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Autore: Vanderbilt    30/06/2011    19 recensioni
Tratto dalla storia: "Lo baciai con passione ed ardore, muovendo le labbra in sincronio alle sue. La sua lingua chiese l'accesso alla mia bocca e la schiusi facendole incontrare.
Sapevo che stavamo dando spettacolo, ma non mi interessava minimamente, in quel momento c'eravamo solo noi due abbracciati a baciarci dopo tre lunghissimi mesi."
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Era esattamente il 15 maggio e tutti gli studenti della Columbia University sarebbero tornati a casa dalle loro famiglie, compresa me, Isabella Swan, matricola di giurisprudenza.

Durante questo particolare mese dell'anno accademico, tutti i college lasciavano un weekend libero, visto che, una volta tornati, ci sarebbe stata l'ultima sessione di esami annuali, i più difficili e faticosi.

In quel periodo ero sotto stress; mi mancava il mio stupendo fidanzato e la mia famiglia. Per la prima volta in diciannove anni di vita, mi trovavo in un luogo nuovo, senza l'appoggio delle persone a me care, ma soprattutto senza lui.

Spesso mi sentivo sola, mi veniva la pazza voglia di abbandonare tutto e tornare a casa, ma bastava sentire la sua voce al telefono per far sì che cancellassi quell'idea dalla mia mente. Riusciva sempre a farmi sentire meglio; a volte la lontananza da lui mi distruggeva, evitavo persino di parlargliene per non farlo preoccupare.

Nelle nostre lunghe telefonate capitava di ricordare i bei momenti passati insieme ed il nostro primo incontro nella spiaggia di La Push, vicino casa sua, grazie ad una mia solita caduta.

Da quel momento nulla ci ha più separati, finché non dovemmo scegliere i college dove iscriverci. Io, da sempre, sognavo la Columbia University, mentre lui voleva laurearsi in medicina ad Harvard, proprio come suo padre.

Non dimenticherò mai il giorno della nostra separazione, sembravo una cascata, non riuscivo a smettere di disperarmi. Per la prima volta da ben quattro anni avrei lasciato il mio porto sicuro, la persona che mi aveva sempre protetto e amato.

Entrambi, però, non avevamo messo in conto quanto questa separazione ci avrebbe fatto soffrire, eppure stavamo tenendo duro.

Era frustrante sentirlo tutti i giorni al telefono, ma sapere che non avrei potuto averlo vicino e condividere con lui l'esperienza del college.

Mi mancava toccarlo, baciarlo, fare l'amore con lui... Insomma, non c'era una cosa di cui non sentissi la mancanza.

La cosa che ultimamente più mi pesava era sapere che si era fatto una cerchia di amici ad Harvard e spesso uscivano la sera e andavano in giro per locali. Ero felice che si fosse ambientato bene, ma non potevo evitare di sentire un pizzico di gelosia, sapendo quante ragazze avrebbe avuto intorno. Anche io qui mi ero ambientata piuttosto bene, ma cercavo di non dare confidenza ai ragazzi insistenti, dichiarandomi fidanzata e facendo vedere la fedina posta sulla mia mano sinistra.

A volte, per scherzare, cercavo di farlo un po' ingelosire e lui diventava una furia, insistendo nel venirmi a trovare.

Erano ben tre mesi che non ci vedevamo e, anche se ci amavamo molto, la pesantezza di questa nuova condizione iniziava a farsi sentire, sfociando spesso in litigate per cose del tutto assurde.

Non volevo che ci lasciassimo e io di certo non avrei mai osato, ma se fosse stato lui a volermi lasciare per vivere una relazione a tempo pieno? Questo dubbio era la cosa che più mi faceva soffrire.

Tra meno di tre ore sarei salita su un aereo che mi avrebbe portato a Seattle, per poi dirigermi a Forks, la mia città natale.

Mentre mettevo via le ultime cose nel mio borsone mi tremavano le mani. Ero agitata, tra poche ore lo avrei rivisto, avremo passato tutto il weekend insieme per poi separarci di nuovo.

Presi il mio borsone, la borsa, una giacchetta leggera ed uscii dal dormitorio femminile. Avrei preso un taxi fino all'aereoporto e poi a Seattle sarebbe venuto a prendermi mio padre Charlie.

Camminai veloce per il campus, cercando di affrettarmi verso il cortile per non venire fermata da nessuno. Ero già abbastanza in ritardo.

Quello che non mi aspettavo una volta uscita dal campus era il mio bel fidanzato appoggiato ad una macchina, o meglio la sua macchina, a braccia incrociate con degli occhiali neri a nascondere i suoi splendidi occhi.

Il suo sorriso luminoso mi aveva sempre abbagliato ed era praticamente impossibile non ricambiare.

Mi avvicinai correndo ed a pochi passi da lui mollai tutto a terra per poi saltargli in braccio incollando le mie labbra alle sue.

Dio, quanto mi era mancato!

Incrociai le gambe dietro la sua schiena e le braccia dietro il suo collo. Lui mi prese al volo come sempre, sostenendomi dal sedere.

Lo baciai con passione ed ardore, muovendo le labbra in sincronio alle sue. La sua lingua chiese l'accesso alla mia bocca e la schiusi facendole incontrare.

Sapevo che stavamo dando spettacolo, ma non mi interessava minimamente, in quel momento c'eravamo solo noi due abbracciati a baciarci dopo tre lunghissimi mesi.

«Ti amo, ti amo, ti amo...», dissi come una cantilena, appena smise di baciarmi.

«Anche io, amore», mi interruppe lui. «Non sai nemmeno quanto. Questi mesi senza di te sono stati così... Vuoti. Non sono riuscito a resistere come vedi, quindi ho fatto una piccola deviazione e dalla tua accoglienza direi che hai gradito la sorpresa», mi disse sorridendo e continuando a tenermi stretta a lui.

«Oh sì, ho gradito eccome! Mi sei mancato tanto anche tu», risposi baciandolo nuovamente.

«Ora dovremmo andare, altrimenti perderemo il volo», disse allegro facendomi scendere dalle sue braccia e aprendomi lo sportello dell'auto.

Raccolsi le mie cose e salii. Il viaggio fino a casa sarebbe stato molto piacevole al suo fianco.

Arrivati a Seattle non trovai mio padre Charlie ad aspettarmi, vedendomi scrutare la folla ci pensò il mio fidanzato a spiegarmi il perché non riuscissi a trovarlo.

«Prima di passare al tuo campus, ho chiamato Charlie e l'ho avvisato della mia sorpresa per la donna che amo, quindi gli ho detto di non venire e che ci avrei pensato io a portarti a casa», mi sussurrò all'orecchio, tenendomi per mano e trascinandomi verso l'uscita.

Con la sua guida spericolata arrivammo in meno di tre ore a Forks. Posteggiò davanti al vialetto di casa mia e poi scese ad aprirmi la portiera, come un vero gentiluomo d'altri tempi.

Nemmeno il tempo di chiudere la portiera della macchina che i miei genitori uscirono di casa per venirci incontro.

«O tesoro! Quanto mi sei mancato, non vieni mai a trovarci!», disse mia madre Renèe abbracciando qualcun altro al posto mio.

«Ciao, mamma! Ma che bella accoglienza per una figlia che non vedi da ben tre mesi!», esclamai salutando mio padre calorosamente.

«Su Bella, non fare la bambina. Ci sentiamo tutti i giorni! Edward è molto che non lo vedo; non posso rifarmi gli occhi per un po' ed abbracciare questo gran pezzo di ragazzo?!», rispose mia madre staccandosi da Edward, il quale si mise a ridere per l'esuberanza di mia madre.

Oddio, che madre pazza che mi ritrovavo!

«Sì, certo, tu ridi pure», dissi puntando il dito contro Eddy. «Papà è l'unico che non mi prende mai in giro», conclusi con fare teatrale, tutti scoppiammo a ridere e dopo i saluti e gli abbracci entrammo in casa.

Avrei solo fatto il cambio di vestiti, poi Edward ed io saremo andati nella sua casa di La Push, visto che i suoi genitori erano fuori per tutto il weekend.

Finalmente avremo passato un po' di tempo da soli, dopo mesi di lontananza. Ero impaziente di uscire dalla casa dei miei genitori, continuavo a muovere le gambe, a passarmi le mani tra i capelli e a mordermi il labbro inferiore. Edward accortosi di questo mi prese le mani e le rinchiuse tra le sue, sorridendomi e facendomi capire con gli occhi che presto ce ne saremo andati. Probabilmente se ne accorsero anche i miei genitori, i quali molto chiaramente ci fecero capire che potevamo andare.

In macchina parlammo del più e del meno. Mi raccontò delle ultime news del suo compagno di stanza e dei suoi amici. Mi tenne per tutto il tempo la mano, incrociandola sul cambio quando doveva cambiare marcia. Era sempre così dolce e protettivo con me. Non riuscivo ad immaginare persona migliore di lui.

«Tu, invece? Non hai nulla da raccontarmi?», mi chiese Edward scrutando il mio viso attentamente. Sapevo dove voleva arrivare.

«Mmm no, nulla. Perché?», risposi facendo finta di nulla.

«Bella, sai bene cosa ti sto chiedendo, quindi perché mi vuoi tenere sulle spine?», disse in tono lamentoso. Sorrisi senza farmi vedere, adoravo questo lato geloso del suo carattere.

«Cosa vuoi che ti dica Eddy?! Lo sai come sono i maschietti, dopotutto lo sei anche tu». Mi piaceva rimanere sul vago, finché lui non perdeva la pazienza chiedendomi una risposta concreta.

«Ovvero?! Io non lo so come sono gli altri uomini, anzi lo so ed è per questo che te lo sto chiedendo! Sai bene che io sono diverso, è da cinque anni che non guardo una ragazza nemmeno di striscio», rispose infervorato per le allusioni nella mia frase. Io invece lo fulminai con un'occhiataccia.

Era vero che in cinque anni non mi aveva mai tradito o altro, ma in un periodo in cui il nostro rapporto era in crisi, ci prendemmo una pausa ed io lo beccai una volta flirtare con una ragazza. Non potrò mai scordarmi quel giorno, lui mi aveva visto e mi cercò per chiarire. Io lo ignorai tutto il giorno, non riposi alle sue telefonate e nemmeno ai suoi messaggi ed infine lui venne fino a casa mia alle dieci di sera, non trovandomi visto che ero uscita con i miei amici. Mi aspettò sotto casa e mi vide arrivare accompagnata da un mio amico, un furtuito caso del destino: quella sera tutti erano accoppiati e l'unico libero era un ragazzo di nome Jeremy, che si offrì di accompagnarmi a casa. Edward la prese molto male e mi fece una sfuriata sotto casa, con successivo pentimento e richiesta di perdono per il suo comportamento del pomeriggio. Lo feci penare per due giorni, in modo tale da fargli capire quanto il suo comportamento mi avesse ferito. In quei giorni cercò di fare tutto quello che era in suo potere per ricostruire il nostro rapporto e dopo la seconda giornata senza di lui lo perdonai.

«Okay, quella è una storia passata! Ora stavamo parlando di te mia cara!», si difese.

«Be', cosa vorresti sapere di preciso? Se ci sono ragazzi carini al campus? Sì, ovvio - non che li guardassi, ma era troppo divertente farlo arrabbiare - Alcuni ci provano? Altra risposta positiva, ma sai una cosa?», dissi girandomi verso di lui ed avvicinando il mio viso al suo collo.

«No, cosa?», rispose sussurrando interessato.

«Non vedo altri che te. Sei continuamente tra i miei pensieri e non ho nemmeno il tempo di pensare ad altro», gli dissi lasciandogli un bacio sul collo. Si rilassò all'istante e un enorme sorriso gli comparì sul viso.

Mi risistemai comodamente sul sedile e dopo pochi minuti arrivammo a La Push.

Spense la macchina, si slacciò la cintura di sicurezza e mi prese il viso tra le mani, baciandomi teneramente. Si poteva amare così tanto una persona?! Mi sembrava impossibile.

Il frastuono di un tuono interruppe il nostro bacio.

«Sarà meglio entrare di corsa, prima che cominci a povere», suggerì Edward.

Iniziò a piovviginare e quindi percorremmo di corsa lo spazio che divideva la casa dal viale, dove si trovava la macchina.

Edward aprì la porta facendomi entrare per prima, ma nel momento in cui mi girai verso di lui, mi ritrovai un paio di labbra roventi sulle mie, che mi baciavano passionalmente; passò le sue braccie intorno alla mia vita, stringendomi a lui e facendo incastrare perfettamente i nostri corpi. Allacciai le braccia intorno al suo collo, giocando con i suoi capelli e ricambia con altrettanto ardore il suo bacio. Mi strinsi ancora di più a lui, per quanto fosse possibile.

Lo liberai della giacca ed Edward fece lo stesso con me, passandomi poi una mano tra i capelli per levare le forcine. Con un salto gli salii in braccio, mi sostenne e si incamminò verso la sua stanza. Per mancanza d'aria fui costretta a staccare la mia bocca dalla sua e gemendo tirai indietro la testa per lasciargli libero accesso al mio collo, una parte del mio corpo che lui adorava.

Non so come arrivammo in camera da letto, non so cosa successe nell'arco di tempo in cui ci amammo profondamente, so solo che dopo il suo "Ti amo" sussurrato alla fine dell'amplesso, mi addormentai stravolta.

Mi svegliai quando la notte era già calata. Edward dormiva ancora tenendomi stretta a sé, abbracciandomi da dietro con le sue mani incrociate alle mie sulla mia pancia.

Tutto ad un tratto una profonda tristezza mi assalì al pensiero che presto tutto ciò sarebbe terminato. Saremo ripartiti per i rispettivi college, separandoci nuovamente. Questa volta l'attesa era minore, tra un mese sarebbero iniziate le vacanze ed avremo passato ogni singolo istante insieme.

Ma finita l'estate? L'anno sarebbe stato più impegnativo di questo e avremo modo di vederci sempre meno, deteriorando così la nostra stupenda relazione.

Non volevo che tutto ciò finisse. Non volevo perderlo! Col tempo sarebbe stato inevitabile, cinque anni lontani sarebbero stati tanti, conterebbero il doppio in un rapporto a simbiosi come il nostro.

Iniziai a piangere silenziosamente, le lacrime bagnavano il cuscino e mi mordevo le labbra cercando di trattenere i singhiozzi.

Perché la vita era così difficile?! Non era già abbastanza complicato sopravvivere senza che il destino mettesse sul nostro cammino simili ostacoli? Non ero preparata a tutto questo.

Al pensiero di perderlo sentivo un terribile dolore al petto, lo stomaco mi si contorceva e mi si formava un groppo in gola. Come avrei fatto a continuare il nostro rapporto con simili paure?

Involontariamente strinsi le mani di Edward. Subito lo sentii avvicinarsi ancora di più e ricambiare la mia stretta.

«Buonasera, amore», mi sussurrò con voce roca all'orecchio, lasciandomi un bacio sotto il lobo.

Non volevo ricambiare il saluto, se solo avessi parlato la mia voce mi avrebbe tradito.

Edward intuì che qualcosa non quadrava e mi girò verso di sé. Appena notò le mie lacrime mi accarezzò il viso, cancellando le scie bagnate dalle mie guance. Abbassò lo sguardo verde smeraldo su di me, fissandomi preoccupato, ma senza porre domande, aspettava semplicemente che parlassi di mia spontanea volontà.

Nascosi il viso contro la sua spalla: «Non è niente, adesso mi passa».

«Non credo che si tratti di niente se sei in queste condizioni», mi disse dolcemente, accarezzandomi la schiena ancora nuda.

«Io... Non so come spiegarmi, non voglio che tu ti faccia un'idea sbagliata, ma...».

«Non sopporti più questa situazione», finì Edward sospirando.

«È... difficile non riuscire a vederti più di una volta in tre mesi. Trovo maledettamente frustrante non poterti vedere ogni singolo giorno. Quando ho bisogno di te non ci sei e non riesco ad accettarlo! Ti vorrei sempre con me! La distanza inizia a pesarmi troppo», ammisi riniziando a piangere.

«Ssh, non piangere, amore. Questa situazione pesa tanto a te quanto a me. Non sai quante volte mi viene in mente il tuo viso candido ed è irritante la sensazione di non riuscire a fare quello che si vuole.

Vorrei poter stare con te ogni singolo istante della mia vita, perché senza di te nulla ha valore. Non valgo nulla come uomo, sei tu che mi completi. Tu sei la mia anima, la mia vita, il mio respiro, senza di te mi sembra di non esistere.

Vorrei poterti dire che le cose saranno più facili in futuro, ma so che non sarà così. Il nostro destino è stare insieme e non voglio rischiare di perdere te, la mia vera essenza, la mia anima gemella, solo per la scelta di un college. Tutti risulteranno fantastici se ci sarai tu con me», disse guardandomi negli occhi e trafiggendomi con il suo sguardo acceso.

«Cosa stai cercando di dirmi?», domandai in un sussurro, troppo impaurita nel conoscere la risposta.

«Sto dicendo che la distanza ci sta facendo male e non voglio separarmi da te. Ti sto dicendo che ho fatto un test d'ammissione alla Columbia, che mi hanno accettato. Ti sto dicendo che ti amo in modo così assoluto, che la sola idea di perderti mi uccide», mi rispose baciandomi con trasporto.

«Non è uno scherzo vero?! Stai dicendo sul serio?! Hai fatto questo per me?!», chiesi quasi urlando.

«Sì, e lo rifarei altre mille volte solo per averti al mio fianco», mi disse stringendomi.

«Grazie, amore. Grazie, grazie, grazie!».

«Non mi devi ringraziare. Staremo insieme, questo è l'importante. Ah, per la cronaca, ho intenzione di iniziare seriamente a far crescere il nostro rapporto. Vorrei convivere con te, amore, mi renderesti l'uomo più felice del mondo!».

«O Dio! Sì! Vorrei tanto vivere insieme a te!», dissi urlando e ridendo insieme.

La nostra vita sarebbe stata perfetta, con alti e bassi certo, ma li avremo affrontati insieme, superando ogni ostacolo che la vita ci avrebbe posto sul nostro cammino, perché il nostro amore era forte ed indissolubile.

 

Non so da dove sia uscita questa one shot, non mi piace particolarmente, ma ho deciso comunque di postarla. Spero che non faccia così pena come credo e che qualcuno esprima anche il suo parere, ne sarei davvero felicissima *-*

Il titolo è preso da un libro di Gayle Forman molto carino.

Ringrazio SerenaEsse per i suoi suggerimenti e per avermi aiutato a capire determinate situazioni per descrivere al meglio le emozioni di Bella, spero di esserci riuscita almeno in parte e di non deludere nessuno.

Vorrei dedicare il capitolo a tutte le persone che mi hanno sostenuto nella prima one shot che ho pubblicato di recente!

Ultima cosa poi giuro che vi lascio in pace! Vorrei consigliarvi delle storie che io trovo bellissime: tutte quelle di SerenaEsse, non potete perdervele! Poi quelle di animor7, di opunziaespinosa, LindaWinchesterCullen, adry91, KStewLover, CherryBomb_... e molte altre, non continuo altrimenti risulta un elenco della spesa, se volete andate sul mio profilo e le troverete ;)

Alla prossima!

Jess

 

   
 
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