Scovare il demone non era
risultato un lavoro di estrema complessità; sarebbe più giusto dire che era
stato lui a trovare loro. Un caso non poco curioso da seguire e qualche
informazione di troppo: questo era bastato ai due fratelli Winchester per
finire nei guai fino al collo.
Troppa voglia di agire per
passare avanti a ben cinque omicidi compiuti con una violenza quasi animale. I
corpi esaminati fino ad allora erano risultati terribilmente martoriati, la
carne all'altezza del petto ridotta in poltiglia sanguinolenta e le
articolazioni spezzate e piegate in angoli innaturali. Ma quello che interessò
maggiormente i due fratelli fu il sangue, o meglio, l'assenza di esso; indizio
che portava direttamente tra le fauci di un vampiro. Peccato che sul cadavere non
fossero presenti segni di morsi di alcuna sorta. Non ebbero molto tempo per
indagare ulteriormente, prima che sparissero tre giovani studentesse
universitarie. L'unico punto in comune fra loro - come avevano potuto scoprire
interrogando le coinquiline - era la loro verginità, poco importante se si
parla di un crimine umano, ma fortemente rilevante nei casi dei Winchester.
Il problema principale al
momento non era quello di salvare quelle povere ragazze, erano evidentemente
arrivati troppo tardi ormai: giacevano inermi appoggiate tutte intorno a una
lapide di pietra consumata dal tempo. L'area ne era sufficientemente fornita da
darne il tipico aspetto tetro da cimitero abbandonato a se stesso, dimora di
tristi ricordi ormai lontani.
L'aria di quella zona aveva
un odore pungente, i due cacciatori avrebbero giurato di sentire un vago sapore
di ferro sulla punta della lingua.
- Sam e Dean Winchester, i
due ficcanaso più guastafeste che ci siano in circolazione. -
Esordì il demone senza
nemmeno guardarli, indaffarato con contenitori di varie forme e dall'orripilante
contenuto: sangue, organi su cui non si soffermarono abbastanza per poterli
distinguere e ossa provenienti da chissà dove.
- La nostra fama ci
precede, direi. - ribatté acido Dean, l'orrore per ciò che aveva davanti gli
bloccava le gambe, aveva bisogno di essere assimilato.
- Poveri stolti, credete
davvero di poter risolvere qualcosa? Siete esattamente dove vi desideravo. -
ghignò voltandosi, le mani impegnate ad amalgamare un miscuglio di interiora e
fluidi corporei con un pestello.
Prontamente, Sam abbassò
lo sguardo disgustato, le uova della colazione gli stavano tornato su
reclamando di voler uscire dal suo stomaco. Il maggiore resistette senza
battere ciglio. Aveva visto e compiuto abbastanza orrori durante il soggiorno
all'inferno da poter bastare per un'intera vita da cacciatore.
- Spiacente lurido
bastardo, non te la do questa soddisfazione! - sbottò Dean prima di avvertire
una mano invisibile stritolargli la gola con prepotenza impedendogli di
respirare.
- Modera i termini,
stronzetto. -
- Baciami il culo. -
sibilò col poco fiato rimasto in corpo. La presa si strinse ulteriormente, le
dita che comprimevano pericolosamente la laringe bloccando ogni via per poter
far entrare l'ossigeno nei polmoni. Ad aggravare il tutto, iniziò a sentire la
mancanza della terra sotto i piedi.
- Dean! – urlò il minore
in direzione del fratello, preoccupato. Accidenti alla sua boccaccia maledetta,
era sempre in grado di metterli nei guai come se non ci fossero già abbastanza.
Tentando di non farsi
notare più del dovuto, estrasse il coltello di Ruby prima di avventarsi
violentemente sul demone. Questi scartò di lato facendolo colpire a vuoto e, di
conseguenza, perdere leggermente l’equilibrio a causa del peso e della forza
tutti concentrati in avanti. Dopo qualche passo ritrovò la stabilità sulle
proprie gambe e tornò in posizione di attacco, questa volta con l’arma puntata
con fare minaccioso, pronto a scattare nuovamente.
Questa volta si spostò
insieme all’avversario sperando che l’affondo sortisse risultati migliori del
precedente. Ci riuscì: il demone non fece in tempo a evitarlo del tutto, troppo
impegnato a tenere per la gola il maggiore dei Winchester. Lasciò cadere a
terra il mortaio riversando l’intero contenuto accuratamente preparato alla
polvere.
Sam scorse con
soddisfazione un lucente squarcio alla spalla colpita, ma la sua attenzione fu
subito catturata dal fratello che con un tonfo, rovinò al suolo di punto in
bianco. Era già qualcosa.
- Maledetto moccioso! – ringhiò
il demone a denti stretti, gli occhi completamente neri che se avessero potuto
fulminarlo lo avrebbero fatto all’istante.
Bastò un rapido gesto
della mano e Sam si ritrovò sbalzato lontano da dove si trovava. Un salto a
ritroso che lo portò a sbattere il sedere sulla terra polverosa e la testa
contro una lapide. Il colpo fu abbastanza forte e doloroso da annebbiargli la
vista. Provò a muoversi, ma il corpo non reagì come avrebbe voluto: la botta lo aveva stordito abbastanza da
metterlo al tappeto. Inaspettatamente, un sonno improvviso lo colmò. Aveva una
forza talmente travolgente che lo investì come un’onda anomala, tutto quello
che il giovane poté fare fu assecondarlo. Nonostante una voce sempre più
lontana che lo chiamava.
- Sam, rispondimi! Sammy! –
urlò preoccupato Dean nonostante il dolore che gli graffiava la gola.
- Temo che il cliente da
lei chiamato non sia al momento raggiungibile, prova più tardi. –
Dean lo squadrò pieno di
odio, la rabbia che gli ribolliva nelle vene. Con uno scatto che gli costò non
poca fatica, si pose fra il fratello e il demone, una pistola in pugno.
- Giuro che se non si
riprende, sparerò così tante volte da farti vomitare sale, dannato figlio di
puttana! – gli sputò contro, trovata una
buona posizione di tiro. I muscoli tesi tradirono un lieve tremore dovuto alla
confusione creata dai movimenti veloci eseguiti prima di aver ripreso del tutto
il respiro.
Ma delusione del
cacciatore, l’avversario non si smosse di una virgola, anzi, un angolo della
bocca si curvò in un sorriso compiaciuto. Che diavolo aveva da sorridere?
Dean ebbe appena il tempo
di domandarselo prima che un ringhio spettrale venisse alle sue orecchie: il
suono che per mesi aveva popolato i suoi incubi peggiori e i ricordi più tetri,
che gli faceva rizzare i peli sulla nuca al solo pensiero. Non esiste alcun
verso eguagliabile a quello delle bestie infernali.
- Li riconosci, non è
vero? Sono qui per te, Dean. –
Il giovane ci mise un po’
ad accorgersi che aveva smesso di respirare. Senza nemmeno pensarci, iniziò a
indietreggiare lentamente. Il disagio peggiore era l’invisibilità: Dean poté
affidarsi solo ai suoni, ma al primo accenno di movimento più brusco sarebbe
andato nel panico, e non poteva assolutamente permetterselo.
- Ti illustrerò brevemente
il piano: ora ordinerò gli di attaccarti e tu nutrirai la terra del tuo sangue
e gli inferi della tua anima. Non è un quadretto meraviglioso? –
Incantevole, pensò Dean. Non poté fare a meno di notare che il
latrato si faceva sempre più vicino, abbastanza forte da poterlo sentire
vibrare dentro di sé ricordando vagamente l’effetto che gli dava la musica al
massimo dei concerti rock.
Il cacciatore avvertì
un’evanescente sensazione di freddo alla nuca: come se delle dita di ghiaccio
invisibili lo avessero accarezzato; bastò questo a fargli perdere del tutto la
razionalità che gli era rimasta in corpo.
Vissuto in prima persona
sarebbe parso durare una vita, ma in realtà accadde tutto nel breve tempo di
pochi secondi, Dean si voltò bruscamente sparando ma, con propria sorpresa,
scoprì che non c’era niente che avesse potuto toccarlo. In un momento, il
cerbero gli fu addosso: un colpo di artigli squarciò una spalla facendolo
cadere rovinosamente al suolo. Prima che la bestia lo potesse sovrastare, riuscì
a rotolare da un lato con un colpo di reni e iniziò a sparare senza mirare ad
un punto preciso. L’unica accortezza che si permise fu di prestare attenzione a
non colpire il fratello minore.
Qualche spruzzo denso e
nero come la pece gli macchiò gli indumenti; qualche pallottola piena di sale
doveva essere entrata attraverso la spessa pelliccia dura come una corazza. Ma
non fu sufficiente: un altro colpo invisibile si rivelò fatale e lo scenario
intorno a sé cambiò fulmineamente.
Un'abbagliante dolore gli macchiò
la vista di vermiglio, tutto intorno vorticava senza arrestarsi e lo spingeva
giù: più in basso di quanto si sarebbe mai potuto immaginare. Una vera e
propria caduta libera senza fine. Una forza lo trascinava accelerando la
caduta: la salda morsa del cerbero sulla sua anima.
Avrebbe desiderato urlare
di agonia, sfogare la propria sofferenza al meglio, ma l'istinto glielo
impediva sostituendolo con un richiamo disperato che vibrava sin dal profondo
del suo essere.
Castiel.
Fu come se l'avesse invocato
con tanto di precisa posizione. L'angelo si gettò a capofitto nel nulla,
spalancando le sue ali incorporee verso l'abisso. Trovare la figura eterea e
disperata del cacciatore fu una benedizione: non era sicuro che suo padre
potesse rientrare in tale ambito, ma non indugiò a ringraziarlo con un veloce
sussurro.
Lo afferrò con decisione,
senza indugiare e sentì immediatamente la dolorosa presa del cane infernale
affondare nella carne, cercando di arrivare abbastanza in profondità da poter
toccare il suo essere celeste. Cercò di liberarsi della bestia a suon di pugni
mandati alla cieca, se solo avesse avuto la lucidità sufficiente sarebbe
riuscito a colpire nei punti giusti, ma l’arto leso continuava a stringere con
forza il cacciatore, testardo. Poi arrivarono gli artigli che affondarono nella
sua schiena producendo un agghiacciante schiocco nella zona dell’attaccatura
delle ali.
Urlò nella lingua degli
angeli, urlò talmente forte da farsi sentire fino in paradiso. In un attimo la
spada comparve nella propria mano, lucente e pronta a colpire fino alla morte.
La strinse con talmente tanta forza da temere di poter piegare irreparabilmente
il sacro metallo che menò alla cieca contro il corpo invisibile del
cerbero.
Servirono una quantità
indefinibile di colpi prima di sentire la stretta farsi mano a mano più
leggera, ma quando l’ostacolo fu abbattuto del tutto e l’angelo mosse le ali,
arrivò il dolore a ondate che gli ottenebrò i sensi. Si irrigidì e arcuò la
schiena, in preda agli spasmi. La presa d’acciaio su Dean si serrò ancora di
più, l’unico punto a suo favore era il possesso di un tramite: almeno così non
lo avrebbe ricoperto di ustioni.
Chiamò a raccolta tutte le
proprie forze e la propria determinazione per iniziare una lenta e dolorosa
ascesa, poteva sentire qualcosa di immensamente simile al sangue umano uscire
dalle proprie ferite e abbandonarlo. Scendere è la cosa più semplice del mondo,
ma è salire che diventa è un problema; specialmente se la concentrazione va
scemando e sull’unico sostegno che hai a disposizione grava il peso di due
corpi: eterei, ma pur sempre due.
Nelle orecchie gli
rimbombava il comando che si era auto-assegnato: “salva Dean, salva Dean. Prima
di lasciarti andare, salva Dean”. Ma non era sufficiente, nonostante tutto
ciò che avrebbe dato per raggiungere di nuovo il mondo dei vivi, non bastava
per farcela. Nemmeno il suo amore per quel cacciatore svenuto fra le sue
braccia lo avrebbe aiutato contro un ala quasi spezzata e le forse che si
diradavano sempre di più. Si fece tutto nero.
***
Aprì gli occhi con calma,
i ricordi che tornavano al loro posto un pezzo per volta e un doloroso fastidio
che gli faceva girare la testa. Sam si alzò sui gomiti, poi dette una rapida
occhiata in giro alla ricerca di demoni o qualunque altra figura minacciosa.
Quando lo vide scattò immediatamente in piedi.
Lo trovò immerso in un
bagno di sangue: i respiri dell'angelo erano corti e radi e la schiena
appoggiata scompostamente sul suolo impregnato di rosso. Ciò che saltava
immediatamente all’occhio erano i contorni perfetti dell'enorme macchia
vermiglia: le linee precise formavano nella parte inferiore delle collinette
piegate tutte su un lato, separate l'une dalle altre da piccole rientranze. Nei
punti terminali, seguivano due dolci curve, da qui partivano per arrivare quasi
direttamente alla schiena dell'angelo. Nel complesso il sangue dipingeva due
enormi ali impresse nel terriccio, dava a tutto ciò un aspetto più che lugubre.
Tra le sue braccia era distesa la figura inerme di Dean, gli occhi chiusi in un
riposo infinito. Non ce l'aveva fatta. Sam trattenne il fiato, suo fratello era
definitivamente morto. Di nuovo. Castiel aveva fallito, era finita.
Si avvicinò lentamente,
scrutando il volto del fratello maggiore. Era l'incarnazione della pace: i lineamenti
distesi, le labbra semiaperte memori dell'ultimo respiro spirato. Bastò vederlo
così perché le ginocchia gli cedessero proprio quando fu a un passo da lui.
Gli occhi bruciavano
dolorosamente quando le lacrime iniziarono a formarsi. Calde e salate, gli
rigarono il volto e bagnavano tutto ciò che incontravano, ma non gli importava.
Abbracciò il fratello, vivendo tutto ciò come un doloroso flashback che lo
aveva riportato due anni indietro nel tempo.
Si accorse che qualcosa
non quadrava quando cercò di trarre a sé il fratello: qualcosa lo tratteneva
all’uomo sotto di lui con una presa decisa. Pareva che il braccio di Castiel lo
stringesse con una forza che non sarebbe dovuta esserci, d’altra parte era
morto, no?
Si avvicinò all’angelo,
due dita erano quasi arrivate a toccare la giugulare quando l’ultima cosa che
si sarebbe mai aspettato lo fece ritrarre all’istante. “Sono vivo” annunciò
Castiel, “quello di cui devi preoccuparti in questo momento è tuo fratello.
Aiutami.”
Sam si riscosse, quindi
con l’aiuto dell’angelo, riuscì a tirar su Dean e adagiarlo sulle proprie
spalle. Pregò di non aver urtato alcuna ferita, mentre l’angelo barcollava
pericolosamente. Se avesse avuto la mente almeno un briciolo più libera, si
sarebbe fermato a notare che qualcosa non andava nell’altro uomo, che lo
rendeva visibilmente diverso da come era sempre stato.
Dopo qualche passo
stentato verso l’Impala, riuscì a trovare una maggiore stabilità sui propri
piedi, come un bambino che ha appena imparato a compiere i suoi primi passi.
Continua...