mormorò, ma quella fece finta di nulla.
Quindi il bambino attraversò la stanza come un condannato al patibolo, scambiandosi con Kushina uno sguardo intesa. Sarebbe morto, di sicuro.
Il giorno del suo compleanno, per di più.
Si avvicinò al fondo della sala, dove suo padre sedeva in poltrona con sguardo disgustato. In testa portava un cappello di carta a forma di cono arancione, che sua moglie era riuscita a infilargli con l’inganno ed i ricatti. La sua espressione era la stessa di un vegetariano che assisteva alla sagra della salsiccia.
Salsiccia e porchetta, quando suo figlio si avvicinò timidamente portandogli un pezzo di torta.
Il bambino glielo porse, voltando lo sguardo verso un interessante quadro appeso proprio a destra dell’Uchiha Senior.
-Tieni papà. La mamma mi ha detto di portarti questo.-
L’Uchiha non fece nemmeno in tempo a prendere il piattino in mano che suo figlio già stava cominciando a defilarsi, spaventato.
Lo dovette acciuffare per la collottola per evitare che svanisse in mezzo all’orda di ragazzini urlanti che avevano invaso la casa.
-Itachi, aspetta un attimo.- borbottò. Al bambino quelle parole non sembrarono molto incoraggianti. Sasuke prese un lungo respiro.
-Spero che tu sappia perché sono stato arrabbiato con te in questi giorni.- cominciò grave.
Il bambino annuì, pronto all’ennesima punizione. –Perché sono scappato, non vi ho ascoltato e ho messo in pericolo sia me che Kushina.- recitò, ricordandosi le urla che sua madre gli aveva rivolto per una settimana intera. –Però…-
Sasuke lo zittì. –Esattamente. E so quello che stai per dire, quindi risparmiatelo. Ti è andata bene Itachi, se ci fosse stato solamente un nemico in più quel giorno tu e Kushina sareste morti.- lo sguardo dell’Uchiha senior si fece molto scuro.
Itachi si irrigidì, pronto alla sentenza. Due, tre settimane in casa? O forse anche quattro?
-Però…- mormorò suo padre, arrestando i suoi pensieri. Sasuke arrossì lievemente, mentre suo figlio sgranava gli occhi. Esisteva un però?
-… sei stato bravo, Itachi. Non avremmo potuto vincere senza il tuo intervento. E senza il tuo sharingan.- terminò lui, con una leggera intonazione orgogliosa nella voce.
Il bambino spalancò la bocca, incredulo. –Questo significa che non sei più arrabbiato con me, papà?-
Sasuke scosse il capo. –Però ora io e te dobbiamo fare un discorso. Sei un Uchiha a tutti gli effetti Itachi, devi imparare a comportarti come tale…-
Non fece in tempo a finire il suo discorso, perché suo figlio gli saltò addosso ridendo, finalmente sollevato per la pace ritrovata. Gli gettò le braccia al collo, strillando come un’aquila.
Sasuke sbuffò. Ecco, stava proprio parlando di comportamento da Uchiha.
Alzò le spalle, stringendo, senza farsi vedere, suo figlio in un abbraccio.
Beh, per il comportamento avrebbero lavorato in futuro.
Adesso andava benissimo così.






No, non potevo non farveli vedere ancora una volta.
Un abbraccio a tutti.

Ixia

   
 
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