Buon
compleanno!
di
slice
Naruto è un
bambino.
Quando, a distanza di settimane dal processo, Sasuke ha
avuto il permesso di tornare nel suo quartiere, pur se con gli ANBU
attaccati al sedere, portava con sé l'inconscia convinzione
che Naruto fosse cresciuto. Non cambiato nei suoi pregi e difetti
principali, soprattutto quelli che lui odiava e allo stesso tempo,
segretamente, amava di più, bensì maturato anche su
altri aspetti meno ingombranti che però contribuiscono lo
stesso a fare l'insieme dell'individuo.
Invece no.
Invece, già
dopo pochi giorni, dovette ricredersi.
Naruto, ancora a distanza
di quasi quattro anni, è lo stesso scapestrato che ha una
dieta a base di latte scaduto e ramen, la maggior parte delle volte
liofilizzato, per giunta; è la stessa testa dura che ignora la
pubblica decenza, berciando per esempio cose che in pubblico non si
dovrebbero neanche bisbigliare. È un disastro totale in cucina
come in bagno e anche in salotto e pure a letto: gli tira i capelli
mettendoci un gomito sopra, gli preme il ginocchio sulle parti intime
per spostarsi, finisce giù dal letto senza un motivo logico e
ciarla sempre ininterrottamente anche in quei momenti.
La sua casa
è invivibile e improponibile. Ci sono organismi strani che
galleggiano nell'acqua torbida lasciata nell'acquaio, i ciottoli sono
accatastati in modo disordinato, le pentole incrostate dentro e
annerite fuori; pezzi di cibo sono sparsi ovunque. Tra la
decomposizione dei resti nella cucina e quella dei calzini e delle
mutande lasciate in giro, l'odore non è dei migliori. Il bagno
è una zona rossa, assolutamente rossa e lampeggiante, è
un posto allucinogeno dove trovano rifugio nuovi ecosistemi.
Sasuke
prende con la punta delle dita una bacchetta lasciata sul tavolo e la
usa per far cadere una maglia sudata dalla spalliera della sedia che
ha davanti, solo dopo ci si siede sopra, con poca convinzione.
“Ma
fai sul serio?” sussurra schifato, più a se stesso che
al padrone di casa, lanciando un'occhiata sconfortata alla
stanza.
Naruto si muove leggermente sul letto poco distante, forse
per far intendere che ha sentito, e inspiegabilmente i ciottoli
nell'acquaio cadono di lato spargendosi sul piano della cucina e in
terra.
“Dobe,” inizia Sasuke, sospirando, “svegliati,
o verrai mangiato dai batteri.” Che a occhio e croce
potrebbero essere grossi come un vitello, pensa
accigliandosi.
L'altro mugola, cambiando posizione.
Ci sono
alcuni metri a dividerli, ma Sasuke, nonostante i suoi occhi non
siano più quelli di un tempo, riesce a distinguere ancora con
fin troppa nitidezza la sagoma del compagno di squadra: Naruto ha un
pantaloncino corto, cortissimo, e una camicia lasciata aperta, dorme
supino con le gambe piegate che però son scivolate ai lati,
conferendogli una posizione da rana sciancata, e, con rammarico, il
genio scorge qualcosa di tondeggiante uscire dall'orlo del pantalone.
Abbassa la testa e si preme indice e pollice ai lati del naso,
alzandosi di scatto subito dopo.
“Forza, sgorbio!” e
lo punisce, togliendogli il cuscino da sotto la testa. “Hai
rotto per giorni con quella cosa della torta, vuoi farla o no?”
Il
jinchuuriki scatta a sedere come una molla, serrando gli occhi, dopo
averli incautamente spalancati, per l'improvvisa ondata di luce che
probabilmente lo avrà reso cieco per sempre, come borbotta
mentre scende dal letto con l'eleganza di un'oca artritica, e si
dirige in bagno senza degnare l'altro di una risposta.
Sasuke, che
non è mai stato incline a pregare le persone, tanto meno per
qualcosa che non lo sfiora minimamente - come ci tiene a precisare da
giorni - lo ignora e si dirige verso l'uscita, scavalcando con
estremo sdegno un grumo di roba arancione che potrebbe essere il
groviglio di stoffa dei vestiti di Naruto o anche la cena del giorno
prima, da lui vomitata.
“Assetta... Assetta Sas'se!”
urla il compagno a petto nudo e con lo spazzolino in bocca,
concentrato sulla lampo dei pantaloni mentre lo insegue. Prima di
uscire afferra una maglia, intuendo che pur essendo momentaneamente
l'eroe di Konoha la gente ha pur sempre il diritto di
declassarlo.
“Assettami, caholo!” biascica, una volta
fuori, prima di infilarsi l'indumento mancante senza togliere lo
spazzolino e rischiare così di trafiggersi il palato.
Sasuke
lo guarda con la bocca leggermente aperta e l'espressione di uno a
cui hanno appena detto che un cammello diabetico cammina sulle gobbe,
e non migliora quando l'altro, riuscito a liberarsi, getta lo
spazzolino all'interno prima di chiudere la porta e poi sputa di
sotto, sulla strada.
“Naruto,” quasi urla Kiba dal
piano terra, “che schifo!” dice, ridacchiando,
però.
“Questo è l'aiuto che intendevi?”
chiede Sasuke, scettico, seguendolo giù per le scale.
“Ehy,
con le ragazze sarebbe troppo facile: se la facciamo da soli avrà
più valore,” argomenta lui, gesticolando, “però
Kiba ha una sorella e suppongo l'avrà vista in cucina qualche
volta,” conclude, saltando gli ultimi tre gradini per un motivo
che sfugge alla comprensione umana.
L'immagine di Kiba in quel
momento però non è delle più convincenti, non
quando appare all'improvviso, una volta arrivati in fondo alle scale,
dopo le parole espresse a suo favore: ha le gambe tese e le mani a
terra, è a gattoni con il mento che sfiora il terreno ma tiene
il deretano per aria e il bue bianco davanti a lui è nella
stessa imbarazzante posizione, con la differenza che uno muove il
culo e l'altro la coda.
“Oh sì, ci sarà
indubbiamente d'aiuto,” commenta il genio, sorpassando Naruto.
“E questo è
l'aiuto che intendevi tu, invece?”
Sasuke sbuffa, scegliendo
diplomaticamente di ignorarlo. Guarda davanti a sé e stringe
gli occhi sulla figura spalmata in quel letto: Shikamaru giace
innaturalmente scomposto, tra le lenzuola raggomitolate, perché
aveva iniziato a stirarsi, quando Akamaru gli ha leccato metà
corpo con una sola lappata, ma poi si è addormentato nel mezzo
del movimento ed è rimasto voltato su un lato solo per
metà.
“Shikamaru, per favore, abbiamo bisogno di te,
eh!” urla Naruto, colpendo il letto con un piede al fine di
scuotere l'occupante. Tuttavia, quel che ottiene è un lungo
gemito esasperato e qualcosa che ha tutta l'aria di essere un “due
minuti”, biascicato.
Mentre decide la strategia migliore da
intraprendere per convincere un ninja diciottenne già in
pensione ad alzarsi, Sasuke incontra l'espressione di Kiba che sembra
deliziato all'idea di rompere le balle al prossimo.
“Inuzuka,
attacca!” sguinzaglia, senza rimuginarci troppo, indicando la
preda con insolita partecipazione al ricordo di quello che gli ha
detto Naruto tempo prima, riguardo Kiba e i suoi mille e uno modi di
svegliare Shikamaru.
Lui non ci pensa due volte e, avvicinatosi al
letto, fa uno strano movimento coordinato di gambe e braccia, sul
posto, per darsi lo slancio e saltare addosso al ninja addormentato;
la vittima, infastidita, ma troppo pigra per ringraziarlo di avergli
messo in disordine le vertebre con una ginocchiata, grugnisce
soltanto, voltandosi pancia sotto. Kiba che sa come rompere le palle
muove una mano proprio in quella direzione, strizzando leggermente.
Shikamaru guaisce e l'imitazione è talmente perfetta che
Akamaru, saltato sulle ormai non più candide lenzuola, si
immobilizza, muovendo solo le orecchie in ascolto di altri
uggiolii.
“Che atrocità!” ride, il
jinchuuriki.
“Ci serve vivo, Inuzuka,” ricorda Sasuke,
caustico. Vorrebbe inoltre fargli notare che un ninja dovrebbe
conoscere più dignitosi metodi di persuasione, ma quel
desiderio va velocemente scemando intanto che la tortura prosegue,
con immotivata crudeltà.
“Sono sveglio...”
tenta di dire il poveretto, mugolando sconsolato. Ma il carnefice lo
prende per una caviglia e lo trascina letteralmente giù dal
letto, così che cada come un sacco di patate sul pavimento,
producendo un tonfo sordo.
Shikamaru a quel punto poggia la testa
in terra e chiude gli occhi.
“Non è possibile,”
sorride Kiba. Lo prende per le spalle per portarlo seduto e lo scuote
con forza, urlandogli che deve svegliarsi perché altrimenti lo
tireranno fuori dalla finestra.
Nara si acciglia, apre gli occhi e
lo fissa, inducendolo a fermarsi. Si guardano giusto per un momento
prima che Shikamaru parli, questa volta in modo più
comprensibile.
“Tre, due, uno...” e la sveglia suona,
sul comodino dietro di lui, isterica come la voce di sua madre che lo
chiama dalla cucina. “Quando ho detto 'due minuti', alludevo a
questo.”
Kiba e Naruto scoppiano a ridere, Akamaru abbaia,
ancora con le zampe sul letto, e Sasuke sposta semplicemente lo
sguardo sul jinchuuriki, con un cipiglio severo, scrutandolo come se
lo credesse pazzo quando questi scoppia a ridere
all'improvviso.
Shikamaru incrocia le gambe, lì sul
pavimento, e stira le braccia, ora che è libero dalla morsa
del nemico numero uno del suo riposo, sbadigliando impunemente.
Sbuffa, portandosi una mano a coprire gli occhi per la troppa luce.
Kiba si diverte sempre moltissimo a svegliarlo durante i suoi mille
mila sonnellini, arrivando ad ignorare persino il rispetto per i suoi
spazi.
“Che volete?” si decide ad informarsi, visto
che nessuno sembra propenso a spiegarglielo.
“Ah, giusto!”
salta su, Naruto, “abbiamo bisogno delle tue doti analitiche:
'se non sai fare qualcosa aiutati con la logica', mi dicesti una
volta,” sorride con quei fastidiosissimi trecentoventisette
bianchissimi denti.
“Che palle...” strascica
Shikamaru, alzandosi da terra per dirigersi in cucina, “posso
fare colazione, prima?” chiede, scocciato.
“Puoi anche
pisciare, senti come siamo magnanimi!” celia Kiba, portandogli
un braccio sulle spalle, mentre gli altri due li seguono in cucina
dove mamma Nara sta berciando al figlioletto che la cucina chiude
alle nove; e mancano pochi minuti.
Yoshino è una donna
strana che imbarazza e stressa suo figlio, ma che liscia il pelo
degli ospiti come una brava padrona di casa. Akamaru ringrazia
scodinzolando. Lei ha apparecchiato per tutti, infatti, e Naruto e
Kiba si fiondano indecorosamente a tavola.
“Che incivili,”
si schifa Sasuke, rifiutando con garbo il tè che gli viene
offerto.
“Ah, muoviamoci che c'è anche Sai da
reclutare!” dice Naruto, riuscendo ad urlare anche a bocca
piena.
Sai vive vicino al
centro. L'appartamento gli è stato affidato quasi due anni
prima: non sapevano dove collocarlo sul momento e, pur essendo un
appartamento di quelli affidati ai maestri dell'accademia e ai jounin
istruttori, quando se ne liberò uno lo collocarono lì -
come se fosse stato un pacco - temporaneamente. Dopo la prima
missione svolta come parte del team sette ai danni del sannin dei
serpenti, con gli eventi successivi, a partire dall'invasione di quel
pazzo visionario di Kazuma e i suoi quattro seguaci, passando per
quella che poteva essere chiamata la quarta grande guerra ninja, fino
ad arrivare all'enorme scontro che aveva visto alleati Sasuke e
Naruto contro Madara, e quello che rimaneva di Orochimaru nel corpo
di Kabuto, dal momento che la cosa non aveva un'alta priorità,
non c'era più stata occasione di rivedere la sua
ubicazione.
“Sai! Sai! Saaaaai!” urla Naruto, in
crescendo, poco prima di prendere uno scappellotto, “Sas'ke...”
si lamenta, guardandolo male.
“C'è il campanello,
idiota,” dice lui, sporgendosi verso la porta per premerlo.
Tuttavia, quando appoggia il dito sull'oggetto la porta
dell'appartamento si apre, mostrando il ninja d'elité.
“Buongiorno!”
li accoglie Sai, facendosi da parte per farli entrare.
L'interno
del suo appartamento è incredibilmente spoglio. Ha l'aria di
una delle stanze delle locande dove Naruto si fermava spesso con
Jiraya, quando andavano in giro per allenarsi, piuttosto che una casa
vissuta, però non è fredda, anzi. Le tende hanno un
colore chiaro, leggero, che dà luce alla stanza, la mobilia è
scura e semplice, un po' impersonale in effetti ma, da quando Sakura
gli ha suggerito di appenderli, quelle pareti ospitano molti dei suoi
dipinti; accompagnano quei mobili con paesaggi e squarci di
villaggio, di vita, di colore. Gli oggetti in giro sono molto pochi e
sono tutti essenziali: pergamene, kunai, inchiostro e rotoli
ricordano che è un ninja e timbri, pennelli, tele e colori lo
avvicinano anche alla figura del pittore. Chiunque conosca un minimo
quello shinobi, si sarebbe aspettato quello scenario, ma
paradossalmente è proprio il fatto che sia così fedele
alle aspettative a renderlo bizzarro.
“A cosa devo questa
visita di massa?” chiede, facendo segno di accomodarsi, dopo
aver chiuso la porta.
“Dobbiamo fare una torta!” salta
su, Naruto, entusiasta.
Per un momento c'è un silenzio atto
a far continuare la spiegazione, ma Naruto sorride e Kiba sta
raccogliendo quello che Akamaru ha buttato in terra con la coda, sul
mobilino basso accanto al divano, mentre Shikamaru sbadiglia. Sasuke
quindi sospira, alzando gli occhi al cielo.
“Kakashi sensei
compie trent'anni,” spiega, criptico ma esaustivo.
Sai
spalanca gli occhi e si alza, dirigendosi senza fretta alla libreria
alle sue spalle, osserva i tomi e i libri messi in ordine alfabetico
con diligenza e alla fine ne estrae uno con la copertina chiara. Si
volta, prendendo a sfogliare il libro solo una volta tornato
seduto.
“Ecco!” e punta un dito sulla pagina stampata,
con espressione grave, “Qui dice che alle persone fa piacere
l'interessamento per la propria età solo fino ai trent'anni,
in genere: siamo sicuri che gradirà?”
“Ma che
libro è?” si lagna Shikamaru, retorico.
“'Mille
e una festa da ricordare',” sorride Sai, mostrando la copertina
tenendo un dito all'interno per non perdere il segno.
“Dai,
Sai, non rompere e vieni!”
“Vero! Tanto ti ci
trascino, piuttosto, eh!” lo incitano a loro modo Kiba e
Naruto, ancora prima di aver udito un reale rifiuto.
Sai rimane a
scrutarli con un'espressione seria, con gli occhi che passano da un
elemento all'altro del gruppetto adagiato - o svenuto, se lo sguardo
cade su Nara - sul suo divano, prima di sorridere, socchiudendo gli
occhi.
“Voi volete che partecipi anch'io.”
“Ma
certo! Sei anche tu un membro del team sette, eh!” esplode
letteralmente Naruto, saltando in piedi all'improvviso.
“E
allora che ci faccio io qui?” si lamenta Shikamaru, coprendosi
gli occhi con un braccio mentre Kiba gli solletica l'orecchio,
ridacchiando.
“Insomma, vieni o no?” sbuffa
Sasuke.
Sai dà l'idea di uno che non capisce una mazza e
invece ha il pieno controllo delle situazioni in cui si trova, spesso
si diverte semplicemente. Nello specifico, Sasuke è davvero
uno spasso e non è neanche così difficile raggirarlo,
nonostante in molti lo apostrofino come 'genio'.
“Oh, sono
contento che tu mi abbia accettato Sas'ke: ho letto che non è
affatto facile in questi casi,” dice, sorridendo ancora.
“Tsk.”
Con un minimo di
senso logico sarebbe ovvio a chiunque che per fare una torta di
compleanno serve innanzitutto conoscere i gusti del
festeggiato.
“Dove stiamo andando?”
Shikamaru, che
è notoriamente un ragazzo intelligente con aspirazioni
modeste, decide di iniziare con qualcosa di semplice e prenderla
larga. Questo però sarebbe una scelta sensata se le persone
intorno a lui fossero vagamente attente e capaci. Sasuke, che ha la
misura dell'idiozia che dilaga da quelle parti, lo guarda con pacata
compassione.
“Oh... boh, io seguivo voi!” dice Naruto
fermatosi di scatto in mezzo alla strada mentre Kiba ride, lasciando
intuire che lui stava facendo la stessa cosa.
Sai sorride,
assolutamente fuori luogo.
“Ok, mi sembra che non abbiate le
idee chiare,” dice Shikamaru, sedendosi sulla panchina più
vicina.
“Non dovremmo fare una lista di quello che ci
serve?” chiede Sasuke che ha un vago ricordo di grembiuli
sporchi di farina troppo grandi per lui, risate sporche di farina, e
sapori dolci su un dito, sporco di farina, che copriva un sorriso
gentile, incastrato nelle sinapsi che lo infastidisce.
“Mh,
cosa serve per fare un dolce? Uova!” bercia Naruto
nell'orecchio di Sai.
“Farina...” brontola Sasuke,
sedendosi accanto a Shikamaru.
“Latte!” alza la mano
Kiba, con lo stesso entusiasmo di uno che ha risolto la fame nel
mondo.
Sai, che si sta appuntando tutto, si blocca un momento per
osservare lo stratega che si pulisce l'orecchio con il
mignolo.
“Torta di cosa?”
“Di uova, farina e
latte...” dice Shikamaru prima di sbadigliare.
“Cazzo,”
interviene Sasuke, massaggiandosi gli occhi, “nessuno sa cosa
piace a Kakashi?”
Naruto vorrebbe dire qualcosa ma dopo
qualche tentativo decide di accigliarsi e rimanere in un dignitoso
silenzio. Kiba ride, ché lui sa solo di cosa odora, Kakashi
sensei. Sai sorride, ma non è partecipazione è solo una
paresi.
“Tranquilli, c'è modo di scoprirlo,” li
risolleva Shikamaru, alzandosi, “Andiamo.”
Ahn... Auguri
Anna!
Spero sinceramente che ti piaccia perché è
stato davvero come partorire una palazzina. u_ù
Buon
compleanno! ^^ Chu!
I personaggi e i luoghi non mi appartengono e non c'è lucro.